La gelosia, con tutto il suo veleno, e tutta la sua infelicità, mi entrò nel petto. Ora versai un torrente di lacrime al pensiero che non l’avrei mai chiamata mia; e subito scagliai mille maledizioni contro la sua incostanza. Ma dovevo pur sempre attizzare i fuochi dell’alchimista, seguire i mutamenti dei suoi composti incomprensibili.
Cornelio aveva vegliato per tre giorni e tre notti, senza mai chiudere occhio. Il progresso dei suoi alambicchi era più lento di quanto si fosse aspettato: per quanta ansia provasse, il sonno gli pesava sulle palpebre. Continuava a combattere la sonnolenza con un’energia sovrumana, ma sempre più quella gli erodeva i sensi.
Occhieggiò malinconicamente i suoi crogioli. «Non ancora pronto», mormorò;
«dovrà passare un’altra notte prima che l’opera sia compiuta? Winzy, tu sei vigile - tu sei fidato - tu hai dormito, ragazzo mio - hai dormito questa notte. Guarda quel recipiente di vetro. Il liquido che contiene è di un delicato color di rosa: nel momento in cui inizia a cambiare tonalità, svegliami - fino allora posso chiudere gli occhi.
Prima diventerà bianco, e poi emetterà dei lampi dorati: ma non aspettare fino allora; appena il rosa si attenua, svegliami.» A stento udii le ultime parole, borbottate, come furono, nel sonno. Neanche allora però egli si arrese del tutto alla natura. «Winzy, ragazzo mio», disse di nuovo, «non toccare il recipiente - non portartelo alla bocca; è un filtro - un filtro che cura l’amore; tu non vuoi smettere di amare la tua Bertha -
bada di non bere!»
E dormì. La sua testa venerabile gli ricadde sul petto, e udii appena il suo respiro regolare. Per qualche minuto osservai il recipiente - la tinta rosea del liquido rimase immutata. Poi i miei pensieri vagarono - visitarono la fonte, e si soffermarono su mille incantevoli scene che non si sarebbero ripetute mai più - mai più! Vipere e serpi erano nel mio cuore mentre la parola «Mai!» si formò in parte sulle mie labbra.
Traditrice! Falsa e crudele! Mai più ella mi avrebbe sorriso come quella sera aveva sorriso ad Albert. Donna indegna, esecrata! Non sarei rimasto invendicato - ella avrebbe visto Albert spirare ai suoi piedi - sarebbe morta della mia vendetta. Aveva sorriso di sdegno e di trionfo - conosceva la mia infelicità e il suo potere. Ma quale potere aveva? Il potere di eccitare il mio odio - il mio totale disprezzo - la mia -oh, tutto meno che indifferenza! Avessi potuto ottenere quella - avessi potuto guardarla con occhi noncuranti, trasferendo il mio amore respinto su di una più bella e più sincera? Quella sì che sarebbe stata una vittoria!
Un vivido lampo mi saettò davanti agli occhi. Avevo dimenticato il composto dell’alchimista; lo guardai con stupore: barbagli di ammirevole bellezza, più luminosi di quelli che il diamante emette quando i raggi del sole lo colpiscono, balenavano dalla superficie del liquido; un odore il più fragrante e gradevole si insinuò sui miei sensi; il recipiente sembrava un solo globo di irradiazioni viventi, incantevole alla vista, e assai invitante al gusto. Il primo pensiero, istintivamente ispirato dal senso più grossolano, fu, «Voglio - debbo - bere.» Mi portai il recipiente alle labbra. «Mi guarirà dall’amore - dal tormento!» Avevo già tracannato la metà del più delizioso liquido mai gustato da palato umano, quando il filosofo si mosse. Trasalii - il vetro mi cadde di mano - il liquido si infiammò e luccicò lungo il pavimento, mentre sentivo sulla gola la stretta di Cornelio che gridava forte, «Disgraziato! Hai distrutto il lavoro di tutta la mia vita!»
Il filosofo non si era minimamente reso conto del fatto che io avevo bevuto una parte della sua droga. La sua idea era, e io non feci nulla per contrastarla, che avessi preso in mano il recipiente per curiosità, e che, spaventato della sua luminosità e dai lampi di intensa luce che emanava, lo avessi lasciato cadere. Non lo corressi mai. Il fuoco del composto si estinse - la fragranza svanì - lui si calmò, come deve fare un filosofo davanti alle prove più dure, e mi mandò a riposare.
Non tenterò di descrivere il sonno trionfante e beato che immerse la mia anima nel paradiso durante le rimanenti ore di quella notte memorabile. Le parole sarebbero deboli e superficiali campioni del mio godimento, o della letizia che si impossessò del mio petto quando mi svegliai. Camminavo per aria - i miei pensieri erano nel cielo.
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