Ma non io pitocco

querulo sono, poi che fui canoro

eroe, maestro io solo a me. Trovai

sparsi nel cuore gl’infiniti canti.

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A te cantai, divo Odisseo, da quando

pieno di morti fu l’umbratile atrio,

simili a pesci quali il pescatore

lasciò morire luccicando al sole.

E vedo ancor le schiave moriture

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terger con acqua e con porose spugne

il sangue, e molto era il singulto e il grido.

A te cantavo, e tu bevendo il vino

cheto ascoltavi. E poi t’increbbe il detto minor del fatto. Ascolto or io l’aedo,

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solo, in silenzio. Ché gittai la cetra,

io. La raccolse con la mano esperta

solo di scotte un marinaio, un vecchio

dagli occhi rossi. Or chi la tocca? Il vento”.

Or all’Aedo il vecchio Eroe rispose:

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“Terpiade Femio, e me vecchiezza offese

a te: ché tolse ad ambedue piacere

ciò che già piacque. Ma non mai che nuova

non mi paresse la canzon più nuova

di Femio, o Femio; più nuova e più bella:

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m’erano vecchie d’Odisseo le gesta.

Sonno è la vita quando è già vissuta:

sonno; ché ciò che non è tutto, è nulla.

Io, desto alfine nella patria terra,

ero com’uomo che nella novella

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alba sognò, né sa qual sogno, e pensa

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 51

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Poemi conviviali – L’ultimo viaggio Q

che molto è dolce a ripensar qual era.

Or io mi voglio rituffar nel sonno,

s’io trovi in fondo dell’oblio quel sogno.

Tu verrai meco. Ma mi narra il vero:

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qual canto ascolti, di qual dolce aedo?

Ch’io non so, nella scabra isola, che altri abbia nel cuore inseminati i canti”.

E il vecchio Aedo al vecchio Eroe rispose:

“Questo, di questo. Un nicchio vile, un lungo 45

tortile nicchio, aspro di fuori, azzurro

di dentro, e puro, non, Eroe, più grande

del nostro orecchio; e tutto ha dentro il mare, con le burrasche e le ritrose calme,

coi venti acuti e il ciangottìo dell’acque.

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Una conchiglia, breve, perché l’oda

il breve orecchio, ma che il tutto v’oda;

tale è l’Aedo. Pure a te non piacque”.

Con un sorriso il vecchio Eroe rispose:

“Terpiade Femio, assai più grande è il mare!” Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 52

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Poemi conviviali – L’ultimo viaggio Q

XI

LA NAVE IN SECCO

E il vecchio Aedo e il vecchio Eroe movendo seguian la spiaggia del sonante mare,

molto pensando, e là, sul curvo lido,

piccola e nera, apparve lor la nave.

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Vedean la poppa, e n’era lunga l’ombra

sopra la sabbia; né molt’alto il sole.

E sopra lei bianchi tra mare e cielo

galleggiavano striduli gabbiani.

E vide l’occhio dell’Eroe che fresca

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era la pece: e vide che le pietre

giaceano in parte, ché placato il vento

già non faceva più brandir la nave;

e vide in giro dagli scalmi acuti

pender gli stroppi di bovino cuoio;

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e vide dal righino alto di poppa

sporger le pale di ben fatti remi.

Gli rise il cuore, poi che pronta al corso era la nave; e le moveva intorno,

come al carro di guerra agile auriga

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prima di addurre i due cavalli al giogo.