E quest'uomo gli dà certo, ora, il coraggio di riaccostarsi a lei. Forse spera che quest'uomo, con la solidità del suo corpo gli nasconderà quello spettro, gl'impedirà di scorgerlo, impegnandoli in una lotta tangibile, in una lotta, cioè non contro uno spettro, ma di corpo a corpo. E fors'anche fingerà di credere che verrà a impegnarsi in questa lotta per lui, a vendetta di lui. Perché certo la Nestoroff, ponendosi quest'altro uomo accanto, ha mostrato d'essersi dimenticata del "povero morto". Non è vero. La Nestoroff non l'ha dimenticato. Me l'han detto chiaramente i suoi occhi, il modo com'ella mi guarda da due giorni, cioè da quando Carlo Ferro, per informazioni avute, le deve aver fatto conoscere che fui amico di Giorgio Mirelli. Sdegno, anzi sprezzo, evidentissima avversione: ecco quello che noto da due giorni negli occhi della Nestoroff, appena per qualche attimo si posano su me. E ne son lieto. Perché sono certo ormai, che quanto ho immaginato e supposto di lei, studiandola, è giusto e risponde alla realtà, come se ella medesima, in una sincera effusione di tutti i suoi più segreti sentimenti, m'avesse aperto la sua anima offesa e tormentata. Da due giorni ostenta innanzi a me devota e sommessa affezione per il Ferro: si stringe a lui, pende da lui, pur lasciando intendere a chi ben la osservi, ch'ella come tutti gli altri, più di tutti gli altri, sa e vede l'angustia mentale, la rozzezza delle maniere, insomma la bestialità di quest'uomo. La sa e la vede. Ma gli altri - intelligenti e garbati - lo disprezzano e lo sfuggono? Ebbene, ella lo pregia e s'attacca a lui appunto per questo; appunto perché egli non è né intelligente, né garbato. Miglior prova di questa non potrei avere. Eppure oltre questo fierissimo sdegno, qualcos'altro deve agitarsi in questo momento nel cuore di lei! Certo, ella medita qualche cosa. Certo, Carlo Ferro per lei non è altro che un aspro, amarissimo rimedio, a cui, stringendo i denti, facendo un'enorme violenza a se stessa s'è sottoposta per curare in sé un male disperato. E ora, più che mai, si tiene stretta a questo rimedio, balenandole la minaccia, con la venuta del Nuti, di ricadere nel suo male. Non perché, io credo, Aldo Nuti abbia su lei un tal potere. Subito, come un fantoccio, allora, ella lo prese, lo spezzò, lo buttò via. Ma la venuta di lui ora non ha certo altro scopo che di toglierla, strapparla al suo rimedio, riponendole davanti lo spettro di Giorgio Mirelli, in cui ella forse vede il suo male: lo smanioso tormento del suo spirito strano, del quale nessuno tra gli uomini a cui s'è accostata, ha saputo e voluto prendersi cura. Ella non vuole più il suo male; ne vuole a ogni costo guarire. Sa che, se Carlo Ferro la stringe tra le braccia, può temere d'esserne spezzata. E questo timore le piace. - Ma che ti vale - vorrei gridarle - che ti vale che Aldo Nuti non venga a riportelo davanti, il tuo male, se tu lo hai ancora in te, soffocato a forza e non vinto? Tu non vuoi vedere la tua anima: è possibile? T'insegue, t'insegue sempre, t'insegue come una pazza! Per sfuggirle, t'aggrappi, ti ripari tra le braccia d'un uomo, che sai senz'anima e capace d'ucciderti, se la tua, per caso, oggi o domani, s'impadronirà novamente di te, per ridarti l'antico tormento! Ah, meglio essere uccisa? meglio essere uccisa, che ricadere in questo tormento, di risentirsi un'anima dentro, un'anima che soffre e non sa di che? Ebbene, questa mattina, mentre giravo la macchinetta, ho avuto tutt'a un tratto il terribile sospetto ch'ella - rappresentando, al solito, come una forsennata, la sua parte - volesse uccidersi: sì, sì, proprio uccidersi, davanti a me. Non so com'io abbia fatto a conservare la mia impassibilità; a dire a me stesso: - Tu sei una mano, gira! Ella ti guarda, ti guarda fiso, non guarda che te, per farti intendere qualche cosa; ma tu non sai nulla, tu non devi intender nulla; gira! S'è cominciato a iscenare il film della tigre, che sarà lunghissimo e a cui prenderanno parte tutt'e quattro le compagnie. Non mi curerò minimamente di cercare il bandolo di quest'arruffata matassa di volgari, stupidissime scene. So che la Nestoroff non vi prenderà parte, non avendo ottenuto che le fosse assegnata quella della protagonista. Solo questa mattina, per una particolare concessione al Bertini, ha posato per una breve scena di "colore", in una particina secondaria, ma non facile, di giovane indiana, selvaggia e fanatica che s'uccide eseguendo "la danza dei pugnali". Segnato il campo nello sterrato, Bertini ha disposto in semicerchio una ventina di comparse, camuffate da selvaggi indiani. S'è fatta avanti la Nestoroff quasi tutta nuda, con una sola fascia sui fianchi a righe gialle verdi rosse turchine.
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