Piccolo mondo antico

Piccolo mondo antico
Antonio Fogazzaro
Pubblicato: 1896
Categoria(e): Narrativa, Romanzo
Fonte: www.liberliber.it
Riguardo a
Fogazzaro:
Antonio Fogazzaro è stato uno scrittore e poeta italiano. Dal
1901 al 1911 fu più volte tra i candidati al Premio Nobel per la
letteratura, che tuttavia non vinse.
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Fogazzaro:
Malombra
(1881)
Piccolo mondo
moderno (1901)
Daniele
Cortis (1884)
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A Luisa Venini
Campioni
A Lei carissima
Luisa, che tante persone e cose
del piccolo mondo
valsoldese ebbe familiari;
a Lei, devota e
fedele amica di due care anime
che ci aspettano
nell'eternità, offro nel nome loro
e nel nome di un
altro morto a Lei diletto
il libro che queste
sacre memorie
e non queste sole,
segretamente richiama.
Antonio
Fogazzaro
Parte 1
1. Risotto e tartufi
Soffiava sul lago una
breva fredda,
infuriata di voler cacciar le nubi grigie, pesanti sui cocuzzoli
scuri delle montagne. Infatti, quando i Pasotti, scendendo da
Albogasio Superiore, arrivarono a Casarico, non pioveva ancora. Le
onde stramazzavano tuonando sulla riva, sconquassavan le barche
incatenate, mostravano qua e là, sino all'opposta sponda austera
del Doi, un lingueggiar di spume bianche. Ma giù a ponente, in
fondo al lago, si vedeva un chiaro, un principio di calma, una
stanchezza della
breva; e dietro al
cupo monte di Caprino usciva il primo fumo di pioggia. Pasotti, in
soprabito nero di cerimonia, col cappello a staio in testa e la
grossa mazza di bambù in mano, camminava nervoso per la riva,
guardava di qua, guardava di là, si fermava a picchiar forte la
mazza a terra, chiamando quell'asino di barcaiuolo che non
compariva.
Il piccolo battello nero con i cuscini rossi, la
tenda bianca e rossa, il sedile posticcio di parata piantato a
traverso, i remi pronti e incrociati a poppa, si dibatteva,
percosso dalle onde, fra due barconi carichi di carbone che
oscillavano appena.
«Pin!», gridava Pasotti sempre più arrabbiato.
«Pin!»
Non rispondeva che l'eguale, assiduo tuonar delle
onde sulla riva, il cozzar delle barche fra loro. Non c'era, si
sarebbe detto, un cane vivo in tutto Casarico. Solo una vecchia
voce flebile, una voce velata da ventriloquo, gemeva dalle tenebre
del portico:
«Andiamo a piedi! Andiamo a
piedi!»
Finalmente il Pin comparve dalla parte di San
Mamette.
«Oh là!», gli fece Pasotti alzando le braccia.
Quegli si mise a correre.
«Animale!», urlò Pasotti. «T'han posto un nome di
cane per qualche cosa!»
«Andiamo a piedi, Pasotti», gemeva la voce flebile.
«Andiamo a piedi!»
Pasotti tempestò ancora col barcaiuolo che staccava
in fretta la catena del suo battello da un anello infisso nella
riva. Poi si voltò con una faccia imperiosa verso il portico e
accennò a qualcuno, piegando il mento, di venire.
«Andiamo a piedi, Pasotti!», gemette ancora la
voce.
Egli si strinse nelle spalle, fece con la mano un
brusco atto di comando, e discese verso il
battello.
Allora comparve ad un'arcata del portico una vecchia
signora, stretta la magra persona in uno scialle d'India, sotto al
quale usciva la gonna di seta nera, chiusa la testa in un
cappellino di città, sperticatamente alto, guernito di rosette
gialle e di pizzi neri. Due ricci neri le incorniciavano il viso
rugoso dove s'aprivano due grandi occhi dolci, annebbiati, una gran
bocca ombreggiata di leggeri baffi.
«Oh, Pin», diss'ella giungendo i guanti canarini e
fermandosi sulla riva a guardar pietosamente il barcaiuolo.
«Dobbiamo proprio andare con un lago di questa
sorte?»
Suo marito le fece un altro gesto più imperioso,
un'altra faccia più brusca della prima. La povera donna sdrucciolò
giù in silenzio al battello e vi fu fatta salire, tutta
tremante.
«Mi raccomando alla Madonna della Caravina, caro il
mio Pin», diss'ella. «Un lago così brutto!»
Il barcaiuolo negò del capo,
sorridendo.
«A proposito», esclamò Pasotti «hai la
vela?»
«Ce l'ho su in casa», rispose Pin. «Debbo andare a
prenderla? La signora qui avrà paura, forse. E poi, ecco là che
vien l'acqua!»
«Va'!», fece Pasotti.
La signora, sorda come un battaglio di campana, non
udì verbo di questo colloquio, si meravigliò molto di veder Pin
correr via e chiese a suo marito dove andasse.
«La vela!», le gridò Pasotti sul
viso.
Colei stava lì tutta china, a bocca spalancata, per
raccogliere un po' di voce, ma inutilmente.
«La vela!», ripeté l'altro, più forte, con le mani
accostate al viso.
Ella sospettò d'aver capito, trasalì di spavento,
fece in aria col dito un geroglifico interrogativo. Pasotti rispose
tracciando pure in aria un arco immaginario e soffiandovi dentro;
poi affermò del capo, in silenzio. Sua moglie, convulsa, si alzò
per uscire.
«Vado fuori!», diss'ella angosciosamente. «Vado
fuori! Vado a piedi!»
Suo marito l'afferrò per un braccio, la trasse a
sedere, le piantò addosso due occhi di fuoco.
Intanto il barcaiuolo ritornò con la vela. La povera
signora si contorceva, sospirava, aveva le lagrime agli occhi,
gittava alla riva delle occhiate pietose, ma taceva. L'albero fu
rizzato, i due capi inferiori della vela furono legati, e la barca
stava per prender il largo, quando un vocione mugghiò dal
portico:
«To', to', il signor Controllore!», e ne sbucò un
pretone rubicondo, con una pancia gloriosa, un gran cappello di
paglia nera, il sigaro in bocca e l'ombrello sotto il
braccio.
«Oh, curatone!», esclamò Pasotti. «Bravo! È di
pranzo? Viene a Cressogno con noi?»
«Se mi toglie!», rispose il curato di Puria,
scendendo verso il battello. «To' to' che c'è anche la signora
Barborin!»
Il faccione diventò amabile amabile, il vocione
dolce dolce.
«Ha in corpo una paura d'inferno, povera diavola»,
ghignò Pasotti, mentre il curato faceva degli inchinetti e dei
sorrisetti alla signora, cui quel minacciato soprappiù di peso
metteva un nuovo terrore. Ella si mise a gesticolare in silenzio
come se gli altri fossero stati sordi peggio di lei. Additava il
lago, la vela, la mole del curato enorme, alzava gli occhi al
cielo, si metteva le mani sul cuore, se ne copriva il
viso.
«Peso mica tanto», disse il curato, ridendo. «Tâs
giò, ti», soggiunse rivolto a Pin, che aveva sussurrato
irriverentemente: «Ona bella tenca».
«Sapete», esclamò Pasotti, «cosa faremo perché le
passi la paura? Pin, hai un tavolino e un mazzo di
tarocchi?»
«Magari un po' unti», rispose Pin, «ma li
ho.»
Ci volle del buono per far capire alla signora
Barbara, detta comunemente Barborin, di che si trattasse adesso.
Non lo voleva intendere, neanche quando suo marito le cacciò in
mano, per forza, un mazzo di carte schifose.
Ma per ora non era possibile, giuocare. La barca
avanzava faticosamente, a forza di remi, verso la foce del fiume di
S. Mamette, dove si sarebbe potuto alzar la vela, e i cavalloni
sbattuti indietro dalle rive si arruffavano con i sopravvegnenti,
facevano ballare il battello fra un bollimento di creste spumose.
La signora piangeva. Pasotti imprecava a Pin che non s'era tenuto
bastantemente al largo. Allora il curatone, afferrati due remi, ben
piantata la gran persona in mezzo al battello, si mise a lavorar di
schiena, tanto che in quattro colpi si uscì dal cattivo passo.
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