Poi che si tacque, a lui cortese disse, le luci avendo nel bel volto fisse: Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 79
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quinto Q
21
– Vago garzon, che ‘n sì bel modo fuora mostri l’alto dolor che in te s’asconde, e ti lagni d’amor, ti lagni ancora de l’empie stelle a te poco seconde, e nel tuo lamentar parte tallora tocchi de le mie piaghe alte e profonde: deh! se il ciel ed Amor ti sia cortese, la cagion del tuo duol fammi palese.
22
Io sono un cavalier cui similmente è il destino ed Amor crudo e spietato, ché vivo ognora in mezzo ‘l fuoco ardente, poco a me stesso e meno ad altri grato.
Narra dunque il tuo duol securamente ad uom che da egual pena è tormentato, perché recar ciascun dessi a guadagno ne le sventure sue trovar compagno. -
23
A quei detti cortesi il giovinetto, verso Rinaldo alzando il viso bello, per cui rigando il puro avorio schietto scendea nel grembo un tepido ruscello, gli disse: – Cavalier, s’hai pur diletto d’udir quanto Amor siami iniquo e fello, e quanto la Fortuna empia ed acerba, dal corsier scendi e posati in su l’erba; 24
ch’io te ‘l dirò, poiché, qual dici, sei servo d’Amore, ed ei di te fa scempio.
Ma vedrai bene al fine che i casi miei son senza paragone e senza essempio, e che quel duolo onde gir carco déi, è null’a par del mio gravoso ed empio.
Ben caro avrò che tu mi narri poscia qual passion t’affliga e quale angoscia.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 80
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quinto Q
25
Là dove già l’alta Numanzia sorse, ch’osò ben spesso al gran popol romano co l’intrepido ferro audace opporse, e fe’ del latin sangue umido ‘l piano, dove or per abitar usan raccôrse solo i pastor del territorio ispano, nacqui io, ma sotto stella iniqua e ria, del più ricco uom ch’in quelle parti sia.
26
Siede ivi un tempio a maraviglia adorno, ch’a Venere sacrar nostri maggiori, dove sempre di maggio il primo giorno vengono cavalier, vengon pastori, donne e donzelle dal vicin contorno a porgere a la dea solenni onori; né questo antiquo stil ponto è dismesso, perch’or s’adori il gran Macone in esso: 27
anzi premii son posti a qual più dotta gagliarda mano il pal di ferro tira, a chi il nemico al gioco della lotta con maggior forza ed arte alza e raggira, a chi con l’arco di più certa botta ferisce il segno, ov’altri indarno mira, a chi con ratto piè gli altri precorre, a chi la lancia più leggiadro corre.
28
Le donne poi, che son di basso stato, menano insieme vaghe danze a gara; l’altre ch’in maggior grado ha ‘l ciel locato, e che di stirpe son nobile e chiara, si baciano a vicenda; e chi più grato il bascio porge, in ciò più dolce e cara a giudizio commun rapporta il pregio, ch’orna la sua beltà di nuovo fregio.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 81
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quinto Q
29
Soleano già, quando concesso ei n’era da’ secoli miglior più libertate, i giovanetti ch’a la primavera erano giunti di lor verde etate, anch’essi intrar confusamente in schiera con le vaghe donzelle inamorate, e insieme gareggiar nel dolce gioco: ma ciò l’uso corresse a poco a poco.
30
Avenne, ed or passato è il secondo anno, ché i dì non sol, ma l’ore in mente anch’aggio, ch’al tempio venne per mio eterno danno la vaga Olinda il dì primo di maggio: la vaga Olinda, mio gravoso affanno, c’ha bellissimo il volto, il cor selvaggio, Olinda ch’è del nostro re figliuola, di cui chiaro romor per tutto vola.
31
Lasso! non prima in lei gli occhi affisai, che per l’ossa un tremor freddo mi scorse.
Pallido ed aghiacciato io diventai allora, e fui de la mia vita in forse; quasi in un tratto ancor poi m’infiammai, e contra il giel l’ardore il cor soccorse, spargendo il volto d’un color di fuoco, né dentro o fuor potea trovar mai luoco.
32
Non conobbi io l’infirmità mortale a segni, ohimè! ma nel bel volto intento, misero! dava a l’amoroso male
esca soave e dolce nutrimento.
Ben me n’avidi al fin, ma che mi vale, s’ogni rimedio era già tardo e lento, ed ogni sforzo van, ché ‘l crudo Amore s’era in tutto di me fatto signore?
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 82
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quinto Q
33
Conosceva il mio error, vedeva aperto, quanto a lo stato mio si sconvenisse in donna di tal sangue e di tal merto l’insane voglie aver locate e fisse, e che era ben per sentiero aspro ed erto fuggir pria ch’altro mal di ciò seguisse: ma mi sforzava il micidial tiranno gir volontario a procacciarmi danno.
34
Non così fonte di chiar’acqua pura a stanco cervo ed assettato aggrada, né tanto al gregge il prato e la pastura piace ch’è sparsa ancor da la rugiada, né tanto il rezo e la fresca ombra oscura a peregrin ch’errando il luglio vada, quanto sua dolce vista a me piacea, bench’ella fosse di mia morte rea.
35
L’ora de’ giuochi era venuta intanto, ed al palo tirar si cominciava, e già fra gli altri omai la palma e ‘l vanto un gagliardo pastor ne riportava.
Siegue la lotta: io che mostrarmi alquanto al mio gradito amor pur desiava, corro al certame; e tal fu la mia sorte che giudicato fui d’ognun più forte.
36
Si giostrò poscia, e i giuochi anco si fêro de le donzelle; ed io che vidi allora molte che baci a la mia donna diero, e che gli ricever più cari ancora, arsi di dolce invidia, e col pensiero mi formai grate frodi ad ora ad ora, perché mi parve, inganno aventuroso, d’esser fra loro al bel gioco amoroso.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 83
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto quinto Q
37
Ultimamente al corso poi si venne, di cui teneva Olinda il pregio in mano; io m’accinsi al certame, e non ritenne il corpo stanco l’appetito insano.
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