Riconda, Mursia, Milano, 1989) il sapere filosofico è superiore in quanto distaccato, libero e critico esercizio della ragione ed è in grado di riconoscere i suoi fini ultimi, diversamente dalle altre scienze che si limitano all’uso «tecnico» della ragione in vista di fini particolari.

24

Matteo, X, 16.

25

Dopo i due termini sottoposti fin qui all’attenzione e sui quali l’uomo pratico può, seppure con fatica, convenire, e cioè il dovere (Sollen), come comando incondizionato della legge morale, e il potere (Können), come esito dell’analisi che ne chiarisce la non impossibilità, l’accento cade sul volere (Wollen), come atto finale in cui è la decisione della volontà a muovere la prassi, e che l’uomo pratico prevede come l’anello più debole su cui frana «la dolce speranza della pace». In realtà, come nota Kant, non basta il volere di uno o di tutti singolarmente presi, occorre «l’unità delle volontà riunite», senza costrizione, per giungere a un pronunciamento del diritto pubblico in ordine alla pace.

26

Gli sforzi per costruire un diritto pubblico internazionale e cosmopolitico si scontrano – osserva Kant – con una pratica politica che tende a non fare riferimento alle «massime della moralità», bensì a puri fattori empirici di convenienza e di utilità per l’accrescimento della potenza dello stato. Fino a quando permane questa impostazione politica grossolana non si farà un solo passo in direzione della pace. Ma se almeno l’approccio del politico è onesto e gli fa riconoscere i difetti e i limiti, come inevitabili in un dato momento storico, vuol dire che un accordo fra morale e politica è ancora possibile, e che, con un’azione legale graduale, con una riforma, e non con una rivoluzione, i difetti si possono correggere e i limiti superare.

27

Detto attribuito all’imperatore Ferdinando I (1503-1564).

28

Virgilio, Aeneis, VI, 95.

29

Trascendentale è da intendere come «ciò che è antecedente all’esperienza (a priori) pur non essendo destinato ad altro che a rendere possibile la semplice conoscenza empirica» (Prolegomeni). Che sia questo il significato cui Kant fa riferimento qui è provato più avanti, al penultimo capoverso dell’Appendice, dove si afferma che da questa formula sono assenti «tutte le condizioni empiriche come materia della legge, e dall’esclusivo riguardo alla forma della legalità universale».

30

Il potere costituito in atto è, per Kant, sempre legittimo.

31

In questi passaggi egli verifica l’efficacia della formula trascendentale della pubblicità sulla illegittimità e ingiustizia della ribellione o rivoluzione, anche nel caso di un popolo che voglia destituire un potere tirannico. Un giudizio, questo kantiano sulla rivoluzione, già noto, completato precisando che se la rivoluzione dovesse riuscire vincitrice nel suo proposito di destituire il sovrano, il governo instaurato da quell’evento deve essere considerato pienamente legittimo.

32

Christian Garve (1742-1798) era professore di Filosofia a Lipsia e interlocutore di Kant (cfr. I parte di Sul detto comune). In questa sede il riferimento è al Trattato sull’unione della morale con la politica, ossia alcune osservazioni sulla questione: fino a qual punto sia possibile osservare la morale privata nel governo degli stati, Breslavia, 1788.

BIBLIOGRAFIA

All’apparato delle note contenute nel saggio introduttivo aggiungiamo qui l’indicazione di una letteratura critica utile per coloro che volessero approfondire aspetti e questioni particolari relativi sia al progetto di Pace perpetua e più in generale all’idea di pace, sia al pensiero politico kantiano.

Non avendo la pretesa di fornire una nota bibliografica esaustiva riteniamo utile rinviare, per un approfondimento bibliografico costante e completo della produzione internazionale a «Kant-Studien»; mentre per un aggiornamento della letteratura kantiana sul piano nazionale si può consultare il sito web http://www.humnet.unipi.it/filosofia/riviste/studikan/index.htm oppure http://www.humnet.unipi.it/filosofia/riviste/studikan/bollettino.htm.


Sui temi della pace e del pacifismo esiste una bibliografia molto vasta. Ci limitiamo a indicare qui alcune raccolte di testi con importanti supporti bibliografici: É. CONSTANTINESCU-BAGDAT, Études d’histoire pacifiste, 3 voll., Paris 1924.

S.J. HEMLEBEN, Plans for World Peace through Six Centuries, Chicago 1942.

A. SAITTA, Dalla Res-pubblica christiana agli Stati Uniti d’Europa. Sviluppo dell’idea pacifista in Francia nei secoli XVII-XIX, Roma 1948.

M. MERLE, Pacifisme et internationalisme des XVIIIème -XXème siècles, Paris 1966.


Fra le traduzioni italiane classiche che raccolgono scritti kantiani di filosofia politica, filosofia della storia e del diritto e che, inoltre, contengono ampie indicazioni di letteratura critica segnaliamo: I. KANT, Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto, trad. it. di G. Solari e G. Vidari, ed. postuma a cura di N. Bobbio, L. Firpo, V. Mathieu, Torino 1956.

Scritti morali, a cura di P. Chiodi, Torino 1970.

Stato di diritto e società civile, a cura di N. Merker, Roma 1982.

La pace, la ragione e la storia, a cura di C. Antoni, Bologna 1985.

Scritti di storia politica e di diritto, a cura di F. Gonnelli, Bari 1995.


Per il pensiero politico kantiano e la Pace Perpetua:

R. MEYER, Die Idee des ewigen Friedens bei Kants Zeitgenossen, Berlin 1903.

E. KATZER, Kant und der Krieg, in «Kant-Studien», XX, 1915.

M. ADLER, Kant und der ewige Friede (1924) ora in Kant und der Marxismus, Darmstadt 1997.

P.