Ho ben il diritto de vend fiur se sto alla larga dal marciapiedi. (Istericamente.) Sono una ragassa onesta, me, e non ci ho parlato altro che per chiederci di comprare un fiore.

Vocìo generale, con prevalenza di attestazioni di simpatia per la fioraia, di cui però si depreca l’eccessiva suscettibilità. Grida di «Non cominciare a strillare», «T’han fai qualcos?», «Nissuno gnanca ti tocca», «Che bisogno c’è di agitarsi tanto?», «Calma», «Su, su», eccetera, giungono da parte dei pacati spettatori anziani, che la consolano battendole colpetti sulla spalla. I meno pazienti le ingiungono di piantarla o le domandano sgarbatamente che cosa c’è che non va. Alcuni, più distanti e che non sanno di che si tratta, si uniscono al capannello aumentando la confusione con domande e risposte: «Cos’è questo baccano?», «Che cos’ha fatto la ragassa?», «E lui dov’è?», «L’ha beccata un polisiotto», «Chi, quello?», «Sì, quello là: la ragazza ha preso soldi dal signore», eccetera.

LA FIORAIA (aprendosi un varco tra i presenti verso il gentiluomo, e strillando all’impazzata). Oh, sciur, non lasi mica che mi accusano. Lei sa no che cosa che vuol dire per me. Mi rovineranno la reputasione e mi sbatteranno sulla strada solo per aver parlato a un sciur. Loro…

L’UOMO DAL TACCUINO (facendosi avanti a destra della ragazza, mentre gli altri gli si affollano alle spalle). Da brava, da brava! Chi ti fa niente, sciocca? Per chi mi hai preso?

IL TALE È tutto un sbalio, l’è un sciur: guardaci le scarpe. (Rivolto all’uomo dal taccuino.) La ragassa a creduto che lei era un soffia, sciur.

L’UOMO DAL TACCUINO (con improvviso interesse). Che cos’è un soffia?

IL TALE (incapace di spiegarlo). È… Be’, l’è un soffia, no? Come si dice, se no? Uno che informa, no?

LA FIORAIA (ancora isterizzata). Giuro sulla Bibbia, giuro, che non ho mai di’ una parola, me…

L’UOMO DAL TACCUINO (imperioso ma di buon umore). E piantala una buona volta! Ho forse l’aria di un poliziotto?

LA FIORAIA (ben lungi dall’essere rassicurata). E alura perché metteva giù quel che me diseva? Coma faccio a sapere che trascrive giusto? Mi facci vedere cusa l’è che a scritt de me. (L’uomo spalanca il taccuino e glielo pianta sotto il naso, sebbene la pressione della folla che cerca di leggerlo al di sopra delle sue spalle sia tale che travolgerebbe un tipo meno robusto di lui.) Che cus’è? Quella mica è una scrittura giusta. Sun mica capace di leggerla.

L’UOMO DAL TACCUINO Io sì. (Legge, riproducendo esattamente la pronuncia della ragazza.) «Su con la vita, capitano, e crompi un fiur da una pora tusa.»

LA FIORAIA (ancor più preoccupata). È perché ci ho detto capitano. Non volevo mica offenderlo. (Al gentiluomo.) Oh, sciur, non facci una denuncia conter de me per una paroletta così. Lei…

IL GENTILUOMO Denuncia! Io non faccio nessuna denuncia. (All’uomo dal taccuino.) Signore, se lei è un poliziotto non ho bisogno di essere protetto da molestie a opera di giovani donne, a meno che non glielo chieda io espressamente. Chiunque può vedere che questa ragazza non era animata da cattive intenzioni.

GLI ASTANTI IN GENERALE (protestando contro gli interventi della polizia). Naturale che è così. Sono forse affari sui? Che facci gli affari sui. Vuole una promosione, ecco che cosa vuole. Lui prende nota di quello che dice la gente! A lui la ragassa non ci ha detto gnanca mesa parola. Che male ha fatto, si può sapere? È già tanto che una ragassa trovi di ripararsi dalla piova sensa che qualcuno la maltratti, eccetera, eccetera.