-

 

8

Alquanto malagevole ed aspretta

per mezzo un bosco presero la via,

che oltra che sassosa fosse e stretta,

quasi su dritta alla collina gì;a.

Ma poi che furo ascesi in su la vetta,

usciro in spaziosa prateria,

dove il più; bel palazzo e 'l più; giocondo

vider, che mai fosse veduto al mondo.

 

9

La bella Alcina venne un pezzo inante,

verso Ruggier fuor de le prime porte,

e lo raccolse in signoril sembiante,

in mezzo bella ed onorata corte.

Da tutti gli altri tanto onore e tante

riverenze fur fatte al guerrier forte,

che non potrian far più;, se tra loro

fosse Dio sceso dal superno coro.

 

10

Non tanto il bel palazzo era eccellente,

perché; vincesse ogn'altro di ricchezza,

quanto ch'avea la più; piacevol gente

che fosse al mondo e di più; gentilezza.

Poco era l'un da l'altro differente

e di fiorita etade e di bellezza:

sola di tutti Alcina era più; bella,

sì; come è; bello il sol più; d'ogni stella.

 

11

Di persona era tanto ben formata,

quanto me' finger san pittori industri;

con bionda chioma lunga ed annodata:

oro non è; che più; risplenda e lustri.

Spargeasi per la guancia delicata

misto color di rose e di ligustri;

di terso avorio era la fronte lieta,

che lo spazio finia con giusta meta.

 

12

Sotto duo negri e sottilissimi archi

son duo negri occhi, anzi duo chiari soli,

pietosi a riguardare, a mover parchi;

intorno cui par ch'Amor scherzi e voli,

e ch'indi tutta la faretra scarchi

e che visibilmente i cori involi:

quindi il naso per mezzo il viso scende,

che non truova l'invidia ove l'emende.

 

13

Sotto quel sta, quasi fra due vallette,

la bocca sparsa di natio cinabro;

quivi due filze son di perle elette,

che chiude ed apre un bello e dolce labro:

quindi escon le cortesi parolette

da render molle ogni cor rozzo e scabro;

quivi si forma quel suave riso,

ch'apre a sua posta in terra il paradiso.

 

14

Bianca nieve è; il bel collo, e 'l petto latte;

il collo è; tondo, il petto colmo e largo:

due pome acerbe, e pur d'avorio fatte,

vengono e van come onda al primo margo,

quando piacevole aura il mar combatte.

Non potria l'altre parti veder Argo:

ben si può; giudicar che corrisponde

a quel ch'appar di fuor quel che s'asconde.

 

15

Mostran le braccia sua misura giusta;

e la candida man spesso si vede

lunghetta alquanto e di larghezza angusta,

dove né; nodo appar, né; vena eccede.

Si vede al fin de la persona augusta

il breve, asciutto e ritondetto piede.

Gli angelici sembianti nati in cielo

non si ponno celar sotto alcun velo.

 

16

Avea in ogni sua parte un laccio teso,

o parli o rida o canti o passo muova:

né; maraviglia è; se Ruggier n'è; preso,

poi che tanto benigna se la truova.

Quel che di lei già; avea dal mirto inteso,

com'è; perfida e ria, poco gli giova;

ch'inganno o tradimento non gli è; aviso

che possa star con sì; soave riso.

 

17

Anzi pur creder vuol che da costei

fosse converso Astolfo in su l'arena

per li suoi portamenti ingrati e rei,

e sia degno di questa e di più; pena:

e tutto quel ch'udito avea di lei,

stima esser falso; e che vendetta mena,

e mena astio ed invidia quel dolente

a lei biasmare, e che del tutto mente.

 

18

La bella donna che cotanto amava,

novellamente gli è; dal cor partita;

che per incanto Alcina gli lo lava

d'ogni antica amorosa sua ferita;

e di sé; sola e del suo amor lo grava,

e in quello essa riman sola sculpita:

sì; che scusar il buon Ruggier si deve,

se si mostrò; quivi incostante e lieve.

 

19

A quella mensa citare, arpe e lire,

e diversi altri dilettevol suoni

faceano intorno l'aria tintinire

d'armonia dolce e di concenti buoni.

Non vi mancava chie, cantando, dire

d'amor sapesse gaudi e passioni,

o con invenzioni e poesie

rappresentasse grate fantasie.

 

20

Qual mensa trionfante e suntuosa

di qualsivoglia successor di Nino,

o qual mai tanto celebre e famosa

di Cleopatra al vincitor latino,

potria a questa esser par, che l'amorosa

fata avea posta inanzi al paladino?

Tal non cred'io che s'apparecchi dove

ministra Ganimede al sommo Giove.

 

21

Tolte che fur le mense e le vivande,

facean, sedendo in cerchio, un giuoco lieto:

che ne l'orecchio l'un l'altro domande,

come più; piace lor, qualche secreto;

il che agli amanti fu commodo grande

di scoprir l'amor lor senza divieto:

e furon lor conclusioni estreme

di ritrovarsi quella notte insieme.

 

22

Finir quel giuoco tosto, e molto inanzi

che non solea là; dentro esser costume:

con torchi allora i paggi entrati inanzi,

le tenebre cacciar con molto lume.

Tra bella compagnia dietro e dinanzi

andò; Ruggiero a ritrovar le piume

in una adorna e fresca cameretta,

per la miglior di tutte l'altre eletta.

 

23

E poi che di confetti e di buon vini

di nuovo fatti fur debiti inviti,

e partir gli altri riverenti e chini,

ed alle stanze lor tutti sono iti;

Ruggiero entrò; ne' profumati lini

che pareano di man d'Aracne usciti,

tenendo tuttavia l'orecchie attente,

s'ancora venir la bella donna sente.

 

24

Ad ogni piccol moto ch'egli udiva,

sperando che fosse ella, il capo alzava:

sentir credeasi, e spesso non sentiva;

poi del suo errore accorto sospirava.

Talvolta uscia del letto e l'uscio apriva,

guatava fuori, e nulla vi trovava:

e maledì; ben mille volte l'ora

che facea al trapassar tanta dimora.

 

25

Tra sé; dicea sovente: - Or si parte ella; -

e cominciava a noverare i passi

ch'esser potean da la sua stanza a quella

donde aspettando sta che Alcina passi;

e questi ed altri, prima che la bella

donna vi sia, vani disegni fassi.

Teme di qualche impedimento spesso,

che tra il frutto e la man non gli sia messo.

 

26

Alcina, poi ch'a' preziosi odori

dopo gran spazio pose alcuna meta,

venuto il tempo che più; non dimori,

ormai ch'in casa era ogni cosa cheta,

de la camera sua sola uscì; fuori;

e tacita n'andò; per via secreta

dove a Ruggiero avean timore e speme

gran pezzo intorno al cor pugnato insieme.

 

27

Come si vide il successor d'Astolfo

sopra apparir quelle ridenti stelle,

come abbia ne le vene acceso zolfo,

non par che capir possa ne la pelle.

Or sino agli occhi ben nuota nel golfo

de le delizie e de le cose belle:

salta del letto, e in braccio la raccoglie,

né; può; tanto aspettar ch'ella si spoglie;

 

28

ben che né; gonna né; faldiglia avesse;

che venne avolta in un leggier zendado

che sopra una camicia ella si messe,

bianca e suttil nel più; eccellente grado.

Come Ruggiero abbracciò; lei, gli cesse

il manto: e restò; il vel suttile e rado,

che non copria dinanzi né; di dietro,

più; che le rose o i gigli un chiaro vetro.

 

29

Non così; strettamente edera preme

pianta ove intorno abbarbicata s'abbia,

come si stringon li dui amanti insieme,

cogliendo de lo spirto in su le labbia

suave fior, qual non produce seme

indo o sabeo ne l'odorata sabbia.

Del gran piacer ch'avean, lor dicer tocca;

che spesso avean più; d'una lingua in bocca.

 

30

Queste cose là; dentro eran secrete,

o se pur non secrete, almen taciute;

che raro fu tener le labra chete

biasmo ad alcun, ma ben spesso virtute.

Tutte proferte ed accoglienze liete

fanno a Ruggier quelle persone astute:

ognun lo reverisce e se gli inchina;

che così; vuol l'innamorata Alcina.

 

31

Non è; diletto alcun che di fuor reste;

che tutti son ne l'amorosa stanza.

E due e tre volte il dì; mutano veste,

fatte or ad una ora ad un'altra usanza.

Spesso in conviti, e sempre stanno in feste,

in giostre, in lotte, in scene, in bagno, in danza:

or presso ai fonti, all'ombre de' poggetti,

leggon d'antiqui gli amorosi detti;

 

32

or per l'ombrose valli e lieti colli

vanno cacciando le paurose lepri;

or con sagaci cani i fagian folli

con strepito uscir fan di stoppie e vepri;

or a' tordi lacciuoli, or veschi molli

tendon tra gli odoriferi ginepri;

or con ami inescati ed or con reti

turban a' pesci i grati lor secreti.

 

33

Stava Ruggiero in tanta gioia e festa,

mentre Carlo in travaglio ed Agramante,

di cui l'istoria io non vorrei per questa

porre in oblio, né; lasciar Bradamante,

che con travaglio e con pena molesta

pianse più; giorni il disiato amante,

ch'avea per strade disusate e nuove

veduto portar via, né; sapea dove.

 

34

Di costei prima che degli altri dico,

che molti giorni andò; cercando invano

pei boschi ombrosi e per lo campo aprico,

per ville, per città;, per monte e piano;

né; mai potè; saper del caro amico,

che di tanto intervallo era lontano.

Ne l'oste saracin spesso venì;a,

né; mai del suo Ruggier ritrovò; spia.

 

35

Ogni dì; ne domanda a più; di cento,

né; alcun le ne sa mai render ragioni.

D'alloggiamento va in alloggiamento,

cercandone e trabacche e padiglioni:

e lo può; far; che senza impedimento

passa tra cavallieri e tra pedoni,

mercè; all'annel che fuor d'ogni uman uso

la fa sparir quando l'è; in bocca chiuso.

 

36

Né; può; né; creder vuol che morto sia;

perché; di sì; grande uom l'alta ruina

da l'onde idaspe udita si saria

fin dove il sole a riposar declina.

Non sa né; dir né; imaginar che via

far possa o in cielo o in terra; e pur meschina

lo va cercando, e per compagni mena

sospiri e pianti ed ogni acerba pena.

 

37

Pensò; al fin di tornare alla spelonca

dove eran l'ossa di Merlin profeta,

e gridar tanto intorno a quella conca,

che 'l freddo marmo si movesse a pieta;

che se vivea Ruggiero, o gli avea tronca

l'alta necessità; la vita lieta,

si sapria quindi: e poi s'appiglierebbe

a quel miglior consiglio che n'avrebbe.

 

38

Con questa intenzion prese il camino

verso le selve prossime a Pontiero,

dove la vocal tomba di Merlino

era nascosa in loco alpestro e fiero.

Ma quella maga che sempre vicino

tenuto a Bradamante avea il pensiero,

quella, dico io, che ne la bella grotta

l'avea de la sua stirpe istrutta e dotta;

 

39

quella benigna e saggia incantatrice,

la quale ha sempre cura di costei,

sappiendo ch'esser de' progenitrice

d'uomini invitti, anzi di semidei;

ciascun dì; vuol sapere che fa, che dice,

e getta ciascun dì; sorte per lei.

Di Ruggier liberato e poi perduto,

e dove in India andò;, tutto ha saputo.

 

40

Ben veduto l'avea su quel cavallo

che regger non potea, ch'era sfrenato,

scostarsi di lunghissimo intervallo

per sentier periglioso e non usato;

e ben sapea che stava in giuoco e in ballo

e in cibo e in ozio molle e delicato,

né; più; memoria avea del suo signore,

né; de la donna sua, né; del suo onore.

 

41

E così; il fior de li begli anni suoi

in lunga inerzia aver potria consunto

sì; gentil cavallier, per dover poi

perdere il corpo e l'anima in un punto;

e quel odor che sol riman di noi,

poscia che 'l resto fragile è; defunto,

che tra' l'uom del sepulcro e in vita il serba,

gli saria stato o tronco o svelto in erba.

 

42

Ma quella gentil maga, che più; cura

n'avea ch'egli medesmo di se stesso,

pensò; di trarlo per via alpestre e dura

alla vera virtù;, mal grado d'esso:

come eccellente medico, che cura

con ferro e fuoco e con veneno spesso,

che se ben molto da principio offende,

poi giova al fine, e grazia se gli rende.

 

43

Ella non gli era facile, e talmente

fattane cieca di superchio amore,

che, come facea Atlante, solamente

a darli vita avesse posto il core.

Quel piu tosto volea che lungamente

vivesse e senza fama e senza onore,

che, con tutta la laude che sia al mondo,

mancasse un anno al suo viver giocondo.

 

44

L'avea mandato all'isola d'Alcina,

perché; obliasse l'arme in quella corte;

e come mago di somma dottrina,

ch'usar sapea gl'incanti d'ogni sorte,

avea il cor stretto di quella regina

ne l'amor d'esso d'un laccio sì; forte,

che non se ne era mai per poter sciorre,

s'invecchiasse Ruggier più; di Nestorre.

 

45

Or tornando a colei, ch'era presaga

di quanto de' avvenir, dico che tenne

la dritta via dove l'errante e vaga

figlia d'Amon seco a incontrar si venne.

Bradamante vedendo la sua maga,

muta la pena che prima sostenne,

tutta in speranza; e quella l'apre il vero:

ch'ad Alcina è; condotto il suo Ruggiero.

 

46

La giovane riman presso che morta,

quando ode che 'l suo amante è; così; lunge;

e più;, che nel suo amor periglio porta,

se gran rimedio e subito non giunge:

ma la benigna maga la conforta,

e presta pon l'impiastro ove il duol punge,

e le promette e giura, in pochi giorni

far che Ruggiero a riveder lei torni.

 

47

- Da che, donna (dicea), l'annello hai teco,

che val contra ogni magico fattura,

io non ho dubbio alcun, che s'io l'arreco

là; dove Alcina ogni tuo ben ti fura,

ch'io non le rompa il suo disegno, e meco

non ti rimeni la tua dolce cura.

Me n'andrò; questa sera alla prim'ora,

e sarò; in India al nascer de l'aurora.

 

48

E seguitando, del modo narrolle

che disegnato avea d'adoperarlo,

per trar del regno effeminato e molle

il caro amante, e in Francia rimenarlo.

Bradamante l'annel del dito tolle;

né; solamente avria voluto darlo,

ma dato il core e dato avria la vita,

pur che n'avesse il suo Ruggiero aita.

 

49

Le dà; l'annello e se le raccomanda;

e più; le raccomanda il suo Ruggiero,

a cui per lei mille saluti manda:

poi prese vêr Provenza altro sentiero.

Andò; l'incantatrice a un'altra banda;

e per porre in effetto il suo pensiero,

un palafren fece apparir la sera,

ch'avea un piè; rosso, e ogn'altra parte nera.

 

50

Credo fosse un Alchino o un Farfarello,

che da l'Inferno in quella forma trasse;

e scinta e scalza montò; sopra a quello,

a chiome sciolte e orribilmente passe:

ma ben di dito si levò; l'annello,

perché; gl'incanti suoi non le vietasse.

Poi con tal fretta andò;, che la matina

si ritrovò; ne l'isola d'Alcina.

 

51

Quivi mirabilmente transmutosse:

s'accrebbe più; d'un palmo di statura,

e fe' le membra a proporzion più; grosse;

e restò; a punto di quella misura

che si pensò; che 'l negromante fosse,

quel che nutrì; Ruggier con sì; gran cura.

Vestì; di lunga barba le mascelle,

e fe' crespa la fronte e l'altra pelle.

 

52

Di faccia, di parole e di sembiante

sì; lo seppe imitar, che totalmente

potea parer l'incantator Atlante.

Poi si nascose, e tanto pose mente,

che da Ruggiero allontanar l'amante

Alcina vide un giorno finalmente:

e fu gran sorte; che di stare o d'ire

senza esso un'ora potea mal patire.

 

53

Soletto lo trovò;, come lo volle,

che si godea il matin fresco e sereno

lungo un bel rio che discorrea d'un colle

verso un laghetto limpido ed ameno.

Il suo vestir delizioso e molle

tutto era d'ozio e di lascivia pieno,

che de sua man gli avea di seta e d'oro

tessuto Alcina con sottil lavoro.

 

54

Di ricche gemme un splendido monile

gli discendea dal collo in mezzo il petto;

e ne l'uno e ne l'altro già; virile

braccio girava un lucido cerchietto.

Gli avea forato un fil d'oro sottile

ambe l'orecchie, in forma d'annelletto;

e due gran perle pendevano quindi,

qua' mai non ebbon gli Arabi né; gl'Indi.

 

55

Umide avea l'innanellate chiome

de' più; suavi odor che sieno in prezzo:

tutto ne' gesti era amoroso, come

fosse in Valenza a servir donne avezzo:

non era in lui di sano altro che 'l nome;

corrotto tutto il resto, e più; che mé;zzo.

Così; Ruggier fu ritrovato, tanto

da l'esser suo mutato per incanto.

 

56

Ne la forma d'Atlante se gli affaccia

colei, che la sembianza ne tenea,

con quella grave e venerabil faccia

che Ruggier sempre riverir solea,

con quello occhio pien d'ira e di minaccia,

che sì; temuto già; fanciullo avea;

dicendo: - è; questo dunque il frutto ch'io

lungamente atteso ho del sudor mio?

 

57

Di medolle già; d'orsi e di leoni

ti porsi io dunque li primi alimenti;

t'ho per caverne ed orridi burroni

fanciullo avezzo a strangolar serpenti,

pantere e tigri disarmar d'ungioni

ed a vivi cingial trar spesso i denti,

acciò; che, dopo tanta disciplina,

tu sii l'Adone o l'Atide d'Alcina?

 

58

è; questo, quel che l'osservate stelle,

le sacre fibre e gli accoppiati punti,

responsi, auguri, sogni e tutte quelle

sorti, ove ho troppo i miei studi consunti,

di te promesso sin da le mammelle

m'avean, come quest'anni fusser giunti:

ch'in arme l'opre tue così; preclare

esser dovean, che sarian senza pare?

 

59

Questo è; ben veramente alto principio

onde si può; sperar che tu sia presto

a farti un Alessandro, un Iulio, un Scipio!

Chi potea, ohimè;! di te mai creder questo,

che ti facessi d'Alcina mancipio?

E perché; ognun lo veggia manifesto,

al collo ed alle braccia hai la catena

con che ella a voglia sua preso ti mena.

 

60

Se non ti muovon le tue proprie laudi,

e l'opre e scelse a chi t'ha il cielo eletto,

la tua succession perché; defraudi

del ben che mille volte io t'ho predetto?

deh, perché; il ventre eternamente claudi,

dove il ciel vuol che sia per te concetto

la gloriosa e soprumana prole

ch'esser de' al mondo più; chiara che 'l sole?

 

61

Deh non vietar che le più; nobil alme,

che sian formate ne l'eterne idee,

di tempo in tempo abbian corporee salme

dal ceppo che radice in te aver dee!

Deh non vietar mille trionfi e palme,

con che, dopo aspri danni e piaghe ree,

tuoi figli, tuoi nipoti e successori

Italia torneran nei primi onori!

 

62

Non ch'a piegarti a questo tante e tante

anime belle aver dovesson pondo,

che chiare, illustri, inclite, invitte e sante

son per fiorir da l'arbor tuo fecondo;

ma ti dovria un coppia esser bastante:

Ippolito e il fratel; che pochi il mondo

ha tali avuti ancor fin al dì; d'oggi,

per tutti i gradi onde a virtù; si poggi.

 

63

Io solea più; di questi dui narrarti,

ch'io non facea di tutti gli altri insieme;

sì; perché; essi terran le maggior parti,

che gli altri tuoi, ne le virtù; supreme;

sì; perché; al dir di lor mi vedea darti

più; attenzion, che d'altri del tuo seme:

vedea goderti che sì; chiari eroi

esser dovessen dei nipoti tuoi.

 

64

Che ha costei che t'hai fatto regina,

che non abbian mill'altre meretrici?

costei che di tant'altri è; concubina,

ch'al fin sai ben s'ella suol far felici.

Ma perché; tu conosca chi sia Alcina,

levatone le fraudi e gli artifici,

tien questo annello in dito, e torna ad ella,

ch'aveder ti potrai come sia bella. -

 

65

Ruggier si stava vergognoso e muto

mirando in terra, e mal sapea che dire;

a cui la maga nel dito minuto

pose l'annello, e lo fe' risentire.

Come Ruggiero in sé; fu rivenuto,

di tanto scorno si vide assalire,

ch'esser vorria sotterra mille braccia,

ch'alcun veder non lo potesse in faccia.

 

66

Ne la sua prima forma in uno istante,

così; parlando, la maga rivenne;

né; bisognava più; quella d'Atlante,

seguitone l'effetto per che venne.

Per dirvi quel ch'io non vi dissi inante,

costei Melissa nominata venne,

ch'or diè; a Ruggier di sé; notizia vera,

e dissegli a che effetto venuta era;

 

67

mandata da colei, che d'amor piena

sempre il disia, né; più; può; starne senza,

per liberarlo da quella catena

di che lo cinse magica violenza:

e preso avea d'Atlante di Carena

la forma, per trovar meglio credenza.

Ma poi ch'a sanità; l'ha ormai ridutto,

gli vuole aprire e far che veggia il tutto.

 

68

- Quella donna gentil che t'ama tanto,

quella che del tuo amor degna sarebbe,

a cui, se non ti scorda, tu sai quanto

tua libertà;, da lei servata, debbe;

questo annel che ripara ad ogni incanto,

ti manda: e così; il cor mandato avrebbe,

s'avesse avuto il cor così; virtute,

come l'annello, atta alla tua salute. -

 

69

E seguitò; narrandogli l'amore

che Bradamante gli ha portato e porta;

di questa insieme comendò; il valore,

in quanto il vero e l'affezion comporta;

ed usò; modo e termine migliore

che si convenga a messaggera accorta:

ed in quel odio Alcina a Ruggier pose,

in che soglionsi aver l'orribil cose.

 

70

In odio gli la pose, ancor che tanto

l'amasse dianzi: e non vi paia strano,

quando il suo amor per forza era d'incanto,

ch'essendovi l'annel, rimase vano.

Fece l'annel palese ancor, che quanto

di beltà; Alcina avea, tutto era estrano:

estrano avea, e non suo, dal piè; alla treccia;

il bel ne sparve, e le restò; la feccia.

 

71

Come fanciullo che maturo frutto

ripone, e poi si scorda ove è; riposto,

e dopo molti giorni è; ricondutto

là; dove truova a caso il suo deposto,

si maraviglia di vederlo tutto

putrido e guasto, e non come fu posto;

e dove amarlo e caro aver solia,

l'odia, sprezza, n'ha schivo, e getta via:

 

72

così; Ruggier, poi che Melissa fece

ch'a riveder se ne tornò; la fata

con quell'annello inanzi a cui non lece,

quando s'ha in dito, usare opra incantata,

ritruova, contra ogni sua stima, invece

de la bella, che dianzi avea lasciata,

donna sì; laida, che la terra tutta

né; la più; vecchia avea né; la più; brutta.

 

73

Pallido, crespo e macilente avea

Alcina il viso, il crin raro e canuto,

sua statura a sei palmi non giungea:

ogni dente di bocca era caduto;

che più; d'Ecuba e più; de la Cumea,

ed avea più; d'ogn'altra mai vivuto.

Ma sì; l'arti usa al nostro tempo ignote,

che bella e giovanetta parer puote.

 

74

Giovane e bella ella si fa con arte,

si che molti ingannò; come Ruggiero;

ma l'annel venne a interpretar le carte

che già; molti anni avean celato il vero.

Miracol non è; dunque, se si parte

de l'animo a Ruggier ogni pensiero

ch'avea d'amare Alcina, or che la truova

in guisa, che sua fraude non le giova.

 

75

Ma come l'avisò; Melissa, stette

senza mutare il solito sembiante,

fin che l'arme sue, più; dì; neglette,

si fu vestito dal capo alle piante;

e per non farle ad Alcina suspette,

finse provar s'in esse era aiutante,

finse provar se gli era fatto grosso,

dopo alcun dì; che non l'ha avute indosso.

 

76

E Balisarda poi si messe al fianco

(che così; nome la sua spada avea);

e lo scudo mirabile tolse anco,

che non pur gli occhi abbarbagliar solea,

ma l'anima facea sì; venir manco,

che dal corpo esalata esser parea.

Lo tolse, e col zendado in che trovollo,

che tutto lo copria, sel messe al collo.

 

77

Venne alla stalla, e fece briglia e sella

porre a un destrier più; che la pece nero:

così; Melissa l'avea istrutto; ch'ella

sapea quanto nel corso era leggiero.

Chi lo conosce, Rabican l'appella;

ed è; quel proprio che col cavalliero

del quale i venti or presso al mar fan gioco,

portò; già; la balena in questo loco.

 

78

Potea aver l'ippogrifo similmente,

che presso a Rabicano era legato;

ma gli avea detto la maga: - Abbi mente,

ch'egli è; (come tu sai) troppo sfrenato. -

E gli diede intenzion che 'l dì; seguente

gli lo trarrebbe fuor di quello stato,

là; dove ad agio poi sarebbe istrutto

come frenarlo e farlo gir per tutto.

 

79

Né; sospetto darà;, se non lo tolle,

de la tacita fuga ch'apparecchia.

Fece Ruggier come Melissa volle,

ch'invisibile ognor gli era all'orecchia.

Così; fingendo, del lascivo e molle

palazzo uscì; de la puttana vecchia;

e si venne accostando ad una porta,

donde è; la via ch'a Logistilla il porta.

 

80

Assaltò; li guardiani all'improviso,

e si cacciò; tra lor col ferro in mano,

e qual lasciò; ferito, e quale ucciso;

e corse fuor del ponte a mano a mano:

e prima che n'avesse Alcina aviso,

di molto spazio fu Ruggier lontano.

Dirò; ne l'altro canto che via tenne;

poi come a Logistilla se ne venne.

 

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CANTO OTTAVO

 

 

1

Oh quante sono incantatrici, oh quanti

incantator tra noi, che non si sanno!

che con lor arti uomini e donne amanti

di sé;, cangiando i visi lor, fatto hanno.

Non con spirti costretti tali incanti,

né; con osservazion di stelle fanno;

ma con simulazion, menzogne e frodi

legano i cor d'indissolubil nodi.

 

2

Chi l'annello d'Angelica, o piu tosto

chi avesse quel de la ragion, potria

veder a tutti il viso, che nascosto

da finzione e d'arte non saria.

Tal ci par bello e buono, che, deposto

il liscio, brutto e rio forse parria.

Fu gran ventura quella di Ruggiero,

ch'ebbe l'annel che gli scoperse il vero.

 

3

Ruggier (come io dicea) dissimulando,

su Rabican venne alla porta armato:

trovò; le guardie sprovedute, e quando

giunse tra lor, non tenne il brando a lato.

Chi morto e chi a mal termine lasciando,

esce del ponte, e il rastrello ha spezzato:

prende al bosco la via; ma poco corre,

ch'ad un de' servi de la fata occorre.

 

4

Il servo in pugno avea un augel grifagno

che volar con piacer facea ogni giorno,

ora a campagna, ora a un vicino stagno,

dove era sempre da far preda intorno:

avea da lato il can fido compagno:

cavalcava un ronzin non troppo adorno.

Ben pensò; che Ruggier dovea fuggire,

quando lo vide in tal fretta venire.

 

5

Se gli fe' incontra, e con sembiante altiero

gli domandò; perché; in tal fretta gisse.

Risponder non gli volse il buon Ruggiero:

perciò; colui, più; certo che fuggisse,

di volerlo arrestar fece pensiero;

e distendendo il braccio manco, disse:

- Che dirai tu, se subito ti fermo?

se contra questo augel non avrai schermo? -

 

6

Spinge l'augello: e quel batte sì; l'ale,

che non l'avanza Rabican di corso.

Del palafreno il cacciator giù; sale,

e tutto a un tempo gli ha levato il morso.

Quel par da l'arco uno aventato strale,

di calci formidabile e di morso;

e 'l servo dietro sì; veloce viene,

che par ch'il vento, anzi che il fuoco il mene.

 

7

Non vuol parere il can d'esser più; tardo;

ma segue Rabican con quella fretta

con che le lepri suol seguire il pardo.

Vergogna a Ruggier par, se non aspetta.

Voltasi a quel che vien sì; a piè; gagliardo;

né; gli vede arme, fuor ch'una bacchetta,

quella con che ubidire al cane insegna:

Ruggier di trar la spada si disdegna.

 

8

Quel se gli appressa, e forte lo percuote:

lo morde a un tempo il can nel piede manco.

Lo sfrenato destrier la groppa scuote

tre volte e più;, né; falla il destro fianco.

Gira l'augello e gli fa mille ruote,

e con l'ugna sovente il ferisce anco:

sì; il destrier collo strido impaurisce,

ch'alla mano e allo spron poco ubidisce.

 

9

Ruggiero, al fin costretto, il ferro caccia:

e perché; tal molestia se ne vada,

or gli animali, or quel villan minaccia

col taglio e con la punta de la spada.

Quella importuna turba più; l'impaccia:

presa ha chi qua chi là; tutta la strada.

Vede Ruggiero il disonore e il danno

che gli avverrà;, se più; tardar lo fanno.

 

10

Sa ch'ogni poco più; ch'ivi rimane,

Alcina avrà; col populo alle spalle:

di trombe, di tamburi e di campane

già; s'ode alto rumore in ogni valle.

Contra un servo senza arme e contra un cane

gli par ch'a usar la spada troppo falle:

meglio e più; breve è; dunque che gli scopra

lo scudo che d'Atlante era stato opra.

 

11

Levò; il drappo vermiglio in che coperto

già; molti giorni lo scudo si tenne.

Fece l'effetto mille volte esperto

il lume, ove a ferir negli occhi venne:

resta dai sensi il cacciator deserto,

cade il cane e il ronzin, cadon le penne,

ch'in aria sostener l'augel non ponno.

Lieto Ruggier li lascia in preda al sonno.

 

12

Alcina, ch'avea intanto avuto aviso

di Ruggier, che sforzato avea la porta,

e de la guardia buon numero ucciso,

fu, vinta dal dolor, per restar morta.

Squarciossi i panni e si percosse il viso,

e sciocca nominossi e malaccorta;

e fece dar all'arme immantinente,

e intorno a sé; raccor tutta sua gente.

 

13

E poi ne fa due parti, e manda l'una

per quella strada ove Ruggier camina;

al porto l'altra subito raguna,

imbarca, ed uscir fa ne la marina:

sotto le vele aperte il mar s'imbruna.

Con questi va la disperata Alcina,

che 'l desiderio di Ruggier sì; rode,

che lascia sua città; senza custode.

 

14

Non lascia alcuno a guardia del palagio:

il che a Melissa che stava alla posta

per liberar di quel regno malvagio

la gente ch'in miseria v'era posta,

diede commodità;, diede grande agio

di gir cercando ogni cosa a sua posta,

imagini abbruciar, suggelli torre,

e nodi e rombi e turbini disciorre.

 

15

Indi pei campi accelerando i passi,

gli antiqui amanti, ch'erano in gran torma

conversi in fonti, in fere, in legni, in sassi,

fe' ritornar ne la lor prima forma.

E quei, poi ch'allargati furo i passi,

tutti del buon Ruggier seguiron l'orma:

a Logistilla si salvaro; ed indi

tornaro a Sciti, a Persi, a Greci, ad Indi.

 

16

Li rimandò; Melissa in lor paesi,

con obligo di mai non esser sciolto.

Fu inanzi agli altri il duca degl'Inglesi

ad esser ritornato in uman volto;

che 'l parentado in questo e li cortesi

prieghi del buon Ruggier gli giovar molto:

oltre i prieghi, Ruggier le diè; l'annello,

acciò; meglio potesse aiutar quello.

 

17

A' prieghi dunque di Ruggier, rifatto

fu 'l paladin ne la sua prima faccia.

Nulla pare a Melissa d'aver fatto,

quando ricovrar l'arme non gli faccia,

e quella lancia d'or, ch'al primo tratto

quanti ne tocca de la sella caccia:

de l'Argalia, poi fu d'Astolfo lancia,

e molto onor fe' all'uno e a l'altro in Francia.

 

18

Trovò; Melissa questa lancia d'oro,

ch'Alcina avea reposta nel palagio,

e tutte l'arme che del duca foro,

e gli fur tolte ne l'ostel malvagio.

Montò; il destrier del negromante moro,

e fe' montar Astolfo in groppa ad agio;

e quindi a Logistilla si condusse

d'un'ora prima che Ruggier vi fusse.

 

19

Tra duri sassi e folte spine gì;a

Ruggiero intanto invêr la fata saggia,

di balzo in balzo, e d'una in altra via

aspra, solinga, inospita e selvaggia;

tanto ch'a gran fatica riuscia

su la fervida nona in una spiaggia

tra 'l mare e 'l monte, al mezzodì; scoperta,

arsiccia, nuda, sterile e deserta.

 

20

Percuote il sole ardente il vicin colle;

e del calor che si riflette a dietro,

in modo l'aria e l'arena ne bolle,

che saria troppo a far liquido il vetro.

Stassi cheto ogni augello all'ombra molle:

sol la cicala col noioso metro

fra i densi rami del fronzuto stelo

le valli e i monti assorda, e il mare e il cielo.

 

21

Quivi il caldo, la sete, e la fatica

ch'era di gir per quella via arenosa,

facean, lungo la spiaggia erma ed aprica,

a Ruggier compagnia grave e noiosa.

Ma perché; non convien che sempre io dica,

né; ch'io vi occupi sempre in una cosa,

io lascerò; Ruggiero in questo caldo,

e girò; in Scozia a ritrovar Rinaldo.

 

22

Era Rinaldo molto ben veduto

dal re, da la figliuola e dal paese.

Poi la cagion che quivi era venuto,

più; ad agio il paladin fece palese:

ch'in nome del suo re chiedeva aiuto

e dal regno di Scozia e da l'Inglese;

ed ai preghi soggiunse anco di Carlo,

giustissime cagion di dover farlo.

 

23

Dal re, senza indugiar, gli fu risposto,

che di quanto sua forza s'estendea,

per utile ed onor sempre disposto

di Carlo e de l'Imperio esser volea;

e che fra pochi dì; gli avrebbe posto

più; cavallieri in punto che potea;

e se non ch'esso era oggimai pur vecchio,

capitano verria del suo apparecchio.

 

24

Né; tal rispetto ancor gli parria degno

di farlo rimaner, se non avesse

il figlio, che di forza, e più; d'ingegno,

dignissimo era a chi'l governo desse,

ben che non si trovasse allor nel regno;

ma che sperava che venir dovesse

mentre ch'insieme aduneria lo stuolo;

e ch'adunato il troveria il figliuolo.

 

25

Così; mandò; per tutta la sua terra

suoi tesorieri a far cavalli e gente;

navi apparecchia e munizion da guerra,

vettovaglia e danar maturamente.

Venne intanto Rinaldo in Inghilterra,

e 'l re nel suo partir cortesemente

insino a Beroicche accompagnollo;

e visto pianger fu quando lasciollo.

 

26

Spirando il vento prospero alla poppa,

monta Rinaldo, ed a Dio dice a tutti:

la fune indi al viaggio il nocchier sgroppa;

tanto che giunge ove nei salsi flutti

il bel Tamigi amareggiando intoppa.

Col gran flusso del mar quindi condutti

i naviganti per camin sicuro

a vela e remi insino a Londra furo.

 

27

Rinaldo avea da Carlo e dal re Otone,

che con Carlo in Parigi era assediato,

al principe di Vallia commissione

per contrasegni e lettere portato,

che ciò; che potea far la regione

di fanti e di cavalli in ogni lato,

tutto debba a Calesio traghittarlo,

sì; che aiutar si possa Francia e Carlo.

 

28

Il principe ch'io dico, ch'era, in vece

d'Oton, rimaso nel seggio reale,

a Rinaldo d'Amon tanto onor fece,

che non l'avrebbe al suo re fatto uguale:

indi alle sue domande satisfece;

perché; a tutta la gente marziale

e di Bretagna e de l'isole intorno

di ritrovarsi al mar prefisse il giorno.

 

29

Signor, far mi convien come fa il buono

sonator sopra il suo istrumento arguto,

che spesso muta corda, e varia suono,

ricercando ora il grave, ora l'acuto.

Mentre a dir di Rinaldo attento sono,

d'Angelica gentil m'è; sovenuto,

di che lasciai ch'era da lui fuggita,

e ch'avea riscontrato uno eremita.

 

30

Alquanto la sua istoria io vo' seguire.

Dissi che domandava con gran cura,

come potesse alla marina gire;

che di Rinaldo avea tanta paura,

che, non passando il mar, credea morire,

né; in tutta Europa si tenea sicura:

ma l'eremita a bada la tenea,

perché; di star con lei piacere avea.

 

31

Quella rara bellezza il cor gli accese,

e gli scaldò; le frigide medolle:

ma poi che vide che poco gli attese,

e ch'oltra soggiornar seco non volle,

di cento punte l'asinello offese;

né; di sua tardità; però; lo tolle:

e poco va di passo e men di trotto,

né; stender gli si vuol la bestia sotto.

 

32

E perché; molto dilungata s'era,

e poco più;, n'avria perduta l'orma,

ricorse il frate alla spelonca nera,

e di demoni uscir fece una torma:

e ne sceglie uno di tutta la schiera,

e del bisogno suo prima l'informa;

poi lo fa entrare adosso al corridore,

che via gli porta con la donna il core.

 

33

E qual sagace can, nel monte usato

a volpi o lepri dar spesso la caccia,

che se la fera andar vede da un lato,

ne va da un altro, e par sprezzi la traccia;

al varco poi lo sentono arrivato,

che l'ha già; in bocca, e l'apre il fianco e straccia:

tal l'eremita per diversa strada

aggiugnerà; la donna ovunque vada.

 

34

Che sia il disegno suo, ben io comprendo:

e dirollo anco a voi, ma in altro loco.

Angelica di ciò; nulla temendo,

cavalcava a giornate, or molto or poco.

Nel cavallo il demon si gì;a coprendo,

come si cuopre alcuna volta il fuoco,

che con sì; grave incendio poscia avampa,

che non si estingue, e a pena se ne scampa.

 

35

Poi che la donna preso ebbe il sentiero

dietro il gran mar che li Guasconi lava,

tenendo appresso all'onde il suo destriero,

dove l'umor la via più; ferma dava;

quel le fu tratto dal demonio fiero

ne l'acqua sì;, che dentro vi nuotava.

Non sa che far la timida donzella,

se non tenersi ferma in su la sella.

 

36

Per tirar briglia, non gli può; dar volta:

più; e più; sempre quel si caccia in alto.

Ella tenea la vesta in su raccolta

per non bagnarla, e traea i piedi in alto.

Per le spalle la chioma iva disciolta,

e l'aura le facea lascivo assalto.

Stavano cheti tutti i maggior venti,

forse a tanta beltà;, col mare, attenti.

 

37

Ella volgea i begli occhi a terra invano,

che bagnavan di pianto il viso e 'l seno,

e vedea il lito andar sempre lontano

e decrescer più; sempre e venir meno.

Il destrier, che nuotava a destra mano,

dopo un gran giro la portò; al terreno

tra scuri sassi e spaventose grotte,

già; cominciando ad oscurar la notte.

 

38

Quando si vide sola in quel deserto,

che a riguardarlo sol, mettea paura,

ne l'ora che nel mar Febo coperto

l'aria e la terra avea lasciata oscura,

fermossi in atto ch'avria fatto incerto

chiunque avesse vista sua figura,

s'ella era donna sensitiva e vera,

o sasso colorito in tal maniera.

 

39

Stupida e fissa ne la incerta sabbia,

coi capelli disciolti e rabuffati,

con le man giunte e con l'immote labbia,

i languidi occhi al ciel tenea levati,

come accusando il gran Motor che l'abbia

tutti inclinati nel suo danno i fati.

Immota e come attonita stè; alquanto;

poi sciolse al duol la lingua, e gli occhi al pianto.

 

40

Dicea: - Fortuna, che più; a far ti resta

acciò; di me ti sazi e ti disfami?

che dar ti posso omai più;, se non questa

misera vita? ma tu non la brami;

ch'ora a trarla del mar sei stata presta,

quando potea finir suoi giorni grami:

perché; ti parve di voler più; ancora

vedermi tormentar prima ch'io muora.

 

41

Ma che mi possi nuocere non veggio,

più; di quel che sin qui nociuto m'hai.

Per te cacciata son del real seggio,

dove più; ritornar non spero mai:

ho perduto l'onor, ch'è; stato peggio;

che, se ben con effetto io non peccai,

io do però; materia ch'ognun dica,

ch'essendo vagabonda, io sia impudica.

 

42

Ch'aver può; donna al mondo più; di buono,

a cui la castità; levata sia?

Mi nuoce, ahimè;! ch'io son giovane, e sono

tenuta bella, o sia vero o bugia.

Già; non ringrazio il ciel di questo dono;

che di qui nasce ogni ruina mia:

morto per questo fu Argalia mio frate,

che poco gli giovar l'arme incantate:

 

43

per questo il re di Tartaria Agricane

disfece il genitor mio Galafrone,

ch'in India, del Cataio era gran Cane;

onde io son giunta a tal condizione,

che muto albergo da sera a dimane.

Se l'aver, se l'onor, se le persone

m'hai tolto, e fatto il mal che far mi puoi,

a che più; doglia anco serbar mi vuoi?

 

44

Se l'affogarmi in mar morte non era

a tuo senno crudel, pur ch'io ti sazi,

non recuso che mandi alcuna fera

che mi divori, e non mi tenga in strazi.

D'ogni martir che sia, pur ch'io ne pera,

esser non può; ch'assai non ti ringrazi. -

Così; dicea la donna con gran pianto,

quando le apparve l'eremita accanto.

 

45

Avea mirato da l'estrema cima

d'un rilevato sasso l'eremita

Angelica, che giunta alla parte ima

è; dello scoglio, afflitta e sbigottita.

Era sei giorni egli venuto prima;

ch'un demonio il portò; per via non trita:

e venne a lei fingendo divozione

quanta avesse mai Paulo o Ilarione.

 

46

Come la donna il cominciò; a vedere,

prese, non conoscendolo, conforto;

e cessò; a poco a poco il suo temere,

ben che ella avesse ancora il viso smorto.

Come fu presso, disse: - Miserere,

padre, di me, ch'i' son giunta a mal porto. -

E con voce interrotta dal singulto

gli disse quel ch'a lui non era occulto.

 

47

Comincia l'eremita a confortarla

con alquante ragion belle e divote;

e pon l'audaci man, mentre che parla,

or per lo seno, or per l'umide gote:

poi più; sicuro va per abbracciarla;

ed ella sdegnosetta lo percuote

con una man nel petto, e lo rispinge,

e d'onesto rossor tutta si tinge.

 

48

Egli, ch'allato avea una tasca, aprilla,

e trassene una ampolla di liquore;

e negli occhi possenti, onde sfavilla

la più; cocente face ch'abbia Amore,

spruzzò; di quel leggiermente una stilla,

che di farla dormire ebbe valore.

Già; resupina ne l'arena giace

a tutte voglie del vecchio rapace.

 

49

Egli l'abbraccia ed a piacer la tocca

ed ella dorme e non può; fare ischermo.

Or le bacia il bel petto, ora la bocca;

non è; chi 'l veggia in quel loco aspro ed ermo.

Ma ne l'incontro il suo destrier trabocca;

ch'al disio non risponde il corpo infermo:

era mal atto, perché; avea troppi anni;

e potrà; peggio, quanto più; l'affanni.

 

50

Tutte le vie, tutti li modi tenta,

ma quel pigro rozzon non però; salta.

Indarno il fren gli scuote, e lo tormenta;

e non può; far che tenga la testa alta.

Al fin presso alla donna s'addormenta;

e nuova altra sciagura anco l'assalta:

non comincia Fortuna mai per poco,

quando un mortal si piglia a scherno e a gioco.

 

51

Bisogna, prima ch'io vi narri il caso,

ch'un poco dal sentier dritto mi torca.

Nel mar di tramontana invêr l'occaso,

oltre l'Irlanda una isola si corca,

Ebuda nominata; ove è; rimaso

il popul raro, poi che la brutta orca

e l'altro marin gregge la distrusse,

ch'in sua vendetta Proteo vi condusse.

 

52

Narran l'antique istorie, o vere o false,

che tenne già; quel luogo un re possente,

ch'ebbe una figlia, in cui bellezza valse

e grazia sì;, che poté; facilmente,

poi che mostrossi in su l'arene salse,

Proteo lasciare in mezzo l'acque ardente;

e quello, un dì; che sola ritrovolla,

compresse, e di sé; gravida lasciolla.

 

53

La cosa fu gravissima e molesta

al padre, più; d'ogn'altro empio e severo:

né; per iscusa o per pietà;, la testa

le perdonò;: sì; può; lo sdegno fiero.

Né; per vederla gravida, si resta

di subito esequire il crudo impero:

e 'l nipotin che non avea peccato,

prima fece morir che fosse nato.

 

54

Proteo marin, che pasce il fiero armento

di Nettunno che l'onda tutta regge,

sente de la sua donna aspro tormento,

e per grand'ira, rompe ordine e legge;

sì; che a mandare in terra non è; lento

l'orche e le foche, e tutto il marin gregge,

che distruggon non sol pecore e buoi,

ma ville e borghi e li cultori suoi:

 

55

e spesso vanno alle città; murate,

e d'ogn'intorno lor mettono assedio.

Notte e dì; stanno le persone armate,

con gran timore e dispiacevol tedio:

tutte hanno le campagne abbandonate;

e per trovarvi al fin qualche rimedio,

andarsi a consigliar di queste cose

all'oracol, che lor così; rispose:

 

56

che trovar bisognava una donzella

che fosse all'altra di bellezza pare,

ed a Proteo sdegnato offerir quella,

in cambio de la morta, in lito al mare.

S'a sua satisfazion gli parrà; bella,

se la terrà;, né; li verrà; a sturbare:

se per questo non sta, se gli appresenti

una ed un'altra, fin che si contenti.

 

57

E così; cominciò; la dura sorte

tra quelle che più; grate eran di faccia,

ch'a Proteo ciascun giorno una si porte,

fin che trovino donna che gli piaccia.

La prima e tutte l'altre ebbero morte;

che tutte giù; pel ventre se le caccia

un'orca, che restò; presso alla foce,

poi che 'l resto partì; del gregge atroce.

 

58

O vera o falsa che fosse la cosa

di Proteo (ch'io non so che me ne dica),

servosse in quella terra, con tal chiosa,

contra le donne un'empia lege antica:

che di lor carne l'orca mostruosa

che viene ogni dì; al lito, si notrica.

Ben ch'esser donna sia in tutte le bande

danno e sciagura, quivi era pur grande.

 

59

Oh misere donzelle che trasporte

fortuna ingiuriosa al lito infausto!

dove le genti stan sul mare accorte

per far de le straniere empio olocausto;

che, come più; di fuor ne sono morte,

il numer de le loro è; meno esausto:

ma perché; il vento ognor preda non mena,

ricercando ne van per ogni arena.

 

60

Van discorrendo tutta la marina

con fuste e grippi ed altri legni loro,

e da lontana parte e da vicina

portan sollevamento al lor martoro.

Molte donne han per forza e per rapina,

alcune per lusinghe, altre per oro;

e sempre da diverse regioni

n'hanno piene le torri e le prigioni.

 

61

Passando una lor fusta a terra a terra

inanzi a quella solitaria riva

dove fra sterpi in su l'erbosa terra

la sfortunata Angelica dormiva,

smontaro alquanti galeotti in terra

per riportarne e legna ed acqua viva;

e di quante mai fur belle e leggiadre

trovaro il fiore in braccio al santo padre.

 

62

Oh troppo cara, oh troppo eccelsa preda

per sì; barbare genti e sì; villane!

Oh Fortuna crudel, chi fia ch'il creda,

che tanta forza hai ne le cose umane,

che per cibo d'un mostro tu conceda

la gran beltà;, ch'in India il re Agricane

fece venir da le caucasee porte

con mezza Scizia a guadagnar la morte?

 

63

La gran beltà;, che fu da Sacripante

posta inanzi al suo onore e al suo bel regno;

la gran beltà;, ch'al gran signor d'Anglante

macchiò; la chiara fama e l'alto ingegno;

la gran beltà; che fe' tutto Levante

sottosopra voltarsi e stare al segno,

ora non ha (così; è; rimasa sola)

chi le dia aiuto pur d'una parola.

 

64

La bella donna, di gran sonno oppressa,

incatenata fu prima che desta.

Portaro il frate incantator con essa

nel legno pien di turba afflitta e mesta.

La vela, in cima all'arbore rimessa,

rendé; la nave all'isola funesta,

dove chiuser la donna in rocca forte,

fin a quel dì; ch'a lei toccò; la sorte.

 

65

Ma poté; sì;, per esser tanto bella,

la fiera gente muovere a pietade,

che molti dì; le differiron quella

morte, e serbarla a gran necessitade;

e fin ch'ebber di fuore altra donzella,

perdonaro all'angelica beltade.

Al mostro fu condotta finalmente,

piangendo dietro a lei tutta la gente.

 

66

Chi narrerà; l'angosce, i pianti, i gridi,

l'alta querela che nel ciel penetra?

maraviglia ho che non s'apriro i lidi,

quando fu posta in su la fredda pietra,

dove in catena, priva di sussidi,

morte aspettava abominosa e tetra.

Io nol dirò;; che sì; il dolor mi muove,

che mi sforza voltar le rime altrove,

 

67

e trovar versi non tanto lugubri,

fin che 'l mio spirto stanco si riabbia;

che non potrian li squalidi colubri,

né; l'orba tigre accesa in maggior rabbia,

né; ciò; che da l'Atlante ai liti rubri

venenoso erra per la calda sabbia,

né; veder né; pensar senza cordoglio,

Angelica legata al nudo scoglio.

 

68

Oh se l'avesse il suo Orlando saputo,

ch'era per ritrovarla ito a Parigi;

o li dui ch'ingannò; quel vecchio astuto

col messo che venì;a dai luoghi stigi!

fra mille morti, per donarle aiuto,

cercato avrian gli angelici vestigi:

ma che fariano, avendone anco spia,

poi che distanti son di tanta via?

 

69

Parigi intanto avea l'assedio intorno

dal famoso figliuol del re Troiano;

e venne a tanta estremitade un giorno,

che n'andò; quasi al suo nimico in mano:

e se non che li voti il ciel placorno,

che dilagò; di pioggia oscura il piano,

cadea quel dì; per l'africana lancia

il santo Impero e 'l gran nome di Francia.

 

70

Il sommo Creator gli occhi rivolse

al giusto lamentar del vecchio Carlo;

e con subita pioggia il fuoco tolse:

né; forse uman saper potea smorzarlo.

Savio chiunque a Dio sempre si volse;

ch'altri non poté; mai meglio aiutarlo.

Ben dal devoto re fu conosciuto,

che si salvò; per lo divino aiuto.

 

71

La notte Orlando alle noiose piume

del veloce pensier fa parte assai.

Or quinci or quindi il volta, or lo rassume

tutto in un loco, e non l'afferma mai:

qual d'acqua chiara il tremolante lume,

dal sol percossa o da' notturni rai,

per gli ampli tetti va con lungo salto

a destra ed a sinistra, e basso ed alto.

 

72

La donna sua, che gli ritorna a mente,

anzi che mai non era indi partita,

gli raccende nel core e fa più; ardente

la fiamma che nel dì; parea sopita.

Costei venuta seco era in Ponente

fin dal Cataio; e qui l'avea smarrita,

né; ritrovato poi vestigio d'ella

che Carlo rotto fu presso a Bordella.

 

73

Di questo Orlando avea gran doglia, e seco

indarno a sua sciocchezza ripensava.

- Cor mio (dicea), come vilmente teco

mi son portato! ohimè;, quanto mi grava

che potendoti aver notte e dì; meco,

quando la tua bontà; non mel negava,

t'abbia lasciato in man di Namo porre,

per non sapermi a tanta ingiuria opporre!

 

74

Non aveva ragione io di scusarme?

e Carlo non m'avria forse disdetto:

se pur disdetto, e chi potea sforzarme?

chi ti mi volea torre al mio dispetto?

non poteva io venir più; tosto all'arme?

lasciar più; tosto trarmi il cor del petto?

Ma né; Carlo né; tutta la sua gente

di tormiti per forza era possente.

 

75

Almen l'avesse posta in guardia buona

dentro a Parigi o in qualche rocca forte.

Che l'abbia data a Namo mi consona,

sol perché; a perder l'abbia a questa sorte.

Chi la dovea guardar meglio persona

di me? ch'io dovea farlo fino a morte;

guardarla più; che 'l cor, che gli occhi miei:

e dovea e potea farlo, e pur nol fei.

 

76

Deh, dove senza me, dolce mia vita,

rimasa sei sì; giovane e sì; bella?

come, poi che la luce è; dipartita,

riman tra' boschi la smarrita agnella,

che dal pastor sperando esser udita,

si va lagnando in questa parte e in quella;

tanto che 'l lupo l'ode da lontano,

e 'l misero pastor ne piagne invano.

 

77

Dove, speranza mia, dove ora sei?

vai tu soletta forse ancor errando?

o pur t'hanno trovata i lupi rei

senza la guardia del tuo fido Orlando?

e il fior ch'in ciel potea pormi fra i dei,

il fior ch'intatto io mi venì;a serbando

per non turbarti, ohimè;! l'animo casto,

ohimè;! per forza avranno colto e guasto.

 

78

Oh infelice! oh misero! che voglio

se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno?

O sommo Dio, fammi sentir cordoglio

prima d'ogn'altro, che di questo danno.

Se questo è; ver, con le mie man mi toglio

la vita, e l'alma disperata danno. -

Così;, piangendo forte e sospirando,

seco dicea l'addolorato Orlando.

 

79

Già; in ogni parte gli animanti lassi

davan riposo ai travagliati spirti,

chi su le piume, e chi sui duri sassi,

e chi su l'erbe, e chi su faggi o mirti:

tu le palpebre, Orlando, a pena abbassi,

punto da' tuoi pensieri acuti ed irti;

né; quel sì; breve e fuggitivo sonno

godere in pace anco lasciar ti ponno.

 

80

Parea ad Orlando, s'una verde riva

d'odoriferi fior tutta dipinta,

mirare il bello avorio, e la nativa

purpura ch'avea Amor di sua man tinta,

e le due chiare stelle onde nutriva

ne le reti d'Amor l'anima avinta:

io parlo de' begli occhi e del bel volto,

che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto.

 

81

Sentia il maggior piacer, la maggior festa

che sentir possa alcun felice amante:

ma ecco intanto uscire una tempesta

che struggea i fior, ed abbattea le piante:

non se ne suol veder simile a questa,

quando giostra aquilone, austro e levante.

Parea che per trovar qualche coperto,

andasse errando invan per un deserto.

 

82

Intanto l'infelice (e non sa come)

perde la donna sua per l'aer fosco;

onde di qua e di là; del suo bel nome

fa risonare ogni campagna e bosco.

E mentre dice indarno: - Misero me!

chi ha cangiata mia dolcezza in tosco? -

ode la donna sua che gli domanda,

piangendo, aiuto, e se gli raccomanda.

 

83

Onde par ch'esca il grido, va veloce,

e quinci e quindi s'affatica assai.

Oh quanto è; il suo dolore aspro ed atroce,

che non può; rivedere i dolci rai!

Ecco ch'altronde ode da un'altra voce:

- Non sperar più; gioirne in terra mai. -

A questo orribil grido risvegliossi,

e tutto pien di lacrime trovossi.

 

84

Senza pensar che sian l'immagin false

quando per tema o per disio si sogna,

de la donzella per modo gli calse,

che stimò; giunta a danno od a vergogna,

che fulminando fuor del letto salse.

Di piastra e maglia, quanto gli bisogna,

tutto guarnissi, e Brigliadoro tolse;

né; di scudiero alcun servigio volse.

 

85

E per poter entrare ogni sentiero,

che la sua dignità; macchia non pigli,

non l'onorata insegna del quartiero,

distinta di color bianchi e vermigli,

ma portar volse un ornamento nero;

e forse acciò; ch'al suo dolor simigli:

e quello avea già; tolto a uno amostante,

ch'uccise di sua man pochi anni inante.

 

86

Da mezza notte tacito si parte,

e non saluta e non fa motto al zio;

né; al fido suo compagno Brandimarte,

che tanto amar solea, pur dice a Dio.

Ma poi che 'l Sol con l'auree chiome sparte

del ricco albergo di Titone uscì;o

e fe' l'ombra fugire umida e nera,

s'avide il re che 'l paladin non v'era.

 

87

Con suo gran dispiacer s'avede Carlo

che partito la notte è; 'l suo nipote,

quando esser dovea seco e più; aiutarlo;

e ritener la colera non puote,

ch'a lamentarsi d'esso, ed a gravarlo

non incominci di biasmevol note:

e minacciar, se non ritorna, e dire

che lo faria di tanto error pentire.

 

88

Brandimarte, ch'Orlando amava a pare

di sé; medesmo, non fece soggiorno;

o che sperasse farlo ritornare,

o sdegno avesse udirne biasmo e scorno;

e volse a pena tanto dimorare,

ch'uscisse fuor ne l'oscurar del giorno.

A Fiordiligi sua nulla ne disse,

perché; 'l disegno suo non gl'impedisse.

 

89

Era questa una donna che fu molto

da lui diletta, e ne fu raro senza;

di costumi, di grazia e di bel volto

dotata e d'accortezza e di prudenza:

e se licenza or non n'aveva tolto,

fu che sperò; tornarle alla presenza

il dì; medesmo; ma gli accadde poi,

che lo tardò; più; dei disegni suoi.

 

90

E poi ch'ella aspettato quasi un mese

indarno l'ebbe, e che tornar nol vide,

di desiderio sì; di lui s'accese,

che si partì; senza compagni o guide;

e cercandone andò; molto paese,

come l'istoria al luogo suo dicide.

Di questi dua non vi dico or più; inante;

che più; m'importa il cavallier d'Anglante.

 

91

Il qual, poi che mutato ebbe d'Almonte

le gloriose insegne, andò; alla porta,

e disse ne l'orecchio: - Io sono il conte -

a un capitan che vi facea la scorta;

e fattosi abassar subito il ponte,

per quella strada che più; breve porta

agl'inimici, se n'andò; diritto.

Quel che seguì;, ne l'altro canto è; scritto.

 

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CANTO NONO

 

 

1

Che non può; far d'un cor ch'abbia suggetto

questo crudele e traditore Amore,

poi ch'ad Orlando può; levar del petto

la tanta fe' che debbe al suo Signore?

Già; savio e pieno fu d'ogni rispetto,

e de la santa Chiesa difensore;

or per un vano amor, poco del zio,

e di sé; poco, e men cura di Dio.

 

2

Ma l'escuso io pur troppo, e mi rallegro

nel mio difetto aver compagno tale;

ch'anch'io sono al mio ben languido ed egro,

sano e gagliardo a seguitare il male.

Quel se ne va tutto vestito a negro,

né; tanti amici abandonar gli cale;

e passa dove d'Africa e di Spagna

la gente era attendata alla campagna:

 

3

anzi non attendata, perché; sotto

alberi e tetti l'ha sparsa la pioggia

a dieci, a venti, a quattro, a sette, ad otto;

chi più; distante e chi più; presso alloggia.

Ognuno dorme travagliato e rotto:

chi steso in terra, e chi alla man s'appoggia.

Dormono; e il conte uccider ne può; assai:

né; però; stringe Durindana mai.

 

4

Di tanto core è; il generoso Orlando,

che non degna ferir gente che dorma.

Or questo, e quando quel luogo cercando

va, per trovar de la sua donna l'orma.

Se truova alcun che veggi, sospirando

gli ne dipinge l'abito e la forma;

e poi lo priega che per cortesia

gl'insegni andar in parte ove ella sia.

 

5

E poi che venne il dì; chiaro e lucente,

tutto cercò; l'esercito moresco:

e ben lo potea far sicuramente,

avendo indosso l'abito arabesco;

ed aiutollo in questo parimente,

che sapeva altro idioma che francesco,

e l'africano tanto avea espedito,

che parea nato a Tripoli e nutrito.

 

6

Quivi il tutto cercò;, dove dimora

fece tre giorni, e non per altro effetto;

poi dentro alle cittadi e a' borghi fuora

non spiò; sol per Francia e suo distretto,

ma per Uvernia e per Guascogna ancora

rivide sin all'ultimo borghetto:

e cercò; da Provenza alla Bretagna,

e dai Picardi ai termini di Spagna.

 

7

Tra il fin d'ottobre e il capo di novembre,

ne la stagion che la frondosa vesta

vede levarsi e discoprir le membre

trepida pianta, fin che nuda resta,

e van gli augelli a strette schiere insembre,

Orlando entrò; ne l'amorosa inchiesta;

né; tutto il verno appresso lasciò; quella,

né; la lasciò; ne la stagion novella.

 

8

Passando un giorno, come avea costume,

d'un paese in un altro, arrivò; dove

parte i Normandi dai Bretoni un fiume,

e verso il vicin mar cheto si muove;

ch'allora gonfio e bianco già; di spume

per nieve sciolta e per montane piove:

e l'impeto de l'acqua avea disciolto

e tratto seco il ponte, e il passo tolto.

 

9

Con gli occhi cerca or questo lato or quello,

lungo le ripe il paladin, se vede

(quando né; pesce egli non è;, né; augello)

come abbia a por ne l'altra ripa il piede:

ed ecco a sé; venir vede un battello,

ne la cui poppa una donzella siede,

che di volere a lui venir fa segno;

né; lascia poi ch'arrivi in terra il legno.

 

10

Prora in terra non pon; ché; d'esser carca

contra sua volontà; forse sospetta.

Orlando priega lei che ne la barca

seco lo tolga, ed oltre il fiume il metta.

Ed ella lui: - Qui cavallier non varca,

il qual su la sua fé; non mi prometta

di fare una battaglia a mia richiesta,

la più; giusta del mondo e la più; onesta.

 

11

Sì; che s'avete, cavallier, desire

di por per me ne l'altra ripa i passi,

promettetemi, prima che finire

quest'altro mese prossimo si lassi,

ch'al re d'Ibernia v'anderete a unire,

appresso al qual la bella armata fassi

per distrugger quell'isola d'Ebuda,

che, di quante il mar cinge, è; la più; cruda.

 

12

Voi dovete saper ch'oltre l'Irlanda,

fra molte che vi son, l'isola giace

nomata Ebuda, che per legge manda

rubando intorno il suo popul rapace;

e quante donne può; pigliar, vivanda

tutte destina a un animal vorace,

che viene ogni dì; al lito, e sempre nuova

donna o donzella, onde si pasca, truova;

 

13

che mercanti e corsar che vanno attorno,

ve ne fan copia, e più; de le più; belle.

Ben potete contare, una per giorno,

quante morte vi sian donne e donzelle.

Ma se pietade in voi truova soggiorno,

se non sete d'Amor tutto ribelle,

siate contento esser tra questi eletto,

che van per far sì; fruttuoso effetto. -

 

14

Orlando volse a pena udire il tutto,

che giurò; d'esser primo a quella impresa,

come quel ch'alcun atto iniquo e brutto

non può; sentire, e d'ascoltar gli pesa:

e fu a pensare, indi a temere indutto,

che quella gente Angelica abbia presa;

poi che cercata l'ha per tanta via,

né; potutone ancor ritrovar spia.

 

15

Questa imaginazion sì; gli confuse

e sì; gli tolse ogni primier disegno,

che, quanto in fretta più; potea, conchiuse

di navigare a quello iniquo regno.

Né; prima l'altro sol nel mar si chiuse,

che presso a San Malò; ritrovò; un legno,

nel qual si pose; e fatto alzar le vele,

passò; la notte il monte San Michele.

 

16

Breaco e Landriglier lascia a man manca,

e va radendo il gran lito britone;

e poi si drizza invêr l'arena bianca,

onde Ingleterra si nomò; Albione;

ma il vento, ch'era da meriggie, manca,

e soffia tra il ponente e l'aquilone

con tanta forza, che fa al basso porre

tutte le vele, e sé; per poppa torre.

 

17

Quanto il navilio inanzi era venuto

in quattro giorni, in un ritornò; indietro,

ne l'alto mar dal buon nochier tenuto,

che non dia in terra e sembri un fragil vetro.

Il vento, poi che furioso suto

fu quattro giorni, il quinto cangiò; metro:

lasciò; senza contrasto il legno entrare

dove il fiume d'Anversa ha foce in mare.

 

18

Tosto che ne la foce entrò; lo stanco

nochier col legno afflitto, e il lito prese,

fuor d'una terra che sul destro fianco

di quel fiume sedeva, un vecchio scese,

di molta età;, per quanto il crine bianco

ne dava indicio; il qual tutto cortese,

dopo i saluti, al conte rivoltosse,

che capo giudicò; che di lor fosse.

 

19

E da parte il pregò; d'una donzella,

ch'a lei venir non gli paresse grave,

la qual ritroverebbe, oltre che bella,

più; ch'altra al mondo affabile e soave;

over fosse contento aspettar ch'ella

verrebbe a trovar lui fin alla nave:

né; più; restio volesse esser di quanti

quivi eran giunti cavallieri erranti;

 

20

che nessun altro cavallier, ch'arriva

o per terra o per mare a questa foce,

di ragionar con la donzella schiva,

per consigliarla in un suo caso atroce.

Udito questo, Orlando in su la riva

senza punto indugiarsi uscì; veloce;

e come umano e pien di cortesia,

dove il vecchio il menò;, prese la via.

 

21

Fu ne la terra il paladin condutto

dentro un palazzo, ove al salir le scale,

una donna trovò; piena di lutto,

per quanto il viso ne facea segnale,

e i negri panni che coprian per tutto

e le logge e le camere e le sale;

la qual, dopo accoglienza grata e onesta

fattol seder, gli disse in voce mesta:

 

22

- Io voglio che sappiate che figliuola

fui del conte d'Olanda, a lui sì; grata

(quantunque prole io non gli fossi sola,

ch'era da dui fratelli accompagnata),

ch'a quanto io gli chiedea, da lui parola

contraria non mi fu mai replicata.

Standomi lieta in questo stato, avenne

che ne la nostra terra un duca venne.

 

23

Duca era di Selandia, e se ne giva

verso Biscaglia a guerreggiar coi Mori.

La bellezza e l'età; ch'in lui fioriva,

e li non più; da me sentiti amori

con poca guerra me gli fer captiva;

tanto più; che, per quel ch'apparea fuori,

io credea e credo, e creder credo il vero,

ch'amasse ed ami me con cor sincero.

 

24

Quei giorni che con noi contrario vento,

contrario agli altri, a me propizio, il tenne

(ch'agli altri fur quaranta, a me un momento;

così; al fuggire ebbon veloci penne),

fummo più; volte insieme a parlamento,

dove, che 'l matrimonio con solenne

rito al ritorno suo saria tra nui

mi promise egli, ed io 'l promisi a lui.

 

25

Bireno a pena era da noi partito

(che così; ha nome il mio fedele amante),

che 'l re di Frisa (la qual, quanto il lito

del mar divide il fiume, è; a noi distante),

disegnando il figliuol farmi marito,

ch'unico al mondo avea, nomato Arbante,

per li più; degni del suo stato manda

a domandarmi al mio padre in Olanda.

 

26

Io ch'all'amante mio di quella fede

mancar non posso, che gli aveva data,

e anco ch'io possa. Amor non mi conciede

che poter voglia, e ch'io sia tanto ingrata;

per ruinar la pratica ch'in piede

era gagliarda, e presso al fin guidata,

dico a mio padre, che prima ch'in Frisa

mi dia marito, io voglio essere uccisa.

 

27

Il mio buon padre, al qual sol piacea quanto

a me piacea, né; mai turbar mi volse,

per consolarmi e far cessare il pianto

ch'io ne facea, la pratica disciolse:

di che il superbo re di Frisa tanto

isdegno prese e a tanto odio si volse,

ch'entrò; in Olanda, e cominciò; la guerra

che tutto il sangue mio cacciò; sotterra.

 

28

Oltre che sia robusto, e sì; possente,

che pochi pari a nostra età; ritruova,

e sì; astuto in mal far, ch'altrui niente

la possanza, l'ardir, l'ingegno giova;

porta alcun'arme che l'antica gente

non vide mai, né; fuor ch'a lui, la nuova:

un ferro bugio, lungo da dua braccia,

dentro a cui polve ed una palla caccia.

 

29

Col fuoco dietro ove la canna è; chiusa,

tocca un spiraglio che si vede a pena;

a guisa che toccare il medico usa

dove è; bisogno d'allacciar la vena:

onde vien con tal suon la palla esclusa,

che si può; dir che tuona e che balena;

né; men che soglia il fulmine ove passa,

ciò; che tocca, arde, abatte, apre e fracassa.

 

30

Pose due volte il nostro campo in rotta

con questo inganno, e i miei fratelli uccise:

nel primo assalto il primo; che la botta,

rotto l'usbergo, in mezzo il cor gli mise;

ne l'altra zuffa a l'altro, il quale in frotta

fuggì;a, dal corpo l'anima divise;

e lo ferì; lontan dietro la spalla,

e fuor del petto uscir fece la palla.

 

31

Difendendosi poi mio padre un giorno

dentro un castel che sol gli era rimaso,

che tutto il resto avea perduto intorno,

lo fe' con simil colpo ire all'occaso;

che mentre andava e che facea ritorno,

provedendo or a questo or a quel caso,

dal traditor fu in mezzo gli occhi colto,

che l'avea di lontan di mira tolto.

 

32

Morto i fratelli e il padre, e rimasa io

de l'isola d'Olanda unica erede,

il re di Frisa, perché; avea disio

di ben fermare in quello stato il piede,

mi fa sapere, e così; al popul mio,

che pace e che riposo mi conciede,

quando io vogli or, quel che non volsi inante,

tor per marito il suo figliuolo Arbante.

 

33

Io per l'odio non sì;, che grave porto

a lui e a tutta la sua iniqua schiatta,

il qual m'ha dui fratelli e 'l padre morto,

saccheggiata la patria, arsa e disfatta;

come perché; a colui non vo' far torto,

a cui già; la promessa aveva fatta,

ch'altr'uomo non saria che mi sposasse,

fin che di Spagna a me non ritornasse:

 

34

- Per un mal ch'io patisco, ne vo' cento

patir (rispondo), e far di tutto il resto;

esser morta, arsa viva, e che sia al vento

la cener sparsa, inanzi che far questo. -

Studia la gente mia di questo intento

tormi: chi priega, e chi mi fa protesto

di dargli in mano me e la terra, prima

che la mia ostinazion tutti ci opprima.

 

35

Così;, poi che i protesti e i prieghi invano

vider gittarsi, e che pur stava dura,

presero accordo col Frisone, e in mano,

come avean detto, gli dier me e le mura.

Quel, senza farmi alcuno atto villano,

de la vita e del regno m'assicura,

pur ch'io indolcisca l'indurate voglie,

e che d'Arbante suo mi faccia moglie.

 

36

Io che sforzar così; mi veggio, voglio,

per uscirgli di man, perder la vita;

ma se pria non mi vendico, mi doglio

più; che di quanta ingiuria abbia patita.

Fo pensier molti; e veggio al mio cordoglio

che solo il simular può; dare aita:

fingo ch'io brami, non che non mi piaccia,

che mi perdoni e sua nuora mi faccia.

 

37

Fra molti ch'al servizio erano stati

già; di mio padre, io scelgo dui fratelli,

di grande ingegno e di gran cor dotati,

ma più; di vera fede, come quelli

che cresciutici in corte ed allevati

si son con noi da teneri citelli;

e tanto miei, che poco lor parria

la vita por per la salute mia.

 

38

Communico con loro il mio disegno:

essi prometton d'essermi in aiuto.

L'un viene in Fiandra, e v'apparecchia un legno;

l'altro meco in Olanda ho ritenuto.

Or mentre i forestieri e quei del regno

s'invitano alle nozze, fu saputo

che Bireno in Biscaglia avea una armata,

per venire in Olanda, apparecchiata.

 

39

Però; che, fatta la prima battaglia

dove fu rotto un mio fratello e ucciso,

spacciar tosto un corrier feci in Biscaglia,

che portassi a Bireno il tristo aviso;

il qual mentre che s'arma e si travaglia,

dal re di Frisa il resto fu conquiso.

Bireno, che di ciò; nulla sapea,

per darci aiuto i legni sciolti avea.

 

40

Di questo avuto aviso il re frisone,

de le nozze al figliuol la cura lassa;

e con l'armata sua nel mar si pone:

truova il duca, lo rompe, arde e fracassa,

e, come vuol Fortuna, il fa prigione;

ma di ciò; ancor la nuova a noi non passa.

Mi sposa intanto il giovene, e si vuole

meco corcar come si corchi il sole.

 

41

Io dietro alle cortine avea nascoso

quel mio fedele; il qual nulla si mosse

prima che a me venir vide lo sposo;

e non l'attese che corcato fosse,

ch'alzò; un'accetta, e con sì; valoroso

braccio dietro nel capo lo percosse,

che gli levò; la vita e la parola:

io saltai presta, e gli segai la gola.

 

42

Come cadere il bue suole al macello,

cade il malnato giovene, in dispetto

del re Cimosco, il più; d'ogn'altro fello;

che l'empio re di Frisa è; così; detto,

che morto l'uno e l'altro mio fratello

m'avea col padre, e per meglio suggetto

farsi il mio stato, mi volea per nuora;

e forse un giorno uccisa avria me ancora.

 

43

Prima ch'altro disturbo vi si metta,

tolto quel che più; vale e meno pesa,

il mio compagno al mar mi cala in fretta

da la finestra a un canape sospesa,

là; dove attento il suo fratello aspetta

sopra la barca ch'avea in Fiandra presa.

Demmo le vele ai venti e i remi all'acque,

e tutti ci salvian, come a Dio piacque.

 

44

Non so se 'l re di Frisa più; dolente

del figliuol morto, o se più; d'ira acceso

fosse contra di me, che 'l dì; seguente

giunse là; dove si trovò; sì; offeso.

Superbo ritornava egli e sua gente

de la vittoria e di Bireno preso;

e credendo venire a nozze e a festa,

ogni cosa trovò; scura e funesta.

 

45

La pietà; del figliuol, l'odio ch'aveva

a me, né; dì; né; notte il lascia mai.

Ma perché; il pianger morti non rileva,

e la vendetta sfoga l'odio assai,

la parte del pensier, ch'esser doveva

de la pietade in sospirare e in guai,

vuol che con l'odio a investigar s'unisca,

come egli m'abbia in mano e mi punisca.

 

46

Quei tutti che sapeva e gli era detto

che mi fossino amici, o di quei miei

che m'aveano aiutata a far l'effetto,

uccise, o lor beni arse, o li fe' rei.

Volse uccider Bireno in mio dispetto;

che d'altro sì; doler non mi potrei:

gli parve poi, se vivo lo tenesse,

che per pigliarmi, in man la rete avesse.

 

47

Ma gli propone una crudele e dura

condizion: gli fa termine un anno,

al fin del qual gli darà; morte oscura,

se prima egli per forza o per inganno,

con amici e parenti non procura,

con tutto ciò; che ponno e ciò; che sanno,

di darmigli in prigion: sì; che la via

di lui salvare è; sol la morte mia.

 

48

Ciò; che si possa far per sua salute,

fuor che perder me stessa, il tutto ho fatto.

Sei castella ebbi in Fiandra, e l'ho vendute:

e 'l poco o 'l molto prezzo ch'io n'ho tratto,

parte, tentando per persone astute

i guardiani corrumpere, ho distratto;

e parte, per far muovere alli danni

di quell'empio or gl'Inglesi, or gli Alamanni.

 

49

I mezzi, o che non abbiano potuto,

o che non abbian fatto il dover loro,

m'hanno dato parole e non aiuto;

e sprezzano or che n'han cavato l'oro:

e presso al fine il termine è; venuto,

dopo il qual né; la forza né; 'l tesoro

potrà; giunger più; a tempo, sì; che morte

e strazio schivi al mio caro consorte.

 

50

Mio padre e' miei fratelli mi son stati

morti per lui; per lui toltomi il regno;

per lui quei pochi beni che restati

m'eran, del viver mio soli sostegno,

per trarlo di prigione ho disipati:

né; mi resta ora in che più; far disegno,

se non d'andarmi io stessa in mano a porre

di sì; crudel nimico, e lui disciorre.

 

51

Se dunque da far altro non mi resta,

né; si truova al suo scampo altro riparo

che per lui por questa mia vita, questa

mia vita per lui por mi sarà; caro.

Ma sola una paura mi molesta,

che non saprò; far patto così; chiaro,

che m'assicuri che non sia il tiranno,

poi ch'avuta m'avrà;, per fare inganno.

 

52

Io dubito che poi che m'avrà; in gabbia

e fatto avrà; di me tutti li strazi,

né; Bireno per questo a lasciare abbia,

sì; ch'esser per me sciolto mi ringrazi;

come periuro, e pien di tanta rabbia,

che di me sola uccider non si sazi:

e quel ch'avrà; di me, né; più; né; meno

faccia di poi del misero Bireno.

 

53

Or la cagion che conferir con voi

mi fa i miei casi, e ch'io li dico a quanti

signori e cavallier vengono a noi,

è; solo acciò;, parlandone con tanti,

m'insegni alcun d'assicurar che, poi

ch'a quel crudel mi sia condotta avanti,

non abbia a ritener Bireno ancora,

né; voglia, morta me, ch'esso poi mora.

 

54

Pregato ho alcun guerrier, che meco sia

quando io mi darò; in mano al re di Frisa;

ma mi prometta e la sua fe' mi dia,

che questo cambio sarà; fatto in guisa,

ch'a un tempo io data, e liberato fia

Bireno: sì; che quando io sarò; uccisa,

morrò; contenta, poi che la mia morte

avrà; dato la vita al mio consorte.

 

55

Né; fino a questo dì; truovo chi toglia

sopra la fede sua d'assicurarmi,

che quando io sia condotta, e che mi voglia

aver quel re, senza Bireno darmi,

egli non lascierà; contra mia voglia

che presa io sia: sì; teme ognun quell'armi;

teme quell'armi, a cui par che non possa

star piastra incontra, e sia quanto vuol grossa.

 

56

Or, s'in voi la virtù; non è; diforme

dal fier sembiante e da l'erculeo aspetto,

e credete poter darmegli, e torme

anco da lui, quando non vada retto;

siate contento d'esser meco a porme

ne le man sue: ch'io non avrò; sospetto,

quando voi siate meco, se ben io

poi ne morrò;, che muora il signor mio. -

 

57

Qui la donzella il suo parlar conchiuse,

che con pianto e sospir spesso interroppe.

Orlando, poi ch'ella la bocca chiuse,

le cui voglie al ben far mai non fur zoppe,

in parole con lei non si diffuse;

che di natura non usava troppe:

ma le promise, e la sua fé; le diede,

che farì;a più; di quel ch'ella gli chiede.

 

58

Non è; sua intenzion ch'ella in man vada

del suo nimico per salvar Bireno:

ben salverà; amendui, se la sua spada

e l'usato valor non gli vien meno.

Il medesimo dì; piglian la strada,

poi c'hanno il vento prospero e sereno.

Il paladin s'affretta; che di gire

all'isola del mostro avea desire.

 

59

Or volta all'una, or volta all'altra banda

per gli alti stagni il buon nochier la vela:

scuopre un'isola e un'altra di Zilanda;

scuopre una inanzi, e un'altra a dietro cela.

Orlando smonta il terzo dì; in Olanda;

ma non smonta colei che si querela

del re di Frisa: Orlando vuol che intenda

la morte di quel rio, prima che scenda.

 

60

Nel lito armato il paladino varca

sopra un corsier di pel tra bigio e nero,

nutrito in Fiandra e nato in Danismarca,

grande e possente assai più; che leggiero;

però; ch'avea, quando si messe in barca,

in Bretagna lasciato il suo destriero,

quel Brigliador sì; bello e sì; gagliardo,

che non ha paragon, fuor che Baiardo.

 

61

Giunge Orlando a Dordreche, e quivi truova

di molta gente armata in su la porta;

sì; perché; sempre, ma più; quando è; nuova,

seco ogni signoria sospetto porta;

sì; perché; dianzi giunta era una nuova,

che di Selandia con armata scorta

di navili e di gente un cugin viene

di quel signor che qui prigion si tiene.

 

62

Orlando prega uno di lor, che vada

e dica al re, ch'un cavalliero errante

disia con lui provarsi a lancia e a spada;

ma che vuol che tra lor sia patto inante:

che se 'l re fa che, chi lo sfida, cada,

la donna abbia d'aver, ch'uccise Arbante;

che 'l cavallier l'ha in loco non lontano

da poter sempremai darglila in mano;

 

63

ed all'incontro vuol che 'l re prometta,

ch'ove egli vinto ne la pugna sia,

Bireno in libertà; subito metta,

e che lo lasci andare alla sua via.

Il fante al re fa l'ambasciata in fretta:

ma quel, che né; virtù; né; cortesia

conobbe mai, drizzò; tutto il suo intento

alla fraude, all'inganno, al tradimento.

 

64

Gli par ch'avendo in mano il cavalliero,

avrà; la donna ancor, che sì; l'ha offeso,

s'in possanza di lui la donna è; vero

che si ritruovi, e il fante ha ben inteso.

Trenta uomini pigliar fece sentiero

diverso da la porta ov'era atteso,

che dopo occulto ed assai lungo giro,

dietro alle spalle al paladino usciro.

 

65

Il traditore intanto dar parole

fatto gli avea, sin che i cavalli e i fanti

vede esser giunti al loco ove gli vuole;

da la porta esce poi con altretanti.

Come le fere e il bosco cinger suole

perito cacciator da tutti i canti;

come appresso a Volana i pesci e l'onda

con lunga rete il pescator circonda:

 

66

così; per ogni via dal re di Frisa,

che quel guerrier non fugga, si provede.

Vivo lo vuole, e non in altra guisa:

e questo far sì; facilmente crede,

che 'l fulmine terrestre, con che uccisa

ha tanta e tanta gente, ora non chiede;

che quivi non gli par che si convegna,

dove pigliar, non far morir, disegna.

 

67

Qual cauto ucellator che serba vivi,

intento a maggior preda, i primi augelli,

acciò; in più; quantitade altri captivi

faccia col giuoco e col zimbel di quelli:

tal esser volse il re Cimosco quivi:

ma già; non volse Orlando esser di quelli

che si lascin pigliar al primo tratto;

e tosto roppe il cerchio ch'avean fatto.

 

68

Il cavallier d'Anglante, ove più; spesse

vide le genti e l'arme, abbassò; l'asta;

ed uno in quella e poscia un altro messe,

e un altro e un altro, che sembrar di pasta;

e fin a sei ve n'infilzò;, e li resse

tutti una lancia: e perch'ella non basta

a più; capir, lasciò; il settimo fuore

ferito sì;, che di quel colpo muore.

 

69

Non altrimente ne l'estrema arena

veggià;n le rane de canali e fosse

dal cauto arcier nei fianchi e ne la schiena,

l'una vicina all'altra, esser percosse;

né; da la freccia, fin che tutta piena

non sia da un capo all'altro, esser rimosse.

La grave lancia Orlando da sé; scaglia,

e con la spada entrò; ne la battaglia.

 

70

Rotta la lancia, quella spada strinse,

quella che mai non fu menata in fallo;

e ad ogni colpo, o taglio o punta, estinse

quando uomo a piedi, e quando uomo a cavallo:

dove toccò;, sempre in vermiglio tinse

l'azzurro, il verde, il bianco, il nero, il giallo.

Duolsi Cimosco che la canna e il fuoco

seco or non ha, quando v'avrian più; loco.

 

71

E con gran voce e con minacce chiede

che portati gli sian, ma poco è; udito;

che chi ha ritratto a salvamento il piede

ne la città;, non è; d'uscir più; ardito.

Il re frison, che fuggir gli altri vede,

d'esser salvo egli ancor piglia partito:

corre alla porta, e vuole alzare il ponte,

ma troppo è; presto ad arrivare il conte.

 

72

Il re volta le spalle, e signor lassa

del ponte Orlando e d'amendue le porte;

e fugge, e inanzi a tutti gli altri passa,

mercé; che 'l suo destrier corre più; forte.

Non mira Orlando a quella plebe bassa:

vuole il fellon, non gli altri, porre a morte;

ma il suo destrier sì; al corso poco vale,

che restio sembra, e chi fugge, abbia l'ale.

 

73

D'una in un'altra via si leva ratto

di vista al paladin; ma indugia poco,

che torna con nuove armi; che s'ha fatto

portare intanto il cavo ferro e il fuoco:

e dietro un canto postosi di piatto,

l'attende, come il cacciatore al loco,

coi cani armati e con lo spiedo, attende

il fier cingial che ruinoso scende;

 

74

che spezza i rami e fa cadere i sassi,

e ovunque drizzi l'orgogliosa fronte,

sembra a tanto rumor che si fracassi

la selva intorno, e che si svella il monte.

Sta Cimosco alla posta, acciò; non passi

senza pagargli il fio l'audace conte:

tosto ch'appare, allo spiraglio tocca

col fuoco il ferro, e quel subito scocca.

 

75

Dietro lampeggia a guisa di baleno,

dinanzi scoppia, e manda in aria il tuono.

Trieman le mura, e sotto i piè; il terreno;

il ciel ribomba al paventoso suono.

L'ardente stral, che spezza e venir meno

fa ciò; ch'incontra, e dà; a nessun perdono,

sibila e stride; ma, come è; il desire

di quel brutto assassin, non va a ferire.

 

76

O sia la fretta, o sia la troppa voglia

d'uccider quel baron, ch'errar lo faccia;

o sia che il cor, tremando come foglia,

faccia insieme tremare e mani e braccia;

o la bontà; divina che non voglia

che 'l suo fedel campion sì; tosto giaccia:

quel colpo al ventre del destrier si torse;

lo cacciò; in terra, onde mai più; non sorse.

 

77

Cade a terra il cavallo e il cavalliero:

la preme l'un, la tocca l'altro a pena;

che si leva sì; destro e sì; leggiero,

come cresciuto gli sia possa e lena.

Quale il libico Anteo sempre più; fiero

surger solea da la percossa arena,

tal surger parve, e che la forza, quando

toccò; il terren, si radoppiasse a Orlando.

 

78

Chi vide mai dal ciel cadere il foco

che con sì; orrendo suon Giove disserra,

e penetrare ove un richiuso loco

carbon con zolfo e con salnitro serra;

ch'a pena arriva, a pena tocca un poco,

che par ch'avampi il ciel, non che la terra;

spezza le mura, e i gravi marmi svelle,

e fa i sassi volar sin alle stelle;

 

79

s'imagini che tal, poi che cadendo

toccò; la terra, il paladino fosse:

con sì; fiero sembiante aspro ed orrendo,

da far tremar nel ciel Marte, si mosse.

Di che smarrito il re frison, torcendo

la briglia indietro, per fuggir voltosse;

ma gli fu dietro Orlando con più; fretta,

che non esce da l'arco una saetta:

 

80

e quel che non avea potuto prima

fare a cavallo, or farà; essendo a piede.

Lo seguita sì; ratto, ch'ogni stima

di chi nol vide, ogni credenza eccede.

Lo giunse in poca strada; ed alla cima

de l'elmo alza la spada, e sì; lo fiede,

che gli parte la testa fin al collo,

e in terra il manda a dar l'ultimo crollo.

 

81

Ecco levar ne la città; si sente

nuovo rumor, nuovo menar di spade;

che 'l cugin di Bireno con la gente

ch'avea condutta da le sue contrade,

poi che la porta ritrovò; patente,

era venuto dentro alla cittade,

dal paladino in tal timor ridutta,

che senza intoppo la può; scorrer tutta.

 

82

Fugge il populo in rotta, che non scorge

chi questa gente sia, né; che domandi;

ma poi ch'uno ed un altro pur s'accorge

all'abito e al parlar, che son Selandi,

chiede lor pace, e il foglio bianco porge;

e dice al capitan che gli comandi,

e dar gli vuol contro i Frisoni aiuto,

che 'l suo duca in prigion gli han ritenuto.

 

83

Quel popul sempre stato era nimico

del re di Frisa e d'ogni suo seguace,

perché; morto gli avea il signore antico,

ma più; perch'era ingiusto, empio e rapace.

Orlando s'interpose come amico

d'ambe le parti, e fece lor far pace;

le quali unite, non lasciar Frisone

che non morisse o non fosse prigione.

 

84

Le porte de le carceri gittate

a terra sono, e non si cerca chiave.

Bireno al conte con parole grate

mostra conoscer l'obligo che gli have.

Indi insieme e con molte altre brigate

se ne vanno ove attende Olimpia in nave:

così; la donna, a cui di ragion spetta

il dominio de l'isola, era detta;

 

85

quella che quivi Orlando avea condutto

non con pensier che far dovesse tanto;

che la parea bastar, che posta in lutto

sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto.

Lei riverisce e onora il popul tutto.

Lungo sarebbe a ricontarvi quanto

lei Bireno accarezzi, ed ella lui;

quai grazie al conte rendano ambidui.

 

86

Il popul la donzella nel paterno

seggio rimette, e fedeltà; le giura.

Ella a Bireno, a cui con nodo eterno

la legò; Amor d'una catena dura,

de lo stato e di sé; dona il governo.

Ed egli tratto poi da un'altra cura,

de le fortezze e di tutto il domì;no

de l'isola guardian lascia il cugino;

 

87

che tornare in Selandia avea disegno,

e menar seco la fedel consorte:

e dicea voler fare indi nel regno

di Frisa esperienza di sua sorte;

perché; di ciò; l'assicurava un pegno

ch'egli aveva in mano, e lo stimava forte:

la figliuola del re, che fra i captivi,

che vi fur molti, avea trovata quivi.

 

88

E dice ch'egli vuol ch'un suo germano,

ch'era minor d'età;, l'abbia per moglie.

Quindi si parte il senator romano

il dì; medesmo che Bireno scioglie.

Non volse porre ad altra cosa mano,

fra tante e tante guadagnate spoglie,

se non a quel tormento ch'abbià;n detto

ch'al fulmine assimiglia in ogni effetto.

 

89

L'intenzion non già;, perché; lo tolle,

fu per voglia d'usarlo in sua difesa;

che sempre atto stimò; d'animo molle

gir con vantaggio in qualsivoglia impresa:

ma per gittarlo in parte, onde non volle

che mai potesse ad uomo più; fare offesa:

e la polve e le palle e tutto il resto

seco portò;, ch'apparteneva a questo.

 

90

E così;, poi che fuor de la marea

nel più; profondo mar si vide uscito,

sì; che segno lontan non si vedea

del destro più; né; del sinistro lito;

lo tolse, e disse: - Acciò; più; non istea

mai cavallier per te d'esser ardito,

né; quanto il buono val, mai più; si vanti

il rio per te valer, qui giù; rimanti.

 

91

O maladetto, o abominoso ordigno,

che fabricato nel tartareo fondo

fosti per man di Belzebù; maligno

che ruinar per te disegnò; il mondo,

all'inferno, onde uscisti, ti rasigno. -

Così; dicendo, lo gittò; in profondo.

Il vento intanto le gonfiate vele

spinge alla via de l'isola crudele.

 

92

Tanto desire il paladino preme

di saper se la donna ivi si truova,

ch'ama assai più; che tutto il mondo insieme,

né; un'ora senza lei viver gli giova;

che s'in Ibernia mette il piede, teme

di non dar tempo a qualche cosa nuova,

sì; ch'abbia poi da dir invano: - Ahi lasso!

ch'al venir mio non affrettai più; il passo. -

 

93

Né; scala in Inghelterra né; in Irlanda

mai lasciò; far, né; sul contrario lito.

Ma lasciamolo andar dove lo manda

il nudo arcier che l'ha nel cor ferito.

Prima che più; io ne parli, io vo' in Olanda

tornare, e voi meco a tornarvi invito;

che, come a me, so spiacerebbe a voi,

che quelle nozze fosson senza noi.

 

94

Le nozze belle e sontuose fanno;

ma non sì; sontuose né; sì; belle,

come in Selandia dicon che faranno.

Pur non disegno che vegnate a quelle;

perché; nuovi accidenti a nascere hanno

per disturbarle, de' quai le novelle

all'altro canto vi farò; sentire,

s'all'altro canto mi verrete a udire.

 

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CANTO DECIMO

 

 

1

Fra quanti amor, fra quante fede al mondo

mai si trovar, fra quanti cor constanti,

fra quante, o per dolente o per iocondo

stato, fer prove mai famosi amanti;

più; tosto il primo loco ch'il secondo

darò; ad Olimpia: e se pur non va inanti,

ben voglio dir che fra gli antiqui e nuovi

maggior de l'amor suo non si ritruovi;

 

2

e che con tante e con sì; chiare note

di questo ha fatto il suo Bireno certo,

che donna più; far certo uomo non puote,

quando anco il petto e 'l cor mostrasse aperto.

E s'anime sì; fide e sì; devote

d'un reciproco amor denno aver merto,

dico ch'Olimpia è; degna che non meno,

anzi più; che sé; ancor, l'ami Bireno:

 

3

e che non pur l'abandoni mai

per altra donna, se ben fosse quella

ch'Europa ed Asia messe in tanti guai,

o s'altra ha maggior titolo di bella;

ma più; tosto che lei, lasci coi rai

del sol l'udita e il gusto e la favella

e la vita e la fama, e s'altra cosa

dire o pensar si può; più; preciosa.

 

4

Se Bireno amò; lei come ella amato

Bireno avea, se fu sì; a lei fedele

come ella a lui, se mai non ha voltato

ad altra via, che a seguir lei, le vele;

o pur s'a tanta servitù; fu ingrato,

a tanta fede e a tanto amor crudele,

io vi vo' dire, e far di maraviglia

stringer le labra ed inarcar le ciglia.

 

5

E poi che nota l'impietà; vi fia,

che di tanta bontà; fu a lei mercede,

donne, alcuna di voi mai più; non sia,

ch'a parole d'amante abbia a dar fede.

L'amante, per aver quel che desia,

senza guardar che Dio tutto ode e vede,

aviluppa promesse e giuramenti,

che tutti spargon poi per l'aria i venti.

 

6

I giuramenti e le promesse vanno

dai venti in aria disipate e sparse,

tosto che tratta questi amanti s'hanno

l'avida sete che gli accese ed arse.

Siate a' prieghi ed a' pianti che vi fanno,

per questo esempio, a credere più; scarse.

Bene è; felice quel, donne mie care,

ch'essere accorto all'altrui spese impare.

 

7

Guardatevi da questi che sul fiore

de' lor begli anni il viso han sì; polito;

che presto nasce in loro e presto muore,

quasi un foco di paglia, ogni appetito.

Come segue la lepre il cacciatore

al freddo, al caldo, alla montagna, al lito,

né; più; l'estima poi che presa vede;

e sol dietro a chi fugge affretta il piede:

 

8

così; fan questi gioveni, che tanto

che vi mostrate lor dure e proterve,

v'amano e riveriscono con quanto

studio de' far chi fedelmente serve;

ma non sì; tosto si potran dar vanto

de la vittoria, che, di donne, serve

vi dorrete esser fatte; e da voi tolto

vedrete il falso amore, e altrove volto.

 

9

Non vi vieto per questo (ch'avrei torto)

che vi lasciate amar; che senza amante

sareste come inculta vite in orto,

che non ha palo ove s'appoggi o piante.

Sol la prima lanugine vi esorto

tutta a fuggir, volubile e incostante,

e corre i frutti non acerbi e duri,

ma che non sien però; troppo maturi.

 

10

Di sopra io vi dicea ch'una figliuola

del re di Frisa quivi hanno trovata,

che fia, per quanto n'han mosso parola,

da Bireno al fratel per moglie data.

Ma, a dire il vero, esso v'avea la gola;

che vivanda era troppo delicata:

e riputato avria cortesia sciocca,

per darla altrui, levarsela di bocca.

 

11

La damigella non passava ancora

quattordici anni, ed era bella e fresca,

come rosa che spunti alora alora

fuor de la buccia e col sol nuovo cresca.

Non pur di lei Bireno s'innamora,

ma fuoco mai così; non accese esca,

né; se lo pongan l'invide e nimiche

mani talor ne le mature spiche;

 

12

come egli se n'accese immantinente,

come egli n'arse fin ne le medolle,

che sopra il padre morto lei dolente

vide di pianto il bel viso far molle.

E come suol, se l'acqua fredda sente,

quella restar che prima al fuoco bolle;

così; l'ardor ch'accese Olimpia, vinto

dal nuovo successore, in lui fu estinto.

 

13

Non pur sazio di lei, ma fastidito

n'è; già; così;, che può; vederla a pena;

e sì; de l'altra acceso ha l'appetito,

che ne morrà; se troppo in lungo il mena:

pur fin che giunga il dì; c'ha statuito

a dar fine al disio, tanto l'affrena,

che par ch'adori Olimpia, non che l'ami,

e quel che piace a lei, sol voglia e brami.

 

14

E se accarezza l'altra (che non puote

far che non l'accarezzi più; del dritto),

non è; chi questo in mala parte note;

anzi a pietade, anzi a bontà; gli è; ascritto:

che rilevare un che Fortuna ruote

talora al fondo, e consolar l'afflitto,

mai non fu biasmo, ma gloria sovente;

tanto più; una fanciulla, una innocente.

 

15

Oh sommo Dio, come i giudì;ci umani

spesso offuscati son da un nembo oscuro!

i modi di Bireno empi e profani,

pietosi e santi riputati furo.

I marinari, già; messo le mani

ai remi, e sciolti dal lito sicuro,

portavan lieti pei salati stagni

verso Selandia il duca e i suoi compagni.

 

16

Già; dietro rimasi erano e perduti

tutti di vista i termini d'Olanda

(che per non toccar Frisa, più; tenuti

s'eran vêr Scozia alla sinistra banda),

quando da un vento fur sopravenuti,

ch'errando in alto mar tre dì; li manda.

Sursero il terzo, già; presso alla sera,

dove inculta e deserta un'isola era.

 

17

Tratti che si fur dentro un picciol seno,

Olimpia venne in terra; e con diletto

in compagnia de l'infedel Bireno

cenò; contenta e fuor d'ogni sospetto:

indi con lui, là; dove in loco ameno

teso era un padiglione, entrò; nel letto.

Tutti gli altri compagni ritornaro,

e sopra i legni lor si riposaro.

 

18

Il travaglio del mare e la paura

che tenuta alcun dì; l'aveano desta,

il ritrovarsi al lito ora sicura,

lontana da rumor ne la foresta,

e che nessun pensier, nessuna cura,

poi che 'l suo amante ha seco, la molesta;

fur cagion ch'ebbe Olimpia sì; gran sonno,

che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno.

 

19

Il falso amante che i pensati inganni

veggiar facean, come dormir lei sente,

pian piano esce del letto, e de' suoi panni

fatto un fastel, non si veste altrimente;

e lascia il padiglione; e come i vanni

nati gli sian, rivola alla sua gente,

e li risveglia; e senza udirsi un grido,

fa entrar ne l'alto e abandonare il lido.

 

20

Rimase a dietro il lido e la meschina

Olimpia, che dormì; senza destarse,

fin che l'Aurora la gelata brina

da le dorate ruote in terra sparse,

e s'udir le Alcione alla marina

de l'antico infortunio lamentarse.

Né; desta né; dormendo, ella la mano

per Bireno abbracciar stese, ma invano.

 

21

Nessuno truova: a sé; la man ritira:

di nuovo tenta, e pur nessuno truova.

Di qua l'un braccio, e di là; l'altro gira,

or l'una or l'altra gamba; e nulla giova.

Caccia il sonno il timor: gli occhi apre, e mira:

non vede alcuno. Or già; non scalda e cova

più; le vedove piume, ma si getta

del letto e fuor del padiglione in fretta:

 

22

e corre al mar, graffiandosi le gote,

presaga e certa ormai di sua fortuna.

Si straccia i crini, e il petto si percuote,

e va guardando (che splendea la luna)

se veder cosa, fuor che 'l lito, puote;

né; fuor che 'l lito, vede cosa alcuna.

Bireno chiama: e al nome di Bireno

rispondean gli Antri che pietà; n'avieno.

 

23

Quivi surgea nel lito estremo un sasso,

ch'aveano l'onde, col picchiar frequente,

cavo e ridutto a guisa d'arco al basso;

e stava sopra il mar curvo e pendente.

Olimpia in cima vi salì; a gran passo

(così; la facea l'animo possente),

e di lontano le gonfiate vele

vide fuggir del suo signor crudele:

 

24

vide lontano, o le parve vedere;

che l'aria chiara ancor non era molto.

Tutta tremante si lasciò; cadere,

più; bianca e più; che nieve fredda in volto;

ma poi che di levarsi ebbe potere,

al camin de le navi il grido volto,

chiamò;, quanto potea chiamar più; forte,

più; volte il nome del crudel consorte:

 

25

e dove non potea la debil voce,

supliva il pianto e 'l batter' palma a palma.

- Dove fuggi, crudel, così; veloce?

Non ha il tuo legno la debita salma.

Fa che lievi me ancor: poco gli nuoce

che porti il corpo, poi che porta l'alma. -

E con le braccia e con le vesti segno

fa tuttavia, perché; ritorni il legno.

 

26

Ma i venti che portavano le vele

per l'alto mar di quel giovene infido,

portavano anco i prieghi e le querele

de l'infelice Olimpia, e 'l pianto e 'l grido;

la qual tre volte, a se stessa crudele,

per affogarsi si spiccò; dal lido:

pur al fin si levò; da mirar l'acque,

e ritornò; dove la notte giacque.

 

27

E con la faccia in giù; stesa sul letto,

bagnandolo di pianto, dicea lui:

- Iersera desti insieme a dui ricetto;

perché; insieme al levar non siamo dui?

O perfido Bireno, o maladetto

giorno ch'al mondo generata fui!

Che debbo far? che poss'io far qui sola?

chi mi dà; aiuto? ohimè;, chi mi consola?

 

28

Uomo non veggio qui, non ci veggio opra

donde io possa stimar ch'uomo qui sia;

nave non veggio, a cui salendo sopra,

speri allo scampo mio ritrovar via.

Di disagio morrò;; né; chi mi cuopra

gli occhi sarà;, né; chi sepolcro dia,

se forse in ventre lor non me lo dà;nno

i lupi, ohimè;, ch'in queste selve stanno.

 

29

Io sto in sospetto, e già; di veder parmi

di questi boschi orsi o leoni uscire,

o tigri o fiere tal, che natura armi

d'aguzzi denti e d'ugne da ferire.

Ma quai fere crudel potriano farmi,

fera crudel, peggio di te morire?

darmi una morte, so, lor parrà; assai;

e tu di mille, ohimè;, morir mi fai.

 

30

Ma presupongo ancor ch'or ora arrivi

nochier che per pietà; di qui mi porti;

e così; lupi, orsi, leoni schivi,

strazi, disagi ed altre orribil morti:

mi porterà; forse in Olanda, s'ivi

per te si guardan le fortezze e i porti?

mi porterà; alla terra ove son nata,

se tu con fraude già; me l'hai levata?

 

31

Tu m'hai lo stato mio, sotto pretesto

di parentado e d'amicizia, tolto.

Ben fosti a porvi le tue genti presto,

per avere il dominio a te rivolto.

Tornerò; in Fiandra? ove ho venduto il resto

di che io vivea, ben che non fossi molto,

per sovenirti e di prigione trarte.

Mischina! dove andrò;? non so in qual parte.

 

32

Debbo forse ire in Frisa, ove io potei,

e per te non vi volsi esser regina?

il che del padre e dei fratelli miei

e d'ogn'altro mio ben fu la ruina.

Quel c'ho fatto per te, non ti vorrei,

ingrato, improverar, né; disciplina

dartene; che non men di me lo sai:

or ecco il guiderdon che me ne dai.

 

33

Deh, pur che da color che vanno in corso

io non sia presa, e poi venduta schiava!

Prima che questo, il lupo, il leon, l'orso

venga, e la tigre e ogn'altra fera brava,

di cui l'ugna mi stracci, e franga il morso;

e morta mi strascini alla sua cava. -

Così; dicendo, le mani si caccia

ne' capei d'oro, e a chiocca a chiocca straccia.

 

34

Corre di nuovo in su l'estrema sabbia,

e ruota il capo e sparge all'aria il crine;

e sembra forsennata, e ch'adosso abbia

non un demonio sol, ma le decine;

o, qual Ecuba, sia conversa in rabbia,

vistosi morto Polidoro al fine.

Or si ferma s'un sasso, e guarda il mare;

né; men d'un vero sasso, un sasso pare.

 

35

Ma lascià;nla doler fin ch'io ritorno,

per voler di Ruggier dirvi pur anco,

che nel più; intenso ardor del mezzo giorno

cavalca il lito, affaticato e stanco.

Percuote il sol nel colle e fa ritorno:

di sotto bolle il sabbion trito e bianco.

Mancava all'arme ch'avea indosso, poco

ad esser, come già;, tutte di fuoco.

 

36

Mentre la sete, e de l'andar fatica

per l'alta sabbia e la solinga via

gli facean, lungo quella spiaggia aprica,

noiosa e dispiacevol compagnia;

trovò; ch'all'ombra d'una torre antica

che fuor de l'onde appresso il lito uscia,

de la corte d'Alcina eran tre donne,

che le conobbe ai gesti ed alle gonne.

 

37

Corcate su tapeti allessandrini

godeansi il fresco rezzo in gran diletto,

fra molti vasi di diversi vini

e d'ogni buona sorte di confetto.

Presso alla spiaggia, coi flutti marini

scherzando, le aspettava un lor legnetto

fin che la vela empiesse agevol ò;ra;

ch'un fiato pur non ne spirava allora.

 

38

Queste, ch'andar per la non ferma sabbia

vider Ruggier al suo viaggio dritto,

che sculta avea la sete in su le labbia,

tutto pien di sudore il viso afflitto,

gli cominciaro a dir che sì; non abbia

il cor voluntaroso al camin fitto,

ch'alla fresca e dolce ombra non si pieghi,

e ristorar lo stanco corpo nieghi.

 

39

E di lor una s'accostò; al cavallo

per la staffa tener, che ne scendesse;

l'altra con una coppa di cristallo

di vin spumante, più; sete gli messe:

ma Ruggiero a quel suon non entrò; in ballo;

perché; d'ogni tardar che fatto avesse,

tempo di giunger dato avria ad Alcina,

che venì;a dietro ed era omai vicina.

 

40

Non così; fin salnitro e zolfo puro,

tocco dal fuoco, subito s'avampa;

né; così; freme il mar quando l'oscuro

turbo discende e in mezzo se gli accampa:

come, vedendo che Ruggier sicuro

al suo dritto camin l'arena stampa,

e che le sprezza (e pur si tenean belle),

d'ira arse e di furor la terza d'elle.

 

41

- Tu non sei né; gentil né; cavalliero

(dice gridando quanto può; più; forte),

ed hai rubate l'arme; e quel destriero

non saria tuo per veruna altra sorte:

e così;, come ben m'appongo al vero,

ti vedessi punir di degna morte;

che fossi fatto in quarti, arso o impiccato,

brutto ladron, villan, superbo, ingrato. -

 

42

Oltr'a queste e molt'altre ingiuriose

parole che gli usò; la donna altiera,

ancor che mai Ruggier non le rispose,

che di sì; vil tenzon poco onor spera;

con le sorelle tosto ella si pose

sul legno in mar, che al lor servigio v'era:

ed affrettando i remi, lo seguiva,

vedendol tuttavia dietro alla riva.

 

43

Minaccia sempre, maledice e incarca;

che l'onte sa trovar per ogni punto.

Intanto a quello stretto, onde si varca

alla fata più; bella, è; Ruggier giunto;

dove un vecchio nochiero una sua barca

scioglier da l'altra ripa vede, a punto

come, avisato e già; provisto, quivi

si stia aspettando che Ruggiero arrivi.

 

44

Scioglie il nochier, come venir lo vede,

di trasportarlo a miglior ripa lieto;

che, se la faccia può; del cor dar fede,

tutto benigno e tutto era discreto.

Pose Ruggier sopra il navilio il piede,

Dio ringraziando; e per lo mar quieto

ragionando venì;a col galeotto,

saggio e di lunga esperienza dotto.

 

45

Quel lodava Ruggier, che sì; se avesse

saputo a tempo tor da Alcina, e inanti

che 'l calice incantato ella gli desse,

ch'avea al fin dato a tutti gli altri amanti;

e poi, che a Logistilla si traesse,

dove veder potria costumi santi,

bellezza eterna ed infinita grazia

che 'l cor notrisce e pasce, e mai non sazia.

 

46

- Costei (dicea) stupore e riverenza

induce all'alma, ove si scuopre prima.

Contempla meglio poi l'alta presenza:

ogn'altro ben ti par di poca stima.

Il suo amore ha dagli altri differenza:

speme o timor negli altri il cor ti lima;

in questo il desiderio più; non chiede,

e contento riman come la vede.

 

47

Ella t'insegnerà; studi più; grati,

che suoni, danze, odori, bagni e cibi:

ma come i pensier tuoi meglio formati

poggin più; ad alto, che per l'aria i nibi,

e come de la gloria de' beati

nel mortal corpo parte si delibi. -

Così; parlando il marinar veniva,

lontano ancora alla sicura riva;

 

48

quando vide scoprire alla marina

molti navili, e tutti alla sua volta.

Con quei ne vien l'ingiuriata Alcina;

e molta di sua gente have raccolta

per por lo stato a se stessa in ruina,

o racquistar la cara cosa tolta.

E bene è; amor di ciò; cagion non lieve,

ma l'ingiuria non men che ne riceve.

 

49

Ella non ebbe sdegno, da che nacque,

di questo il maggior mai, ch'ora la rode;

onde fa i remi sì; affrettar per l'acque,

che la spuma ne sparge ambe le prode.

Al gran rumor né; mar né; ripa tacque,

ed Ecco risonar per tutto s'ode.

- Scuopre, Ruggier, lo scudo, che bisogna;

se non, sei morto, o preso con vergogna. -

 

50

Così; disse il nocchier di Logistilla:

ed oltre il detto, egli medesmo prese

la tasca e da lo scudo dipartilla,

e fe' il lume di quel chiaro e palese.

L'incantato splendor che ne sfavilla,

gli occhi degli aversari così; offese,

che li fe' restar ciechi allora allora,

e cader chi da poppa e chi da prora.

 

51

Un ch'era alla veletta in su la rocca,

de l'armata d'Alcina si fu accorto;

e la campana martellando tocca,

onde il soccorso vien subito al porto.

L'artegliaria, come tempesta, fiocca

contra chi vuole al buon Ruggier far torto:

sì; che gli venne d'ogni parte aita,

tal che salvò; la libertà; e la vita.

 

52

Giunte son quattro donne in su la spiaggia,

che subito ha mandate Logistilla:

la valorosa Andronica e la saggia

Fronesia e l'onestissima Dicilla

e Sofrosina casta, che, come aggia

quivi a far più; che l'altre, arde e sfavilla.

L'esercito ch'al mondo è; senza pare,

del castello esce, e si distende al mare.

 

53

Sotto il castel ne la tranquilla foce

di molti e grossi legni era una armata,

ad un botto di squilla, ad una voce

giorno e notte a battaglia apparecchiata.

E così; fu la pugna aspra ed atroce,

e per acqua e per terra, incominciata;

per cui fu il regno sottosopra volto,

ch'avea già; Alcina alla sorella tolto.

 

54

Oh di quante battaglie il fin successe

diverso a quel che si credette inante!

Non sol ch'Alcina alor non riavesse,

come stimossi, il fugitivo amante;

ma dele navi che pur dianzi spesse

fur sì;, ch'a pena il mar ne capia tante,

fuor de la fiamma che tutt'altre avampa,

con un legnetto sol misera scampa.

 

55

Fuggesi Alcina, e sua misera gente

arsa e presa riman, rotta e sommersa.

D'aver Ruggier perduto, ella si sente

via più; doler che d'altra cosa aversa:

notte e dì; per lui geme amaramente,

e lacrime per lui dagli occhi versa;

e per dar fine a tanto aspro martire,

spesso si duol di non poter morire.

 

56

Morir non puote alcuna fata mai,

fin che 'l sol gira, o il ciel non muta stilo.

Se ciò; non fosse, era il dolore assai

per muover Cloto ad inasparle il filo;

o, qual Didon, finia col ferro i guai;

o la regina splendida del Nilo

avria imitata con mortifer sonno:

ma le fate morir sempre non ponno.

 

57

Torniamo a quel di eterna gloria degno

Ruggiero; e Alcina stia ne la sua pena.

Dico di lui, che poi che fuor del legno

si fu condutto in più; sicura arena,

Dio ringraziando che tutto il disegno

gli era successo, al mar voltò; la schiena;

ed affrettando per l'asciutto il piede,

alla rocca ne va che quivi siede.

 

58

Né; la più; forte ancor né; la più; bella

mai vide occhio mortal prima né; dopo.

Son di più; prezzo le mura di quella,

che se diamante fossino o piropo.

Di tai gemme qua giù; non si favella:

ed a chi vuol notizia averne, è; d'uopo

che vada quivi; che non credo altrove,

se non forse su in ciel, se ne ritruove.

 

59

Quel che più; fa che lor si inchina e cede

ogn'altra gemma, è; che, mirando in esse,

l'uom sin in mezzo all'anima si vede;

vede suoi vizi e sue virtudi espresse,

sì; che a lusinghe poi di sé; non crede,

né; a chi dar biasmo a torto gli volesse:

fassi, mirando allo specchio lucente

se stesso, conoscendosi, prudente.

 

60

Il chiaro lume lor, ch'imita il sole,

manda splendore in tanta copia intorno,

che chi l'ha, ovunque sia, sempre che vuole,

Febo, mal grado tuo, si può; far giorno.

Né; mirabil vi son le pietre sole;

ma la materia e l'artificio adorno

contendon sì;, che mal giudicar puossi

qual de le due eccellenze maggior fossi.

 

61

Sopra gli altissimi archi, che puntelli

parean che del ciel fossino a vederli,

eran giardin sì; spaziosi e belli,

che saria al piano anco fatica averli.

Verdeggiar gli odoriferi arbuscelli

si puon veder fra i luminosi merli,

ch'adorni son l'estate e il verno tutti

di vaghi fiori e di maturi frutti.

 

62

Di così; nobili arbori non suole

prodursi fuor di questi bei giardini,

né; di tai rose o di simil viole,

di gigli, di amaranti o di gesmini.

Altrove appar come a un medesmo sole

e nasca e viva, e morto il capo inchini,

e come lasci vedovo il suo stelo

il fior suggetto al variar del cielo:

 

63

ma quivi era perpetua la verdura,

perpetua la beltà; de' fiori eterni:

non che benignità; de la Natura

sì; temperatamente li governi;

ma LogistilIa con suo studio e cura,

senza bisogno de' moti superni

(quel che agli altri impossibile parea),

sua primavera ognor ferma tenea.

 

64

Logistilla mostrò; molto aver grato

ch'a lei venisse un sì; gentil signore;

e comandò; che fosse accarezzato,

e che studiasse ognun di fargli onore.

Gran pezzo inanzi Astolfo era arrivato,

che visto da Ruggier fu di buon core.

Fra pochi giorni venner gli altri tutti,

ch'a l'esser lor Melissa avea ridutti.

 

65

Poi che si fur posati un giorno e dui,

venne Ruggiero alla fata prudente

col duca Astolfo, che non men di lui

avea desir di riveder Ponente.

Melissa le parlò; per amendui;

e supplica la fata umilemente,

che li consigli, favorisca e aiuti,

sì; che ritornin donde eran venuti.

 

66

Disse la fata: - Io ci porrò; il pensiero,

e fra dui dì; te li darò; espediti. -

Discorre poi tra sé;, come Ruggiero,

e dopo lui, come quel duca aiti:

conchiude infin che 'l volator destriero

ritorni il primo agli aquitani liti;

ma prima vuol che se gli faccia un morso,

con che lo volga, e gli raffreni il corso.

 

67

Gli mostra come egli abbia a far, se vuole

che poggi in alto, e come a far che cali;

e come, se vorrà; che in giro vole,

o vada ratto, o che si stia su l'ali:

e quali effetti il cavallier far suole

di buon destriero in piana terra, tali

facea Ruggier che mastro ne divenne,

per l'aria, del destrier ch'avea le penne.

 

68

Poi che Ruggier fu d'ogni cosa in punto,

da la fata gentil comiato prese,

alla qual restò; poi sempre congiunto

di grande amore; e uscì; di quel paese.

Prima di lui che se n'andò; in buon punto,

e poi dirò; come il guerriero inglese

tornasse con più; tempo e più; fatica

al magno Carlo ed alla corte amica.

 

69

Quindi partì; Ruggier, ma non rivenne

per quella via che fe' già; suo mal grado,

allor che sempre l'ippogrifo il tenne

sopra il mare, e terren vide di rado:

ma potendogli or far batter le penne

di qua di là;, dove più; gli era a grado,

volse al ritorno far nuovo sentiero,

come, schivando Erode, i Magi fero.

 

70

Al venir quivi, era, lasciando Spagna,

venuto India a trovar per dritta riga,

là; dove il mare oriental la bagna;

dove una fata avea con l'altra briga.

Or veder si dispose altra campagna,

che quella dove i venti Eolo istiga,

e finir tutto il cominciato tondo,

per aver, come il sol, girato il mondo.

 

71

Quinci il Cataio, e quindi Mangiana

sopra il gran Quinsaì; vide passando:

volò; sopra l'Imavo, e Sericana

lasciò; a man destra; e sempre declinando

da l'iperborei Sciti a l'onda ircana,

giunse alle parti di Sarmazia: e quando

fu dove Asia da Europa si divide,

Russi e Pruteni e la Pomeria vide.

 

72

Ben che di Ruggier fosse ogni desire

di ritornare a Bradamante presto;

pur, gustato il piacer ch'avea di gire

cercando il mondo, non restò; per questo,

ch'alli Pollacchi, agli Ungari venire

non volesse anco, alli Germani, e al resto

di quella boreale orrida terra:

e venne al fin ne l'ultima Inghilterra.

 

73

Non crediate, Signor, che però; stia

per sì; lungo camin sempre su l'ale:

ogni sera all'albergo se ne gì;a,

schivando a suo poter d'alloggiar male.

E spese giorni e mesi in questa via,

sì; di veder la terra e il mar gli cale.

Or presso a Londra giunto una matina,

sopra Tamigi il volator declina.

 

74

Dove ne' prati alla città; vicini

vide adunati uomini d'arme e fanti,

ch'a suon di trombe e a suon di tamburini

venian, partiti a belle schiere, avanti

il buon Rinaldo, onor de' paladini;

del qual, se vi ricorda, io dissi inanti,

che mandato da Carlo, era venuto

in queste parti a ricercar aiuto.

 

75

Giunse a punto Ruggier, che si facea

la bella mostra fuor di quella terra;

e per sapere il tutto, ne chiedea

un cavallier, ma scese prima in terra:

e quel, ch'affabil era, gli dicea

che di Scozia e d'Irlanda e d'Inghilterra

e de l'isole intorno eran le schiere

che quivi alzate avean tante bandiere:

 

76

e finita la mostra che faceano,

alla marina se distenderanno,

dove aspettati per solcar l'Oceano

son dai navili che nel porto stanno.

I Franceschi assediati si ricreano,

sperando in questi che a salvar li vanno.

- Ma acciò; tu te n'informi pienamente,

io ti distinguerò; tutta la gente.

 

77

Tu vedi ben quella bandiera grande,

ch'insieme pon la fiordaligi e i pardi:

quella il gran capitano all'aria spande,

e quella han da seguir gli altri stendardi.

Il suo nome, famoso in queste bande,

è; Leonetto, il fior de li gagliardi,

di consiglio e d'ardire in guerra mastro,

del re nipote, e duca di Lincastro.

 

78

La prima, appresso il gonfalon reale,

che 'l vento tremolar fa verso il monte,

e tien nel campo verde tre bianche ale,

porta Ricardo, di Varvecia conte.

Del duca di Glocestra è; quel segnale,

c'ha duo corna di cervio e mezza fronte.

Del duca di Chiarenza è; quella face;

quel arbore è; del duca d'Eborace.

 

79

Vedi in tre pezzi una spezzata lancia:

gli è; 'l gonfalon del duca di Nortfozia.

La fulgure è; del buon conte di Cancia;

il grifone è; del conte di Pembrozia.

Il duca di Sufolcia ha la bilancia.

Vedi quel giogo che due serpi assozia:

è; del conte d'Esenia, e la ghirlanda

in campo azzurro ha quel di Norbelanda.

 

80

Il conte d'Arindelia è; quel c'ha messo

in mar quella barchetta che s'affonda.

Vedi il marchese di Barclei; e appresso

di Marchia il conte e il conte di Ritmonda:

il primo porta in bianco un monte fesso,

l'altro la palma, il terzo un pin ne l'onda.

Quel di Dorsezia è; conte, e quel d'Antona,

che l'uno ha il carro, e l'altro la corona.

 

81

Il falcon che sul nido i vanni inchina,

porta Raimondo, il conte di Devonia.

Il giallo e negro ha quel di Vigorina;

il can quel d'Erbia un orso quel d'Osonia.

La croce che là; vedi cristallina,

è; del ricco prelato di Battonia.

Vedi nel bigio una spezzata sedia:

è; del duca Ariman di Sormosedia.

 

82

Gli uomini d'arme e gli arcieri a cavallo

di quarantaduomila numer fanno.

Sono duo tanti, o di cento non fallo,

quelli ch'a piè; ne la battaglia vanno.

Mira quei segni, un bigio, un verde, un giallo,

e di nero e d'azzur listato un panno:

Gofredo, Enrigo, Ermante ed Odoardo

guidan pedoni, ognun col suo stendardo.

 

83

Duca di Bocchingamia è; quel dinante;

Enrigo ha la contea di Sarisberia;

signoreggia Burgenia il vecchio Ermante;

quello Odoardo è; conte di Croisberia.

Questi alloggiati più; verso levante

sono gl'Inglesi. Or volgeti all'Esperia,

dove si veggion trentamila Scotti,

da Zerbin, figlio del lor re, condotti.

 

84

Vedi tra duo unicorni il gran leone,

che la spada d'argento ha ne la zampa:

quell'è; del re di Scozia il gonfalone;

il suo figliol Zerbino ivi s'accampa.

Non è; un sì; bello in tante altre persone:

natura il fece, e poi roppe la stampa.

Non è; in cui tal virtù;, tal grazia luca,

o tal possanza: ed è; di Roscia duca.

 

85

Porta in azzurro una dorata sbarra

il conte d'Ottonlei ne lo stendardo.

L'altra bandiera è; del duca di Marra,

che nel travaglio porta il leopardo.

Di più; colori e di più; augei bizzarra

mira l'insegna d'Alcabrun gagliardo,

che non è; duca, conte, né; marchese,

ma primo nel salvatico paese.

 

86

Del duca di Trasfordia è; quella insegna,

dove è; l'augel ch'al sol tien gli occhi franchi.

Lurcanio conte, ch'in Angoscia regna,

porta quel tauro, c'ha duo veltri ai fianchi.

Vedi là; il duca d'Albania, che segna

il campo di colori azzurri e bianchi.

Quel avoltor, ch'un drago verde lania,

è; l'insegna del conte di Boccania.

 

87

Signoreggia Forbesse il forte Armano,

che di bianco e di nero ha la bandiera;

ed ha il conte d'Erelia a destra mano,

che porta in campo verde una lumiera.

Or guarda gl'Ibernesi appresso il piano:

sono duo squadre; e il conte di Childera

mena la prima, e il conte di Desmonda

da fieri monti ha tratta la seconda.

 

88

Ne lo stendardo il primo ha un pino ardente;

l'altro nel bianco una vermiglia banda.

Non dà; soccorso a Carlo solamente

la terra inglese, e la Scozia e l'Irlanda;

ma vien di Svezia e di Norvegia gente,

da Tile, e fin da la remota Islanda:

da ogni terra, insomma, che là; giace,

nimica naturalmente di pace.

 

89

Sedicimila sono, o poco manco,

de le spelonche usciti e de le selve;

hanno piloso il viso, il petto, il fianco,

e dossi e braccia e gambe, come belve.

Intorno allo stendardo tutto bianco

par che quel pian di lor lance s'inselve:

così; Moratto il porta, il capo loro,

per dipingerlo poi di sangue Moro. -

 

90

Mentre Ruggier di quella gente bella,

che per soccorrer Francia si prepara,

mira le varie insegne e ne favella,

e dei signor britanni i nomi impara;

uno ed un altro a lui, per mirar quella

bestia sopra cui siede, unica o rara,

maraviglioso corre e stupefatto;

e tosto il cerchio intorno gli fu fatto.

 

91

Sì; che per dare ancor più; maraviglia,

e per pigliarne il buon Ruggier più; gioco,

al volante corsier scuote la briglia,

e con gli sproni ai fianchi il tocca un poco:

quel verso il ciel per l'aria il camin piglia,

e lascia ognuno attonito in quel loco.

Quindi Ruggier, poi che di banda in banda

vide gl'Inglesi, andò; verso l'Irlanda.

 

92

E vide Ibernia fabulosa, dove

il santo vecchiarel fece la cava,

in che tanta mercé; par che si truove,

che l'uom vi purga ogni sua colpa prava.

Quindi poi sopra il mare il destrier muove

là; dove la minor Bretagna lava:

e nel passar vide, mirando a basso,

Angelica legata al nudo sasso.

 

93

Al nudo sasso, all'Isola del pianto;

che l'Isola del pianto era nomata

quella che da crudele e fiera tanto

ed inumana gente era abitata,

che (come io vi dicea sopra nel canto)

per vari liti sparsa iva in armata

tutte le belle donne depredando,

per farne a un mostro poi cibo nefando.

 

94

Vi fu legata pur quella matina,

dove venì;a per trangugiarla viva

quel smisurato mostro, orca marina,

che di aborrevole esca si nutriva.

Dissi di sopra, come fu rapina

di quei che la trovaro in su la riva

dormire al vecchio incantatore a canto,

ch'ivi l'avea tirata per incanto.

 

95

La fiera gente inospitale e cruda

alla bestia crudel nel lito espose

la bellissima donna, così; ignuda

come Natura prima la compose.

Un velo non ha pure, in che richiuda

i bianchi gigli e le vermiglie rose,

da non cader per luglio o per dicembre,

di che son sparse le polite membre.

 

96

Creduto avria che fosse statua finta

o d'alabastro o d'altri marmi illustri

Ruggiero, e su lo scoglio così; avinta

per artificio di scultori industri;

se non vedea la lacrima distinta

tra fresche rose e candidi ligustri

far rugiadose le crudette pome,

e l'aura sventolar l'aurate chiome.

 

97

E come ne' begli occhi gli occhi affisse,

de la sua Bradamante gli sovvenne.

Pietade e amore a un tempo lo trafisse,

e di piangere a pena si ritenne;

e dolcemente alla donzella disse,

poi che del suo destrier frenò; le penne:

- O donna, degna sol de la catena

con chi i suoi servi Amor legati mena,

 

98

e ben di questo e d'ogni male indegna,

chi è; quel crudel che con voler perverso

d'importuno livor stringendo segna

di queste belle man l'avorio terso? -

Forza è; ch'a quel parlare ella divegna

quale è; di grana un bianco avorio asperso,

di sé; vedendo quelle parti ignude,

ch'ancor che belle sian, vergogna chiude.

 

99

E coperto con man s'avrebbe il volto,

se non eran legate al duro sasso;

ma del pianto, ch'almen non l'era tolto,

lo sparse, e si sforzò; di tener basso.

E dopo alcun' signozzi il parlar sciolto,

incominciò; con fioco suono e lasso:

ma non seguì;; che dentro il fe' restare

il gran rumor che si sentì; nel mare.

 

100

Ecco apparir lo smisurato mostro

mezzo ascoso ne l'onda e mezzo sorto.

Come sospinto suol da borea o d'ostro

venir lungo navilio a pigliar porto,

così; ne viene al cibo che l'è; mostro

la bestia orrenda; e l'intervallo è; corto.

La donna è; mezza morta di paura;

né; per conforto altrui si rassicura.

 

101

Tenea Ruggier la lancia non in resta,

ma sopra mano, e percoteva l'orca.

Altro non so che s'assimigli a questa,

ch'una gran massa che s'aggiri e torca;

né; forma ha d'animal, se non la testa,

c'ha gli occhi e i denti fuor, come di porca.

Ruggier in fronte la ferì;a tra gli occhi;

ma par che un ferro o un duro sasso tocchi.

 

102

Poi che la prima botta poco vale,

ritorna per far meglio la seconda.

L'orca, che vede sotto le grandi ale

l'ombra di qua e di là; correr su l'onda,

lascia la preda certa litorale,

e quella vana segue furibonda:

dietro quella si volve e si raggira.

Ruggier giù; cala, e spessi colpi tira.

 

103

Come d'alto venendo aquila suole,

ch'errar fra l'erbe visto abbia la biscia,

o che stia sopra un nudo sasso al sole,

dove le spoglie d'oro abbella e liscia;

non assalir da quel lato la vuole

onde la velenosa e soffia e striscia,

ma da tergo la adugna, e batte i vanni,

acciò; non se le volga e non la azzanni:

 

104

così; Ruggier con l'asta e con la spada,

non dove era de' denti armato il muso,

ma vuol che 'l colpo tra l'orecchie cada,

or su le schene, or ne la coda giuso.

Se la fera si volta, ei muta strada,

ed a tempo giù; cala, e poggia in suso:

ma come sempre giunga in un diaspro,

non può; tagliar lo scoglio duro ed aspro.

 

105

Simil battaglia fa la mosca audace

contra il mastin nel polveroso agosto,

o nel mese dinanzi o nel seguace,

l'uno di spiche e l'altro pien di mosto:

negli occhi il punge e nel grifo mordace,

volagli intorno e gli sta sempre accosto;

e quel suonar fa spesso il dente asciutto:

ma un tratto che gli arrivi, appaga il tutto.

 

106

Sì; forte ella nel mar batte la coda,

che fa vicino al ciel l'acqua inalzare;

tal che non sa se l'ale in aria snoda,

o pur se 'l suo destrier nuota nel mare.

Gli è; spesso che disia trovarsi a proda;

che se lo sprazzo in tal modo ha a durare,

teme sì; l'ale inaffi all'ippogrifo,

che brami invano avere o zucca o schifo.

 

107

Prese nuovo consiglio, e fu il migliore,

di vincer con altre arme il mostro crudo:

abbarbagliar lo vuol con lo splendore

ch'era incantato nel coperto scudo.

Vola nel lito; e per non fare errore,

alla donna legata al sasso nudo

lascia nel minor dito de la mano

l'annel, che potea far l'incanto vano:

 

108

dico l'annel che Bradamante avea,

per liberar Ruggier, tolto a Brunello,

poi per trarlo di man d'Alcina rea,

mandato in India per Melissa a quello.

Melissa (come dianzi io vi dicea)

in ben di molti adoperò; l'annello;

indi l'avea a Ruggier restituito,

dal qual poi sempre fu portato in dito.

 

109

Lo dà; ad Angelica ora, perché; teme

che del suo scudo il fulgurar non viete,

e perché; a lei ne sien difesi insieme

gli occhi che già; l'avean preso alla rete.

Or viene al lito e sotto il ventre preme

ben mezzo il mar la smisurata cete.

Sta Ruggiero alla posta, e lieva il velo;

e par ch'aggiunga un altro sole al cielo.

 

110

Ferì; negli occhi l'incantato lume

di quella fera, e fece al modo usato.

Quale o trota o scaglion va giù; pel fiume

c'ha con calcina il montanar turbato,

tal si vedea ne le marine schiume

il mostro orribilmente riversciato.

Di qua di là; Ruggier percuote assai,

ma di ferirlo via non truova mai.

 

111

La bella donna tuttavolta priega

ch'invan la dura squama oltre non pesti.

- Torna, per Dio, signor: prima mi slega

(dicea piangendo), che l'orca si desti:

portami teco e in mezzo il mar mi anniega:

non far ch'in ventre al brutto pesce io resti. -

Ruggier, commosso dunque al giusto grido,

slegò; la donna, e la levò; dal lido.

 

112

Il destrier punto, ponta i piè; all'arena

e sbalza in aria, e per lo ciel galoppa;

e porta il cavalliero in su la schena,

e la donzella dietro in su la groppa.

Così; privò; la fera de la cena

per lei soave e delicata troppa.

Ruggier si va volgendo, e mille baci

figge nel petto e negli occhi vivaci.

 

113

Non più; tenne la via, come propose

prima, di circundar tutta la Spagna;

ma nel propinquo lito il destrier pose,

dove entra in mar più; la minor Bretagna.

Sul lito un bosco era di querce ombrose,

dove ognor par che Filomena piagna;

ch'in mezzo avea un pratel con una fonte,

e quinci e quindi un solitario monte.

 

114

Quivi il bramoso cavallier ritenne

l'audace corso, e nel pratel discese;

e fe' raccorre al suo destrier le penne,

ma non a tal che più; le avea distese.

Del destrier sceso, a pena si ritenne

di salir altri; ma tennel l'arnese:

l'arnese il tenne, che bisognò; trarre,

e contra il suo disir messe le sbarre.

 

115

Frettoloso, or da questo or da quel canto

confusamente l'arme si levava.

Non gli parve altra volta mai star tanto;

che s'un laccio sciogliea, dui n'annodava.

Ma troppo è; lungo ormai, Signor, il canto,

e forse ch'anco l'ascoltar vi grava:

sì; ch'io differirò; l'istoria mia

in altro tempo che più; grata sia.

 

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CANTO UNDICESIMO

 

 

1

Quantunque debil freno a mezzo il corso

animoso destrier spesso raccolga,

raro è; però; che di ragione il morso

libidinosa furia a dietro volga,

quando il piacere ha in pronto; a guisa d'orso

che dal mel non sì; tosto si distolga,

poi che gli n'è; venuto odore al naso,

o qualche stilla ne gustò; sul vaso.

 

2

Qual ragion fia che 'l buon Ruggier raffrene,

sì; che non voglia ora pigliar diletto

d'Angelica gentil che nuda tiene

nel solitario e commodo boschetto?

Di Bradamante più; non gli soviene,

che tanto aver solea fissa nel petto:

e se gli ne sovien pur come prima,

pazzo è; se questa ancor non prezza e stima;

 

3

con la qual non saria stato quel crudo

Zenocrate di lui più; continente.

Gittato avea Ruggier l'asta e lo scudo,

e si traea l'altre arme impaziente;

quando abbassando pel bel corpo ignudo

la donna gli occhi vergognosamente,

si vide in dito il prezioso annello

che già; le tolse ad Albracca Brunello.

 

4

Questo è; l'annel ch'ella portò; già; in Francia

la prima volta che fe' quel camino

col fratel suo, che v'arrecò; la lancia,

la qual fu poi d'Astolfo paladino.

Con questo fe' gl'incanti uscire in ciancia

di Malagigi al petron di Merlino;

con questo Orlando ed altri una matina

tolse di servitù; di Dragontina;

 

5

con questo uscì; invisibil de la torre

dove l'avea richiusa un vecchio rio.

A che voglio io tutte sue prove accorre,

se le sapete voi così; come io?

Brunel sin nel giron lel venne a torre;

ch'Agramante d'averlo ebbe disio.

Da indi in qua sempre Fortuna a sdegno

ebbe costei, fin che le tolse il regno.

 

6

Or che sel vede, come ho detto, in mano,

sì; di stupore e d'allegrezza è; piena,

che quasi dubbia di sognarsi invano,

agli occhi, alla man sua dà; fede a pena.

Del dito se lo leva, e a mano a mano

sel chiude in bocca: e in men che non balena,

così; dagli occhi di Ruggier si cela,

come fa il sol quando la nube il vela.

 

7

Ruggier pur d'ogn'intorno riguardava,

e s'aggirava a cerco come un matto;

ma poi che de l'annel si ricordava,

scornato vi rimase e stupefatto:

e la sua inavvertenza bestemiava,

e la donna accusava di quello atto

ingrato e discortese, che renduto

in ricompensa gli era del suo aiuto.

 

8

- Ingrata damigella, è; questo quello

guiderdone (dicea), che tu mi rendi?

che più; tosto involar vogli l'annello,

ch'averlo in don? Perché; da me nol prendi?

Non pur quel, ma lo scudo e il destrier snello

e me ti dono, e come vuoi mi spendi;

sol che 'l bel viso tuo non mi nascondi.

Io so, crudel, che m'odi, e non rispondi. -

 

9

Così; dicendo, intorno alla fontana

brancolando n'andava come cieco.

Oh quante volte abbracciò; l'aria vana,

sperando la donzella abbracciar seco!

Quella, che s'era già; fatta lontana,

mai non cessò; d'andar, che giunse a un speco

che sotto un monte era capace e grande,

dove al bisogno suo trovò; vivande.

 

10

Quivi un vecchio pastor, che di cavalle

un grande armento avea, facea soggiorno.

Le iumente pascean giù; per la valle

le tenere erbe ai freschi rivi intorno.

Di qua di là; da l'antro erano stalle,

dove fuggì;ano il sol del mezzo giorno.

Angelica quel dì; lunga dimora

là; dentro fece, e non fu vista ancora.

 

11

E circa il vespro, poi che rifrescossi,

e le fu aviso esser posata assai,

in certi drappi rozzi aviluppossi,

dissimil troppo ai portamenti gai,

che verdi, gialli, persi, azzurri e rossi

ebbe, e di quante fogge furon mai.

Non le può; tor però; tanto umil gonna,

che bella non rassembri e nobil donna.

 

12

Taccia chi loda Fillide, o Neera,

o Amarilli, o Galatea fugace;

che d'esse alcuna sì; bella non era,

Titiro e Melibeo, con vostra pace.

La bella donna tra' fuor de la schiera

de le iumente una che più; le piace.

Allora allora se le fece inante

un pensier di tornarsene in Levante.

 

13

Ruggiero intanto, poi ch'ebbe gran pezzo

indarno atteso s'ella si scopriva,

e che s'avide del suo error da sezzo,

che non era vicina e non l'udiva;

dove lasciato avea il cavallo, avezzo

in cielo e in terra, a rimontar veniva:

e ritrovò; che s'avea tratto il morso,

e salia in aria a più; libero corso.

 

14

Fu grave e mala aggiunta all'altro danno

vedersi anco restar senza l'augello.

Questo, non men che 'l feminile inganno,

gli preme al cor; ma più; che questo e quello,

gli preme e fa sentir noioso affanno

l'aver perduto il prezioso annello;

per le virtù; non tanto ch'in lui sono,

quanto che fu de la sua donna dono.

 

15

Oltremodo dolente si ripose

indosso l'arme, e lo scudo alle spalle;

dal mar slungossi, e per le piaggie erbose

prese il camin verso una larga valle,

dove per mezzo all'alte selve ombrose

vide il più; largo e 'l più; segnato calle.

Non molto va, ch'a destra, ove più; folta

è; quella selva, un gran strepito ascolta.

 

16

Strepito ascolta e spaventevol suono

d'arme percosse insieme; onde s'affretta

tra pianta e pianta, e trova dui, che sono

a gran battaglia in poca piazza e stretta.

Non s'hanno alcun riguardo né; perdono,

per far, non so di che, dura vendetta.

L'uno è; gigante, alla sembianza fiero;

ardito l'altro e franco cavalliero.

 

17

E questo con lo scudo e con la spada,

di qua di là; saltando, si difende,

perché; la mazza sopra non gli cada,

con che il gigante a due man sempre offende.

Giace morto il cavallo in su la strada.

Ruggier si ferma, e alla battaglia attende;

e tosto inchina l'animo, e disia

che vincitore il cavallier ne sia.

 

18

Non che per questo gli dia alcun aiuto;

ma si tira da parte, e sta a vedere.

Ecco col baston grave il più; membruto

sopra l'elmo a due man del minor fere.

De la percossa è; il cavallier caduto:

l'altro, che 'l vide attonito giacere,

per dargli morte l'elmo gli dislaccia;

e fa sì; che Ruggier lo vede in faccia.

 

19

Vede Ruggier de la sua dolce e bella

e carissima donna Bradamante

scoperto il viso; e lei vede esser quella

a cui dar morte vuol l'empio gigante:

sì; che a battaglia subito l'appella,

e con la spada nuda si fa inante:

na quel, che nuova pugna non attende,

la donna tramortita in braccio prende;

 

20

e se l'arreca in spalla, e via la porta,

come lupo talor piccolo agnello,

o l'aquila portar ne l'ugna torta

suole o colombo o simile altro augello.

Vede Ruggier quanto il suo aiuto importa,

e vien correndo a più; poter; ma quello

con tanta fretta i lunghi passi mena,

che con gli occhi Ruggier lo segue a pena.

 

21

Così; correndo l'uno, e seguitando

l'altro, per un sentiero ombroso e fosco,

che sempre si venì;a più; dilatando,

in un gran prato uscir fuor di quel bosco.

Non più; di questo; ch'io ritorno a Orlando,

che 'l fulgur che portò; già; il re Cimosco,

avea gittato in mar nel maggior fondo,

acciò; mai più; non si trovasse al mondo.

 

22

Ma poco ci giovò;: che 'l nimico empio

de l'umana natura, il qual del telo

fu l'inventor, ch'ebbe da quel l'esempio,

ch'apre le nubi e in terra vien dal cielo;

con quasi non minor di quello scempio

che ci diè; quando Eva ingannò; col melo,

lo fece ritrovar da un negromante,

al tempo de' nostri avi, o poco inante.

 

23

La machina infernal, di più; di cento

passi d'acqua ove stè; ascosa molt'anni,

al sommo tratta per incantamento,

prima portata fu tra gli Alamanni;

li quali uno ed un altro esperimento

facendone, e il demonio a' nostri danni

assuttigliando lor via più; la mente,

ne ritrovaro l'uso finalmente.

 

24

Italia e Francia e tutte l'altre bande

del mondo han poi la crudele arte appresa.

Alcuno il bronzo in cave forme spande,

che liquefatto ha la fornace accesa;

bù;gia altri il ferro; e chi picciol, chi grande

il vaso forma, che più; e meno pesa:

e qual bombarda e qual nomina scoppio,

qual semplice cannon, qual cannon doppio;

 

25

qual sagra, qual falcon, qual colubrina

sento nomar, come al suo autor più; agrada;

che 'l ferro spezza, e i marmi apre e ruina,

e ovunque passa si fa dar la strada.

Rendi, miser soldato, alla fucina

per tutte l'arme c'hai, fin alla spada;

e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi;

che senza, io so, non toccherai stipendi.

 

26

Come trovasti, o scelerata e brutta

invenzion, mai loco in uman core?

Per te la militar gloria è; distrutta,

per te il mestier de l'arme è; senza onore;

per te è; il valore e la virtù; ridutta,

che spesso par del buono il rio migliore:

non più; la gagliardia, non più; l'ardire

per te può; in campo al paragon venire.

 

27

Per te son giti ed anderan sotterra

tanti signori e cavallieri tanti,

prima che sia finita questa guerra,

che 'l mondo, ma più; Italia ha messo in pianti;

che s'io v'ho detto, il detto mio non erra,

che ben fu il più; crudele e il più; di quanti

mai furo al mondo ingegni empi e maligni,

ch'imaginò; sì; abominosi ordigni.

 

28

E crederò; che Dio, perché; vendetta

ne sia in eterno, nel profondo chiuda

del cieco abisso quella maladetta

anima, appresso al maladetto Giuda.

Ma seguitiamo il cavallier ch'in fretta

brama trovarsi all'isola d'Ebuda,

dove le belle donne e delicate

son per vivanda a un marin mostro date.

 

29

Ma quanto avea più; fretta il paladino,

tanto parea che men l'avesse il vento.

Spiri o dal lato destro o dal mancino,

o ne le poppe, sempre è; così; lento,

che si può; far con lui poco camino;

e rimanea talvolta in tutto spento:

soffia talor sì; averso, che gli è; forza

o di tornare, o d'ir girando all'orza.

 

30

Fu volontà; di Dio che non venisse

prima che 'l re d'Ibernia in quella parte,

acciò; con più; facilità; seguisse

quel ch'udir vi farò; fra poche carte.

Sopra l'isola sorti, Orlando disse

al suo nochiero: - Or qui potrai fermarte,

e 'l battel darmi; che portar mi voglio

senz'altra compagnia sopra lo scoglio.

 

31

E voglio la maggior gomona meco,

e l'ancora maggior ch'abbi sul legno:

io ti farò; veder perché; l'arreco,

se con quel mostro ad affrontar mi vegno. -

Gittar fe' in mare il palischermo seco,

con tutto quel ch'era atto al suo disegno.

Tutte l'arme lasciò;, fuor che la spada;

e vêr lo scoglio, sol, prese la strada.

 

32

Si tira i remi al petto, e tien le spalle

volte alla parte ove discender vuole;

a guisa che del mare o de la valle

uscendo al lito, il salso granchio suole.

Era ne l'ora che le chiome gialle

la bella Aurora avea spiegate al Sole,

mezzo scoperto ancora e mezzo ascoso,

non senza sdegno di Titon geloso.

 

33

Fattosi appresso al nudo scoglio, quanto

potria gagliarda man gittare un sasso,

gli pare udire e non udire un pianto;

sì; all'orecchie gli vien debole e lasso.

Tutto si volta sul sinistro canto;

e posto gli occhi appresso all'onde al basso,

vede una donna, nuda come nacque,

legata a un tronco; e i piè; le bagnan l'acque.

 

34

Perché; gli è; ancor lontana, e perché; china

la faccia tien, non ben chi sia discerne.

Tira in fretta ambi i remi, e s'avicina

con gran disio di plù; notizia averne.

Ma muggiar sente in questo la marina,

e rimbombar le selve e le caverne:

gonfiansi l'onde; ed ecco il mostro appare,

che sotto il petto ha quasi ascoso il mare.

 

35

Come d'oscura valle umida ascende

nube di pioggia e di tempesta pregna,

che più; che cieca notte si distende

per tutto 'l mondo, e par che 'l giorno spegna;

così; nuota la fera, e del mar prende

tanto, che si può; dir che tutto il tegna:

fremono l'onde. Orlando in sé; raccolto,

la mira altier, né; cangia cor né; volto.

 

36

E come quel ch'avea il pensier ben fermo

di quanto volea far, si mosse ratto;

e perché; alla donzella essere schermo,

e la fera assalir potesse a un tratto,

entrò; fra l'orca e lei col palischermo,

nel fodero lasciando il brando piatto:

l'ancora con la gomona in man prese;

poi con gran cor l'orribil mostro attese.

 

37

Tosto che l'orca s'accostò;, e scoperse

nel schifo Orlando con poco intervallo,

per ingiottirlo tanta bocca aperse,

ch'entrato un uomo vi saria a cavallo.

Si spinse Orlando inanzi, e se gl'immerse

con quella ancora in gola, e s'io non fallo,

col battello anco; e l'ancora attaccolle

e nel palato e ne la lingua molle:

 

38

sì; che né; più; si puon calar di sopra,

né; alzar di sotto le mascelle orrende.

Così; chi ne le mine il ferro adopra,

la terra, ovunque si fa via, suspende,

che subita ruina non lo cuopra,

mentre malcauto al suo lavoro intende.

Da un amo all'altro l'ancora è; tanto alta,

che non v'arriva Orlando, se non salta.

 

39

Messo il puntello, e fattosi sicuro

che 'l mostro più; serrar non può; la bocca,

stringe la spada, e per quel antro oscuro

di qua e di là; con tagli e punte tocca.

Come si può;, poi che son dentro al muro

giunti i nimici, ben difender rocca;

così; difender l'orca si potea

dal paladin che ne la gola avea.

 

40

Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia,

e mostra i fianchi e le scagliose schene;

or dentro vi s'attuffa, e con la pancia

muove dal fondo e fa salir l'arene.

Sentendo l'acqua il cavallier di Francia,

che troppo abonda, a nuoto fuor ne viene:

lascia l'ancora fitta, e in mano prende

la fune che da l'ancora depende.

 

41

E con quella ne vien nuotando in fretta

verso lo scoglio; ove fermato il piede,

tira l'ancora a sé;, ch'in bocca stretta

con le due punte il brutto mostro fiede.

L'orca a seguire il canape è; costretta

da quella forza ch'ogni forza eccede,

da quella forza che più; in una scossa

tira, ch'in dieci un argano far possa.

 

42

Come toro selvatico ch'al corno

gittar si senta un improvviso laccio,

salta di qua di là;, s'aggira intorno,

si colca e lieva, e non può; uscir d'impaccio;

così; fuor del suo antico almo soggiorno

l'orca tratta per forza di quel braccio,

con mille guizzi e mille strane ruote

segue la fune, e scior non se ne puote.

 

43

Di bocca il sangue in tanta copia fonde,

che questo oggi il mar Rosso si può; dire,

dove in tal guisa ella percuote l'onde,

ch'insino al fondo le vedreste aprire;

ed or ne bagna il cielo, e il lume asconde

del chiaro sol: tanto le fa salire.

Rimbombano al rumor ch'intorno s'ode,

le selve, i monti e le lontane prode.

 

44

Fuor de la grotta il vecchio Proteo, quando

ode tanto rumor, sopra il mare esce;

e visto entrare e uscir de l'orca Orlando,

e al lito trar sì; smisurato pesce,

fugge per l'alto oceano, obliando

lo sparso gregge: e sì; il tumulto cresce,

che fatto al carro i suoi delfini porre,

quel dì; Nettuno in Etiopia corre.

 

45

Con Melicerta in collo Ino piangendo,

e le Nereide coi capelli sparsi,

Glauci e Tritoni, e gli altri, non sappiendo

dove, chi qua chi là; van per salvarsi.

Orlando al lito trasse il pesce orrendo,

col qual non bisognò; più; affaticarsi;

che pel travaglio e per l'avuta pena,

prima morì;, che fosse in su l'arena.

 

46

De l'isola non pochi erano corsi

a riguardar quella battaglia strana;

i quai da vana religion rimorsi,

così; sant'opra riputar profana:

e dicean che sarebbe un nuovo torsi

Proteo nimico, e attizzar l'ira insana,

da farli porre il marin gregge in terra,

e tutta rinovar l'antica guerra;

 

47

e che meglio sarà; di chieder pace

prima all'offeso dio, che peggio accada;

e questo si farà;, quando l'audace

gittato in mare a placar Proteo vada.

Come dà; fuoco l'una a l'altra face,

e tosto alluma tutta una contrada,

così; d'un cor ne l'altro si difonde

l'ira ch'Orlando vuol gittar ne l'onde.

 

48

Chi d'una fromba e chi d'un arco armato,

chi d'asta, chi di spada, al lito scende;

e dinanzi e di dietro e d'ogni lato,

lontano e appresso, a più; poter l'offende.

Di sì; bestiale insulto e troppo ingrato

gran meraviglia il paladin si prende:

pel mostro ucciso ingiuria far si vede,

dove aver ne sperò; gloria e mercede.

 

49

Ma come l'orso suol, che per le fiere

menato sia da Rusci o da Lituani,

passando per la via, poco temere

l'importuno abbaiar di picciol cani,

che pur non se li degna di vedere;

così; poco temea di quei villani

il paladin, che con un soffio solo

ne potrà; fracassar tutto lo stuolo.

 

50

E ben si fece far subito piazza

che lor si volse, e Durindana prese.

S'avea creduto quella gente pazza

che le dovesse far poche contese,

quando né; indosso gli vedea corazza,

né; scudo in braccio, né; alcun altro arnese;

ma non sapea che dal capo alle piante

dura la pelle avea più; che diamante.

 

51

Quel che d'Orlando agli altri far non lece,

di far degli altri a lui già; non è; tolto.

Trenta n'uccise, e furo in tutto diece

botte, o se più;, non le passò; di molto.

Tosto intorno sgombrar l'arena fece;

e per slegar la donna era già; volto,

quando nuovo tumulto e nuovo grido

fe' risuonar da un'altra parte il lido.

 

52

Mentre avea il paladin da questa banda

così; tenuto i barbari impediti,

eran senza contrasto quei d'Irlanda

da più; parte ne l'isola saliti;

e spenta ogni pietà;, strage nefanda

di quel popul facean per tutti i liti:

fosse iustizia, o fosse crudeltade,

né; sesso riguardavano né; etade.

 

53

Nessun ripar fan gl'isolani, o poco;

parte, ch'accolti son troppo improviso,

parte, che poca gente ha il picciol loco,

e quella poca è; di nessun aviso.

L'aver fu messo a sacco; messo fuoco

fu ne le case: il populo fu ucciso:

le mura fur tutte adeguate al suolo:

non fu lasciato vivo un capo solo.

 

54

Orlando, come gli appertenga nulla

l'alto rumor, le strida e la ruina,

viene a colei che su la pietra brulla

avea da divorar l'orca marina.

Guarda, e gli par conoscer la fanciulla;

e più; gli pare, e più; che s'avicina:

gli pare Olimpia: ed era Olimpia certo,

che di sua fede ebbe sì; iniquo merto.

 

55

Misera Olimpia! a cui dopo lo scorno

che gli fe' Amore, anco Fortuna cruda

mandò; i corsari (e fu il medesmo giorno),

che la portaro all'isola d'Ebuda.

Riconosce ella Orlando nel ritorno

che fa allo scoglio: ma perch'ella è; nuda,

tien basso il capo; e non che non gli parli,

ma gli occhi non ardisce al viso alzarli.

 

56

Orlando domandò; ch'iniqua sorte

l'avesse fatta all'isola venire

di là; dove lasciata col consorte

lieta l'avea, quanto si può; più; dire.

- Non so (disse ella) s'io v'ho, che la morte

voi mi schivaste, grazie a riferire,

o da dolermi che per voi non sia

oggi finita la miseria mia.

 

57

Io v'ho da ringraziar ch'una maniera

di morir mi schivaste troppo enorme;

che troppo saria enorme, se la fera

nel brutto ventre avesse avuto a porme.

Ma già; non vi ringrazio ch'io non pera;

che morte sol può; di miseria torme:

ben vi ringrazierò;, se da voi darmi

quella vedrò;, che d'ogni duol può; trarmi. -

 

58

Poi con gran pianto seguitò;, dicendo

come lo sposo suo l'avea tradita;

che la lasciò; su l'isola dormendo,

donde ella poi fu dai corsar rapita.

E mentre ella parlava, rivolgendo

s'andava in quella guisa che scolpita

o dipinta è; Diana ne la fonte,

che getta l'acqua ad Ateone in fronte;

 

59

che, quanto può;, nasconde il petto e 'l ventre,

più; liberal dei fianchi e de le rene.

Brama Orlando ch'in porto il suo legno entre;

che lei, che sciolta avea da le catene,

vorria coprir d'alcuna veste. Or mentre

ch'a questo è; intento, Oberto sopraviene,

Oberto il re d'Ibernia, ch'avea inteso

che 'l marin mostro era sul lito steso;

 

60

E che nuotando un cavallier era ito

a porgli in gola un'ancora assai grave;

e che l'avea così; tirato al lito,

come si suol tirar contr'acqua nave.

Oberto, per veder se riferito

colui da chi l'ha inteso, il vero gli have,

se ne vien quivi; e la sua gente intanto

arde e distrugge Ebuda in ogni canto.

 

61

Il re d'Ibernia, ancor che fosse Orlando,

di sangue tinto, e d'acqua molle e brutto,

brutto del sangue che si trasse quando

uscì; de l'orca in ch'era entrato tutto,

pel conte l'andò; pur raffigurando;

tanto più; che ne l'animo avea indutto,

tosto che del valor sentì; la nuova,

ch'altri ch'Orlando non faria tal pruova.

 

62

Lo conoscea, perch'era stato infante

d'onore in Francia, e se n'era partito

per pigliar la corona, l'anno inante,

del padre suo ch'era di vita uscito.

Tante volte veduto, e tante e tante

gli avea parlato, ch'era in infinito.

Lo corse ad abbracciare e a fargli festa,

trattasi la celata ch'avea in testa.

 

63

Non meno Orlando di veder contento

si mostrò; il re, che 'l re di veder lui.

Poi che furo a iterar l'abbracciamento

una o due volte tornati amendui,

narrò; ad Oberto Orlando il tradimento

che fu fatto alla giovane, e da cui

fatto le fu; dal perfido Bireno,

che via d'ogn'altro lo dovea far meno.

 

64

Le prove gli narrò;, che tante volte

ella d'amarlo dimostrato avea:

come i parenti e le sustanze tolte

le furo, e al fin per lui morir volea;

e ch'esso testimonio era di molte,

e renderne buon conto ne potea.

Mentre parlava, i begli occhi sereni

de la donna di lagrime eran pieni.

 

65

Era il bel viso suo, quale esser suole

da primavera alcuna volta il cielo,

quando la pioggia cade, e a un tempo il sole

si sgombra intorno il nubiloso velo.

E come il rosignuol dolci carole

mena nei rami alor del verde stelo,

così; alle belle lagrime le piume

si bagna Amore, e gode al chiaro lume.

 

66

E ne la face de' begli occhi accende

l'aurato strale, e nel ruscello amorza,

che tra vermigli e bianchi fiori scende:

e temprato che l'ha, tira di forza

contra il garzon, che né; scudo difende,

né; maglia doppia, né; ferrigna scorza;

che mentre sta a mirar gli occhi e le chiome,

si sente il cor ferito, e non sa come.

 

67

Le bellezze d'Olimpia eran di quelle

che son più; rare: e non la fronte sola,

gli occhi e le guance e le chiome avea belle,

la bocca, il naso, gli omeri e la gola;

ma discendendo giù; da le mammelle,

le parti che solea coprir la stola,

fur di tanta eccellenza, ch'anteporse

a quante n'avea il mondo potean forse.

 

68

Vinceano di candor le nievi intatte,

ed eran più; ch'avorio a toccar molli:

le poppe ritondette parean latte

che fuor dei giunchi allora allora tolli.

Spazio fra lor tal discendea, qual fatte

esser veggià;n fra picciolini colli

l'ombrose valli, in sua stagione amene,

che 'l verno abbia di nieve allora piene.

 

69

I rilevati fianchi e le belle anche,

e netto più; che specchio il ventre piano,

pareano fatti, e quelle coscie bianche,

da Fidia a torno, o da più; dotta mano.

Di quelle parti debbovi dir anche,

che pur celare ella bramava invano?

Dirò; insomma, ch'in lei dal capo al piede,

quant'esser può; beltà;, tutta si vede.

 

70

Se fosse stata ne le valli Idee

vista dal Pastor frigio, io non so quanto

Vener, sebben vincea quell'altre dee,

portato avesse di bellezza il vanto:

né; forso ito saria ne le Amiclee

contrade esso a violar l'ospizio santo;

ma detto avria: - Con Menelao ti resta,

Elena pur; ch'altra io non vo' che questa. -

 

71

E se fosse costei stata a Crotone,

quando Zeusi l'imagine far volse,

che por dovea nel tempio di Iunone,

e tante belle nude insieme accolse;

e che, per una farne in perfezione,

da chi una parte e da chi un'altra tolse:

non avea da torre altra che costei;

che tutte le bellezze erano in lei.

 

72

Io non credo che mai Bireno, nudo

vedesse quel bel corpo; ch'io son certo

che stato non saria mai così; crudo,

che l'avesse lasciata in quel deserto.

Ch'Oberto se n'accende, io vi concludo,

tanto che 'l fuoco non può; star coperto.

Si studia consolarla, e darle speme

ch'uscirà; in bene il mal ch'ora la preme:

 

73

e le promette andar seco in Olanda;

né; fin che ne lo stato la rimetta,

e ch'abbia fatto iusta e memoranda

di quel periuro e traditor vendetta,

non cesserà; con ciò; che possa Irlanda,

e lo farà; quanto potrà; più; in fretta.

Cercare intanto in quelle case e in queste

facea di gonne e di feminee veste.

 

74

Bisogno non sarà;, per trovar gonne,

ch'a cercar fuor de l'isola si mande;

ch'ogni dì; se n'avea da quelle donne

che de l'avido mostro eran vivande.

Non fe' molto cercar, che ritrovonne

di varie fogge Oberto copia grande;

e fe' vestir Olimpia, e ben gl'increbbe

non la poter vestir come vorrebbe.

 

75

Ma né; sì; bella seta o sì; fin'oro

mai Fiorentini industri tesser fenno;

né; chi ricama fece mai lavoro,

postovi tempo, diligenza e senno,

che potesse a costui parer decoro,

se lo fêsse Minerva o il dio di Lenno,

e degno di coprir sì; belle membre,

che forza è; ad or ad or se ne rimembre.

 

76

Per più; rispetti il paladino molto

si dimostrò; di questo amor contento:

ch'oltre che 'l re non lascerebbe asciolto

Bireno andar di tanto tradimento,

sarebbe anch'esso per tal mezzo tolto

di grave e di noioso impedimento,

quivi non per Olimpia, ma venuto

per dar, se v'era, alla sua donna aiuto.

 

77

Ch'ella non v'era si chiarì; di corto,

ma già; non si chiarì; se v'era stata;

perché; ogn'uomo ne l'isola era morto,

né; un sol rimaso di sì; gran brigata.

Il dì; seguente si partir del porto,

e tutti insieme andaro in una armata.

Con loro andò; in Irlanda il paladino;

che fu per gire in Francia il suo camino.

 

78

A pena un giorno si fermò; in Irlanda;

non valser preghi a far che più; vi stesse:

Amor, che dietro alla sua donna il manda,

di fermarvisi più; non gli concesse.

Quindi si parte; e prima raccomanda

Olimpia al re, che servi le promesse:

ben che non bisognasse; che gli attenne

molto più;, che di far non si convenne.

 

79

Così; fra pochi dì; gente raccolse;

e fatto lega col re d'Inghilterra

e con l'altro di Scozia, gli ritolse

Olanda, e in Frisa non gli lasciò; terra;

ed a ribellione anco gli volse

la sua Selandia: e non finì; la guerra,

che gli diè; morte; né; però; fu tale

la pena, ch'al delitto andasse eguale.

 

80

Olimpia Oberto si pigliò; per moglie,

e di contessa la fe' gran regina.

Ma ritorniamo al paladin che scioglie

nel mar le vele, e notte e dì; camina;

poi nel medesmo porto le raccoglie,

donde pria le spiegò; ne la marina:

e sul suo Brigliadoro armato salse,

e lasciò; dietro i venti e l'onde salse.

 

81

Credo che 'l resto di quel verno cose

facesse degne di tenerne conto;

ma fur sin a quel tempo sì; nascose,

che non è; colpa mia s'or non le conto;

perché; Orlando a far l'opre virtuose,

più; che a narrarle poi, sempre era pronto:

né; mai fu alcun de li suoi fatti espresso,

se non quando ebbe i testimoni appresso.

 

82

Passò; il resto del verno così; cheto,

che di lui non si seppe cosa vera:

ma poi che 'l sol ne l'animal discreto

che portò; Friso, illuminò; la sfera,

e Zefiro tornò; soave e lieto

a rimenar la dolce primavera;

d'Orlando usciron le mirabil pruove

coi vaghi fiori e con l'erbette nuove.

 

83

Di piano in monte, e di campagna in lido,

pien di travaglio e di dolor ne gì;a;

quando all'entrar d'un bosco, un lungo grido,

un alto duol l'orecchie gli ferì;a.

Spinge il cavallo, e piglia il brando fido,

e donde viene il suon, ratto s'invia:

ma diferisco un'altra volta a dire

quel che seguì;, se mi vorrete udire.

 

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CANTO DODICESIMO

 

 

1

Cerere, poi che da la madre Idea

tornando in fretta alla solinga valle,

là; dove calca la montagna Etnea

al fulminato Encelado le spalle,

la figlia non trovò; dove l'avea

lasciata fuor d'ogni segnato calle;

fatto ch'ebbe alle guance, al petto, ai crini

e agli occhi danno, al fin svelse duo pini;

 

2

e nel fuoco gli accese di Vulcano,

e diè; lor non potere esser mai spenti:

e portandosi questi uno per mano

sul carro che tiravan dui serpenti,

cercò; le selve, i campi, il monte, il piano,

le valli, i fiumi, li stagni, i torrenti,

la terra e 'l mare; e poi che tutto il mondo

cercò; di sopra, andò; al tartareo fondo.

 

3

S'in poter fosse stato Orlando pare

all'Eleusina dea, come in disio,

non avria, per Angelica cercare,

lasciato o selva o campo o stagno o rio

o valle o monte o piano o terra o mare,

il cielo e 'l fondo de l'eterno oblio;

ma poi che 'l carro e i draghi non avea,

la gì;a cercando al meglio che potea.

 

4

L'ha cercata per Francia: or s'apparecchia

per Italia cercarla e per Lamagna,

per la nuova Castiglia e per la vecchia,

e poi passare in Libia il mar di Spagna.

Mentre pensa così;, sente all'orecchia

una voce venir, che par che piagna:

si spinge inanzi; e sopra un gran destriero

trottar si vede innanzi un cavalliero,

 

5

che porta in braccio e su l'arcion davante

per forza una mestissima donzella.

Piange ella, e si dibatte, e fa sembiante

di gran dolore; ed in soccorso appella

il valoroso principe d'Anglante;

che come mira alla giovane bella,

gli par colei, per cui la notte e il giorno

cercato Francia avea dentro e d'intorno.

 

6

Non dico ch'ella fosse, ma parea

Angelica gentil ch'egli tant'ama.

Egli, che la sua donna e la sua dea

vede portar sì; addolorata e grama,

spinto da l'ira e da la furia rea,

con voce orrenda il cavallier richiama;

richiama il cavalliero e gli minaccia,

e Brigliadoro a tutta briglia caccia.

 

7

Non resta quel fellon, né; gli risponde,

all'alta preda, al gran guadagno intento,

e sì; ratto ne va per quelle fronde,

che saria tardo a seguitarlo il vento.

L'un fugge, e l'altro caccia; e le profonde

selve s'odon sonar d'alto lamento.

Correndo usciro in un gran prato; e quello

avea nel mezzo un grande e ricco ostello.

 

8

Di vari marmi con suttil lavoro

edificato era il palazzo altiero.

Corse dentro alla porta messa d'oro

con la donzella in braccio il cavalliero.

Dopo non molto giunse Brigliadoro,

che porta Orlando disdegnoso e fiero.

Orlando, come è; dentro, gli occhi gira;

né; più; il guerrier, né; la donzella mira.

 

9

Subito smonta, e fulminando passa

dove più; dentro il bel tetto s'alloggia:

corre di qua, corre di là;, né; lassa

che non vegga ogni camera, ogni loggia.

Poi che i segreti d'ogni stanza bassa

ha cerco invan, su per le scale poggia;

e non men perde anco a cercar di sopra,

che perdessi di sotto, il tempo e l'opra.

 

10

D'oro e di seta i letti ornati vede:

nulla de muri appar né; de pareti;

che quelle, e il suolo ove si mette il piede,

son da cortine ascose e da tapeti.

Di su di giù; va il conte Orlando e riede;

né; per questo può; far gli occhi mai lieti

che riveggiano Angelica, o quel ladro

che n'ha portato il bel viso leggiadro.

 

11

E mentre or quinci or quindi invano il passo

movea, pien di travaglio e di pensieri,

Ferraù;, Brandimarte e il re Gradasso,

re Sacripante ed altri cavallieri

vi ritrovò;, ch'andavano alto e basso,

né; men facean di lui vani sentieri;

e si ramaricavan del malvagio

invisibil signor di quel palagio.

 

12

Tutti cercando il van, tutti gli dà;nno

colpa di furto alcun che lor fatt'abbia:

del destrier che gli ha tolto, altri è; in affanno;

ch'abbia perduta altri la donna, arrabbia;

altri d'altro l'accusa: e così; stanno,

che non si san partir di quella gabbia;

e vi son molti, a questo inganno presi,

stati le settimane intiere e i mesi.

 

13

Orlando, poi che quattro volte e sei

tutto cercato ebbe il palazzo strano,

disse fra sé;: - Qui dimorar potrei,

gittare il tempo e la fatica invano:

e potria il ladro aver tratta costei

da un'altra uscita, e molto esser lontano.