-

    Il poveretto si lasciò cadere sulla seggiola,  quasi avesse  le  gambe

    rotte,  sudando  come  Gesù  all'orto;  si cavò allora il cappellaccio

    bisunto, passandosi il fazzoletto sulla fronte.

    - Avete da dirmi qualche cosa, cugino? Parlate, dite pure.

    Egli strinse forte le mani l'una nell'altra,  dentro  il  cappello,  e

    balbettò colla voce roca, le labbra smorte e tremanti, gli occhi umidi

    e tristi che evitavano gli occhi della cugina:

    - Sissignora... Ho da parlarvi...

    Lei,  da  prima,  al vedergli quella faccia,  pensò che fosse venuto a

    chiederle denari in prestito.  Sarebbe stata la prima volta,  è  vero:

    erano troppo superbi i cugini Trao: qualche regaluccio,  di quelli che

    aiutano a tirare innanzi, vino,  olio,  frumento,  solevano accettarlo

    dai parenti ricchi - lei,  la cugina Sganci, il barone Mèndola - ma la

    mano non l'avevano mai stesa. Però alle volte il bisogno fa chinare il

    capo anche ad altro!...  La prudenza istintiva che era nel  sangue  di

    lei,  le  agghiacciò  un momento il sorriso benevolo.  Poscia pensò al

    fuoco che avevano avuto in casa,  alla malattia di Bianca  -  era  una

    buona  donna  infine  -  don  Diego  aveva  proprio  una faccia da far

    compassione...  Accostò la sua seggiola a quella di  lui,  per  fargli

    animo, e soggiunse:

    -  Parlate,  parlate,  cugino  mio...  Quel che si può fare...  sapete

    bene... siamo parenti... I tempi non rispondono... ma quel poco che si

    può... Non molto... ma quel poco che posso...  fra parenti...  Parlate

    pure...

    Ma egli non poteva,  no!  colle fauci strette, la bocca amara, alzando

    ogni momento gli occhi su di lei,  e aprendo le labbra  senza  che  ne

    uscisse  alcun  suono.   Infine,  cavò  di  nuovo  il  fazzoletto  per

    asciugarsi il sudore, se lo passò sulle labbra aride, balbettando:

    - E' accaduta una disgrazia!... Una gran disgrazia!...

    La baronessa ebbe paura di essersi lasciata andare troppo  oltre.  Nei

    suoi  occhi,  che  fuggivano  quelli lagrimosi del cugino,  cominciò a

    balenare la inquietudine del contadino che teme per la sua roba.

    - Cioè!... cioè!...

    - Vostro figlio è tanto ricco!... Mia sorella no, invece!...

    A quelle parole la cugina Rubiera tese le orecchie,  colla faccia a un

    tratto  irrigidita  nella  maschera  dei suoi progenitori,  improntata

    della diffidenza arcigna dei contadini che le avevano dato  il  sangue

    delle vene e la casa messa insieme a pezzo a pezzo colle loro mani. Si

    alzò,  andò  ad  appendere  la  chiave allo stipite dell'uscio,  frugò

    alquanto nei cassetti del cassettone.  Infine,  vedendo che don  Diego

    non aggiungeva altro:

    - Ma spiegatevi, cugino. Sapete che ho tanto da fare...

    Invece  di  spiegarsi  don  Diego  scoppiò a piangere come un ragazzo,

    nascondendo il viso incartapecorito nel fazzoletto di cotone,  con  la

    schiena curva e scossa dai singhiozzi ripetendo:

    -  Bianca!  mia  sorella!...  E'  capitata una gran disgrazia alla mia

    povera sorella!... Ah, cugina Rubiera!... voi che siete madre!...

    Adesso la cugina aveva tutt'altra faccia anche lei: le labbra  strette

    per non lasciarsi scappar la pazienza,  e una ruga nel bel mezzo della

    fronte: la ruga della gente che è stata all'acqua e al sole per  farsi

    la  roba  -  o che deve difenderla.  In un lampo le tornarono in mente

    tante cose alle quali non aveva badato nella  furia  del  continuo  da

    fare:  qualche  mezza  parola  della cugina Macrì;  le chiacchiere che

    andava  spargendo  don  Luca  il  sagrestano;   certi  sotterfugi  del

    figliuolo.  A  un  tratto  si  sentì  la  bocca  amara  come  il fiele

    anch'essa.

    - Non so, cugino, - gli rispose secco secco. - Non so come ci entri io

    in questi discorsi...

    Don Diego stette un po' a cercare le parole,  guardandola fisso  negli

    occhi che dicevano tante cose,  in mezzo a quelle lagrime di onta e di

    dolore, e poi nascose di nuovo il viso fra le mani,  accompagnando col

    capo la voce che stentava a venir fuori:

    - Sì!... sì!... Vostro figlio Ninì!...

    La  baronessa  stavolta rimase lei senza trovar parola,  con gli occhi

    che le schizzavano fuori dal faccione  apoplettico  fissi  sul  cugino

    Trao,  quasi  volesse  mangiarselo;  quindi balzò in piedi come avesse

    vent'anni, e spalancò in furia la finestra gridando:

    - Rosaria! Alessi! venite qua!

    - Per carità!  per carità!  - supplicava  don  Diego  a  mani  giunte,

    correndole  dietro.  -  Non  fate  scandali,  per carità!  - E tacque,

    soffocato dalla tosse, premendosi il petto.

    Ma la cugina,  fuori di sé,  non  gli  dava  più  retta.  Sembrava  un

    terremoto  per tutta la casa: gli schiamazzi dal pollaio;  l'uggiolare

    del cane; le scarpaccie di Alessi e di Rosaria che accorrevano a rotta

    di collo, arruffati, scalmanati, con gli occhi bassi.

    - Dov'è mio figlio, infine?  Cosa t'hanno detto alla Vignazza?  Parla,

    stupido!  -  Alessi dondolandosi ora su di una gamba e ora sull'altra,

    balbettando,  guardando inquieto di qua e di là,  ripeteva  sempre  la

    stessa  cosa: - Il baronello non era alla Vignazza.  Vi aveva lasciato

    il cane,  Marchese,  la sera innanzi,  ed  era  partito:  -  A  piedi,

    sissignora.  Così mi ha detto il fattore. - La serva, rassettandosi di

    nascosto, a capo chino, soggiunse che il baronello,  allorché andava a

    caccia  di buon'ora,  soleva uscire dalla porticina della stalla,  per

    non svegliar nessuno: - La chiave?...  Io non so...  Ha minacciato  di

    rompermi le ossa...  La colpa non è mia,  signora baronessa!... - Come

    le  pigliasse  un   accidente,   alla   signora   baronessa.   -   Poi

    sgattaiolarono entrambi mogi mogi.  Nella scala si udirono di nuovo le

    scarpaccie che scendevano a precipizio, inseguendosi.

    Don Diego,  cadaverico,  col fazzoletto sulla  bocca  per  frenare  la

    tosse, continuava a balbettare soffocato delle parole senza senso.

    -   Era   lì...   dietro   quell'uscio!...   Meglio   m'avesse  ucciso

    addirittura...  allorché mi puntò le pistole al petto...  a me!...  le

    pistole al petto, cugina Rubiera!...

    La baronessa si asciugava le labbra amare come il fiele col fazzoletto

    di cotone: - No!  questa non me l'aspettavo!... dite la verità, cugino

    don Diego,  che non me  la  meritavo!...  Vi  ho  sempre  trattati  da

    parenti...  E  quella gatta morta di Bianca che me la pigliavo in casa

    giornate intere... come una figliuola...

    - Lasciatela stare,  cugina Rubiera!  - interruppe don Diego,  con  un

    rimasuglio del vecchio sangue dei Trao alle guance.

    - Sì,  sì,  lasciamola stare!  Quanto a mio figlio ci penserò io,  non

    dubitate!  Gli farò fare quel che  dico  io,  al  signor  baronello...

    Birbante! assassino! Sarà causa della mia morte!...

    E le spuntarono le lagrime.  Don Diego, avvilito, non osava alzare gli

    occhi.  Ci aveva fissi dinanzi,  implacabili,  Ciolla,  la farmacia di

    Bomma,  le risate ironiche dei vicini, le chiacchiere delle comari, ed

    anche insistente e dolorosa, la visione netta della sua casa,  dove un

    uomo  era  entrato  di  notte: la vecchia casa che gli sembrava sentir

    trasalire ancora in ogni pietra all'eco di quei passi ladri: e Bianca,

    sua sorella, la sua figliuola,  il suo sangue,  che gli aveva mentito,

    che  s'era stretta tacita nell'ombra all'uomo il quale veniva a recare

    così mortale oltraggio ai Trao: il suo povero corpo delicato e fragile

    nelle braccia di un estraneo!...  Le lagrime gli  scendevano  amare  e

    calde a lui pure lungo il viso scarno che nascondeva fra le mani.

    La  baronessa,  infine,  si  asciugò  gli occhi,  e sospirò rivolta al

    crocifisso:

    - Sia fatta la volontà di Dio! Anche voi, cugino Trao,  dovete aver la

    bocca  amara!  Che  volete: Tocca a noi che abbiamo il peso della casa

    sulle spalle!...  Dio sa se della mia pelle  ho  fatto  scarpe,  dalla

    mattina  alla  sera!  se mi son levato il pan di bocca per amore della

    roba!...  E poi tutto  a  un  tratto,  ci  casca  addosso  un  negozio

    simile!...  Ma  questa  è l'ultima che mi farà il signor baronello!...

    L'aggiusterò io, non dubitate! Alla fin fine non è più un ragazzo!  Lo

    mariterò a modo mio...  La catena al collo, là! quella ci vuole!... Ma

    voi,  lasciatemelo dire,  dovevate tenere  gli  occhi  aperti,  cugino

    Trao!...  Non  parlo  di  vostro  fratello  don  Ferdinando,  ch'è uno

    stupido, poveretto, sebbene sia il primogenito... ma voi che avete più

    giudizio...  e non siete un  bambino  neppur  voi!  Dovevate  pensarci

    voi!...  Quando si ha in casa una ragazza...  L'uomo è cacciatore,  si

    sa!... A vostra sorella avreste dovuto pensarci voi... o piuttosto lei

    stessa... Quasi quasi si direbbe... colpa sua!...  Chissà cosa si sarà

    messa in testa?... magari di diventare baronessa Rubiera...

    Il cugino Trao si fece rosso e pallido in un momento.

    -  Signora  baronessa...   siamo  poveri...  è  vero...  Ma  quanto  a

    nascita...

    - Eh, caro mio! la nascita... gli antenati...