Eh, pietà, sì... Ma so che la pietà, a dare e a ricevere, è così difficile. Per parecchi anni, ritornato a Napoli, non trovai da far nulla; feci vita da scapigliato con giovani artisti, finché durarono gli ultimi resti di quella piccola eredità. Devo al caso, com'ho detto, e all'amicizia d'un mio antico compagno di studii il posto che occupo. Lo tengo - diciamolo, sì - con onore, e del mio lavoro sono ben remunerato. Oh, mi stimano tutti qua, un ottimo operatore: vigile, preciso e d'una perfetta impassibilità. Se debbo esser grato al Polacco, anche Polacco dev'esser grato a me della benemerenza che s'è acquistata presso il commendator Borgalli, direttore generale e consigliere delegato della Kosmograph, per l'acquisto che la Casa ha fatto d'un operatore come me. Il signor Gubbio non è addetto propriamente a nessuna delle quattro compagnie del reparto artistico, ma è chiamato or qua or là da tutte, per la confezione dei films di più lungo metraggio e più difficili. Il signor Gubbio lavora molto di più degli altri cinque operatori della Casa; ma per ogni film ben riuscito ha un ricco dono e frequenti gratificazioni. Dovrei esser lieto e soddisfatto. Rimpiango invece il tempo della magrezza e delle follie a Napoli tra i giovani artisti. Appena ritornato da Liegi, rividi Giorgio Mirelli, già colà da due anni. Aveva di recente esposto in una mostra d'arte due strani quadri, che avevano suscitato nella critica e nel pubblico lunghe e violente discussioni. Conservava l'ingenuità e il fervore dei sedici anni; non aveva occhi per vedere la trascuratezza del suo vestire, i suoi capelli arruffati, i primi peli radi che gli s'arricciavano lunghi sul mento e su le gote magre, come a un malato: e malato era d'una divina malattia; in preda a un'ansia continua, che non gli faceva né scorgere né toccare quella che per gli altri era la realtà della vita; sempre sul punto di lanciarsi con impeto a qualche richiamo misterioso, lontano, che lui solo intendeva. Gli domandai de' suoi. Mi disse che nonno Carlo era morto da poco. Lo guardai maravigliato del modo con cui mi dava quella notizia; pareva non avesse provato alcuna pena di quella morte. Ma, richiamato da quel mio sguardo al suo dolore, disse: - Povero nonno... - con tanto rimpianto e con un tal sorriso, che subito mi ricredetti e compresi ch'egli, nel tumulto di tanta vita che gli ferveva dentro, non aveva né modo né tempo di pensare a' suoi dolori. E nonna Rosa? Nonna Rosa stava bene... sì, benino... come poteva, povera vecchietta, dopo quella morte. Due spighe di rizòmolo, adesso, da riempir di gelsomini, ogni mattina, una per il morto recente, l'altra per il morto lontano. E Duccella, Duccella? Ah come risero gli occhi del fratello alla mia domanda! - Vermiglia! vermiglia! E mi disse che già da un anno era fidanzata al baronello Aldo Nuti. Le nozze si sarebbero dovute celebrare tra poco; erano state rimandate per la morte di nonno Carlo. Ma non si mostrò lieto di quelle nozze; mi disse anzi che Aldo Nuti non gli pareva un compagno adatto per Duccella; e, agitando in aria le dita delle due mani, uscì in quell'esclamazione di nausea, che soleva usare quand'io m'affannavo a fargli capire le regole e le partizioni della seconda declinazione greca: - Complicato! complicato! complicato! Non era più possibile tenerlo fermo, dopo questa esclamazione. E come scappava allora dal tavolino da studio, mi scappò davanti quella volta. Lo perdetti di vista per più d'un anno. Seppi da' suoi compagni d'arte, che se n'era andato a Capri, a dipingere. Trovò lì Varia Nestoroff.

III

Conosco bene adesso questa donna, o almeno quanto è possibile conoscerla, e mi spiego tante cose rimaste lungo tempo per me incomprensibili.