Riccardo III Read Online
RE EDOARDO IV | |
EDOARDO, principe di Galles, poi Re Edoardo V | figli del re |
RICCARDO, duca di York | |
GIORGIO, duca di Clarenza | fratelli del re |
RICCARDO, duca di Gloucester, poi Re Rccardo III | |
EDOARDO, conte di Warwick, figlio minore del Duca di Clarenza | |
ENRICO, conte di Richmond, poi Re Enrico VII | |
IL CARDINALE BOURCHIER, arcivescovo di Canterbury | |
THOMAS ROTHERHAM, arcivescovo di York | |
IL DUCA DI BUCKINGHAM | |
IL DUCA DI NORFOLK | |
IL CONTE DI SURREY, suo figlio | |
IL CONTE DI RIVERS | (Antonio Woodville) fratello della regina Elisabetta, moglie di Re Edoardo |
IL MARCHESE DI DORSET | |
LORD GREY | figli della regina Elisbetta (dal primo marito) |
IL CONTE DI OXFORD | |
LORD HASTINGS, Lord Ciambellano | |
LORD STANLEY, conte di Derby, suo amico | |
SIR JAMES BLOUNT | seguaci del Conte di Richmond |
SIR WALTER HERBERT | |
LORD LOVEL | |
SIR WILLIAM BRANDON | |
SIR THOMAS VAUGHAN | |
SIR WILLIAM CATESBY | |
SIR JAMES TYRREL | |
SIR ROBERT BRAKENBURY, luogotenente della Torre | |
UN PRETE (Christopher Urwick) | |
IL LORD MAYOR DI LONDRA | |
LO SCERIFFO DEL WILTSHIRE | |
HASTINGS, messo di giustizia | |
TRESSEL | gentiluomini al seguito di Lady Anna |
BERKELEY | |
UN PAGGIO | |
ELISABETTA, regina moglie di Re Edoardo | |
MARGHERITA, vedova di Re Enrico VI | |
LA DUCHESSA DI YORK, | madre di Re Edoardo IV, del Duca di Clarenza e del Duca di Gloucester |
LADY ANNA NEVILL, | vedova di Edoardo, principe di Galles, figlio di Enrico VI, poi sposata al Duca di Gloucester |
MARGHERITA, contessa di Salisbury, giovane figlia di Clarenza | |
GLI SPETTRI delle vittime di Riccardo III | |
Lords - Gentiluomini - Cortigiani - Vescovi - Borghesi - Cittadini - Soldati - Alabardieri - Sicari - Messaggeri |
SCENA: in Inghilterra.
ATTO PRIMO
SCENA I - Una via di Londra(1)
Entra RICCARDO, duca di Gloucester
RICCARDO - | Ormai l’inverno del nostro travaglio s’è fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole di York;(2) e le nuvole che incombevano sulla nostra casa son sepolte nel fondo dell’oceano. Ora le nostre fronti si cingono di serti di vittoria; peste e ammaccate sono appese al muro le nostre armi, gloriose panoplie, e in giulivi convegni tramutate le massacranti marce militari. Deposto ha Marte l’arcigno cipiglio e spianata la corrugata fronte, e, non più in sella a bardati destrieri ad atterrir sgomente anime ostili, ora se’n va, agilmente saltellando per l’alcova di questa o quella dama alle lascive note d’un liuto. Ma io che son negato da natura a questi giochi, che non son tagliato per corteggiare un amoroso specchio, plasmato come son da rozzi stampi, e privo della minima attrattiva per far lo sdilinquito bellimbusto davanti all’ancheggiar d’una ninfetta; io, che in sì bella forma son tagliato, defraudato d’ogni armonia di tratti, monco, deforme, calato anzitempo(3) in mezzo a questo mondo che respira; io, che sono sbozzato per metà e una metà sì sgraziata e sbilenca che m’abbaiano i cani quando passo; io, dico, in questa nostra neghittosa e zufolante stagione di pace, altro svago non ho, altro trastullo da consentirmi di passare il tempo, fuor che sbirciare la mia ombra al sole e intonar col pensiero, in vari toni, variazioni sul mio stato deforme. Sicché, poiché natura m’ha negato di poter fare anch’io il bellimbusto di su e di giù, com’è frivola moda di questi tempi dal parlar fiorito, ho deciso di fare il delinquente, e di odiare gli oziosi passatempi di questa nostra età. |
Ho tramato complotti d’ogni genere, ho iniettato negli animi il veleno con profezie, calunnie, fantasie, per seminar mortale inimicizia tra mio fratello Clarenza ed il re; e se re Edoardo è uomo giusto e retto com’io son furbo, falso e traditore, proprio oggi Clarenza dovrebb’essere preso e imprigionato in virtù d’una certa profezia secondo cui gli eredi di Edoardo saranno assassinati da una “G”.(4) | |
Entrano il DUCA DI CLARENZA e BRAKENBURY | |
Ma adesso, miei pensieri, sprofondate nel fondo del mio cuore, perché Clarenza è qui… Buondì, fratello. Che significa questa scorta armata che ti cammina a fianco? | |
CLARENZA - | Per protezione della mia persona, sua maestà m’ha assegnato questo corso che mi meni alla Torre. |
RICCARDO - | E perché mai? |
CLARENZA - | Perché mi chiamo Giorgio. |
RICCARDO - | Ohibò, fratello! Di questo tu non hai nessuna colpa; per questo il re dovrebbe incarcerare i tuoi padrini. Forse sua maestà avrà in mente di farti battezzare una seconda volta nella Torre… Ma, sul serio, Clarenza, di che si tratta, lo posso sapere? |
CLARENZA - | Sì, sì, quand’io l’avrò saputo anch’io, Riccardo, perché ancora non lo so. Per quanto n’abbia potuto sapere, egli dà ascolto a sogni e profezie, e ha strappato la “G” dall’alfabeto perché un veggente, dice, gli ha predetto che per mano e ad opera di un “G” sarà diseredata la sua prole. E poiché “G” è la lettera iniziale del nome mio, ne segue, a suo giudizio, che quel “G” sarei io… Per questa ed altri simili sciocchezze senza alcun fondamento, come apprendo, sua altezza mi fa ora arrestare. |
RICCARDO - | Questo è quel che succede quando gli uomini si fanno governare dalle donne. Chi manda te alla Torre non è il re, ma Lady Grey sua moglie; è lei, Clarenza, che lo trascina a tal sorta di eccessi. E non è stata lei, con suo fratello, l’esimio ed onorato Antonio Woodville, a indurre il re a rinchiudere Lord Hastings alla Torre, da dove proprio oggi è uscito in libertà?… Noi non siamo al sicuro qui, Clarenza, noi non siamo al sicuro. |
CLARENZA - | Penso, perdio, che non lo sia nessuno al sicuro, all’infuori dei parenti della regina e dei porta-messaggi che nottetempo fan su e giù la spola fra lui e mistress Shore.(5) Non hai sentito che anche Lord Hastings s’è dovuto ridurre umile supplice presso di lei per esser liberato? |
RICCARDO - | Ed alla sua deità umilmente prono ha potuto ottenere la libertà anche il Lord Ciambellano. Credi a me, fratello, se vogliamo mantenerci i favori del re, non c’è altra via che metterci al servizio di costei e rivestirci della sua livrea. Lei e quell’invidiosa anziana vedova, dacché nostro fratello le ha innalzate a gentildonne, son le due comari più potenti di questa monarchia. |
BRAKENBURY - | Supplico di scusarmi, signorie, ma sua maestà ha severamente ingiunto che nessuno, qualunque sia il suo rango, parli in privato con vostro fratello. |
RICCARDO - | Oh, Bràkenbury, se vi fa piacere, potete udire quello che diciamo! Non parliamo di tradimenti, amico. Dicevamo che il re è uomo saggio e pieno di virtù, e la sua regina, nobile dama, pur se un po’ attempata, è sempre bella, e per nulla gelosa;(6) e dicevamo che madama Shore ha un bel piedino, un labbro di ciliegia, un occhio seducente, una parlata oltremodo piacevole all’orecchio; e che fratelli e zii della regina son diventati tutti gente nobile. Che ne dite signore? Potete voi negare tutto questo? |
BRAKENBURY - | Io con questo, signore, non ho proprio a che fare. |
RICCARDO - | Come, come! Male a che fare con madama Shore?(7) Sai che ti dico, amico? Che chiunque abbia a che fare con lei, eccetto solo uno, è meglio che lo faccia di nascosto. |
BRAKENBURY- | E chi sarebbe quell’uno, signore? |
RICCARDO - | Eh, suo marito, diamine, birbante! Non vorrai mica prendermi in castagna? |
BRAKENBURY - | Vostra grazia, vi prego di scusarmi e di voler troncare il suo colloquio con il nobile duca. |
CLARENZA - | Conosciamo la tua consegna, Brakenbury, e ad essa obbediremo. |
RICCARDO - | Noi non siamo che gli umili vassalli della regina, e dobbiamo obbedire. Addio, fratello. Andrò per te dal re, e farò tutto quel che posso fare - dovessi pur chiamar “sorella mia” la vedova di Edoardo -, per ottener la tua liberazione. Frattanto questa profonda lesione alla nostra comune fratellanza mi tocca al cuore più che non immagini. |
CLARENZA - | Lo so, molto piacere essa non fa a nessuno di noi due. |
RICCARDO - | Bene, vedrai che la tua prigionia non sarà lunga: ti libererò, o altrimenti prenderò il tuo posto.(8) Nel frattempo, tu devi aver pazienza. |
CLARENZA - | Dovrò averla per forza. Arrivederci. |
(Escono Clarenza e Brakenbury) | |
RICCARDO - | Va’, segui la tua strada dalla quale più non farai ritorno, ingenuo, candido fratello mio; ti voglio tanto bene, che ben presto farò volare al cielo la tua anima…. se pure il ciel vorrà accettare il dono dalle mie mani… Ma chi viene qui? Hastings appena uscito di prigione? |
Entra HASTINGS | |
HASTINGS - | Il buon giorno al grazioso mio signore! |
RICCARDO - | Altrettanto al mio buon Lord Ciambellano! Bentornato tra noi all’aria libera. E come ha sopportato la prigione vossignoria? |
HASTINGS - | Con pazienza, signore, come deve qualunque prigioniero. Ma spero, signor mio, di viver tanto da poter fare i miei ringraziamenti a quelli che m’han fatto carcerare. |
RICCARDO - | Senza dubbio, signore, senza dubbio; e lo stesso farà anche Clarenza, ché sono suoi nemici quelli stessi che sono stati i vostri, e han prevalso su lui come su voi. |
HASTINGS - | Più triste è che in gabbia siano l’aquile, mentre avvoltoi e falchi predano in libertà. |
RICCARDO - | Che nuove in giro? |
HASTINGS - | Nessuna sì cattiva quanto questa che abbiamo in casa: ed è che il re è malato indebolito e triste, e i suoi dottori temono assai per lui. |
RICCARDO - | Per San Giovanni, questa è davvero una notizia brutta! Ahimè, da troppo tempo ha seguito una vita sregolata che doveva finire fatalmente per logorar la sua regal persona.(9) È penoso pensarlo. Dov’è adesso? A letto? |
HASTINGS - | Sì, signore. |
RICCARDO - | Andate avanti voi. Vi seguirò. |
(Esce Hastings) | |
Non può vivere, spero, nel suo stato, ma non deve morire prima che Giorgio sia a spron battuto spedito in cielo. Adesso vado dentro a rattizzargli in cuore, con menzogne corazzate di solidi argomenti, il suo cieco livore per Clarenza; e se il segreto mio scopo non falla, Clarenza non ha più giorni da vivere… Dopo di che, si prenda pure Iddio il Re Edoardo nella Sua mercé, e lasci il mondo a me, perch’io possa giostrarmici a mio agio. Perché allora mi prenderò per moglie una figlia di Warwick, la più giovane… Sì, le ho scannato suocero e marito, ma che importa? Per fare di ciò ammenda a lei, la via migliore e più spedita è farmi io suo padre e suo marito. E lo farò: non tanto per amore quanto per altra mia segreta mira, che sposandomi a lei devo raggiungere. Ma non mettiamo il carro innanzi ai buoi.(10) Clarenza ancor respira; Edoardo è vivo e regna. Questi due una volta liquidati, potrò tirare il conto dei profitti. | |
(Esce) |
SCENA II - Londra, un’altra strada.
Scortata da alabardieri, entra la salma di Enrico VI con Lady ANNA in gramaglie;
con lei sono TRESSEL, BERKELEY e altri gentiluomini
ANNA - | Sostate un po’; posate pure a terra l’onorato fardello - se l’onore può essere ravvolto in un sudario -, ch’io possa qui, per qualche istante ancora, piangere e lamentar, secondo il rito, l’acerba fine del virtuoso Làncaster. Povera spoglia d’un re consacrato, fredda come una chiave, pallide ceneri di casa Làncaster, resti esangui di quel sangue reale, ch’io possa, Enrico, chiamare il tuo spirito ad ascoltare le lamentazioni della misera Anna, la consorte del tuo figliolo Edoardo,(11) trucidato da quella stessa mano ch’ha inferto a te tutte queste ferite. Ecco, nel vano di queste finestre che han lasciato fuggire la tua vita io verso il balsamo inefficace dei miei poveri occhi. Oh, maledetta la mano che ti aperse questi squarci! Maledetto quel cuore cui bastò il cuore di far tanto scempio! Maledetto quel sangue che ti fece versare tanto sangue! Sopra quell’esecrato malfattore che ci fa miseri con la tua morte scenda sorte più cruda che augurare io possa solo a ragni e rospi e vipere e quant’altre creature velenose vivono sulla terra. Se avrà un figlio, che gli nasca come un mostruoso aborto, prima del giusto tempo di natura e tale che col suo deforme aspetto atterrisca la speranzosa madre ed erediti la paterna infamia. E se avrà una moglie, questa sia ridotta per la sua morte ancora più infelice che non lo sia io per quella tua e quella del mio giovane marito. (Ai portatori del feretro) Avanti, ora, col vostro sacro peso, fino a Chertsey,(12) perché s’abbia colà la sua definitiva sepoltura. E se per via vi coglierà stanchezza nel portarlo, sostate pure ancora, ch’io possa alzar sul corpo di Re Enrico altre lamentazioni. |
Entra RICCARDO | |
RICCARDO - | Fermi là, voi che portate il cadavere, giù, riposatelo a terra! |
ANNA - | Qual mai nero stregone avrà evocato qui questo demonio ad interrompere devoti riti di cristiana pietà? |
RICCARDO - | Giù quel cadavere, furfanti, o, per San Paolo, un cadavere farò di chi rifiuta d’obbedirmi! |
UN ALABARDIERE - | (Sbarrandogli il passo con l’alabarda) Fate passar la bara, monsignore, state indietro. |
RICCARDO - | Sta’ fermo tu, piuttosto, cane screanzato, quando io te l’ordino! E leva via da me quest’alabarda, o, per San Paolo, ti stendo morto ai miei piedi, pezzente, e ti calpesto per tanta tua insolenza! |
ANNA - | (Agli alabardieri) E che! Tremate tutti di paura?. Ahimè, non posso certo biasimarvi; siete mortali, e l’occhio d’un mortale non sopporta la vista del demonio. (A Riccardo) Orribile ministro dell’inferno, vattene! Il tuo potere non va oltre il suo corpo: la sua anima tu non puoi averla. E dunque va’, allontànati da qui! |
RICCARDO - | Dolce santa, per carità di Dio, non esser sì cattiva. |
ANNA - | Immondo diavolo, per l’amore di Dio, vattene via! Non venire a turbar la nostra pace. Tu di questa felice nostra terra hai fatto il tuo inferno, l’hai riempita d’urla imprecanti e di basse bestemmie. Se ti piace ammirare i tuoi misfatti, guarda questo campione dei tuoi massacri. Guardate, signori, oh, guardate, guardate le ferite di Enrico morto: le lor fredde bocche spalancate riversano ancor sangue… (A Riccardo) Vergogna a te! Vergogna, ammasso di deforme luridume, perché è la tua presenza quella che fa versare questo sangue da vene vuote e fredde e inaridite; il tuo misfatto, innaturale ed empio provoca questa innaturale uscita di sangue. O Dio, Tu che questo sangue hai creato, vendica la sua morte! E tu, o terra, che di questo sangue t’abbeveri, fa’ anche tu vendetta della sua morte. Incenerisca il cielo col suo fulmine questo maledetto assassino, o la terra si faccia sotto i suoi piedi voragine e se lo inghiotta vivo, come inghiotte ora il sangue di questo buon sovrano trucidato dal suo braccio infernale. |
RICCARDO - | Madama, voi mostrate d’ignorare le regole di quella carità che rende bene per male, benedizioni per imprecazioni. |
ANNA - | Sei tu che ignori, infame, tutte le leggi di Dio e degli uomini. Non c’è bestia che sia tanto feroce da non conoscere almeno un briciolo di pietà. |
RICCARDO - | Ma io non la conosco, perciò non sono bestia. |
ANNA - | Oh, meraviglia, quando i diavoli sono veritieri! |
RICCARDO - | Ancor più meraviglia quando gli angeli sono così in collera. Oh, dégnati, divina perfezione di donna, di concedermi licenza che di questi supposti miei delitti, io con te, giust’appunto, mi scagioni. |
ANNA - | Degnati tu di dar licenza a me, tu, cancerosa pestilenza d’uomo, di urlarti sulla faccia, maledetto, questi ben conosciuti tuoi delitti. |
RICCARDO - | O bella più che lingua possa dire, accordami quel tanto di pazienza che mi dia agio di giustificarmi. |
ANNA - | O tristo, più che cuor possa pensare, altra discolpa non potrai trovare se non che nell’appenderti a un capestro. |
RICCARDO - | M’accuserei da me, con un tal gesto di disperazione. |
ANNA - | No, con quel gesto tu ti assolveresti, ché con esso faresti su di te degna vendetta degli atroci eccidii consumati da te uccidendo gli altri. |
RICCARDO - | Se dicessi che non li ho uccisi io? |
ANNA - | Sarebbe dire ch’essi da nessuno furono uccisi; eppure sono morti, e per tua mano, diabolico schiavo! |
RICCARDO - | Non ho ucciso io vostro marito.(13) |
ANNA - | Allora non è morto? |
RICCARDO - | È morto, sì, ma per mano di Edoardo. |
ANNA - | Immondo ipocrita! Tu menti per la gola. La regina ha visto il tuo micidiale pugnale ancor tutto fumante del suo sangue; e tu stavi in procinto di piantarlo già nel petto di lei, se i tuoi fratelli non te ne avessero sviato il colpo. |
RICCARDO - | Fui provocato, in quella circostanza, da quella sua calunniosa linguaccia che voleva addossar la loro colpa sulle mie spalle, del tutto incolpevoli. |
ANNA - | No, a provocarti fu la tua natura sanguinaria, che non sognò mai altro che sangue e stragi. Ed ora questo re non l’hai ucciso tu? |
RICCARDO - | Concedo, sì. |
ANNA - | Ah, lo concedi, brutto porcospino! Così voglia concedere a me Dio che ti sia data dannazione eterna per questa turpe azione. Oh, quanto mite e nobile e virtuoso egli era! |
RICCARDO - | Tanto meglio per il cielo che l’ha ora con sé. |
ANNA - | Sì, egli è in cielo, dove tu non sperar d’andare mai. |
RICCARDO - | Sia dunque grato a me che l’ho aiutato ad andare lassù se più a quel luogo egli era congeniale che alla terra. |
ANNA - | Sì, come congeniale ad altro luogo tu sei che l’inferno. |
RICCARDO - | Oh, un luogo diverso ci sarebbe, se posso dirlo… |
ANNA - | Sì, una prigione, o che altro? |
RICCARDO - | La tua stanza da letto. |
ANNA - | Non conosca riposo quella camera ove giaci. |
RICCARDO - | Così sarà, madama, finché io non mi giaccia insieme a te. |
ANNA - | Lo spero bene.(14) |
RICCARDO - | Io ne sono certo. Ma, lasciamo da parte, mia gentile, questa arguto duello di cervelli, e scendiamo a un parlare più concreto: chi è stato causa delle acerbe morti di questi due Plantageneti, Enrico ed Edoardo, non è altrettanto reo di chi ne è stato il pratico strumento? |
ANNA - | Tu sei stato la causa, e tu il loro maledetto effetto. |
RICCARDO - | No, questa tua bellezza, ed essa sola, è stata causa di quell’effetto; questa bellezza tua che m’ossessiona fin nel sonno, da spingermi a pensare di dar morte magari a tutto il mondo pur di vivere un’ora sul tuo seno. |
ANNA - | Se mi venisse mai un tal pensiero, io ti dico, assassino, che quest’unghie farebbero a brandelli la mia faccia per cancellarne via questa bellezza. |
RICCARDO - | S’io vi stessi vicino, questi occhi certo non sopporterebbero quella devastazione di beltà; non potresti offuscarla, me presente. Ché come il mondo s’allieta del sole, così di quella io; è la mia luce, è la mia stessa vita. |
ANNA - | La nera notte offuschi la tua luce, la morte la tua vita. |
RICCARDO - | Non imprecare contro te medesima, bella creatura: tu sei l’una e l’altra. |
ANNA - | Ah, vorrei esserlo, per vendicarmi! |
RICCARDO - | Vendicarsi di chi t’ama, è querela assai contro natura. |
ANNA - | È giusta e ragionevole querela per me cercar vendetta contro colui che ha ucciso mio marito. |
RICCARDO - | Chi ti privò del marito, signora, lo fece perché tu potessi averne uno migliore. |
ANNA - | Migliore di lui non ce n’è che respiri sulla terra. |
RICCARDO - | Vive e respira invece sulla terra chi t’ama meglio ch’egli non sapesse. |
ANNA - | Dimmi il nome. |
RICCARDO - | Plantageneto. |
ANNA - | Ebbene, era lui quello. |
RICCARDO - | Ha lo stesso nome, ma è uno di natura superiore. |
ANNA - | Dov’è costui? |
RICCARDO - | È qui davanti a te. |
(Anna gli sputa in faccia) | |
Perché mi sputi addosso? | |
ANNA - | Vorrei che fosse veleno mortale, per te. |
RICCARDO - | Mai scaturì mortal veleno da così dolce fonte. |
ANNA - | Mai veleno restò rappreso a più schifoso rospo. M’infetti gli occhi! Via dalla mia vista! |
RICCARDO - | Son gli occhi tuoi ad avere infettato questi miei, soavissima signora. |
ANNA - | Basilischi vorrei che essi fossero, per darti morte.(15) |
RICCARDO - | Oh, sì, e poter morire subito qui! Se no, a morte lenta m’uccidono i tuoi occhi, che dai miei han saputo spillare amare lacrime, ombrandone le luci con un diluvio di puerili gocce; questi occhi miei da cui non scese mai lacrima di rimorso, neppure quando mio padre ed Edoardo piansero a udire il pietoso lamento di Rutland, quando l’efferato Clifford gli vibrò la fatale pugnalata;(16) né quando quel guerriero di tuo padre ci raccontò piangendo e singhiozzando come un bambino la morte del mio, sì che le guance di tutti gli astanti eran come alberi stillanti pioggia. Perfino in quel momento di tristezza stragrande questi miei occhi virili sdegnaron di versar l’umile lacrima. Ma quello che non seppero strizzare dagli occhi miei quelle tristi vicende, lo doveva ora far la tua bellezza, che me li rende accecati di pianto. Pregato non ho mai nemico o amico, mai la mia lingua seppe pronunciare carezzevoli frasi di lusinga, ma ora che m’arride come premio la tua bellezza, l’altero mio cuore incita la mia lingua e suggerisse ad essa le parole. |
(Anna lo guarda con disprezzo) | |
Non insegnar, signora, alle tue labbra tanto disprezzo; non per disprezzare esse son nate, bensì per baciare. Se il tuo cuore ha tal sete di vendetta da non conoscere alcun perdono, ecco, ti do la mia spada affilata: affondala, se vuoi, in questo petto a te fedele, e fanne uscire l’anima che t’adora; io qui me lo denudo per il colpo mortale, ed umilmente inginocchiato a te a te chiedo la morte. | |
(S’inginocchia e si scopre il petto; ella afferra la spada che egli le offre, fa per colpirlo, ma si trattiene) | |
Non esitare: ho ucciso io Re Enrico, ma fu la tua bellezza a provocarmi. Colpisci, presto: sono stato io a pugnalare il tuo giovane Edoardo, ma fu il tuo volto d’angelo a istigarmi. | |
(Anna lascia cadere dalle mani la spada) | |
Raccogli quella spada, o rialza me. | |
ANNA - | Riàlzati, via, simulatore! Per quanto possa voler la tua morte, non voglio essere il tuo giustiziere. |
RICCARDO - | (Rialzandosi) Dimmi allora d’uccidermi da me e lo farò. |
ANNA - | Questo te l’ho già detto. |
RICCARDO - | Sì, ma è stato nell’impeto dell’ira. Ripetilo ora a freddo, e questa mano che per amor tuo ha ucciso l’amor tuo, ucciderà con quella stessa spada un amore di quello assai più vero; sarai così tu stessa la cagione dell’una e l’altra morte. |
ANNA - | Vorrei poter discernere quello che hai nel cuore… |
RICCARDO - | Il cuore mio è tutto quanto nelle mie parole. |
ANNA - | Temo siano bugiardi l’uno e l’altre. |
RICCARDO - | Mai allora ci fu uomo sincero. |
ANNA - | Ebbene, su, rinfodera la spada. |
RICCARDO - | Pace fatta? |
ANNA - | Questo lo saprai poi. |
RICCARDO - | Potrò almeno vivere sperando? |
ANNA - | Come vivono, spero, tutti al mondo. |
RICCARDO - | Degnati di portare quest’anello. |
ANNA - | (Lasciandosi infilare l’anello al dito) Prendere non è dare, sia ben chiaro. |
RICCARDO - | Guarda come il mio anello cinge bene il tuo dito; così stringe il tuo seno il mio povero cuore; portali entrambi con te, sono tuoi. E se il tuo povero e devoto servo può impetrar dalla tua graziosa mano ora una grazia, lo confermerai per sempre nella sua felicità. |
ANNA - | Quale grazia? |
RICCARDO - | Che tu voglia lasciare questa luttuosa funebre incombenza nelle mani di chi ha più d’ogni altro cagione di occuparsi delle esequie(17) e dirigerti invece a Crosby Place;(18) quando avrò dato degna sepoltura nell’abbazia di Chertsey(19) a questo nobile re e versato contrite lacrime sulla sua tomba, là verrò a renderti in tutta fretta il mio devoto omaggio. Ti supplico di farmi questa grazia per un insieme d’intime ragioni. |
ANNA - | Con tutto il cuore, e molto rallegrata di vederti sì vòlto a contrizione. Tressel e Berkley, venite con me. |
RICCARDO - | Il tuo saluto… |
ANNA - | È più di quanto meriti; ma poiché sei maestro di lusinga, immagina d’averlo ricevuto. |
(Esce con Tressel e Berkley) | |
RICCARDO - | Signori, su la bara ed in cammino. |
UN GENTILUOMO - | A Chestley, monsignore? |
RICCARDO - | Ai “Frati Bianchi”;(20) e là aspetterete il mio arrivo. |
(Escono, con il feretro, portatori e alabardieri) | |
Ci fu mai donna in quello stato d’animo circuita d’amore? Ci fu mai donna in quello stato d’animo conquistata?… L’avrò, ma non a lungo. Non ho quest’intenzione. Ma come! Io, l’assassino confesso del marito e del suocero, d’un tratto carpirle il cuore ancora colmo d’odio, con le sue labbra ancor maledicenti ed agli occhi le lacrime… e presente là il testimone ancora sanguinante del suo sdegno; e presenti ancora Dio, la sua coscienza e tutti i vari ostacoli che si frappongono fra lei e me! Ed io, senz’altro amico accanto a me a sostener la mia preghiera a lei se non il diavolo a viso scoperto e il mio ceffo beffardo, la convinco: il mondo intero contro un nulla! Puah!… Ha dunque ella già dimenticato quel valoroso principe d’Edoardo, suo signore, che in un accesso d’ira ho ucciso a Tewksbury, non son tre mesi? Un gentiluomo più che dolce e amabile, cui natura era stata molto prodiga, giovane, valoroso, saggio, intriso d’un tale tratto di regalità, che non ne vedrà un altro il vasto mondo. Ed ella abbassa su di me lo sguardo, su di me che di quel soave principe ho falciato l’aurata primavera, e l’ho ridotta vedova di lui in un letto di pianto? Su di me, il cui tutto non eguaglia la metà di Edoardo? Su di me, deforme e claudicante come sono? Il mio ducato contro pochi spiccioli(21) che io mi sono ingannato fino ad oggi sopra la mia figura, s’ella mi trova - al contrario di me - un uomo di straordinario fascino. M’accollerò, costi quello che costi, la spesa d’uno specchio, e ingaggerò due dozzine di sarti che studino le fogge di vestiti più adatti ad abbellirmi la persona. Poiché sono strisciato fino al punto di venire gradito anche a me stesso, voglio tenermi su a qualunque prezzo. | |
Prima però sistemerò a dovere nella sua tomba quel brav’uomo là; poi torno dal mio amore a versare sospiri sul suo seno. E tu splendi, bel sole, finché mi sia comperato uno specchio, ch’io possa rimirare, camminando, la mia ombra riflessa sul terreno. (Esce) |
SCENA III - Londra, sala nel palazzo reale.
Entrano la REGINA ELISABETTA, LORD RIVERS e LORD GREY
RIVERS - | Dovete aver pazienza, mia regina: il re riacquisterà rapidamente la sua salute, non ci sono dubbi. |
GREY - | Con questo vostro umore contristato non farete che peggioragli il male. Perciò, in nome di Dio, fate cuore e cercate di mostrarvi viva e gioviale, a confortar sua grazia. |
ELISABETTA - | Che sarebbe di me s’egli morisse? |
GREY - | Nessun altro malanno che la perdita d’un signore par suo. |
ELISABETTA - | La perdita per me d’un tal signore porta con sé ogni sorta di malanno. |
GREY - | Il cielo v’ha mandato, a confortarvi, con un bel figlio, s’egli vi mancasse. |
ELISABETTA - | Ah, egli è giovane, e finché è minore dovrà restare sotto la tutela di Riccardo di Gloucester, che non m’ama come non ama nessuno di voi. |
RIVERS - | È stabilito che sia lui il Reggente? |
ELISABETTA - | Stabilito, se pure non sancito formalmente; ma certo lo sarà se il re verrà a mancare. |
Entrano il DUCA DI BUCKINGHAM e LORD STANLEY, conte di Derby. | |
GREY - | Ecco Lord Buckingham e il Conte Derby. |
BUCKINGHAM - | Buon giorno a vostra grazia. |
STANLEY - | Dio renda gioia a vostra maestà. |
ELISABETTA - | La contessa di Richmond, vostra moglie,(22) difficilmente vorrà dire “Amen” a questa vostra amabile preghiera, mio buon Lord Derby; tuttavia, signore, malgrado ch’ella sia vostra consorte e non mi veda troppo di buon occhio, non pensate ch’io porti a voi rancore per l’odiosa ed altera sua arroganza. |
STANLEY - | Non date credito, ve ne scongiuro, alle calunnie false ed invidiose dei suoi accusatori; e se doveste udirla anche accusata sulla base di voci veritiere, perdonatele la sua debolezza che le deriva, com’io son convinto, da una congenita sua leggerezza, non già da radicata malvolenza. |
ELISABETTA - | Vedeste oggi il re, caro Lord Derby? |
STANLEY - | Veniamo appunto, Buckingham ed io, dall’aver visitato sua maestà. |
ELISABETTA - | Che speranze d’un suo miglioramento? |
BUCKINGHAM - | Buone, direi, madama: sua grazia è in buona vena di parlare. |
ELISABETTA - | Che Dio gli dia salute. Poteste allora conferir con lui? |
BUCKINGHAM - | Sì, signora; desidera, ci disse, provocare una riconciliazione tra il Duca Gloucester(23) ed i vostri fratelli e tra costoro ed il Lord Ciambellano. |
ELISABETTA - | Volesse Dio… ma ciò non sarà mai. Ho paura che la felicità sia giunta al termine per tutti noi. |
Entrano RICCARDO, HASTING e DORSEY | |
RICCARDO - | Mi fanno torto, e io non lo sopporto! Chi è che si lamenta con il re di me, dicendo che son scontroso e, guarda un po’, non li amo? Per San Paolo, devono amare ben poco sua grazia quelli che vanno a inzuffargli le orecchie con simili rissose baggianate! Poiché non son capace di adulare, di ostentare un amabile contegno, di sorridere in faccia, di lisciare, d’ingannare, imbrogliare, civettare ed inchinare il capo alla francese con la smorfiosità d’uno scimmiotto, debbo esser perciò considerato un astioso nemico? Un galantuomo non può vivere senza pensare di far male agi altri, e senza che codesta sua lealtà debba essere presa pel malverso da vellutati, striscianti furbastri? |
GREY - | A chi allude di noi qui Vostra grazia? |
RICCARDO - | A te, che manchi d’onestà e di grazia. Quand’è che io t’avrei maltrattato? Quando t’ho fatto torto?… (A Rivers) O a te?… (A Stanley) O a te? O a chiunque altro della vostra cricca? Peste vi colga! Sua grazia reale - il cielo ce lo voglia preservare meglio che non v’augurereste voi - non può tirare in pace un po’ di fiato senza che voi l’andiate a infastidire coi vostri strampalati piagnistei. |
ELISABETTA - | Gloucester, cognato, avete male inteso: il re, di sua augusta iniziativa e non richiesto da alcun postulante, pensoso forse dell’interno odio che ben traspare dalle vostre azioni contro i miei figli, contro i miei fratelli, contro me stessa, ci convoca a lui per conoscere meglio le ragioni di tanta ostilità da parte vostra e cercar di rimuoverle. Ecco tutto. |
RICCARDO - | Io non so più che dire: il mondo è diventato così becero, che gli uccelletti vanno a far man basa dove non osano posarsi l’aquile. Da quando ogni villano è stato battezzato gentiluomo, molti che sono veri gentiluomini sono svillaneggiati. |
ELISABETTA - | Andiamo, andiamo, sappiamo bene a chi volete alludere, cognato Gloucester; non v’è andata giù l’elevazione mia e di mia gente. Dio non ci faccia mai aver bisogno di voi. |
RICCARDO - | Dio vuole, intanto, che siam noi ad avere bisogno ora, di voi. Grazie alle vostre mene, nostro fratello è condotto in prigione, io stesso sono in disgrazia del re, tutta la nobiltà è tenuta a vile mentre ogni giorno si fan promozioni per dare titoli di nobiltà a gente che soltanto l’altro ieri non valeva nemmeno mezzo nobile.(24) |
ELISABETTA - | Io giuro su Colui che m’ha innalzata dalla serena mia pace di prima a questa altezza gravida d’affanni di mai aver pronunziato parola per cercar d’istigare sua maestà contro Clarenza; ho anzi perorato da zelante avvocato la sua causa. Mi recate un’offesa vergognosa, signore, coinvolgendomi così con questi vostri ignobili sospetti. |
RICCARDO - | Voi potete negare certamente d’essere stata voi a provocare la cattura e l’imprigionamento di Lord Hastings… |
RIVERS - | Lo può, sì, monsignore… |
RICCARDO - | Lo può, Lord Rivers! Già, chi non lo sa? Ella può questo ed altro, signor mio: può procurare a voi fruttuose cariche e poi anche negare d’avervi dato mano ad ottenerle ed affermare ch’esse sono merito delle vostre eccellenti qualità. Che cosa ella non può? Ella può anche… per Maria Vergine… |
RIVERS - | Che cosa può, per Maria Vergine? |
RICCARDO - | Che cosa può? Ma maritarsi a un re, per Maria Vergine!(25) Lei, vedova, a uno scapolo, ed un bel giovanotto, per di più. Vostra nonna, ch’io sappia, non fece nozze altrettanto cospicue. |
ELISABETTA - | Monsignore di Gloucester, ho sopportato ormai da troppo tempo le vostre villanesche reprimende e i maligni sarcasmi. Adesso basta! Per il cielo, vorrò informare il re di tutte queste grossolane offese che m’è toccato spesso sopportare. |
Entra, rimanendo in fondo alla scena, la vecchia REGINA MARGHERITA | |
Non che la sposa di un grande monarca, vorrei essere, in queste condizioni, un’umile servetta di campagna, derisa, vilipesa come sono… Mi viene veramente poca gioia dall’essere regina d’Inghilterra. | |
MARGHERITA - | (A parte) Che anche quella poca abbia a scemare, ti supplico, Signore! A me dovuti sono gli onori tuoi, il fasto, il seggio! |
RICCARDO - | Ah, minacciate di ridirlo al re? Ma diteglielo, senza alcuna remora! Quanto v’ho detto qui, son pronto a dichiararlo innanzi a lui, a rischio d’esser mandato alla Torre. È tempo di parlare: i miei servizi, tutti dimenticati. |
MARGHERITA - | (c.s.) Via, demonio! Li ricordo fin troppo i tuoi servizi: ucciso mio marito nella Torre, e mio figlio Edoardo a Tewksbury.(26) |
RICCARDO - | Io, prima che voi foste regina, e che vostro marito fosse re, ho fatto sempre il cavallo da soma dei suoi alti interessi, la ramazza con la quale far pulizia sul campo dai suoi fieri avversari, il dispensiere di compensi ai suoi sostenitori: ho versato il mio sangue per dar regale dignità al suo. |
MARGHERITA - | (c.s.) Di sangue n’hai versato, ma del suo e del tuo assai più nobile. |
RICCARDO - | E in tutto questo tempo, voi e Grey, vostro marito, e voi con loro, Rivers, parteggiavate per la casa Làncaster. Ucciso non fu forse a Sant’Albano vostro marito mentre combatteva per Margherita?(27) E voglio ricordarvi, se mai vi fosse passato di mente, quel ch’eravate e quel che siete adesso, e quel ch’io sono e sono sempre stato. |
MARGHERITA - | (c.s.) Un infame assassino, e tale resti! |
RICCARDO - | Il povero Clarenza che disertò da suo suocero Warwick(28) facendosi spergiuro con se stesso, Dio gli perdoni… |
MARGHERITA - | (s.c.) E ne faccia vendetta! |
RICCARDO - | … per combattere a fianco di Edoardo, per tutta ricompensa, sventurato, è messo in carcere… Volesse Iddio che avessi anch’io un cuore come Edoardo di pietra, o che Edoardo avesse un cuore sì tenero e pietoso come il mio! Son davvero un fanciullo, troppo ingenuo per questo basso mondo! |
MARGHERITA - | (c s.) Sbrigati allora, per la tua vergogna, a lasciarlo, demonio, per l’inferno, ché laggiù è il tuo regno! |
RIVERS - | Mio signore di Gloucester, in quei giorni di grande confusione che voi qui rievocate per bollarci come nemici, noi seguimmo allora colui che era il re nostro sovrano, così come ora seguiremmo voi, se foste il nostro re. |
RICCARDO - | Se fossi io re? Piuttosto uno straccione vorrei essere. Lungi dal mio cuore un simile pensiero! |
ELISABETTA - | Così poca è la mia gioia, signore, d’esser regina, quale voi pensate possa esser quella che godreste voi se di questo paese foste il re. |
MARGHERITA - | (c.s.) Ah, com’è vero! Quanta poca gioia ha la regina di questo paese! E son io quella, e d’ogni gioia priva! Più non resisto a starmene in silenzio! (Forte, facendosi avanti) Ascoltate, briganti litigiosi, che state lì a rissare per spartirvi il bottino a me rubato: c’è tra di voi qualcuno che mi possa guardar senza tremare? Se come sudditi non v’inchinate a me, vostra regina, innanzi a me, da voi deposta tuttavia tremate come ribelli. (A Riccardo) Ah, nobile furfante! Guardami bene in faccia, non voltarti!(29) |
RICCARDO - | Matta strega grinzosa, che ci fai tu davanti alla mia vista? |
MARGHERITA - | Null’altro che ripeterti a memoria tutte le tue nefande malefatte. E lo farò, prima di farti andare. |
RICCARDO - | Non sei bandita, a pena capitale? |
MARGHERITA - | Lo sono, ma l’esilio è maggior pena che la morte per me; perciò la rischio restando qui dov’è la mia dimora. D’un marito e d’un figlio tu mi sei debitore, (A Elisabetta) e tu d’un regno; voi tutti, della vostra sudditanza. Questo dolore mio è di diritto il vostro, e sono miei tutti i piaceri che voi mi usurpate. |
RICCARDO - | Su di te pesa la maledizione che il mio nobile padre ti scagliò quando cingesti le sue fiere tempie d’una corona di carta; i tuoi scherni gli provocarono fiumi di lacrime, e tu, per tergerli, porgesti al Duca una pezzuola ancora tutta intrisa dell’innocente sangue del suo Rutland…(30) Sul tuo capo son tutte ricadute le sue maledizioni, profferite dal suo cuore straziato, e Dio, non noi, ha castigato in te quel tuo atto di sangue. |
ELISABETTA - | Dio è giusto nel rendere giustizia agli innocenti. |
HASTINGS - | Ah, trucidare quella creatura fu l’atto più nefando e più spietato mai visto o udito al mondo. |
RIVERS - | A udirlo raccontare ha fatto piangere anche i tiranni. |
DORSET - | E non ci fu nessuno che non preconizzasse la vendetta che sarebbe seguita. |
BUCKINGHAM - | Northumberland, che si trovava lì, pianse a vederlo. |
MARGHERITA - | Che! Tutti ringhiosi l’uno con l’altro, pronti ad azzannarvi prima ch’io comparissi, ed ora tutti a volger il vostro odio su di me? Ha avuto tanta udienza in cielo quella terribile maledizione di York, da far che la morte d’Enrico e quella di Edoardo mio diletto, e il loro regno andato in altre mani, e l’amaro tormento del mio esilio non sarebbero che il prezzo pagato da noi per quel bizzoso marmocchietto? Possono dunque le maledizioni squarciar le nubi e penetrare in cielo? Oh, allora, aprite il varco, grevi nuvole, alle maledizioni mie vibranti: il vostro ingordo re, se non in guerra, muoia d’indigestione e di stravizio, come per assassinio è morto il nostro, per far lui re; ed Edoardo tuo figlio, il quale è ora principe di Galles per il mio Edoardo, faccia anch’egli, ancora giovane, com’era lui, morte violenta prima del suo tempo! (A Elisabetta) E tu, che usurpi a me che fui regina il posto di regina, possa tu sopravvivere in miseria, alla presente pompa e, come me, possa ridurti tu ad un rottame; e viver tanto a lungo da piangere la morte dei tuoi figli; e vedere, com’io vedo ora te, dei tuoi diritti adorna un’altra donna, come tu sei dei miei; e non morire prima d’avere visto tramontare i tuoi giorni felici; e possa tu, dopo ore infinite di tormento, morire non più madre, non più moglie non più regina di questa Inghilterra. Voi due, Rivers e Dorset e anche tu, Lord Hastings, eravate lì presenti, quando mio figlio venne pugnalato. Io prego Dio che nessuno di voi possa giungere al fine naturale di sua vita, ma sia stroncato prima da un qualsivoglia imprevisto accidente. |
RICCARDO - | Finiscila con questi tuoi scongiuri, odiosa e raggrinzita fattucchiera! |
MARGHERITA - | Lasciando fuori te?… Fermati, cane, ché anche tu m’hai da sentire, e come! Oh, s’abbia per te solo in serbo il cielo un funesto flagello, il più terribile dei tormenti ch’io possa mai augurarti, e voglia trattenerlo fino al tempo che siano maturate le tue colpe, e lo scagli sdegnoso su di te che sei stato nemico della pace su questo nostro derelitto mondo. Ti corroda incessantemente l’anima il tarlo insonne della tua coscienza; e, possa tu trattar per traditori, fin che vivi, gli amici tuoi più cari, e per amici più cari e fidati traditori della più bassa risma. Non chiuda il sonno i tuoi occhi letali se non per darti sogni tormentosi che t’atterriscano con un inferno di orrendi diavoli, schifoso aborto di malizia, maiale grufolante, marchiato da rifiuto di natura e figlio dell’inferno dalla nascita; tu, vivente calunnia del grembo di tua madre che t’ha fatto; tu, schifoso germoglio dei lombi di tuo padre; strofinaccio dell’onore, esecrato… |
RICCARDO - | Margherita! |
MARGHERITA - | … Riccardo! |
RICCARDO - | Eh? |
MARGHERITA - | Non ti ho mica chiamato. |
RICCARDO - | Scusa, credevo che chiamassi me dandomi tutti quegli amari epiteti. |
MARGHERITA - | Difatti, ma non chiedevo risposta. Ti chiedo solo di farmi concludere la mia maledizione. |
RICCARDO - | Io l’ho conclusa, e finisce così: con “Margherita”. |
ELISABETTA - | (A Margherita) Così tutte le tue maledizioni te le sarai soffiate addosso a te. |
MARGHERITA - | Ah, parli tu, immagine dipinta di regina, tu, vano abbellimento(31) di quella che fu già la mia fortuna! Perché spargi il tuo zucchero sulla gobba di quel tumido ragno la cui rete mortifera finirà per avvolgere anche te? Stolta, stolta! Ti affili da te stessa il coltello che ti darà la morte! Giorno verrà che chiamerai aiuto da me, per aiutarti a maledire questo gobbo rospaccio velenoso. |
HASTINGS - | Smettila dunque, falsa profetessa, con codeste tue folli imprecazioni, se non vuoi abusare, a tuo discapito, della pazienza nostra! |
MARGHERITA - | Svergognati! Della mia abusato avete tutti! |
RIVERS - | Sarebbe rendervi un buon servizio a insegnarvi qual è il dover vostro. |
MARGHERITA - | Sarebbe rendermi un buon servizio se ciascuno facesse il suo dovere con me: cioè se m’insegnaste ad essere vostra regina e voi esser miei sudditi, rendendo a me quello che a me è dovuto, e insegnando a voi stessi quel dovere. |
DORSET - | Non state a disputar con lei. È pazza. |
MARGHERITA - | Zitto, mastro marchese! Sei maldestro. Il fior di conio di questo tuo titolo ancora non ha corso in Inghilterra. Ah, se la vostra fresca nobiltà sapesse giudicare che vuol dire perderla e ritrovarsi un miserabile! Chi sta in alto è scrollato dalle raffiche e, se cade, rovina in mille pezzi. |
RICCARDO - | Buon consiglio, perbacco! Fanne tesoro, imparalo, marchese. |
DORSET - | Riguarda voi, signore, quanto me. |
RICCARDO - | Oh, certo, anzi di più. Ma io ci sono nato così in alto: il nostro nido d’aquile sta edificato in vetta all’alto cedro, scherza col vento e si beffa del sole. |
MARGHERITA - | E muta il sole in ombra, ahimè, ahimè! Ne sa qualcosa il povero mio figlio, ormai per sempre all’ombra della morte, i cui splendenti, luminosi raggi la nera nube della tua ferocia ha avviluppato nell’eterna tenebra. Ed il tuo nido d’aquila è stato edificato in quello nostro. Tu che lo vedi, Dio, non tollerarlo! Fu ottenuto col sangue, e nel sangue dev’essere perduto. |
BUCKINGHAM - | Oh, finitela insomma! Per vergogna, se non per carità. |
MARGHERITA - | E proprio voi mi parlate di carità e vergogna? Voi che con me vi siete comportati senza un’ombra di umana carità, e che senza vergogna avete ucciso le mie speranze? Carità è per me l’oltraggio, vivere è la mia vergogna. Ed in questa vergogna viva in me sempre la rabbia per il mio soffrire. |
BUCKINGHAM - | Basta là, basta! Fatela finita! |
MARGHERITA - | Nobilissimo Buckingham, a te io voglio baciare la mano, in segno di alleanza e d’amicizia; con l’augurio che scenda su di te e la tua nobile casa ogni bene; sui tuoi vestiti non ci sono macchie del nostro sangue, tu non sei compreso nel cerchio della mia maledizione. |
BUCKINGHAM - | Né io né gli altri: le maledizioni non vanno mai più lontano del labbro di colui che le pronuncia. |
MARGHERITA - | Io penso invece ch’esse vanno in cielo a ridestare dal suo dolce sonno il silenzio di Dio. Guàrdati, Buckingham, da quel cagnaccio! Attento: se ti scodinzola, morde! e se morde, il morso del suo dente velenoso ti dà ferita cancerosa e morte. Con lui non aver mai nulla a che fare; tienilo solo a bada: su di lui il peccato, la morte e il nero inferno hanno stampato il lor sinistro marchio e i lor ministri sono ai suoi comandi. |
RICCARDO - | Che vi racconta costei, mio Lord Buckingham? |
BUCKINGHAM - | Nulla ch’abbia alcun peso, vostra grazia. |
MARGHERITA - | Che! Tu disdegni i miei buoni consigli, ed assecondi il diavolo contro il quale ti sto mettendo in guardia? Te ne ricorderai un giorno o l’altro, quando costui t’avrà spezzato il cuore per l’ambascia, e dirai: “Qual buon profeta sei stata, sventurata Margherita!” Viva, ciascun di voi, in odio a lui, ed egli a voi, e tutti in odio a Dio! |
(Esce) | |
BUCKINGHAM - | Però mi si drizzavano i capelli a udire quelle sue maledizioni. |
RIVERS - | E così a me. Mi chiedo come mai la si lasci girare in libertà. |
RICCARDO - | Io la capisco: per la Santa Vergine, ha dovuto soffrire troppi torti! E mi pento del male che le ho fatto anch’io, dalla mia parte. |
ELISABETTA - | Per me, ch’io sappia, non gliene ho mai fatti. |
RICCARDO - | Ritraete però ogni vantaggio dai torti ch’ella ha potuto ricevere. Troppo calore ho speso a far del bene a chi ora è troppo freddo a riconoscerlo. Quanto a Clarenza, per la Santa Vergine, ha ricevuto bene la sua paga! Sta rinchiuso all’ingrasso, a ricompensa delle sue fatiche. E Dio perdoni chi n’è responsabile! |
RIVERS - | Saggia morale, d’un vero cristiano: pregare Dio per chi ci ha fatto male. |
RICCARDO - | È quel che faccio sempre… (Tra sé) E faccio bene: ché a maledir qualcuno ora per questo, mi sarei maledetto da me stesso. |
Entra CATESBY | |
CATESBY - | (A Elisabetta) Madama, sua maestà vi vuol parlare, (A Riccardo) ed anche a vostra grazia e a tutti gli altri. |
ELISABETTA - | Vengo subito, Catesby. Volete accompagnarmi, miei signori? |
RIVERS - | Seguiamo volentieri vostra grazia. |
(Escono tutti meno Riccardo) | |
RICCARDO - | Io faccio il male, e sono io il primo a deprecarlo e sbraitar per esso: carico il peso di tutti i misfatti da me segretamente consumati sulle spalle degli altri. Ho manovrato per gettare Clarenza in gattabuia, e lo compiango avanti a questo branco di sempliciotti, Derby, Hastings, Buckingham, e dico loro che fu la regina coi suoi parenti ad istigare il re contro il duca Clarenza mio fratello. E quelli se la bevono, e mi spronano a far la mia vendetta sulle spalle di Rivers, Dorset, Grey; al che io tiro fuori un gran sospiro, e, appellandomi alle Scritture, ricordo loro il divino precetto che insegna a ripagar con bene il male. Vesto così la mia nuda perfidia con vecchi stracci carpiti a casaccio dai sacri testi; e mostro d’esser pio quanto più mi comporto da demonio. |
Entrano DUE SICARII | |
Ma basta: sono qui i miei giustizieri. Allora, bravi, duri e decisi compari, siete pronti a sbrigare la faccenda? | |
PRIMO SICARIO - | Sì, monsignore, e veniamo da voi per avere il mandato necessario a consentirci d’essere introdotti nel luogo ov’ei si trova. |
RICCARDO - | Ottimamente. L’ho appunto qui con me. |
1 comment