Ha una faccia che non è peggio della loro, ma che non è proprio uno specchio. E avrebbe bisogno dell’opera di un dentista.)

LA MADRE Scusi, ma come mai sa che il nome di mio figlio è Freddy?

LA FIORAIA Oh, el saria el so fioeu? Be’, che mi vegna un colpo se mai avria pensà che la podaria vess la so mama, l’avria fa’ mei a catà su i fiur d’una pora tusa invece che cur via sensa pagai. Me li paga le’? (Mi scuso per questo disperato tentativo di trascrivere un dialetto che, in mancanza di un alfabeto fonetico, risulta difficilmente comprensibile fuori città.)

LA FIGLIA Ma neanche per idea, mamma. Ma guarda un po’!

LA MADRE Lascia fare a me, Clara. Hai qualche spicciolo?

LA FIGLIA No. La moneta più piccola che ho è una da sei pence.

LA FIORAIA (speranzosa). Ce la posso cambiare me, gentil sciura.

LA MADRE (a Clara). Dammela. (Clara se ne separa di malavoglia.) Ecco (alla ragazza), questo per i suoi fiori.

LA FIORAIA Grasie mille, sciura.

LA FIGLIA Fatti dare il resto. Questa roba vale solo un penny al mazzetto.

LA MADRE Sta’ zitta, Clara. (Alla ragazza.) Tenga il resto.

LA FIORAIA Oh, grasie, sciura.

LA MADRE E adesso mi dica come mai sa il nome di quel giovane signore.

LA FIORAIA Mica lo sapevo.

LA MADRE Ma se l’ho sentita chiamarlo Freddy! Non cerchi di imbrogliarmi.

LA FIORAIA (con tono di protesta). E chi è che vole imbrogliarla? L’ò ciamà Freddy o Charlie come che la faria le’ se parla a un foresto e vuol essere gentile.

LA FIGLIA Una moneta da sei pence gettata al vento! Davvero, mamma, Freddy non se lo meritava. (Si ritrae disgustata dietro la colonna.)

Un anziano gentiluomo di aspetto gradevolmente militaresco corre a mettersi al riparo, chiudendo un ombrello gocciolante. Al pari di Freddy, è zuppo fino alle caviglie. È vestito da sera con un leggero soprabito. Prende il posto libero lasciato dalla figlia.

IL GENTILUOMO Fiuuuu!

LA MADRE (al gentiluomo). Scusi, signore, c’è segno che stia cessando?

IL GENTILUOMO Temo proprio di no. Un paio di minuti fa ha cominciato a venir giù peggio che mai. (Va al plinto della colonna, accanto alla fioraia, vi mette un piede e si china a rivoltare il fondo dei calzoni.)

LA MADRE Oh, mio Dio! (Si ritrae scuotendo il capo e raggiunge la figlia.)

LA FIORAIA (approfittando della vicinanza del gentiluomo dall’aria militaresca per instaurare con lui rapporti amichevoli). Se la vien giò pegg che mai, el voeur dir che tra un poco l’è finida. Sicché, su con la vita, capitano, e crompi un fiur da una pora tusa.

IL GENTILUOMO Spiacente, non ho spiccioli.

LA FIORAIA Posso darci il resto, capitano.

IL GENTILUOMO Di una sovrana? Di meno non ho.

LA FIORAIA ’cidenti. Su, mi compri un fiur, capitano. Podria cambiarci mesa corona. Quest chi per due pence.

IL GENTILUOMO Su, non sia insistente, da brava. (Frugandosi in tasca.) Davvero, non ho spiccioli… Un momento: ecco tre mezzi pence, se le fan comodo. (Si ritrae verso l’altra colonna.)

LA FIORAIA (delusa, ma pensando che tre mezzi pence son meglio che niente). Grasie, sciur.

IL TALE (alla ragazza). Su, dacci in cambio un fiore, no? Perché c’è un tisio qui dietro che mette giù ogni parolina che dici. (Si volgono tutti verso l’uomo che prende appunti.)

LA FIORAIA (balzando in piedi terrorizzata). Mica o fa’ nient de mal a parlà col sciur qui presente.