Non voglio far risuonare in questo momento la voce della giustizia: non riusciresti a distinguerla in mezzo a questo tumulto. Ma ascolta soltanto una cosa: adesso tu tremi di fronte a Maria viva, ma non è lei viva che tu devi temere. Trema davanti a lei morta, decapitata! Perché sorgerà dal sepolcro e il suo spirito vendicatore si aggirerà terribile nel tuo regno a fomentare discordie alienandoti per sempre il cuore del popolo. Adesso gli inglesi la odiano perché la temono ma, non appena sarà morta, si alzeranno a vendicarla. L’estinta non sarà più la nemica della fede: in lei vedranno soltanto la nipote del loro sovrano, vittima dell’invidia e dell’odio, e il sentimento predominante sarà la pietà. Molto presto assisterai a un cambiamento radicale. Non appena commesso il delitto, va per le vie di Londra, e mostrati al popolo che ti circondava prorompendo in grida di gioia! Vedrai un’altra Inghilterra, un altro popolo: perché l’aureola della giustizia che ti guadagnava il loro affetto ti avrà abbandonata per sempre! Solo il terrore, che orribilmente si associa all’immagine del tiranno, ti precederà e farà sì che ogni strada davanti a te sia spopolata e deserta. Se ti decidi a compiere questo passo estremo, se farai cadere un capo che dovresti considerare sacro, quale altro capo si sentirà mai sicuro?

 

ELISABETTA

Ahimè, Shrewsbury! Oggi mi avete salvato la vita, facendo deviare il colpo dell’assassino. Perché l’avete fermato? Ogni sintomo di discordia non esisterebbe più, ed io liberata dal tormento e dal dubbio, serena e innocente, riposerei tranquilla, in silenzio, nella tomba! Sono stanca di vivere e di regnare! Se una di noi regine deve cadere, perché l’altra possa vivere - riconosco che non può essere altrimenti - perché non dovrei essere io a cadere? Lo stabilisca il popolo, io sarò felice di rendergli lo scettro. Dio mi è testimone che ho vissuto unicamente per il bene del mio popolo. Se confida in un’era più lieta sotto il governo della Stuarda, una regina più giovane e piena d’attrattive, io mi dichiaro pronta ad abdicare e a ritirarmi nella pace serena di Woodstock dove ho trascorso in umiltà e modestia la giovinezza, lontana da false grandezze, scoprendo in me stessa l’intima essenza della regalità… Probabilmente non sono adatta al ruolo di sovrana! Chi regna deve essere comunque spietato, mentre il mio cuore è troppo tenero. Ho regnato felicemente per anni e anni, perché pensavo che il mio dovere fosse quello di distribuire gioia e felicità! Adesso che devo affrontare il duro compito di un monarca, mi sento del tutto impotente…

 

BURLEIGH

Per Dio! Quando mi vedo costretto ad ascoltare dalle labbra della mia regina un discorso così poco regale, sono convinto che tacere vorrebbe dire venir meno al mio dovere e attentare vilmente contro la patria! Dici di amare il tuo popolo più della tua vita: è il momento di dimostrarlo! Non ritagliarti un angolo di pace, lasciando che i fortunali e le tempeste spazzino via il tuo regno! Pensa alla Chiesa! Vuoi che il ritorno della Stuarda riporti sugli altari riti estinti e orribili superstizioni? Vuoi che tornino a comandare i preti e che il legato pontificio sbarchi qui a chiudere le nostre chiese e a deporre i nostri sovrani? Io ti chiedo ragione delle anime dei tuoi sudditi: si salveranno o saranno perdute per sempre a seconda di come ti comporterai! Questo non è il momento di versare lacrime o di mostrare un facile sentimentalismo da femmina debole e vile: il tuo primo dovere è assicurare il bene del popolo. Se Shrewsbury ti ha salvato la vita, io salverò l’Inghilterra… e anche qualcosa d’altro!

 

ELISABETTA

Lasciatemi riflettere in solitudine! In questo momento drammatico gli uomini non possono offrirmi nessun conforto e nessun consiglio! Devo rivolgermi al Giudice Supremo, e comportarmi di conseguenza… Vi prego, signori, ritiratevi! (A Davison) Voi, signore, restate nella stanza accanto.

 

(I Lord si ritirano. Solo Shrewsbury, si ferma un attimo davanti alla regina, la fissa intensamente, e poi si allontana profondamente costernato)

 

Scena decima

 

 

ELISABETTA (sola)

Oh, l’orribile schiavitù di chi deve regnare! Odiosa schiavitù! Come sono stanca di essere costretta ad adulare un idolo che intimamente disprezzo! Quando sarò finalmente libera su questo trono? Essere costretta a badare in eterno all’opinione pubblica per conservare il favore del popolo… e dover sfamare quotidianamente una plebe che adora e applaude solo il ciarlatano che urla più forte degli altri! Si può definire sovrano chi deve piacere sempre al mondo? Solo chi è libero di comportarsi come crede, senza curarsi dell’opinione altrui, può essere chiamato re! Ho sempre amato la giustizia ed ho sempre esecrato il puro e semplice arbitrio ma, agendo in questo modo, non ho finito per legarmi le mani nei confronti di questo inevitabile atto di forza che sono obbligata a sottoscrivere? Il mio stesso esempio mi condanna. Se fossi stata un tiranno come Maria Tudor che mi ha preceduto sul trono, ora potrei versare del sangue regale impunemente! Ma comportarmi secondo giustizia è stato un atto di libera scelta? No, è stata una virtù che mi ha imposto la Necessità, un potere onnipotente che costringe nelle sue ferree maglie persino la libertà di decisione di un monarca. Circondata dai nemici, devo la mia sopravvivenza su questo trono solo al favore del popolo. Tutte le potenze del Continente congiurano per la mia rovina. Il Papa, da Roma, mi lancia la scomunica; la Francia con un bacio, fraterno solo in apparenza, si appresta a tradirmi; la Spagna mi dichiara guerra aperta sui mari ed è pronta a sterminarmi! Sono una donna indifesa che deve combattere contro il mondo e ammantare di virtù i miei diritti dinastici precari e contestabili oltre alla macchia della mia nascita di cui mio padre, per primo, è responsabile. Ahimè, tento di coprirla inutilmente! È stata rivelata dai miei feroci avversari, che mi oppongono la Stuarda come uno spettro foriero di minaccia! No, questa eterna angoscia deve finire! La sua testa deve cadere! Io ho diritto alla pace! È lei la furia perversa che sconvolge ed agita la mia esistenza, la tortura che il destino ha voluto porre sulla mia strada. Dove nutro una speranza e coltivo con dedizione una gioia, incontro quella diabolica serpe pronta a intromettersi e a sbarrarmi l’accesso! Mi porta via l’amante, mi ruba il consorte, e ogni mia sventura ha un solo nome, sempre quello: Maria Stuarda! Se finisce cancellata per sempre dal mondo dei vivi, allora sarò libera, libera come l’aria pura dei monti! (Una pausa) Con che disprezzo i suoi occhi mi hanno trafitto! Sembrava che lanciassero dei fulmini contro di me! Eppure tu sei impotente, io dispongo di armi assai superiori alle tue. Sono armi letali, e quando ti avranno colpita, non esisterai più! (Corre rapidamente al tavolino, e prende la penna) Hai osato darmi della bastarda? Miserabile! Lo sono solo finché tu vivi e respiri. Non appena ti avrò annientata, qualsiasi dubbio sulla legittimità della mia nascita morrà con te. Quando ogni suddito britannico non avrà altra scelta, l’unica erede frutto di un’unione legittima sarò soltanto io!

 

(Firma con energia e decisione, poi lascia cadere la penna e indietreggia sgomenta. Dopo qualche minuto, suona il campanello)

 

Scena undicesima

 

 

Elisabetta, Davison.

 

ELISABETTA

Dove sono gli altri Lord?

 

DAVISON

Sono andati a placare il tumulto e a calmare il popolo. Il tumulto è cessato subito, non appena si è mostrato Shrewsbury. «Eccolo! Eccolo!», hanno urlato centinaia di voci. «È stato lui a salvare la regina, ascoltatelo! È l’uomo più coraggioso d’Inghilterra!». Il nobile Talbot allora cominciò a parlare, e rimproverò il popolo dei suoi disordini. Le sue parole calme e ponderate erano così persuasive che tutti si calmarono e la folla si disperse senza clamori.

 

ELISABETTA

Oh, la folla volubile che muta ad ogni direzione del vento! Guai a chi si fida di quel fuscello incostante! Va bene, Sir Davison. Potete andare.