Non ricordo un tempo in cui non amassi Bertha; eravamo stati vicini e compagni di giochi sin dall’infanzia - i suoi genitori, come i miei, erano di vita umile ma rispettabile - il nostro affetto reciproco era stato fonte di piacere per loro. In una brutta ora una febbre maligna le rapì sia il padre sia la madre, e Bertha divenne orfana. Avrebbe trovato una casa sotto il mio tetto paterno, ma purtroppo la vecchia signora del vicino castello, ricca, senza figli, e solitaria, dichiarò l’intenzione di adottarla. Da quel momento Bertha fu vestita di seta - abitò in un palazzo di marmo -

e fu considerata una privilegiata dalla sorte. Ma nella sua nuova situazione tra le sue nuove frequentazioni, Bertha rimase fedele all’amico dei suoi giorni più umili; visitava spesso la casupola di mio padre, e quando le veniva proibito di recarvisi, deviava verso il bosco circonvicino, e mi incontrava accanto alla sua ombrosa fontana.

Dichiarava spesso di non avere verso la sua nuova protettrice obblighi altrettanto sacri di quello che ci vincolava. Nondimeno io ero ancora troppo povero per ammogliarmi, ed ella si stancò di essere vessata a causa mia. Aveva uno spirito altero ma impaziente, e si irritò degli ostacoli che impedivano la nostra unione. Ci incontrammo ora dopo una assenza, e mentre ero via lei aveva dovuto subire un duro assedio; si lamentò con parole amare, e quasi mi rimproverò per il fatto di essere povero. Io mi affrettai a rispondere: «Sono onesto, seppur povero! - Se non lo fossi, potrei diventare ricco in breve tempo!»

Questa esclamazione suscitò mille domande. Avevo paura di scandalizzarla ammettendo la verità, ma ella me la estorse; allora, gettandomi uno sguardo di disprezzo, disse: «Dici di amare, e hai paura di affrontare il diavolo per amor mio!»

Protestai di avere solo temuto di offenderla; mentre ella si soffermava sulla grandezza della ricompensa che avrei ricevuto. Così incoraggiato - svergognato da lei

- spinto dall’amore e dalla speranza, ridendo dei miei recenti timori, con passo rapido e cuor leggero, tornai ad accettare le offerte dell’alchimista, e fui subito insediato nel mio studio.

Passò un anno. Entrai in possesso di una somma di denaro non indifferente. La consuetudine aveva spazzato via i miei timori. Nonostante la più scrupolosa vigilanza, non avevo mai notato la traccia di un piede biforcuto; né lo studioso silenzio della nostra dimora era mai stato turbato da ululati demoniaci. Continuavo sempre i miei colloqui clandestini con Bertha, e su di me cominciava a spuntare la speranza -la speranza - ma non la gioia perfetta; poiché Bertha immaginava che amore e sicurezza fossero nemici, e il suo piacere era di separarli nel mio petto. Per quanto di cuore schietto, nei modi era un po’ civetta; e io ero geloso come un turco.

Mi feriva in mille maniere, ma non riconosceva mai di essere in torto. Mi faceva ammattire dalla rabbia, e poi mi costringeva a chiedere scusa. A volte fingeva di non trovarmi abbastanza prono, e poi tirava fuori qualche storia su di un rivale, favorito dalla sua protettrice. Era circondata da giovanotti vestiti di seta - i ricchi e spensierati.

Quali possibilità aveva lo studente di Cornelio, coi suoi vestiti sempre tristi, a confronto di quelli?

Una volta il filosofo avanzò tali pretese sul mio tempo da rendermi impossibile incontrarla come solevo. Era impegnato in un’opera grandiosa, e io fui costretto a restare, giorno e notte, ad alimentare le sue fornaci e a osservare i suoi preparativi chimici. Bertha mi aspettò invano alla fontana. Il suo spirito altero si infiammò per questo sgarbo; e quando da ultimo riuscii a uscire furtivo durante i pochi brevi minuti concessimi per schiacciare un sonnellino, nella speranza di essere consolato da lei, ella mi accolse con sdegno, mi scacciò con disprezzo, e giurò che la sua mano sarebbe appartenuta a chiunque tranne che a colui che non riusciva ad essere in due posti nello stesso momento per amor suo. Si sarebbe vendicata! E veramente si vendicò. Nella mia squallida nicchia seppi che era stata a caccia, scortata da Albert Hoffer. Albert Hoffer era favorito dalla sua protettrice, e i tre passarono a cavallo davanti al vetro affumicato della mia finestra. Mi sembrò che facessero il mio nome -

che fu accompagnato da una risata di derisione, mentre i suoi occhi neri guardavano con disprezzo la mia dimora.