L’espressione “to play fast-and-loose” aveva il senso di “essere incostante, facile a scivolare”.

(98) La stessa immagine si ritroverà in ”Molto trambusto per nulla“, laddove (V, 1, 90) Antonio dice di Claudio che questi ha il coraggio di battersi con lui, come lui di afferrare un serpente per la lingua (… as I dare take a serpent by the tongue”).

(99)Chafed“, ossia “raging”, “become to rage”: si adotta questa lezione (Alexander) in luogo delle altre due: ”crazed”, “impazzito” e ”cased”, “dalla ricca pelliccia” che si ritrovano in altri testi.

(100) Cioè: della fede giurata a Giovanni, scomunicato, fai un nemico della fede cristiana.

(101) Intendi: il modo migliore per porre rimedio ad un nostro proposito, se deviato, è deviare dalla devianza.

(102) “… giurando fede ad Inghilterra” non è nel testo, che ha semplicemente: ”But thou has sworn agains religion“, “Ma tu hai giurato contro la religione”.

(103) Ragionamento contorto in una sintassi contorta. Testo: ”Against an oath the truth thou are unsure / To swear… swears only not to be forlorn!”, che letteralmente suonerebbe: “Contro un giuramento (precedente) la lealtà che tu non sei sicuro di giurare… giura solo a patto di non esser tenuta per spergiura!” Senso: “Se hai giurato lealtà a Giovanni, sapendo che un precedente giuramento te lo vietava, hai giurato solo a condizione che, venendo meno al secondo giuramento, non fossi spergiuro (davanti a Dio, per aver tradito il primo)”. Ma tutta questa tirata del Cardinal Pandolfo è una specie di arzigogolo - come bene osserva nella sua traduzione il Sabbadini (“I Classici Garzanti”, 1993) - che riecheggia la dottrina gesuitica dell‘“equivoco”, in discussione all’epoca tra il pubblico elisabettiano (ci gioca sopra ancora Shakespeare con il personaggio del Portiere nella terza scena del II atto di ”Macbeth“ quando esclama, sentendo bussare alla porta: “Parola mia, è un equivocante (“an equivocator“) / di quelli che ti giurano su un piatto / della bilancia contro l’altro piatto / e viceversa; che commetton frodi / a non finire per l’amor di Dio…”.

(104) Il senso di questa battuta del Bastardo, che in italiano riesce sibillina e inopportuna, è così spiegato dal Sabbadini (op. cit.): il Bastardo gioca sulla parola ”rue“ pronunciata prima da re Giovanni a Filippo (“Thou shall rue this hour within this hour”); ” rue“ verbo è “dolersi”, “pentirsi”, ed in tal senso l’ha usata Giovanni; ”rue” sostantivo è l’erba “ruta”; il Bastardo associa questo termine a ”thime”, “timo”, che si pronuncia come “time“, “tempo”; e, rifacendosi a una serie di luoghi proverbiali in cui i due termini sono accoppiati (“Rue and thime grow both in the same garden“), accoppia a sua volta “tempo” e “dolersi” e dice che se sarà il tempo a decidere (l’ora annunciata poc’anzi da Giovanni), il dolersi di Filippo starà al tempo come la ruta al timo. Sembra, in realtà, inverosimile - e prodigioso, se vero - che il pubblico di Shakespeare, per eletto che fosse, potesse cogliere a volo tutte queste sottili implicazioni, al solo fugace pronunciar la battuta da parte dell’attore.

(105)“Cousin, go draw our puissance together”: ”cousin”, “cugino” è anche termine generico per “parente”, quindi anche “nipote”. Il Bastardo è infatti nipote di Giovanni, perché figlio naturale del fratello Riccardo.

(106) Filippo, si capisce, è lui stesso, che si chiamava così alla nascita.

(107) Alcuni curatori hanno creduto di identificare questo personaggio con il Primo Cittadino che ha colloquiato coi due re dalle mura di Angers nel II atto: congettura che, oltre a non aver riscontro storico, è smentita dal fatto che Angers, a questo punto del dramma non è stata ancora conquistata; Giovanni sta vincendo lo scontro coi francesi, il Bastardo ha ucciso il Duca d’Austria ed Arturo è stato catturato, ma l’impresa non è compiuta (lo dice più sotto lo stesso Bastardo): come avrebbe fatto questo cittadino di Angers ad entrare subito in tanta fiducia col re da indurre questi a consegnargli in custodia un prigioniero così prezioso come Arturo, e poi di farne, tornati a Southamptom, il suo sicario per uccidere il ragazzo?

(108)“… the bags of hoarding abbots“, “… i sacchi (d’oro) degli abati accumulatori”. Si ricordi il dantesco “… e papi e cardinali / in che usa avarizia il suo soverchio”, Inf., VII, 47-48).

(109) Le monete d’oro che vi sono contenute. Per ”angels“, v. sopra la nota 71.

(110) Sono gli strumenti che venivano usati dagli esorcizzatori per scacciare il diavolo da chi si credeva ne fosse impossessato. Shakespeare ne fa qui, per bocca del Bastardo, la dissacrazione; il Bastardo è lo strumento di Re Giovanni nella sua azione politica di revindica delle prerogative della corona contro l’ingerenza del potere ecclesiastico negli affari dello Stato: è - secondo la critica storica - il prodromo storico della riforma anglicana realizzata dal padre di Elisabetta, Enrico VIII.

(111)“… but I will fit it with some better tune”: cioè con diverso accento ed in altro più propizio momento. Per altri “tune” in espressioni idiomatiche come questa cfr. in ”Molto trambusto per nulla“, III, 4, 42: ”I am out of all other tune“; e in ”Macbeth”, I, 3, 88: ”To the self tune and words”.

(112) “… in despite of broad-eyed watchful day“: si adotta la lezione ”broad-eyed“ dell’”Oxford Shakespeare“ in luogo di quella del testo seguito dell’Alexander che ha: “broaded watchful day“, “… a dispetto della luce del giorno che ci vigila come se ci covasse”.

(113) “… though that my death were adjunt to my act”: letteralm.: “… se pur la mia morte fosse associata al mio atto”.

(114) “… this gap of breath“: “la bocca con cui sto parlando (“this”)”.

(115) “… and buss thee as thy wife“: la morte (“death”) in inglese è maschile (e talvolta neutro) (Cfr. in Milton, ”Paradiso perduto“, XI, 40: ”Over the triumphant Death his dart“, “… e il fatal dardo / Morte sovr’essi trionfando scuote” (Traduz. Lazaro Papi).

(116)Thou art not holy to belie me so!”, letteralm.: “tu non sei santo a calunniarmi così”. ”Holy” sta qui nel suo significato di ”person specially commissionaed by God“ (“Oxford Int: Dict.”, alla voce).

(117)How I may be deliver’d of these woes“: prosegue la metafora prima introdotta con l’immagine della morte come suo sposo, da carezzare con lussuria (“… and buss thee as thy wife“): l’abbraccio con quello sposo la farà partorire e sgravare di tutti gli affanni.

(118) “… or madly think a babe of clouts were he”: il Lodovici traduce, più poeticamente: “… e crederei di poterlo accarezzare in un fantoccio di stracci”.

(119) Risponde all’invito che le ha rivolto prima Re Filippo (“Venite via con me”).

(120) Costanza è una delle figure femminili tratteggiate a più forti tinte da Shakespeare. Il suo dolore di vedova e di madre è dei più esasperati e più pieni di dispetto; la sua figura si muove per tutto il dramma come un’ombra nel panorama della contesa fra due nazioni, l’inglese e la francese, “i suoi lamenti e le sue invettive le conferiscono una dimensione profetica” (G. Melchiori, ”Shakespeare”,1994, pag. 134).

(121)“… as a twice told tale“: altra reminiscenza biblica: ”We spent our years as a tale that was told“, ”Salmo CX“; il paragone è ripetuto quasi letteralmente più sotto, IV, 2, 18.

(122) La vergogna per la sconfitta subita ad opera di re Giovanni.

(123) “… and (all shall) kiss the lips“: cioè accoglieranno come si accoglie un amante.

(124) Per la storia (le ”Cronache” dell’Holished, che sono la fonte principale delle ”histories” di Shakespeare) gli eventi qui rappresentati dovrebbero svolgersi nella prigione di Rouen, dove Arturo fu racchiuso. L’ubicazione a Northampton è quella comunemente ipotizzata dai vari curatori nel tempo, e non ci siamo sentiti di modificarla.

(125)When I strike my foot upon the bosom of the ground, rush forth…”: “quando batterò il piede sul petto della terra, precipitatevi fuori…”: la terra (“il bel suolo inglese”, come amano chiamarlo i personaggi delle ”histories“ shakespeariane) personificata.

(126)Which lies dead”: qui ”dead“ sta per ”asleep”; nell’antico inglese i due termini erano in certo modo intercambiabili: qui Uberto non può dire - come intendono molti - “la mia pietà giace morta”, se ha paura che si svegli; così come in ”Otello”, Desdemona che dice a Emilia che le domanda come sta dopo la scenata di Otello, “Faith half asleep“, (IV, 2, 101) non può rispondere - come anche intendono molti - “Mezzo addormentata”, ma “Mezzo morta”.

(127)“His words do take possession of my bosom…”: “Le sue parole s’impossessano del mio cuore”.

(128) “Vi ricordate” non è nel testo.

(129)What good love may I perform for you“: L’uso di ”to do good love“ (“fare atto di gentilezza”) nel senso di “far piacere” è frequente in Shakespeare.

(130)Ah, none in this iron age would do it!”: ”iron age“ va inteso qui nel doppio senso: cosmologico, di “età del ferro” riferito alle quattro classiche età del mondo (oro, argento, bronzo, ferro); e metaforico di “età feroce”, riferito ai mezzi di tortura che di questo metallo erano fatti. L’espressione, che suona senza dubbio retoricamente artificiosa in bocca ad un ragazzo, è visibilmente un espediente dialettico del drammaturgo per preparare lo spettatore al momento drammatico della scena, che è il pentimento di Uberto e il “rientrato” accecamento del giovane Arturo.

(131) L’immagine del fuoco personificato, che si copre di cenere in segno di dolore o di pentimento si ritrova, meglio esplicitata dal poeta, in ”Riccardo II“ (V, 1, 49 e segg.). “… giacché perfino gli inerti tizzoni / ai tristi accenti delle tue parole / avranno un empito di compassione / e spegneran col pianto la lor brace; / e qualcuno si coprirà di cenere / qual altro ancora di nero carbone / come segno di lutto e di cordoglio…”.

(132)O, now you like Ubert! All this while you were disguis’d“: letteralm: “Oh, ora rassomigliate a Uberto! In tutto questo tempo siete stato travestito”.

(133) Questa seconda incoronazione di Giovanni Senzaterra, da lui stesso voluta, apre, con il dialogo di questa scena, una finestra sulla situazione politica interna del regno, che giustifica il ”troublesome reign“ del titolo. Giovanni Senzaterra - anche se Shakespeare non ne fa menzione in questo dramma - è storicamente il sovrano che ha dovuto dare ai baroni inglesi la ”Magna Carta”, cioè il documento delle guarentigie concesse dal re ai baroni, considerato il principio della legge costituzionale d’Inghilterra. Che cosa questa sia costata, in termini di conflitto di interessi, di ribollire di giochi di potere e d’intrecci politici è solo qui sfiorato da lontano, con il frequente accenno alle rivolte di popolo e di nobili e alle grandi aspettative di mutamenti del sistema feudale verso uno Stato migliore.

(134)the beauteous eye of heaven“: il sole.

(135) La “verità” di cui parla Salisbury, sulla quale la doppia incoronazione di Giovanni può gettare il sospetto è la stessa legittimità del suo titolo di re, che, per essere stato usurpato, mostrerebbe agli occhi del popolo di aver bisogno di nuovi paludamenti per legittimarsi.

(136)“… and more, more strong than lesser is my fear“: passo variamente inteso: “… e altre ve ne aggiungerò, via via che s’attenua il mio timore ” (Pisanti); “… altri e molti più validi ve ne farò noti, appena siano cessate le mie presenti preoccupazioni”. Noi crediamo che Shakespeare abbia voluto far dire a Giovanni, per giustificarsi della inutile incoronazione di cui lo accusano i suoi baroni. “Voi dite che le mie paure sono esagerate; io penso di no, e vi dico i motivi che le giustificano”.

(137) Qui Shakespeare raggiunge veramente il limite della bolsa retorica, in voga in certi circoli del tempo, e sulla quale egli stesso ironizzerà più tardi. Varrà comunque di citare, nel merito storico, a proposito del sostengo dato da una parte della nobiltà inglese al prigioniero Arturo, quanto osserva Lily B. Campbell nel suo ”Shakespeare’s Tragic Heroes”, London, l930, pag. 157). “È Arturo prigioniero che ci viene presentato, perché è Maria (di Scozia) che ricevette il sostegno della nobiltà inglese, quella nobiltà cattolica che sotto Elisabetta suscitò la ribellione del Nord e quella lotta degli anni seguenti durante i quali il Duca di Norfolk fu condannato a morte per i suoi sforzi in favore di Maria”.

(138)“… either here and hence“: “… o qui o altrove”; espressione idiomatica per “in terra o in cielo”. (Cfr.