Egli era, con il suocero, alla testa delle forze degli York. Enrico VI è un Lancaster, perché discende per li rami da Giovanni di Gaunt, duca di Lancaster. Al figlio di lui, Edoardo, Warwick dà in sposa la sua seconda figlia, Anna; e da allora si schiera con i Lancaster. Giorgio Clarenza è uno York, perché discende per li rami da Edmondo di Langley, duca di York, fratello di Giovanni di Gaunt. Quando Warwick cambia fazione, Clarenza entra segretamente in contatto con Edoardo e s’impegna con lui ad abbandonare la fazione di Warwick.
Quanto all’ombra erratica in sembianza d’angelo” (“… a shadow like an angel”), è verosimilmente quella di Rutland. Anche qui, come s’è visto, per la verità storica chi ha pugnalato il piccolo Rutland (uno York) a Tewksbury è stato Lord Clifford.
(35) Sempre, per spezzare la pesante atmosfera dei momenti più drammatici e strappare un sorriso al pubblico, Shakespeare mette in bocca ai personaggi minori, o solo occasionali, un tratto di comicità. Qui è palese il melenso “nonsense” del pugnalato a morte che si sveglia e si mette a dare del vigliacco al suo assassino.
(36) “Nor you as we are, loyal.”: “loyal” sta verosimilmente per “leale suddito del re”; il sicario sembra essere convinto che Clarenza è in carcere e condannato a morte per alto tradimento.
(37) Cioè: “Io ti parlo in nome del re, da cui ho ricevuto mandato.”
(38) Il marchese di Dorset è figlio di primo letto della regina Elisabetta, quindi figliastro di Edoardo; il titolo di marchese conferitogli da questo è uno degli “onori d’accatto” ottenuti dai parenti della regina, e contro i quali s’è scagliato prima Riccardo.
([39]) Il testo ha ha ridondante perifrasi: “When I have most need to employ a friend, / And most assured that he
is a friend”: Quando avrò maggior necessità di servirmi di un amico e più sia sicuro della sua amicizia…”.
(40) I testi danno qui l’entrata di Riccardo in compagnia di sir Richard Ratcliff; ma questo personaggio in questa scena non parla, e il Lodovici, uomo di teatro tra tutti i traduttori italiani di Shakespeare, opportunamente lo ignora. Noi lo seguiamo.
(41) “… and no man in the presence / But his red colour hat forsook his cheeks”, letteralm.: “… e non c’è nessuno dei presenti a cui il colorito rosso (l’incarnato) non abbia abbandonato le guance”.
(42) Cioè giunse al carnefice velocemente: Mercurio è l’alato messaggero degli dèi dell’Olimpo, simbolo di celerità e destrezza.
(43) Per questo episodio, v. sopra la nota 34.
(44) “… an act of tragic violence”: “atto” è qui nel senso squisitamente teatrale: Elisabetta prosegue il traslato introdotto dalla Duchessa che ha parlato di “scena”. Shakespeare non perde mai di vista il suo mestiere.
(45) La duchessa è la madre di Re Edoardo.
(46) Cioè la vita. Lo stesso concetto in “Enrico IV - Seconda parte”, I, 1, 18-19: “O Lord that lends me life…” È il concetto cristiano - ripreso dalla dottrina di Epittetto - che la vita umana sia un prestito da restituire al Creatore.
(47) Il giovane figlio di Elisabetta, Principe di Galles ed erede al trono, si trova a Ludlow, come si vedrà più sotto. Ludlow, nello Shrapshire, era stata, fino al 1700, la residenza dei principi di Galles (questo era, ed è tuttora, il titolo dei principi reali eredi al trono), nonché la sede del consiglio dei feudatari delle marche gallesi. Il nome deriva verosimilmente, da Lud, il mitico re celto; e “Lud” era chiamata anticamente Londra (cfr. “Cimbelino”, III, 1, 29-32: “The famed Cassibelan… made Lud’s town with rejoicing fires bright…).
(48) In realtà, il cittadino sa bene dov’è diretto: in Tribunale, come dice dopo; non sa perché vi è stato citato dal giudice.
(49) “Seldom comes the better”: alcuni intendono: “Raramente ne arrivano di migliori (riferito a notizie); altri: “Raramente segue uno migliore (riferito a re). Secondo questo traduttore, la frase è più generica, sul tipo dell’italiano: “Il peggio non è morto mai”.
(50) Per la verità storica, Enrico VI Lancaster, figlio di Enrico V - il vincitore dei Francesi ad Azincourt - alla morte del padre (a Vincennes, 31 agosto 1422) era stato proclamato re a 9 mesi d’età, ma fu incoronato a Parigi nel 1431, dopo 9 anni di reggenza.
(51) Il castello di Pomfret (o Pontefreat) nello Yorkshire, lo stesso dove è stato rinchiuso nel 1399 Riccardo III da Enrico IV Lancaster, e da questo fatto assassinare per mano di sir Robert.
(52) “Bool to blood”: questa espressione, che ricorre sovente in Shakespeare è verosimilmente un’eco della biblica massima: “Il sangue di colui che spanderà il sangue dell’uomo, sarà dall’uomo sparso” (“Genesi”, IX, 6). Cfr. in “Re Giovanni”, II, 1, 329: “Blood has brought blood”).
(53) “… we will to sanctuary”: “sanctuary” era detta la chiesa o altro luogo sacro dove, secondo la legge medioevale, vigeva il diritto di asilo, onde ciascuno vi si poteva rifugiare per sottrarsi alla persecuzione da parte dei potenti o semplicemente dalla giustizia. Elisabetta teme imminente su di lei la mano di Riccardo. Il sacrario in cui si ritira Elisabetta con il suo secondo figlio maschio Riccardino e le cinque figlie femmine è la cappella del monastero di Westminster.
(54) “… the seal I keep”: l’Arcivescovo di York era il Lord custode del sigillo privato della corona (“the seal”), ossia lo stampo metallico usato per l’autenticazione dei documenti emessi dal sovrano o in nome di esso da funzionari delegati; egli cumulava cioè la carica di arcivescovo con quella di Lord Cancelliere. Ancor oggi all’arcivescovo di York, al pari del sindaco di Londra, spetta di diritto il titolo di “lord”.
(55) “I want more uncles here to welcome me”: il giovane principe è informato che i suoi zii lord Rivers, e lord Grey, fratelli di sua madre, sono stato mandati in prigione a Pomfret.
(56) In verità, è solo leggenda: non vi sono documenti storici a prova che la Torre di Londra fossa stata iniziata a costruire dai Romani; si sa invece che la sua costruzione fu iniziata da Guglielmo II, duca di Normandia, nel sec. XI d. C.
(57) “Thus, like the formal Vice, Iniquity, / I moralize two meanings in one word”: l’accenno è alle rappresentazioni dei “Morality Plays”, dove compariva, in funzione di uno dei “vizi umani”, il personaggio dell’Iniquità. Il doppio senso con quale Riccardo, sull’esempio di quel personaggio, moralizza, è quello della “vita lunga” della fama, alla quale egli associa la fama del giovane Edoardo, che sarà tutt’altro che lunga, perché s’appresta a sopprimerlo.
(58) V. sopra la nota 5. Qui Riccardo insinua soltanto che la Shore, la favorita del re Edoardo VI, trescasse con Hastings. Più sotto (III, 4) inveirà contro la donna, chiamandola “puttana” e accusandola di stregoneria.
(59) Il cinghiale era lo stemma araldico di Riccardo Gloucester.
([60]) “I’ll have this crown of mine cut from my shoulders”: gioco di parole: “crown” è nell’inglese antico sinonimo di “testa” (“the top part of the skull”, “la parte superiore del cranio”).
(61) “I’ll send some packing”: per l’altro mondo, si capisce.
(62) “… his head upon the Bridge”: le teste dei giustiziati per alto tradimento, mozzate dalla mannaia del carnefice, venivano issate, infisse su aste di legno, sul Ponte di Londra.
(63) Tenere il cappello in testa nelle cerimonie ufficiali era segno di dignità, riservato ai nobili. Il popolo doveva scappellarsi. Dire di uno che non era degno di tenere il cappello in testa era come dirgli di essere di bassa estrazione.
(64) Questo personaggio è indicato nell’in-folio come “Pursuivant”: così si chiamavano i commessi della Corte di giustizia incaricati di notificare gli atti della stessa. Si capisce, dal dialogo, che è lo stesso che aveva notificato ad Hastings l’ordine del re di imprigionarlo. Nei testi è anche nominato Hastings, come il suo nobile interlocutore.
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