Provvederò io, ne sia certo, affinché

nessun locatario abbia più di quanto gli spetta. Anzi, oserei addirittura insinuare che Sir Walter Elliot non può avere a

cuore i propri diritti nella misura in cui li avrà John Shepherd agendo per lui».

A questo punto intervenne Anne:

«Gli uomini della nostra flotta, che tanto hanno fatto per noi, hanno, penso, almeno lo stesso diritto di ogni altra

categoria di persone a tutti gli agi e a tutti i privilegi che una casa può offrire. E la gente di mare conquista i propri agi a

costo di un lavoro abbastanza duro, questo dobbiamo ammetterlo tutti».

«Vero, verissimo. Quello che dice Miss Anne è verissimo», commentò Mr. Shepherd, e sua figlia commentò a

sua volta: «Oh! certo». Ma Sir Walter osservò, subito dopo:

«Sì, la professione ha una sua utilità, ma sarei desolato se a seguirla fosse un mio amico».

«Davvero?», fu la risposta, accompagnata da sguardi sorpresi.

«Davvero. Mi ripugna, sotto due aspetti; ho, nei suoi confronti, due fondatissime obiezioni. Primo, è il mezzo

grazie al quale uomini di oscure origini pervengono a un grado di distinzione che non gli spetta e sono innalzati a dignità

che i loro padri e i loro nonni non avrebbero neppur sognato; secondo, è una professione che danneggia nel modo più

orribile la gioventù e il vigore di un uomo; un marinaio invecchia più rapidamente di chiunque altro. Sono osservazioni, le

mie, fatte in ogni momento della mia vita. Chi serve nella marina da guerra corre, più di quanti esercitino ogni altra

professione, maggior pericolo di essere offeso dalla promozione di un individuo al cui padre suo padre non avrebbe

neppure rivolto la parola e di diventare prematuramente disgustoso ai suoi stessi occhi. La scorsa primavera, a Londra, mi

trovai un giorno in compagnia di due uomini, due esempi lampanti di quanto vado sostenendo: Lord St. Ives, il cui padre,

come tutti sappiamo, era stato curato di campagna e assolutamente privo di mezzi. Bene, io dovetti cedere il passo a Lord

St. Ives e a un certo ammiraglio Baldwin, il personaggio più macilento e grottesco che sia dato immaginare: una faccia

colore del mogano, ruvida, scabra oltre ogni dire, tutta rughe e grinze, con un nove capelli grigi da un lato e, sopra,

nient'altro che una spruzzatina di cipria. "In nome del cielo, chi è quel vecchio?", chiesi a un amico che si trovava lì vicino

(Sir Basil Morley). "Vecchio!", esclamò Sir Basil, "è l'ammiraglio Baldwin. Quanti anni ha, secondo lei?". "Sessanta",

dissi, "o forse sessantadue". "Quaranta", rispose Sir Basil, "quaranta: non uno di più". Figuratevi il mio stupore: non

dimenticherò facilmente l'ammiraglio Baldwin. Non ho mai visto un più squallido esempio di quel che può fare una vita

trascorsa sui mari; ma, anche senza arrivare a questo punto, so che è lo stesso per tutti quanti: vengono sbattuti di qua e di

là ed esposti a ogni tempo e a ogni clima fino a diventare assolutamente impresentabili. E un peccato che non vengano

fatti fuori subito, prima di raggiungere l'età dell'ammiraglio Baldwin».

«Oh, Sir Walter!», esclamò Mrs. Clay, «lei è troppo, troppo severo. Abbia un po' di compassione per quei

poveretti. Non tutti nasciamo per essere belli.