Le forze mentali, in lui, non sono nella loro piena integrità come quelle del sentimento; e non si gusterebbero appieno le sue battute nelle scene della bufera, se non lo si pensasse anche lui un po’ “toccato” di cervello.
(97) “Thou must not stay behind”: cioè: “Il re ha bisogno di te”; altri: “Se resti qui, resti senza difesa, alla mercé di chi vuole assassinare il re”.
(98) Questo monologo di Edgardo, inusitatamente in distici rimati, salvo gli ultimi due versi, di contenuto moralistico ma di nessun valore poetico né drammatico, è ritenuto interpolato, ed infatti non figura nell’in-folio.
(99) Le figure di queste due donne sono state ritenute, a ragione, il simbolo, oltre che di una mostruosa, innaturale ingratitudine filiale, quello di una brutale ferocia femminile di fronte ai cui bassi e crudeli istinti impallidisce la stessa crudeltà che appare già così tremenda nel cuore di Lady Macbeth e nello stesso cuore selvaggio della Tamora del “Tito Andronico”; quasi a meglio far risaltare la figura regale, dolce e affettuosa della loro sorella Cordelia, la più ideale immagine di donna di tutto il mondo shakespeariano.
(100) “our sister”: Gonerilla, la cognata, che deve tornare dal marito a mostrargli la lettera; “sister” e “brother” stanno sempre, in Shakespeare, per “cognata” e “cognato”.
(101) Il testo ha: “Some five or six-and thirty”: “Un trentacinque-trentasei”.
(102) “… met him at gate”: “gate” è la porta di città, ma di quale città si tratti, non si sa. Sembra poco verosimile trattarsi della città di Gloucester, che si trova troppo lontano la Londra (150 km. circa) perché il Duca di Cornovaglia e sua moglie Gonerilla l’abbiano potuta raggiungere cavalcando una sola notte.
(103) Ha già ordinato prima la stessa cosa, con le stesse parole, ad altri servi. Una svista del copione?
(104) Nelle regole della cavalleria era il massimo oltraggio che si potesse fare a un cavaliere il tirargli la barba.
(105) “And false”: v. sopra la nota 77.
(106) “I am tied to the stake, and I must stand the course”: “to be at stake” si diceva dell’orso che, nel crudele gioco del “bear-baiting” era legato ad un palo, e doveva subire là l’attacco dei cani che gli erano lanciati addosso per eccitarlo (nello stesso senso cfr. “Giulio Cesare”, IV, 1, 48: “… for we
are at the stake”).
(107)“… in his anointed flesh”: il re era unto (“anointed”) del Signore, quindi le sue carni erano sacre.
(108) “All cruels else subscribed”: frase variamente interpretata. Il lessico shakespeariano dell’Alexander la dice corrispondente a “Write off all other cruelties”. “Cancella (di fronte a questa) tutte le altre crudeltà”, il cui senso dev’essere: “In una notte come questa, il non aprire la porta anche ai lupi, sarebbe crudeltà così grande che cancella tutte le altre”. Gloucester non poteva dare una definizione più feroce della crudeltà di Regana.
(109) V. sopra la nota 104.
(110) “Quello là” è chiaramente il Duca di Cornovaglia, ferito dal servo, e “quella”, più sotto, è Regana.
(111) Si allude qui verosimilmente a Edgardo, alla cui finta pazzia possono solo adattarsi l’aggettivo di “furba” e l’idea del vagabondaggio; ma come fanno i servi del Duca a conoscerlo? Quando l’hanno visto?
(112) “My father poorly-led”: “Mio padre poveramente guidato”; è la lezione del 2° in-quarto e dell’in-folio; il 1° in- quarto ha invece “parti-eyed”, che vedo adottata dall’Oxford
Shakespeare e suona “con gli occhi variopinti (come il vestito di un buffone)”: l’impressione che danno le occhiaie vuote e ancora sanguinanti di Gloucester.
(113) Senso: l’uomo non si rassegnerebbe alla vecchiaia, e quindi alla morte, se non gli venisse in odio il mondo, che con i suoi continui cambiamenti egli non riconosce più come suo.
(114) “Flipperlibet, of mopping and mowing, who since possesses chambermaids and waiting-women”: allusione alla civetteria delle donne di servizio che, in assenza della padrona, come possedute da un apposito diavolo, si agghindano con le loro robe e si pavoneggiano davanti allo specchio. “Mowing”, nota il Chiarini (cit.) citando il “Dizionario” dell’Huloet, è voce onomatopeica “perché non si può pronunciare “mowe” senza fare una smorfia con la bocca”.
(115) “Than shall you go no further”, letteralm.: “Allora non dovete andar più oltre” (s’intende, nel convincerlo a fare apprestamenti di guerra: Edmondo è latore al Duca d’Albania del messaggio del Duca di Cornovaglia in questo senso).
(116) “… a mistress’ command”: cioè il comando di uccidere il marito, il Duca d’Albania.
(117) I testi hanno qui un generico “Giving a favour”, “Dandogli un pegno”; ma l’invito di Gonerilla a chinare il capo (“Decline your head”) dopo avergli detto “Wear this”, “Porta indosso questo” lascia intendere che si tratti di qualcosa che si mette intorno il collo, una catenina o un nastro con amuleto.
(118) Osvaldo, che ha assistito, muto testimonio compiaciuto, alla scena d’amore tra la fedifraga sua padrona e il bastardo Edmondo, legittima pienamente tutti gli epiteti con i quali l’ha investito Kent nella scena seconda del II atto, tra i quali:
“Carogne sorridenti come lui,
………………………………
“solleticano tutte le passioni
“nell’animo dei loro protettori…”.
(119) “I have been worth the whistling”: l’immagine è tratta dal cane che, se è buono, è degno del fischio del padrone. Gonerilla rinfaccia al marito di trattarla peggio d’un cane, per non esserle andato incontro per la strada al suo ritorno dal castello di Gloucester.
(120) “… and come to deadly use”: l’uso che si può fare di un ramo morto è quello d’esser bruciato e ridotto in cenere.
(121) Su questa giustificazione che Cordelia dà della spedizione francese in Inghilterra, che potrebbe sembrare gratuita e fuori luogo, specie se data ad un medico, vale forse riferire quanto annota il Melchiori (cit.): “Cordelia si preoccupa di sottolineare che l’intervento francese in Inghilterra non ha fini politici ma unicamente umanitari: il pubblico elisabettiano era particolarmente sensibile alla questione delle interferenze straniere, e soprattutto di paesi cattolici, negli affari interni dell’Inghilterra, e si direbbe che Shakespeare intenda evitare l’alienazione delle simpatie dello spettatore dalle figure di Cordelia e di Lear; è forse per questo che all’inizio della scena precedente è stato annunciato che il re di Francia è rientrato in patria per occuparsi degli affari interni di quel paese”.
(122) Questi improvvisi, rapidi passaggi da “voi” al “tu” sono, nello stile shakespeariano, il segno della concitazione del personaggio.
(123) Edgardo, come indica la didascalia di scena, è ora travestito non più da Tom di Bedlam, ma da contadino, con gli abiti regalatigli dal vecchio fittavolo di Gloucester sulla strada di Dover, e per far credere al padre d’essere un altro da Tom, deve cambiare il tono della voce e il modo di parlare; del che il cieco Gloucester si accorge.
(124) “… gathers sampire”: il finocchio marino, o erba di San Pietro, è vegetazione tipica della scogliera di Dover; la gente lo raccoglie sospesa ad una corda, a picco sul mare (così lo Smith, “History of Waterford”, citato da Cino Chiarini (cit.)).
(125) “… for all beneath the moon”: cioè per tutti i tesori del mondo.
(126) Il costrutto “E però temo che…” che traduce il testo “And yet I know not how conceit…” è tratto di peso dalla traduzione del Melchiori, ogni altra resa essendo sembrata a questo traduttore artificiosa e incomprensibile in italiano. Edgardo ha visto il padre tentare di gettarsi nel vuoto, saltare altrove a causa della cecità, e cadere a terra; e si domanda se non sia morto lo stesso, al solo immaginare di morire.
(127) “What are you, sir?”: da questo momento Edgardo deve fingere di essere un’altra persona dal contadino che Gloucester ha fatto andar via; farà finta di essere uno che si trovava ai piedi della scogliera dalla quale Gloucester crede d’essersi gettato. Perciò domanda: “Chi siete?”.
(128) “… thou happy father”: Edgardo lo chiama “padre” (“father”) non già per scoprirsi, ma in segno di rispetto: la parola si usava in questo senso, quando ci si rivolgeva a un vecchio.
(129) “The safer sense will never accomodate his master thus”: letteralm.: “La mente che fosse più sana non acconcerebbe mai in tal guisa il suo padrone”, ossia il cranio che la contiene.
(130) “They flattered me like a dog”: intendi “as a dog does”, “come fa un cane”: è una delle frasi che vedo quasi ovunque tradotta: “Mi adulavano come un cane”, che non significa niente: i cani non si adulano. Anzi – ha detto il Matto alla quarta scena del I atto – “va cacciato a pedate” e “chiuso in canile” (come la Verità).
([131])“‘Ay’ and ‘no’ too was no good divinity”: “divinity” ha quasi sempre in Shakespeare il significato di “teologia” (così in “Otello”, II, 3, 341: “Divinity of hell: when devils will the blachest
sins put on…”:
“Teologia d’inferno: quando il diavolo
“ti vuol far fare i più neri peccati…”
e così in “Tanto trambusto per nulla”, IV, 1, 170: “Trust not my age, / My reverence, calling, nor
divinity…”
“…………… e non fate fiducia
“ai miei anni, al mio sacro ministero,
“alla mia teologia…”
(132) Qui l’inglese ha un quibble infernale che può solo essere spiegato, non tradotto. Lear dice: “I tuoi occhi sono dentro un’occhiaia cava” (“in a heavy case”), frase che, per il doppio significato di “case”(“contenitore” e “caso”) può voler dire “dentro un contenitore pesante” e anche, fuori di metafora, “in un caso grave”; mentre la tua borsa è un (contenitore/caso) leggero (“Your purse is a
light”). Si è risolto alla meglio il bisticcio con “incavati” (gli occhi) e “cavati” (i denari dalla borsa).
(133) “… handy-dandy”: è il gioco dei ragazzi che consiste nel chiudere qualche piccolo oggetto in una mano e poi, nascondendo le mani dietro la schiena, scambiarlo dall’una all’altra e, presentando i due pugni chiusi, lasciar indovinare dove si trova.
(134) “Thou, rascal beadle”: “beadle” era l’incaricato della parrocchia responsabile di tener l’ordine in chiesa, punire i piccoli trasgressori, vietare l’ingresso in chiesa ai noti peccatori.
(135) “This a good block”: “block” ha tra gli altri significati anche quello di “forma di legno per fare le cupole dei cappelli” , ma qui ha il significato di “cappello” (come in “Tanto trambusto per nulla”, I, 1, 63: “It ever changes with the next block”:
“Cambia la fedeltà con le persone
“come cambia la foggia del cappello”.)
I cappelli erano di feltro; e il feltro suggerisce alla mente delirante di Lear di voler foderare con quel tessuto gli zoccoli dei cavalli. Lo Stevens immagina che Lear, nel dire queste parole a Gloucester (“Voglio farti la predica”), prenda in mano il cappello, come solevano fare i predicatori salutando l’uditorio.
(136) V. sopra la nota 128.
(137) Shakespeare a Edgardo che si finge contadino mette qui in bocca il dialetto del Somersetshire: sillabe finali tronche, uso di v per f, di z per s, contrazioni “I will” in “’chill”, “I should” in “’choud”, e “I shall” in “I’ce”. Il Chiarini e il Dettori lo rendono in dialetto fiorentino; il Lodovici nel ligure-apuano della Val di Magra; il Melchiori in un ibrido ciociaro-romanesco. Questo traduttore ha preferito un tocco di veneto. S’immagini il lettore il dialetto che vuole, così come gli attori nel recitarlo ci mettono ciascuno il loro.
(138) “Thee I’ll rake up, the post unsanctified of morderous leachers”: passo controverso; c’è chi legge: “Ti seppellirò, profano messaggero di fornicatori assassini”, intendendo cioè, tutta la frase dopo la virgola come un’apposizione di “thee” e “post” non come “posto” ma come “messaggero”; che è interpretazione suggestiva e forse più calzante, che avremmo adottata anche noi, anche perché il “lascivo assassino” (“murderous leacher”) non è lui, Osvaldo, ma la sua padrona; se non fosse però che è difficile riferire a una persona (messaggero, “post”) il participio passato “unsanctified” che si diceva proprio e solo della terra “sconsacrata”.
(139) Si capisce che Cordelia, nel dir questo, indica la rada capigliatura bianca del padre.
(140) “My point and period will be throughly wrought, / Or well or ill as this day’s battle’s fought”: altro distico finale in rima il cui traslato è quello della vita paragonata a una frase, scritta o parlata (“period”) che può essere scritta bene o male, ma il cui punto fermo (“point”) è la morte.
(141) “Ripeness is all”: è il concetto della maturazione cui giunge l’uomo attraverso l’esperienza di vita; ma è anche, in chiave religiosa, il concetto cristiano di esser preparati alla morte: così in “Amleto”, V, 2, 168: “The readiness is all”: “Tutt’è tenersi pronti” (alla morte).
(142) “The walls are thine”: è la formula della resa a discrezione dopo un assedio.
(143) “In wisdom I should ask thy name”: non s’è potuto tradurre letteralmente “Dovrei domandarti il tuo nome” perché Edgardo ha già risposto all’araldo che gli ha posto la stessa domanda, dicendo di averlo perduto, il nome.
(144) “… the laws are mine, not thine”: cioè delle leggi dispongo io, sono io a far la legge, qui, non tu; sono io la titolare della sovrana potestà… ma ogni altra resa, al di fuori della letteraria, avrebbe corrotto la realtà lirica della secca risposta di Gonerilla.
(145) La “ruota”, s’intende, della Fortuna, raffigurata nell’iconografia tradizionale come una donna con cornucopia in mano, e una ruota che fa girare a suo talento.
(146) È, mutatis mutandis, lo stesso concetto dell’attaccamento dell’uomo alla vita espresso da Amleto nel suo famoso monologo: “To be or not to be that is the question…” nella prima scena del III atto.
(147) I cani randagi abbaiano ai mendicanti cenciosi.
(148) “… and shall perchance do good”: Edmondo è a terra morente, e il “bene” che Edmondo sente che possa fargli la storia delle traversie di coloro che sono in fondo suo padre e suo fratello, è una morte serena. “Edmondo – annota Giuseppe Tomasi di Lampedusa (“Shakespeare”, Mondadori, Milano, 1955, pag. 72) – muore addirittura bene; dicendo una di quelle frasi che Shakespeare andava a trovare in cielo quando ci si metteva sul serio: “Yet Edmund was beloved”. Pare che Shakespeare si sia finalmente accorto che due cose possono sempre salvarci: la morte e la forza d’animo”.
(149) Si noti l’accorgimento del drammaturgo esperto, che non fa morire le due perverse figlie di Lear sulla scena, ma ne fa annunciare la morte da un estraneo al dramma; perché l’onore, la commozione e la pietà della morte sulla scena dovranno essere tutti per Cordelia, la figlia buona.
(150) “Is this the promised end?”: è la frase che mette al “Re Lear” il sigillo di tragedia cosmica, che – nota sempre il Tomasi di Lampedusa (op. cit.) – “passa su chi la legge (non su chi l’ascolta), come il galoppo dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse”. Il servizievole Kent, si trova in poco tempo ad assistere alla disfatta in battaglia delle forze francesi, alla morte di Gloucester, alla morte violenta delle due figlie di Lear, a quella di Edmondo e a quella di Cordelia, con Lear impazzito: gli crolla tutto intorno, e non può che chiedersi se questa sia la fine del mondo profetizzata dalle Scritture.
(151) Questa invettiva di Lear all’indirizzo di Edgardo e Kent può riuscire incomprensibile; essa richiede, per essere compresa e giustificata, tutto un processo mentale: il contr’ordine di Edmondo al suo sicario, il capitano del castello è giunto troppo tardi: questi stava già impiccando Cordelia, ma Lear lo uccide, strappa dal capestro la figlia che dà ancor segni di vita e la reca in braccio che respira; in questo momento Lear è distratto per un momento da Kent, che gli si getta ai piedi, mentra Edgardo gli rivela la vera identità di costui (“È il nobile Kent, amico vostro”), che peraltro Lear non riconosce, se subito dopo gli domanda “Chi siete voi?”; ma Lear ha l’illusione che in quell’istante prezioso egli avrebbe potuto far qualcosa per tenere in vita Cordelia. Perciò se la prende con i due, chiamandoli “assassini” e “traditori”.
(152) Si capisce – anche se questo Caio non sia stato mai nominato prima – che si tratta del nome assunto da Kent nelle sue mentite spoglie di servo di Lear. Quando s’accorge che Lear non lo riconosce come Kent, questi cerca almeno di forsi riconoscere come Caio; ma la mente ormai svanita di Lear non riconosce più nessuno.
(153) Il testo ha: “And my poor fool is hanged!”, che letteralm. è: “E il mio povero matto è impiccato”. Così lo vedo tradotto da alcuni (Melchiori) che ritengono verosimilmente che Lear si riferisca effettivamente al suo Matto, cioè allo stesso ragazzo-attore che interpretava le parti del Matto e di Cordelia; che è congettura dotta e suggestiva, ma incomprensibile al lettore moderno. Si è perciò reso il “poor fool” siccome riferito direttamente a Cordelia: “poor fool” era al tempo di Shakespeare, come osserva giustamente il Malone (citato dal Rusconi, “Re Lear”, Soc.
1 comment