Buckingham vuol dire che fingerà di unirsi come prima voce alle richieste dei cittadini portate dal Lord Mayor.

(86)Go, go, up to the leads”: “lead” è qualsiasi luogo da cui si domina una vista, un gruppo di gente; in questo caso è il soppalco della scena (“the upper”) che dovrebbe raffigurare la galleria/loggia del palazzo, sulla quale si farà vedere Riccardo in mezzo a due prelati.

(87) “… the aldermen”: erano quelli che sono oggi gli assessori del comune, i più stretti collaboratori del sindaco (prima li ha chiamati “brethren”, “confratelli”).

(88) Il linguaggio di Riccardo e Buckingham è volutamente fiorito e artificioso, come dev’essere un linguaggio ipocrita.

(89) “… which fondly you would here impose on me”: “fondly” è qui inteso nel senso che la parola aveva nell’antico inglese di “affectionately”, “tenderly”, “lovingly”; il senso peggiorativo di “foolisly”, “stoltamente”, “insensatamente”, con il quale l’hanno inteso molti curatori, è venuto alla parola successivamente. E del resto, a fil di logica, Riccardo, per quanto voglia fingere, non potrebbe trattare da insensati quelli che vengono a offrigli una cosa che egli vuole gli venga offerta.

(90) V. sopra la nota 80.

(91) Gli storici Galibert & Pellé (op. cit.) narrano così l’incontro di Edoardo con questa Elisabetta.

“In una partita di caccia ch’ebbe luogo nel Northamptonshire, a Grafton, ebbe (Edoardo) occasione di vedere Elisabetta Woodville, vedova di John Grey, gentiluomo addetto alle parti di Lancaster, stato ucciso nella seconda battaglia di Sant’Albano, e al quale erano stati confiscati i beni. Appena fu Edoardo entrato nella residenza di Elisabetta, essa dama gli si gettò alle ginocchia per supplicarlo di restituire ai suoi figli i beni del padre. Colpito Edoardo dalla bellezza della giovane vedova e dall’incanto del suo conversare, accordò tutto quello che gli si domandava, sperando che a vicenda egli non avrebbe che a domandare per ottenere. Ma Lady Grey fu incrollabile; e malgrado l’affetto reale che per Edoardo sentiva, seppe resistere all’abbagliante prestigio che circondava un re di venticinque anni. Edoardo, vinto da sì nobile resistenza, ma sempre preso, profferì la mano e la persona a colei che gli aveva ispirato sì viva passione. E il matrimonio si compì.”.

(92) Per Buckingham il letto in cui nasce è “illegittimo” (“unlawful”) solo per comodità dialettica, perché in realtà Edoardo nasce in virtù di matrimonio.

(93) Si tratta, storicamente, della piccola Margaret, contessa di Salisbury, nata nel 1473, e quindi in età di 10 anni al momento del dramma; la madre è Isabella Nevill, sorella maggiore di Anna, figlie entrambe del famoso conte Riccardo di Warwick detto il “Creatore di re” (“Kingmaker”).

(94) Si capisce qui che il matrimonio con Riccardo di Gloucester è già avvenuto; non però l’incoronazione di Anna a regina, che avverrà nel cuore del dramma.

(95) “… go, cross the seas and live with Richmond, from the reach oh hell”: questo Richmond, per la storia, è Enrico, conte di Richmond, ultimo rappresentante della casa Lancaster, nipote, per parte di padre, di Caterina di Francia, presso la quale si trova rifugiato dopo la disfatta definitiva subita dai Lancaster nella battaglia di Tewksbury. Su di lui i partigiani della “rosa rossa” (la rosa dei Lancaster) fermarono l’attenzione per rimetterlo sul trono e liberarsi dalla tirannia di Riccardo III. Ma la congiura fallì. Richmond riprenderà poi le armi contro Riccardo e sarà quello che lo ucciderà nella battaglia di Bosworth, diventando re col nome di Edoardo VII.

(96) Richmond non era figlio ma figliastro di Lord Stanley. Sembra chiaro che le parole di Stanley: “You shall have letters from me to my son in your behalf” non può intendersi, come leggono molti: “Porterete con voi lettere da me a mio figlio…”; non si capisce come possa Dorset, recando egli stesso un messaggio a Richmond, fargli sapere di venirgli incontro per la strada, una volta sbarcato in Francia. A Calais non c’era posta pneumatica!

(97)To feed my humour, wish thyself no harm.”: cioè: “Non voglio uccidere in me l’equilibrio dei sensi, impazzire, abbandonandomi alla collera e all’invidia contro di te”. È un improvviso sprazzo di filosofia greca. Secondo Ippocrate, nel corpo umano sono presenti quattro liquidi (“humours”): il sangue, sede della passionalità; la bile, sede della collera; la flemma, sede del sentimento omonimo, e l’atrabile, sede della malinconia. Secondo che nell’uomo predomini l’uno o l’altro di questi “umori” si rompe l’equilibrio del suo essere. Elisabetta dice che se dovesse mettersi ad augurare male ad Anna, nutrirebbe uno dei suoi umori, la bile, a danno di altri e finirebbe con lo squilibrare il suo temperamento. Al tempo in cui Shakespeare scriveva il “Riccardo III” (il lavoro figura depositato allo “Stationer’s Register” nel 1597), il suo amico Ben Jonson scriveva la sua commedia “Ciascuno col suo umore” (“Every Man in His Humour”), rappresentata nel 1598; è probabile che questo accenno di Elisabetta agli “humours” ne sia un’eco.

(98) Riccardo York odia il padre di Anna, Warwick (Sir Richard Nevill, conte di Warwick, detto il “Creatore di re”, “The Kingmaker”, v. sopra la nota 93) perché questi, nel dare in sposa la figlia Anna al principe Edoardo, figlio di Enrico IV e di Margherita, aveva avuto in animo di rimettere sul trono d’Inghilterra la casa Lancaster.

(99) La didascalia che figura in tutti i testi è: “The trumpets sound a sennet”: il “sennet” è uno dei tre segnali musicali presenti nel teatro di Shakespeare, gli altri due sono il “flourish” e l’“alarm” (o “alarum”). Il “sennet” dei tre è il più solenne: annuncia solitamente l’entrata in scena in gran pompa di personaggi regali. Consiste, secondo la ricostruzione congetturata (non v’erano registratori di suoni all’epoca), in una serie di squilli di tromba o di corno, o degli uni e degli altri insieme. È anche usato per salutare l’entrata in scena di cortei, processioni, tornei, ecc. La sua durata pare non dovesse essere meno di due interi minuti. È detto anche “Fanfara”.

Il “flourish” è invece un semplice squillo di tromba, usato per circostanze analoghe, ma meno solenni o pompose.

L’“alarm” è normalmente un rullo di tamburo, usato per annunciare una battaglia in corso, l’ingresso di un esercito in marcia, un funerale. Può accompagnarsi con gli altri due segnali.

Quali forme musicali avessero questi segnali è, naturalmente, ignoto.

(100)All’epoca, tra le famiglie nobili si promettevano in sposa, e talvolta si maritavano anche, bambine non ancora puberi.

(101) Il testo ha un generico: “Go by this token”, dove “token” è qualunque cosa che possa darsi come pegno, campione, segno di riconoscimento, ecc. Alcuni intendono “con questo anello”. Il fatto è che ciò che Riccardo consegna a Tyrrell non si sa: è una di quelle cose che Shakespeare lascia alla fantasia del regista o di chi legge.

(102)Rise and lend thine ear”: è da intendere che Riccardo sia sempre seduto in trono, e Tyrrell si sia inginocchiato ai suoi piedi.

(103) Quel che Riccardo sussurra all’orecchio di Tyrrell ce lo farà sapere il racconto di questi nella scena seguente: Riccardo gli dice come deve uccidere i bimbi: soffocandoli. Con quale dinamica, però, non si sa. “We smothered”- dirà l’altro sicario Dighton; ed è lo stesso verbo che si ritrova nell’“Otello” nella didascalia della scena finale: “Smothers her”; dove, in verità, non fu mai pacifico tra i critici se si tratti di soffocamento mediante strozzamento, o mediante la pressione di un cuscino sulla bocca.