- E che cosa fa adesso? - chiese Sorniani facendo capire di conoscere il passato di Angiolina e d’essere veramente indignato di non conoscerne il presente.
- Non lo so, io - e aggiunse con indifferenza ben simulata: - A me fece l’impressione di una ragazza a modo.
- Adagio! - fece il Sorniani risolutamente come se avesse voluto asserire il contrario, e soltanto dopo una breve pausa si corresse: - Io non ne so nulla e quando la conobbi tutti la credevano onesta quantunque una volta si fosse trovata in una posizione alquanto equivoca. - Senza che Emilio avesse bisogno di stimolarlo più oltre, raccontò che quella poveretta era passata vicino ad una grande fortuna convertitasi poscia , per sua o per colpa altrui, in una sventura non piccola. Nella prima giovinezza aveva innamorato profondamente un certo Merighi, bellissimo uomo, - Sorniani lo riconosceva quantunque a lui non fosse piaciuto - e agiato commerciante. Costui le si era avvicinato con i propositi più onesti; l’aveva levata dalla famiglia che non gli piaceva troppo e fatta accogliere in casa dalla propria madre. - Dalla propria madre! - esclamava Sorniani - Come se quello sciocco -
gli premeva di far apparire sciocco l’uomo e disonesta la donna - non si fosse potuta godere la ragazza anche fuori di casa, non sotto gli occhi della madre. Poi, dopo qualche mese, Angiolina ritornò nella casa donde non sarebbe mai dovuta uscire e Merighi con la madre abbandonò la città dando a credere di essere impoverito in seguito a speculazioni sbagliate. Secondo altri la cosa sarebbe proceduta in modo un po’ diverso. La madre del Merighi, scoperta una tresca vergognosa di Angiolina, avrebbe scacciata di casa la ragazza. - Non richiesto fece poi delle altre variazioni sullo stesso tema.
Ma era troppo evidente ch’egli si compiaceva di sbizzarrirsi su quell’argomento eccitante e il Brentani non ritenne che le parole cui poteva prestare fede intera, i fatti che dovevano essere notorii.
Egli aveva conosciuto di vista il Merighi e ne ricordava la figura alta d’atleta, il vero maschio per Angiolina. Rammentava di averlo sentito descrivere, anzi biasimare, quale un idealista nel commercio: un uomo troppo ardito, convinto di poter conquistare il mondo con la sua attività.
Infine, dalle persone con le quali aveva da fare giornalmente nel suo impiego, aveva saputo che quell’arditezza era costata cara al Merighi il quale aveva finito col dover liquidare la sua azienda in condizioni disastrose. Il Sorniani perciò parlava al vento perché Emilio ora credeva di poter conoscere con esattezza l’accaduto. Al Merighi impoverito e sfiduciato era mancato il coraggio di fondare una nuova famiglia e così Angiolina, che doveva diventare la donna borghese ricca e seria, finiva nelle sue mani, un giocattolo. Ne sentì una profonda compassione.
Il Sorniani aveva assistito egli stesso a delle manifestazioni d’amore del Merighi. Lo aveva visto, parecchie volte, di domenica, sulla soglia della chiesa di Sant’Antonio Vecchio, attendere lungamente che ella avesse fatte le sue preghiere inginocchiata presso all’altare, tutt’assorto a guardare quella testa bionda, lucente anche nella penombra.
« Due adorazioni », pensò commosso il Brentani cui era già facile d’intuire la tenerezza dalla quale il Merighi era inchiodato sulla soglia di quella chiesa.
- Un imbecille - concluse il Sorniani
L’importanza dell’avventura crebbe agli occhi d’Emilio per le comunicazioni del Sorniani. L’attesa del giovedì in cui doveva rivederla divenne febbrile, e l’impazienza lo rese ciarliero.
Il suo più intimo amico, un certo Balli, scultore, seppe dell’incontro subito il giorno dopo ch’era avvenuto. - Perché non potrei divertirmi un poco anch’io, quando posso farlo tanto a buon mercato?
- aveva chiesto Emilio.
Il Balli stette a udirlo con l’aspetto più evidente della meraviglia. Era l’amico del Brentani da oltre dieci anni, e per la prima volta lo vedeva accalorarsi per una donna. Se ne impensierì scorgendo subito il pericolo da cui il Brentani era minacciato.
L’altro protestò: - Io in pericolo, alla mia età e con la mia esperienza? - Il Brentani parlava spesso della sua esperienza. Ciò ch’egli credeva di poter chiamare così era qualche cosa ch’egli aveva succhiato dai libri, una grande diffidenza e un grande disprezzo dei propri simili.
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