7
Tal, nel seren d’estiva notte, suole per le strade del cielo aperte e belle sul carro gir la suora alma del sole, intorno cinta di lucenti stelle; tal Tetide menar dolci carole
con le sue ninfe leggiadrette e snelle, tirata da’ delfin per l’ampio mare, quando son l’onde più tranquille e chiare.
8
L’alta beltà che ne’ leggiadri aspetti tra lor diversi era con grazia unita, piagato avria quai son più duri petti di soave d’amore aspra ferita, e mosso a dolci ed amorosi affetti gli orridi monti del gelato Scita.
Che meraviglia è, poi, s’ad or ad ora ogni spirto gentil se n’innamora?
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 61
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quarto Q
9
Tu, del vicino fiume umido dio, ancor sentisti l’amoroso foco
che dagli occhi lucenti ardendo uscio, e ‘l tuo freddo liquore a quel fu poco: ché ‘l grand’ardor sotto l’ondoso rio s’andò sempre avanzando a poco a poco, come infocato acciar che più s’accende se l’acqua a stille in lui gocciando scende.
10
Ma del fervente ed amoroso caldo provò la forza e ‘l sùbito furore via più che ciascun altro il buon Rinaldo, già prima servo del tiranno Amore.
Sta tutto immoto, e sol non puogli saldo restar nel petto il palpitante core, che de la donna sua volar nel seno vorrebbe, o pur nel volto almo e sereno.
11
Sedeva con l’illustre alta mogliera del re de’ Franchi, Galerana detta, in quella degna ed onorata schiera la donzella da lui tanto diletta, ch’a diporto se ‘n gia per la riviera, ch’i risguardanti a sé leggiadra alletta; ond’egli, quella a l’improviso scorta, nova fiamma sentio ne l’alma sorta.
12
E mentre il caro e fiammeggiante viso di dolce ardor ch’al ciel gli animi tira, con le ciglia e con gli occhi immoto e fiso, e co’ pronti desir guardando ammira, e da diversi affetti entro conquiso, or quinci or quindi il pensier vago gira, quel gli sovvien che di Clarice udito pur dianzi avea dal cavalier ferito.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 62
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quarto Q
13
Qui si ferma egli, e ‘l non leggier sospetto da l’amata beltate in lui s’avanza, e ricercando in ogni parte il petto quasi tutto se ‘l fa sua preda e stanza.
Né men dal duolo è oppresso ogni diletto in lui, che dal timor sia la speranza; e come dentro si conturba, fuora sospira, duolsi e si lamenta ancora, 14
e dice: – Lasso! dunque altrui pur fia questa bellezza in cui mio cuore alberga?
Rimarrà senza lei la vita mia, qual privata di fronde arida verga?
Ahi! crude stelle, ahi! sorte iniqua e ria, quando serà che fuor del duolo emerga?
S’altri d’ogni mio ben, d’ogni mia gioia godrassi, oh quando almen serà ch’io moia?
15
Morir conviemmi, ché la morte è vita a chi vivendo muor negli aspri affanni; e se la doglia in ciò non dammi aita, la doglia nata da gravosi danni, quello farà questa mia mano ardita, ch’avrian girando ancor poi fatto gli anni.
Morir conviemmi, e con la vita insieme sveller di miei martiri il fertil seme. -
16
Poi si ripente e dice: – Io dunque deggio morir, s’altro rimedio ha ‘l mio tormento?
Come, come meschino erro e vaneggio, come ho de la ragione il lume spento?
Che mi può de la morte avvenir peggio, s’ella non sol non mi farà contento, ma tutta mi torrà quella speranza che di fruire il mio bel sol m’avanza?
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 63
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quarto Q
17
Se non m’ha la Fortuna imperio e regno, o gemme ed or con larga man donato, onde ad alcun parrò di quella indegno, sendo sì diseguale il nostro stato, tolto non m’ha che con valore e ingegno venir non possa al fin tanto bramato.
Dunque colui ch’è del mio mal radice, mora, ma pria divenga mia Clarice.
18
Come, ucciso il pagan, presa costei avrò, chi serà mai che mi divieti che seco i santi e liciti imenei non celebri co’ modi or consueti, e nel suo casto seno i desir miei felice non appaghi e non acqueti? -
Tal pensier fatto, ad Isolier l’accenna, ed indi arresta l’acquistata antenna.
19
Giunto ove i cavalier fanno corona al ricco carro in bella schiera uniti, con altero sembiante a lor ragiona, e gli sfida a giostrar con detti arditi.
Il maganzese Oren, nato in Baiona, allor sentendo i perigliosi inviti, ad Alda dice, ond’ha piagato il petto:
– Di darvi costui preso or vi prometto. -
20
Già movono a gran corso ambo il cavallo, da questa l’un, l’altro da quella parte; nissun pose di lor la lancia in fallo, ma differenti fur di forza e d’arte: ché la lancia d’Oren per lo metallo sfuggendo, punto non l’afferra o parte; e lasciandolo intier, di novo ancora intera torna a ferir l’aria e l’ora.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 64
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quarto Q
21
Ma quella poi che ‘l giovinetto impugna, lo scudo apre per mezzo al Maganzese, lo scudo che già prima in ogni pugna da ciascun colpo ostil colui difese; né men la tien, ch’al vivo ella non giugna il ben temprato adamantino arnese; onde con nova e via più cruda piaga de la prima amorosa, il cor gli impiaga.
22
Destò l’atroce colpo alto spavento negli altri tutti, e ‘n te rabbioso sdegno, o superbo Aridan, vedendo spento il tuo figliuolo, il tuo più caro pegno; onde a chi ferì lui ratto qual vento corresti incontro col ferrato legno; ma stordito e tremante al pian cadesti, e danno a danno, ad onta onta aggiungesti.
23
Rinaldo l’asta ancor salda ed intera di novo arresta e nell’arcion si stringe; ma verso lui da la contraria schiera l’orgoglioso Galven presto si spinge, il qual così gli parla in voce altera, mentre vittoria in van s’augura e finge:
– Al primo colpo avrà di questa giostra or certo fine la battaglia nostra. -
24
Così quel disse, e poi seguì l’effetto, quanto conforme al dir, tanto al pensiero contrario: ché, percosso in mezzo ‘l petto, perdé la guerra al colpeggiar primiero.
Allor Rinaldo in sé raccolto e stretto spinse contra degli altri il suo destriero, e ne la torma si cacciò più folta, l’aspro tronco fatal girando in volta.
Op.
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