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La canzone del bucato ……………………………. 74
La veglia ……………………………………………… 76
Grano e vino ……………………………………….. 78
L’oliveta e l’orto ……………………………………. 80
La siepe ………………………………………………. 82
Accestisce …………………………………………….. 84
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 3
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Primi poemetti
– Prefazione Q
Prefazione
Maria, dolce sorella: c’è stato tempo che noi non eravamo qui? che io non vedevo, al levarmi, la Pania e il Monte Forato? che tu non udivi, la notte, il fruscìo
incessante del Rio dell’Orso? Il campaniletto di San Niccolò, bigio e scalcinato,
che mi apparisce tra i ciliegi rosseggianti de’ loro mazzetti di bacche, e i peri e i
meli; quel campaniletto, c’è stato un tempo in cui non lo sentivamo annunziare
la festa del domani? Din don… Din din don Din din don… Non fu quel
prete smunto e cereo, che viene su per la viottola col breviario in mano, non fu
esso il rettore che ci battezzò? non era Mère il buon contadino che ci rallegrava
fanciulli col suo parlare a scatti, coi suoi motti e proverbi curiosi? “Il cane fa ir la
coda, perché non ha cappello da cavarsi”: ecco una sua osservazione sottile a
proposito del nostro Gulì. E quel fringuello che canta così da vicino il suo francesco mio e il suo barbazipìo, non è stato sempre così vicino? Non li abbiamo sentiti
sempre quei più minuti e più confusi e più teneri chiacchiericci dei cardellini?
Quelle verlette (sono venute da poco a portare il caldo), quelle canipaiole (vennero quando c’era da seminar la canapa; vennero a dirlo ai contadini), che
sembrano ninnare i loro nidiaci con una fila di note sempre uguali; tonde, in
gorgia, le prime, limpide e veloci e tristi come un lamento di piccolo, le altre;
non le abbiamo sempre avute nella nostra campagna? E non abbiamo sempre
udito cantar gli sgriccioli, che hanno tanta voce e sono così piccini? gli sgriccioli
che… Parlano romagnolo? Dicono magnè, magnè, magnè!… E quei balestrucci
che strisciano intorno per l’aria coi loro scoppiettìi rapidi e sonori, non li abbiamo
sempre avuti nella nostra casa? C’erano anzi, negli anni passati, anche le rondini, quelle che hanno il pettino rugginoso, non bianco, e la lunga coda biforcuta,
e il canto più soave e più parlato; ma ebbero che dire con queste loro rissose
sorelle del pettino bianco; e se ne sono andate. Ce n’è qualche nido sotto il tetto
della chiesa, in un luogo molto ombroso e solitario. Sentono cantare i vespri e le
litanie da
una parte; dall’altra frusciare il Rio dell’Orso. Vivono in gran ritiro,
come pensose ancora, nel loro appartato sfaccendare, d’una sventura domestica e
comune, toccata là, nelle isole lontane. O rondinelle dal petto rosso, o rondinelle
dal petto bianco, se poteste andar d’accordo! Le une e le altre io vorrei torno
torno sotto le mie grondaie, e vorrei avere tutto il dì, mentre sto curvo sui libri,
negli occhi intenti ad altro, la vertigine d’ombra del vostro volo! Mi fate tanto
buona compagnia già voi, bianche. Io non so che cosa succede stamane. Ho
sorpreso una viva conversazione familiare dentro un nido. C’erano pigolìi e stril-li. Qualcuno alzava la voce. E ne siete uscite in tre o quattro. Che si è deliberato
nella capannetta sospesa, che forse è la residenza del capo-tribu? forse l’impianto
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 5
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Primi poemetti
– Prefazione Q
di nuove case? Fate pure. E buona caccia! Le mosche abbondano quest’anno,
come sempre. A proposito: si chiede a che servono le mosche. Chiaro, che a nutrir
le rondini. E le rondini? Chiaro, che a insegnare agli uomini (perciò si mettono
sopra le loro finestre) tante cose: l’amore della famiglia e del nidietto. La prima
capanna che uomo costruì, di terra seccata al sole, alla sua donna, gli insegnò
una coppia di rondini a costruirla. Ciò fu al tempo dei nomadi. Le rondini
viaggiatrici insegnarono all’uomo di fermarsi. E gli dettero il modellino della
casa. Solo, l’uomo lo capovolse.
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