ŤSe sono stata sfacciata e arrogante, e impertinente, e una creatura, come mi chiama, non ho avuto le mie ragioni? Ditemi con tutto il cuore, cara signora Jervis, che cosa pensereste voi, o come vi comportereste voi nel mio caso?ť
ŤMia cara Pamelať, ha detto lei, e mi ha dato un bacio, Ťnon so come agirei, né che cosa penserei. Spero che mi comporterei come ti comporti tu: ma non conosco nessun altro che lo farebbe. Il mio padrone č un bel gentiluomo; ha molto cervello e buonsenso, ed č ammirato, come mi risulta, da una mezza dozzina di signore, che si riterrebbero felici della sua corte. Possiede una nobile proprietŕ; e tuttavia io credo che ami la mia brava fanciulla, benché sua serva, piů di tutte le signore del paese; e ha tentato di dominare il suo amore, perché tu gli sei tanto inferiore; e secondo me sě č accorto che non ci riesce; e questo offende l’orgoglio del suo cuore, e gli fa decidere che non devi restare; e cosě ti parla con tanto astio, quando ti incontra per casoť.
ŤBene, ma, signora Jervisť, ho detto io, Ťlasciate che vi domandi: se č capace di abbassarsi fino ad apprezzare una povera ragazza come me, quale puň esserne lo scopo? Puň darsi che pensi che io possa andare abbastanza bene per essere la sua sgualdrina; e sono cose che non disonorano gli uomini, ma rovinano le donne povere. E cosě potrebbe farmi grandi offerte, e potrebbe, magari, avere intenzione di addobbarmi con belle vesti, per meglio gratificare il suo stesso orgoglio; ma sarei una ben perfida creatura, se in cambio di ricchezze o favori rinunciassi al mio buon nome; sě, anzi, sarei peggiore di qualsiasi altra giovane del mio sesso, perché io posso tornare cosě lietamente alla mia povertŕ, e considerare l’essere costretta a vivere di acqua e pane di segale, come facevo una volta., una sciagura minore dell’essere la sgualdrina del piů grande uomo del mondo.ť
La signora Jervis aveva gli occhi pieni di lacrime. ŤDio ti benedica, amore mio caro!ť ha detto, Ťhai tutta la mia ammirazione e sei la mia delizia. Come farň a separarmi da te?ť ŤBene, buona signora Jervisť, ho detto io, Ťora lasciate che vi chieda: voi e lui vi siete parlati, e forse vi si vieta di dirmi tutto. Ma voi credete, se io chiedessi di restare, che lui sia dispiaciuto di quello che ha fatto? e che anzi, se ne vergogni?
perché io sono certa che dovrebbe, considerando l’altezza del suo rango, e la bassezza del mio, e come io non abbia altro al mondo cui affidarmi se non la mia onestŕ. Pensate, secondo la vostra coscienza ora (vi prego, rispondetemi sinceramente), che non mi rivolgerebbe mai piů alcun tipo di profferte, e che io potrei essere al sicuro?ť
ŤMia cara bambinať, ha detto lei, Ťnon farmi domande, con quella graziosa espressione di serietŕ che tanto ti si addice.
Io so questo, che č infastidito per quello che ha fatto; era infastidito la prima volta, piů infastidito ancora la seconda.ť , ŤSěť, ho detto io, Ťe cosě sarŕ infastidito, immagino, la terza e la quarta volta, anche, finché non avrŕ completamente rovinato la vostra povera ragazza; e allora chi č che avrŕ ragione di infastidirsi?ť
Lei mi ha stretta al seno, e mi ha detto cara dolce bambina, e ha aggiunto che non era meraviglia se il mio padrone non poteva fare a meno di amarmi; e che se fossi rimasta, sperava che tutto sarebbe andato per il meglio, poiché, dopo essere stati respinti, molti uomini si erano vergognati dei propri malvagi tentativi, anche se non si sarebbero mai vergognati in caso di successo.
ŤÉ un brutto affidarsi questo, mia cara signora Jervisť, ho detto io, Ťall’onore di un uomo che non ha virtů; e che si č mostrato come si č mostrato. Io pensoť, ho detto (e spero che Dio mi darebbe la grazia di agire di conseguenza), Ťche non cederei alle sue tentazioni in nessun caso; ma sarei molto presuntuosa a fidarmi delle mie sole forze, contro un uomo delle sue qualifiche e proprietŕ, e che č il mio padrone; e che si ritiene giustificato a chiamarmi sfacciata e cos’altro, solo perché ho resistito ai suoi vili tentativi: e questo, anche, lŕ dove entra in gioco il bene della mia anima e del mio corpo. Come dunque, signora Jervisť, ho detto, Ťpotrei chiedere, o desiderare di rimanere?ť ŤBene, beneť, dice lei, Ťpoiché sembra sincero nel volerti altrove, io spero che sia per un buon motivo, e cioč per paura di essere tentato a disonorare se stesso oltre ch’č te.ť ŤHo pensato anche a questo, signora Jervisť, dico io, Ťpoiché io sarei lieta di considerarlo con quell’obbedienza che mi si addice.
Ma se avesse avuto buone intenzioni verso di me, mi avrebbe lasciata andare da lady Davers, e non avrebbe impedito la mia promozione. E non avrebbe detto che dovrei tornare alle mie umili condizioni, quando grazie alla bontŕ di sua madre ne sono uscita, se non perché intendeva spaventarmi, e castigarmi, come pensava, per non avere assecondato la sua malvagitŕ: e questo mi fa vedere con sufficiente chiarezza che cosa ho da aspettarmi dalla sua bontŕ futura, a meno che non me lo guadagni al suo prezzo cosě esoso.ť Lei tacque, e io aggiunsi: ŤBene, non c’č altro da dire; io devo andare, questo č certo. Il mio principale rammarico sarŕ di separarmi da voi; ma del resto da tutti; poiché i miei compagni di servizio mi hanno voluto bene, e voi e loro mi costerete un sospiro e anche una lacrima, di tanto in tanto, ne sono certať.
E cosě mi sono messa a piangere: non ho potuto farne a meno.
Poiché fa piacere trovarsi in una casa fra tanti compagni di lavoro, ed essere amata da tutti.
Anzi, avrei dovuto dirvi prima d’ora quanto sia gentile e umano il signor Longman, il nostro amministratore. Di grande cortesia, davveroť in ogni occasione! E disse una volta alla signora Jervis, che per me avrebbe voluto essere un giovanotto; sarei stata sua moglie, e mi avrebbe intestato tutto quello che aveva, all’atto del matrimonio; e sapete;, si pensa che abbia un bel gruzzolo.
Non mi inorgoglisco di questo; ma sia benedetto Iddio, e anche voi, miei cari genitori, per le vostre buone lezioni, poiché ne sono stata messa in condizione di comportarmi cosě da trovarmi nelle buone grazie di tutti. Non per nulla un giorno la nostra cuoca, che certe volte č un po’ brusca e stizzosa, mi disse: ŤDiamine, questa nostra Pamela fa la figura di una dama. Guarda che cosa significa avere un bel faccino!
Mi domando come andrŕ a finire questa ragazzať.
Era accalorata per via del suo lavoro; e io sgusciai via, poiché io scendo di rado in cucina; e sentii il maggiordomo che diceva: ŤMa insomma, Jane, non hai mai una buona parola per nessuno: che ti ha fatto la signorina Pamela? Sono certo che lei non offende mai nessuno.ť ŤE ioť, ‘disse quella sciocca, Ťche le ho mai detto, stupidastro, se non che era carina?ť Dopo hanno litigato, mi hanno detto. A me č dispiaciuto, ma non ci ho piů pensato. Perdonate queste sciocche chiacchiere, dalla
Vostra obbediente Figliola.
La signora Jervis č molto desiderosa che io rimanga per finire il panciotto. Crede che il mio padrone mi farŕ un regalo onesto, posso dire, quando sarŕ terminato. Dice che veglierŕ con scrupolo su di me finché non sarŕ finito, anche se spera che non ci sarŕ motivo per la sua vigilanza. Io devo dire che non ho mai eseguito un lavoro piů grazioso; e mi alzo presto e mi corico tardi per terminarlo, poiché non vedo l’ora di venire da voi.
LETTERA XX
Non ho mandato le mie ultime lettere, miei cari padre e madre, presto come speravo, perché John (se il mio padrone ne diffidi o no, non so dirlo) č stato inviato da lady Davers al posto di Isaac, mentre di solito ci andava lui; e non ho la stessa disinvoltura con Isaac, né posso fidarmene allo stesso modo, benché anche lui mi tratti con molta cortesia. Cosě sono stata costretta ad aspettare fino al ritorno di John.
Poiché potrei non avere occasione di mandarvene altre presto, e d’altro canto dato che so che conservate le mie lettere, e le rileggete piů volte (cosě mi ha detto John) quando avete finito il lavoro (a tal punto la vostra bontŕ vi fa amare tutto quello che viene dalla vostra povera figlia) e dato che potrebbe darmi qualche piccolo piacere, forse, leggerle io stessa, quando sarň venuta da voi, per rammentarmi di quello che ho passato, e di quanto grande sia stata con me la bontŕ di Dio (e questo, spero, rinforzerŕ ulteriormente i miei buoni propositi, affinchč io in futuro non possa per mia cattiva condotta avere ragione di condannarmi per cosě dire da sola): per tutti questi motivi, dico, vi scriverň quando ne avrň il tempo, via via che le cose succedono, e vi manderň i miei scarabocchi quando ne avrň occasione; e anche se non mi sottoscriverň formalmente ogni volta come dovrei, sono certa che voi crederete sempre che non č per mancanza di rispetto.
Cosě comincio dove mi ero interrotta, dalla mia conversazione con la signora Jervis, circa il suo desiderio che io chiedessi di rimanere.
A insaputa della signora Jervis, ho messo in pratica un progetto, come posso definirlo. Avevo pensato fra me e me qualche giorno fa - ora tornerň a casa dai miei poveri padre e madre, e non avrň da mettermi addosso niente di adatto alla mia condizione; perché che figura farebbe la vostra povera figlia con una veste da casa di seta, gonne di seta, cuffie di lino di Francia, biancheria fine d’Olanda, scarpe ricamate di merletto, appartenute alla mia signora! E di lě a poco tutto questo sarebbe sembrato roba smessa, e io considerata alla stessa stregua per il fatto di indossarla! E la gente avrebbe detto (poiché i poveri sono invidiosi come i ricchi): ŤGuardate la figlia del buon Andrew rimandata a casa dal suo bel posto!
Bella figura fa! Ben si addicono tanti ghingheri alla situazione dei suoi poveri genitori!ť E che effetto avrei fatto, ho pensato, se avessi potuto comprarmi abiti fatti in casa, a infilarmeli un capo alla volta, via via che me li fossi procurati? Magari una vecchia veste di seta, e una gonna di misto lana, e cose del genere. Cosě, ho pensato, meglio se mi equipaggio subito con gli abiti adatti alla mia condizione; e anche se potranno sembrare poveri accanto a quelli che sono stata solita portare negli ultimi tempi, pure mi serviranno, quando sarň da voi, da buoni abiti per la festa e la domenica, e per quel decoro che, se la mia industria sarŕ premiata, mi riuscirŕ forse di mantenere.
Cosě, come dicevo, a insaputa di tutti ho acquistato dalla moglie e dalle figlie del fattore Nichols una buona stoffa di colore sobrio, filata da loro, quanto basta per farmi una veste e due gonne; e ho ricavato bordi e guarnizioni da una graziosa pezza di cotonina stampata che avevo giŕ.
Avevo un buon soprabito imbottito di seta e cammello, che pensavo avrebbe potuto fare un discreto servizio; e ho acquistato due sottogiacche di flanella, non buone come quelle mie di flanella speciale e di lino fine, ma tali da tenermi calda, se mai qualche vicino dovesse chiamarmi per aiutarlo a mungere, ogni tanto, come una volta ero solita fare; poiché sono decisa a usare a tutti i vostri vicini tutte le gentilezze che potrň, e spero di rendermi fra voi non meno benvoluta di quanto lo sono qui.
Mi sono procurata della buona stoffa scozzese, e mi ci sono fatta, la mattina e di notte, quando nessuno mi vedeva, due camiciole; e me n’č rimasta abbastanza per due camicie, e per due camiciole per voi, miei cari padre e madre. Quando verrň a casa le farň, e voglio che le accettiate.
Poi ho comprato da un ambulante due cuffiette copriorecchie abbastanza grazioseť un cappellino di paglia, e un paio di mezzi guanti all’uncinetto, bordati di cotonina bianca; e due paia di calze azzurre di lana ordinaria ritorta, che fanno una figura abbastanza elegante, con la banda bianca, pensate!
e due iarde di nastro nero per le maniche della mia camiciola, e per fungermi da girocollo; e quando mi sono fatta arrivare il tutto, me le andavo a riguardare ogni due ore, per due giorni di fila: perché dovete sapere che, benché io dorma con la signora Jervis, tengo ancora il mio stanzino per gli abiti, e lě non ci mette piede nessun altro. Direte che sono stata una brava economa a metter da parte tanto denaro; ma la mia Cara buona signora mi dava sempre qualche cosa.
Mi ritengo ancora piů obbligata a far questo, in quanto poiché sono stata licenziata per quello che il mio buon padrone ha considerato mancanza nei miei doveri, e poiché egli si attendeva in cambio dei suoi doni cose diverse da quelle che io intendevo dargli, ho pensato che fosse semplicemente giusto lasciarmi dietro i suoi regali, quando me ne fossi andata.
Non vi preoccupate delle quattro ghinee, e non prendete a prestito per risarcirle, poiché furono state date a me, con qualche monetina d’argento, come vi dissi, a mo’ di gratifica, essendo quello che la mia signora aveva addosso quando morě; e poiché non spero di ricevere paga, ho la presunzione di ritenere di essermi meritata tutto quel denaro nei quattordici mesi dopo la morte della mia signora: poiché lei, buon’anima!
mi aveva piů che compensata prima, in ammaestramenti e altre manifestazioni di benevolenza. Se lei fosse vissuta, forse niente di tutto questo sarebbe accaduto! Ma dovrei essere riconoscente che non sia andata peggio. Tutto andrŕ a finire nel modo migliore; in questo ho fiducia.
Cosě, come dicevo, mi sono provvista di un abito nuovo e piů adatto, e non vedo l’ora di apparirvici, piů di quanto mi sia mai successo per qualsiasi abito nuovo in vita mia; perché allora sarň in procinto di raggiungervi, e in pace nell’animo.
Ma sono costretta a interrompermi. - Ecco che viene la signora Jervis.
LETTERA XXI
Ora vi racconto che cosa č successo fra la signora Jervis e me. Sperava, ha detto, vedendomi un po’ affannata al suo ingresso, di non essere sgradita.
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