Ma non si può sputare sulla mano di un povero diavolo che offre lealmente il fondo della sua borsa: e tra me e te con questo è detto tutto. Della miseria non mi vergogno mica, piccina!

Alle ultime parole, Germana arrossì.

- E neanche io non me ne vergogno, - rispose la ragazza. - Ti ho mai domandato niente, io?

- No, certo no, Mouchette. Ma Malorthy, il tuo babbo…

Qui si fermò di colpo, avendo parlato senza malizia e vedendo già tremare le labbra della sua amante e il bel collo gonfiarsi d’un singhiozzo infantile.

- Che cosa? Malorthy e Malorthy! Che cosa mi importa a me? Non ne posso più! E’

falso che io ti abbia denunciato a lui. E’ una bugia!

Ah, quando, ieri sera, davanti a me, ha avuto il coraggio di dire…

Ero fuori di me dalla rabbia. Mi sarei piantata le forbici nella gola; mi sarei scannata davanti a lui, apposta, sulla tovaglia! Voi non mi conoscete, voi due! Va’ là: saranno guai; non siamo che al principio!

Cercava di gonfiare la sua vocetta fragile, battendo il pugno sulla tavola a colpi secchi e frequenti: un po’ comica nella sua collera, con quel briciolino d’enfasi con che si montano le donne prima di prendere una decisione.

Cadignan, senza interromperla, per la prima volta provava per lei un senso d’ammirazione. Un sentimento diverso dalla cupidigia, una specie di paterna simpatia non mai provata prima, lo facevano proclive alla fanciulletta ribelle, più aspra e più sdegnosa di lui, la buona compagna. E che?… Forse, un giorno?… La guardò bene in faccia e sorrise. Ella credette che fosse una provocazione e disse: - Faccio male a prendermela tanto. Dovevo aspettarmelo, sicuro!

Dovevo ridurmi, alla fine, a morire nella loro casa di mattoni col suo giardino da bambola. Ma lei, Cadignan, - e gli gettò sul viso il suo nome come una sfida, - lei, io lo credevo un altro uomo, - e si irrigidì per poter terminare la frase prima che le si troncasse la voce. Per quanto si ingegnasse di parere franca e sicura, da qualche momento non vedeva più altro scampo che la trappola della casa paterna, dove bisognava ricascare; l’inevitabile topaiola che due ore fa aveva abbandonato in un delirio di speranze. “Mi ha deluso”, pensava, ma in coscienza non avrebbe saputo dire né come né perché.

Già i due amanti, a fronte a fronte, più non si riconoscevano. Il poveraccio, già in decadenza, credeva di fare abbastanza pagando ingenuamente una felicità borghese col suo ultimo scudo, che la piccola selvaggia avrebbe respinto più che la miseria e il disonore.

Che era venuta a chiedere, lei, in questa prima libera notte, a quel filibustiere già un tantino ventruto, che doveva soltanto alla sua razza contadina e soldatesca una energia tutta fisica e una specie di rozza dignità? S’era liberata, ecco tutto; e il sentirsi libera le faceva tremare il cuore. Era corsa da lui come al vizio; all’illusione a lungo covata di fare una volta il gran passo; di perdersi ma sul serio. Un libro, un’immagine intravista a occhi socchiusi, un cattivo pensiero, un borbottar della caldaia, le mani giunte sul lavoro dimenticato le si levavano improvvisamente nel ricordo con tremenda ironia. Lo scandalo che aveva sognato, uno scandalo da far rigirarsi per via tutta la gente, si andava riducendo alle modeste proporzioni di una scappata da scolaretta. Il ritorno al focolare domestico, il parto discreto e segreto, alcuni mesi di isolamento, il recuperato onore al fianco d’un qualsiasi baggiano, e poi una fila di anni e anni… tutti grigi… tra una turba di marmocchi… tutto questo le apparve come in un lampo e le strappò un lamento.

Ohimé! come un fanciullo che, partito alla mattina alla scoperta di un mondo nuovo, fa il giro del pometo e si ritrova ancora vicino al pozzo, vedendo così svanire la sua prima illusione, altrettanto lei: non aveva fatto che un passettino da niente fuori della strada più battuta. “Nulla è mutato - mormorava tra sé, - nulla di nuovo…”.

Ma, contro l’evidenza, una voce interna, mille volte più limpida e sicura, affermava il crollo di tutto il passato, la scoperta di un vasto orizzonte, con le delizie dell’inatteso, allo scoccare di un’ora irreparabile. Attraverso la sua rumorosa disperazione sentiva ella salir su una grande gioia, da profondità silenziose, come un presentimento. O qua o là, non importa dove, basta trovare un asilo.

Che fa un asilo o un altro a chi seppe varcare la soglia della famiglia e trovò così agevole richiudere la porta alle sue spalle?

Quel rammollito di marchese lì, temeva l’opinione del villaggio, che ella ostentava di sfidare? E peggio per lui! A lei non era meno chiara la misura della propria forza, anche se gliela dava lo spettacolo della debolezza altrui. Da quel momento il suo prossimo destino si sarebbe letto chiaro nell’ardire dei suoi occhi, nel fondo.