(64)“… the searching eye of heaven”, cioè il sole.

(65)… the lower world”, cioè le regioni dell’altro emisfero.

(66) L’Irlanda, in verità, non è certo agli antipodi dell’Inghilterra; ma Riccardo, che ravvisa se stesso nel sole, simbolo della regalità, vede il suo passaggio in Irlanda come il passaggio del sole all’altro emisfero, così come ha visto il suo ritorno in Inghilterra come il risorgere del sole da oriente.

(67)“Beadsmen”: si chiamavano le persone che a pagamento, o per obbligo di lascito testamentario, pregavano per l’anima di un’altra, normalmente del proprio benefattore.

(68)“Of double-fatal yew”: il tasso è “due volte infausto” perché è l’albero che nei cimiteri inglesi ha la presenza che nei nostri ha il cipresso, e perché del suo legno si facevano gli archi che recano morte.

(69) V. la nota 62.

(70) La fortezza fatta costruire a Flint da Edoardo I nel XIII sec., e dove Riccardo si arrenderà a Bolingbroke, trovando ivi stesso la morte (1399).

(71) Leggasi, per la metrica, “Car-lail”.

(72) Riccardo II, secondo la descrizione fattane da un cappellano francese contemporaneo, e riportata dal Dover - Wilson, era biondiccio di capelli e di carnagione bianco - rosata.

(73) Il testo ha “purple testament”, “testamento purpureo” (il colore del sangue).

(74)“But ere the crown he looks for live in peace/ Ten thousand bloody crowns of mother’s sons…”: è il solito gioco di doppi sensi, frequente in Shakespeare, sul duplice significato di “crown” che vale “corona” (serto regale) ma anche “zucca”, “cranio”.

(75)“My sceptre for a palmer’s walking staff”: “palmer” (da “palm”, “palma”) era chiamato il pellegrino che tornava dai luoghi di Terrasanta e che, a ricordo delle visite a quei luoghi santi, riportava un ramo o solo una foglia di palma della Palestina. Il termine ha poi indicato “pellegrino” in generale.

(76)“Is full of rubs”: “rub” è termine del gioco del “bowling” che si giocava su un prato verde (“bowling green”) e indica tutto ciò che può impedire a una boccia, che scorra su un piano, di proseguire la corsa impressale dal giocatore, senza deviare. Per metafora, ogni ostacolo fisico.

(77)“My fortune runs against the bias”: nello stesso senso, cfr. ”Amleto“, II, 1, 65, “With windlasses and with assays of bias”.

(78)“Measure”, nel senso di “misura (del tempo)”, è ogni passo di danza.

(79)“Sas-walled”, “al quale il mare fa da vallo protettore”.

(80)“Rue even for ruth here shortly shall be seen/ In the remembrance of a weeping queen”: gioco di assonanze fra “rue”, “ruta” e ”ruth”, “compassione”, “pietà”.

(81)“My fair stairs”: “le mie benigne stelle”, le stelle sotto il cui influsso io son nato nobile: dunque la nobiltà della mia nascita”.

(82) V. la nota 4.

(83) Si capisce che quell’uno è Bolingbroke.

(84) Le funzioni del sole nello scoprire, illuminandoli nei suoi raggi, i luoghi oscuri dove, con favore della tenebra notturna, si nasconde il crimine, è esaltata da Riccardo nella scena seconda dell’atto terzo. Fitzwater giura sul sole, quasi a invocarlo di scoprire a tutti il nascondiglio che, nel buio della coscienza di Aumerle, questi cela il suo delitto.

(85) Cioè di continuo, nelle 24 ore, da un’alba all’altra.

(86) Aumerle chiede ai presenti di prestargli un cappuccio perché il suo lo ha già gettato a terra per sfidare Bagot.

(87) Su questo v. la nota 4.

(88) Che cosa butti a terra qui Aumerle, non si sa. O qualcuno dei presenti gli ha dato in prestito il proprio cappuccio, come da lui richiesto, o Aumerle s’è ripreso da terra il suo, gettatovi per la sfida a Bagot, visto che a questi Bolingbroke aveva impedito di raccoglierlo.

(89) L’annuncio di York è fatto, naturalmente, per il pubblico, perché Bolingbroke conosce già la decisione di Riccardo: egli ha già condotto Riccardo a Londra (con la loro partenza per Londra si chiude la scena 3ª dell’atto precedente), l’ha accusato davanti alla camera dei comuni, e ha fatto votare da questa una mozione unanime che ne chiede la deposizione; Riccardo, in seguito a ciò, e temendo per la vita, s’è lasciato strappare una dichiarazione - quella appunto recata ora dal Duca di York - con la quale, riconoscendosi indegno di portare la corona, indica al suffragio della nazione il suo “buon cugino” Enrico di Lancaster.

(90) È la predizione della guerra delle due rose. Questo intervento del vescovo Carlisle, che qui Shakespeare introduce ad accentuare la drammaticità della scena della rinuncia di Riccardo a favore di colui che sarà Enrico IV, è così narrata dagli storici L. Galibert e C. Pellé (op. cit., I, pagg. 381-382): ” In mezzo a tante bassezze e spergiuri, solo il venerabile Vescovo di Carlisle mostrò un cuore nobile e pieno di coraggio: alzossi per rammentare i diritti imprescrittibili del suo signore, l’illegittimità di tutti gli atti del parlamento… ma appena ebbe pronunciato il suo discorso fu preso e mandato in prigione nell’abbazia di Sant’Albano.”

(91) Cioè la richiesta del parlamento a Bolingbroke di accettare la successione di Riccardo.

(92)“Ay, no; no, ay; for I must nothing be;/Therefore no, no, for I resign to thee”: proposizione involuta come il pensiero del personaggio che la pronuncia, e il cui senso può esser questo: “Il mio sì e il mio no non valgono più nulla; perciò ti dico no, ma nel dirtelo ti cedo la corona, che è sì”.

(93)“No, not that name was given me at the font”: allusione, secondo alcuni, alla voce che correva a quel tempo (senza peraltro alcun riscontro storico) secondo cui Riccardo non fosse figlio di Edoardo “Il Principe Nero”, ma fosse un bastardo e il nome impostogli al battesimo non fosse Riccardo, ma Giovanni (“John”).

(94)“Let it command a mirror hither straight…”: letteralm.: “Consenti ad essa (alla parola/moneta) di ordinare che sia portato qui subito un specchio”.

(95)“Silent king”: forse un presentimento in Riccardo del suo prossimo imprigionamento (nelle prigioni inglesi vigeva il cosiddetto “Silent system” che imponeva ai reclusi il silenzio assoluto; o forse un riferimento al silenzio che - come dirà più sotto - caratterizza la vera essenza del dolore.

(96) Discorso piuttosto contorto, anche nel testo. Intendi: “Così come lo specchio non è che l’ombra dell’oggetto che riflette, non la realtà di esso, l’ombra della tua faccia addolorata era anch’essa un dolore - ombra, dolore solo apparente e non reale.

(97) S’è cercato di mantenere, in qualche modo, il gioco dei doppi sensi. Bolingbroke dice: “Covey him to te Tower”, “accompagnatelo” alla Torre; ma “convey” ha anche il significato di “rubare”, e “conveyers” sono detti i ladri che operano con la massima destrezza, “sulla punta delle dita”.

(98) Un riferimento a Giulio Cesare come leggendario iniziatore della Torre di Londra durante la spedizione in Britannia (55-54 a. C.) si trova anche nel “Riccardo III”, II, 1, 84-86.

(99) Questa battuta della regina è indicata dall’Arden (op. cit.) con la didascalia “Tra sé”, anzi “A se stessa”; che appare verosimile, sembrando un po’ forzato che la regina possa pronunciare questa frase rivolta alle sue dame.

(100) Il castello di Pomfret (o Pontefraet), nella Contea di York, lo stesso dove nel ”Riccardo III“, saranno chiuse, per essere giustiziate, le vittime di questo re: i Lords Rivers, Grey, Vaughan e Hastings.

(101) Isabella, figlia di Carlo VII, re di Francia, sposata da Riccardo II in secondo nozze nel 1396, dopo la morte della prima moglie Anna di Boemia, all’epoca del matrimonio, celebrato in Francia presso Calais, non aveva che otto anni; essa pertanto, alla deposizione di Riccardo (1399) ne ha solo undici. Ma al poeta la verità storica non è ostacolo a immaginare questa scena d’amore, che, evidentemente, presuppone una più matura regina.

(102)“… since wedding it, there is such lenth in grief”: prosegue la metafora del corteggiamento introdotta dal precedente “in wooing sorrow”.

(103) Prima di esser fatto Duca di Aumerle da Riccardo, il figlio del Duca di York era soltanto Conte di Rutland, che è titolo nobiliare inferiore.

(104) Che cosa sia questo oggetto che il padre ha indicato prima come ”That seal that hangs without thy bosom”, “quel sigillo che pende al di fuori del tuo petto” non si capisce bene: forse un cartiglio arrotolato e sigillato con ceralacca. Il lettore immagini quello che vuole.

(105) Il personaggio di cui si parla, che non ha parte nel dramma, ma che sarà il protagonista dell’“Enrico V” e avrà anche una parte cospicua nell’“Enrico IV”, è il Principe di Galles, primogenito di Enrico Bolingbroke. Di lui così si legge nella citata “Storia d’Inghilterra” di L. Galibert e C. Pellé (I, pag. 305): “Questo giovane principe, nato con temperamento focoso, condannato all’inattività politica, davasi a tutti gli eccessi della dissolutezza, sì che vedevasi, accompagnato da giovani libertini, correr le vie e le strade maestre, attaccare i contadini, derubarli e divertirsi del loro spavento e delle loro doglianze; se veniva arrestato un suo compagno di piaceri, non arrossiva di andarlo a reclamare e a difendere pubblicamente”. Uno di questi “compagni di piaceri” sarà Sir John Falstaff.

(106)“Shall I, for love, speak treason to thy face?”: “to speak treason” è espressione idiomatica che significa “esprimersi in modo irriverente verso un’autorità civile, religiosa, verso una istituzione, ecc.”

(107)“The Beggar and the King”, era il titolo di una ballata popolare che narra la leggenda del re Cofetua il quale sposa la figlia di un mendicante.

(108) L’espressione francese “pardonnez-moi” è usata spesso come un “no” di cortesia (“Perdonate, ma non posso”). La regina è francese.

(109) Il testo ha: “Dost thou teach pardon to destroy?”, letteralm.: “insegni tu al perdono come distruggere il perdono”, che è espressione abbastanza incomprensibile anche in inglese. Ho preso di peso, per il senso, l’endecasillabo suggeritomi dal Lodovici.

(110) Il cognato di Bolingbroke, che questi dice ironicamente “fido”, è il Conte di Kent, marito della sorella Isabella; l’Abate è l’Abate di Westminster: entrambi membri della congiura contro Bolingbroke, insieme con i conti di Rutland e di Hudginton, e Lord Spencer.

(111) È l’esortazione evangelica di Gesù: “Lasciate che i pargoli vengano a me”.

(112) È quasi inutile notare che al tempo di Riccardo II (fine sec. XIV) non esistevano orologi che battessero ore e minuti; ciò nulla toglie alla suggestione poetica di questo suo monologo.

(113) È una delle molte battute basate sui doppi sensi delle parole, che Shakespeare introduce abilmente all’improvviso per rompere e alleggerire la tensione drammatica della vicenda. Qui il gioco sta in quel “reale” della battuta dello stalliere (“Hail, royal Prince!) e nel “nobile” della risposta di Riccardo (“Thanks noble peer”): “reale” e “nobile” erano due monete d’argento di scarso valore; la prima, corrente in Spagna (“real de la plata”) valeva poco più dell’altro, corrente in Inghilterra (di circa l0 pence). Riccardo vuol dire che lui, “reale” è valutato dieci soldi di troppo, sentendosi pari allo stalliere.

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