E non è estranea a quest’avvenimento la tragica malinconia del più avvincente racconto fantastico di Gautier, La morte amoureuse, appassionata vicenda di eros e morte. Da un’altra relazione, con Eugénie Fort, entro la fine dell’anno nasce il primo figlio di Gautier, Théophile, che sarà un fine traduttore dei racconti fantastici di Achim von Arnim e di Hoffmann.

Anche per far fronte agli impegni della sua nuova situazione familiare, Gautier moltiplica le collaborazioni a giornali e riviste; da questo momento sarà la sua schiavitù principale, alla quale dovrà sottrarre spazio per scrivere liberamente opere ‘inutili’. Il breve romanzo L’Eldorado, pubblicato nel 1837 su «Le Figaro», e in volume nel 1838 con il titolo di Fortunio, porta i segni della reazione a una condizione frustrante: è un prezioso inno «alla bellezza, alla ricchezza, alla felicità»; Fortunio-Gautier costruisce «attraverso il prisma del desiderio» un universo di pura bellezza, tra cortigiane meravigliose e opere d’arte eternamente belle, al quale abbandonarsi con languida voluttà: un cristallo immerso in un silenzio fondo.



«La Comédie de la mort»

I versi della Comédie de la mort, pubblicati nel 1838 ma ai quali Gautier lavora fin dal 1833, presentano l’altro aspetto della questione: l’ossessione della morte e della caducità della bellezza; in questi versi si rivelano – sono parole di Baudelaire – «la vertigine e l’orrore del nulla», il senso della profonda inutilità di tutto. Come nei versi della poesia preferita da Baudelaire, Ténèbres (Tenebre): «Tacete, cuore mio! tacete, anima mia! / [...] / il nulla vi chiama e l’oblio vi reclama». Allo stesso anno appartengono il racconto La pipe d’opium (La pipa d’oppio), sulle allucinazioni provocate dall’hascisc (è un’esperienza personale di Gautier), e il racconto ‘archeologico’ Une nuit de Cléopâtre (Una notte di Cleopatra), il primo di una serie di testi ambientati nell’antichità classica, ancora una storia di eros e di morte. Nel successivo racconto La Toison d’or (Il vello d’oro), pubblicato nel 1839, l’estetismo di Gautier raggiunge un risultato di grande rilevanza per lo sviluppo ulteriore della sua poetica: l’opera d’arte (in questo caso una Maddalena di Rubens di cui Tiburce-Gautier si innamora perdutamente) afferma definitivamente il suo primato sulla bellezza fisica, illusoria e corruttibile. È un punto di arrivo dell’estetismo di Gautier, che orienterà tutta la sua produzione successiva.



«Le pied de momie»

Nel 1840, un nuovo racconto fantastico che sfrutta il nuovo registro dell’esotismo archeologico, Le pied de momie (Il piede di mummia): è l’inizio di un vero e proprio ‘fantastico da biblioteca’ che avrà un grande seguito nella poetica di Gautier. Nello stesso anno, un entusiasmante viaggio in Spagna porta Gautier a scoprire nelle sale dei musei i grandi laboratori di un immaginario inesauribile: passionalità, presenza della morte, ‘colore locale’, ispirano a Gautier le avvincenti pagine di Tra los montes (in volume nel 1843, dopo la pubblicazione in forma di articoli su «La Presse») e i versi piuttosto convenzionali di España , raccolta che sarà pubblicata nel 1845 all’interno di un’edizione di Poésies complètes; l’ultimo testo della raccolta, Adieu à la poésie (Addio alla poesia), è la testimonianza malinconica di una crisi di creatività che comincia a ossessionare Gautier. In effetti, nonostante gli incontri sublimi con Goya, Zurbarán o Rubens, il peso della vita quotidiana comincia a produrre i suoi effetti: feuilletonniste , poligrafo, Gautier sente sempre più minacciata la fonte della propria genialità; «La mia poesia è morta», scrive nel 1842; e all’amico Nerval, vittima di analoghe circostanze aggravate dal male oscuro che lo porterà al suicidio, nel 1843 scrive: «Mio vecchio complice, bisogna cambiare vita. [...] Ora sono diventato vaudevilliste [...] ma guarda come ci si può ridurre per bisogno di soldi [...]».

La crisi di Gautier è reale: per più di dieci anni il poeta non comporrà versi, e il poligrafo continuerà a disperdere il proprio ingegno. All’interno di questa condizione sfavorevole, l’itinerario creativo di Gautier procede faticosamente. Nuovi amori imprimono direzioni nuove alla sua multiforme attività. Nel 1840, conquistato dall’arte di Carlotta Grisi, scrive per la ballerina italiana il libretto di Giselle, balletto che incontra un notevole successo; è il primo di una serie di libretti ai quali Gautier si dedicherà con fantasia e impegno. Scrive anche per il teatro (nel 1839, un ‘mistero’ mai rappresentato, Une larme du Diable (Una lacrima del Diavolo), gustosissima tenzone galante tra Dio e Satana, ed è in teatro che nel 1844 nasce l’importante relazione di Gautier con la sorella di Carlotta Grisi, Ernesta, cantante bellissima e di successo; ne nasceranno due figlie, Judith, futura moglie del poeta parnassiano Catulle Mendès, e Estella che sposerà Emile de Bergerat, biografo di Gautier.

In ogni caso, nonostante frustrazioni e perplessità, nel 1844 Gautier è ormai profondamente inserito nell’ambiente letterario parigino. I giornali ricercano la sua collaborazione, e gli affidano incarichi di grande prestigio che lo portano in Algeria, in Inghilterra, in Spagna... Il suo ruolo di giornalista e critico affermato gli permette di mettere ordine nella sua produzione precedente: raccoglie gli studi critici dei Grotesques (I grotteschi, 1844), prepara un’edizione di Poésies complètes (Poesie complete, 1845) e una di Nouvelles (Novelle, 1845). Tra le opere nuove del periodo, il racconto Le Roi Candaule (Il re Candaule, 1844), rivisitazione preziosa di un mito classico, incontra l’ammirazione di Victor Hugo e di Baudelaire; in uno sfolgorante bagliore di pietre preziose e di bellezza pura, Gautier crea un nuovo Eldorado, uno spazio magicamente eterno, incorruttibile. Di poco successivo è il racconto Le club des hachichins (Il club dei mangiatori di hascisc, 1846), che riprende e approfondisce il tema del precedente La pipe d’opium; l’azione dell’hascisc sulla percezione viene seguita nel suo intero processo, dalla digregazione allucinatoria del reale alla felicità del kief, al ritorno nel quotidiano. Tecniche di fuga, ma il reale finisce per riaffermare sempre il suo dominio sul fantastico.



La rivoluzione del 1848

La rivoluzione del febbraio 1848 contro il mediocre regime dei bottegai e dei droghieri sembra riaprire anche per Gautier delle speranze di ordine sociale. Victor Hugo fonda «L’Evénement» per rilanciare i contenuti libertari di un romanticismo d’opposizione; Arsène Houssaye, direttore del Théâtre français nel 1849, fa rappresentare opere fino a questo momento considerate sacrileghe. Gautier, fedele alla propria giovinezza romantica, partecipa di questo clima di possibile rinnovamento della società francese. Sui feuilletons della «Presse» si schiera a fianco della rivoluzione, e si dichiara repubblicano; ma non senza precisare la propria posizione, in un articolo del marzo 1848: «Che la nostra rivoluzione sia originale; che inventi i suoi costumi, i suoi canti, la sua terminologia, i suoi emblemi, le sue insegne [...]», e gli artisti «scrivano, cantino, dipingano e scolpiscano opere nuove per un mondo nuovo [...]. L’arte esiste per se stessa e moralizza con la sua sola bellezza». Gautier intende partecipare non più con un appassionato gilet rosso ma con la qualità delle proprie concezioni estetiche. Questioni di stile anche per la nuova società. Ma soprattutto questioni di proprietà. Già entro la fine dell’anno Gautier considera condannata al fallimento ogni illusione di ordine sociale. In un articolo del mese di dicembre, una recensione a un vaudeville intitolato alla Proudhon La proprieté, c’est le vol (La proprietà è un furto), sviluppa un’amara riflessione sulla vanità delle ragioni che muovono gli uomini e la loro storia: «La proprietà è un’illusione [...] invano si accumula [...]. Tutto ciò che in questo mondo vale qualcosa è gratuito: il genio, la bellezza e l’amore non si comprano [...] nessuno ha niente, ecco la verità [...]»; riflessioni esistenziali che soprattutto testimoniano la presa di distanza di Gautier, ormai definitiva, dai clamori e dalle tortuosità del ‘progresso’. Altri motivi di amarezza in questo confuso 1848: la morte della madre, e le difficoltà economiche che Gautier deve affrontare a causa della rivoluzione, dalla crisi della «Presse» alla perdita dei diritti d’autore dei balletti.

Da questo periodo difficile e contraddittorio emergono, nel gennaio del 1849, i nuovi versi di Affinités secrètes.