delle vie, delle chiese!... Ne abbiamo visto anche troppe. Bisognava venire qui in campagna, fra i monti, ove per andare all'abitazione più vicina bisogna correre per le vigne, saltar fossati, scavalcar muricciuoli, ove non si ode né rumor di carrozze, né suon di campane, né voci di estranei, di gente indifferente. Questa è campagna! Noi abitiamo una bella casetta posta sul pendio della collina, fra le vigne, al limite del castagneto. Una casetta piccina piccina, sai; ma così ariosa, allegra, ridente. Da tutte le porte, da tutte le finestre si vede la campagna, i monti, gli alberi, il cielo, e non già muri, quei tristi muri anneriti! Sul davanti c'è una piccola spianata e un gruppo di castagni che coprono il tetto con un ombrello di rami e di foglie, fra le quali gli uccelletti cinguettano tutto il santo giorno senza stancarsi mai. Io occupo un amore di cameretta, capace appena del mio letto, un una bella finestra che dà sul castagneto. Giuditta, mia sorella, dorme in una bella camera grande, accanto alla mia, ma io non darei il mio scatolino, come la chiama celiando il babbo, per la sua bella camera; e poi ella ha bisogno di molto spazio per tutte le sue vesti e i suoi cappellini, mentre io, allorché ho piegato la mia tonaca su di una seggiola ai piedi del letto, ho fatto tutto. Ma la sera, quando dalla finestra ascolto lo stormire di tutte quelle fronde, e fra quelle ombre, che assumono forme fantastiche, veggo un raggio di luna agitarsi fra i rami come uno spettro bianco, e ascolto quell'usignolo che gorgheggia lontano lontano, mi si popola la mente di tante fantasie, di tanti sogni, di tante dolcezze, che se non avessi paura, aspetterei volentieri il giorno alla finestra.

Dall'altra parte della spianata c'è una bella capannuccia col tetto di paglia e di giunchi, ove abita la famigliuola del castaldo. Se vedessi la bella capanna, com'è piccina ma pulita! come tutto vi è in ordine e ben tenuto! La culla del bimbo, il pagliericcio, il deschetto! Per quella capannuccia sì che darei il mio stanzino. Mi pare che cotesta famigliuola, riunita in due passi di terreno, debba amarsi dippiù ed essere maggiormente felice; mi pare che tutte quelle affezioni, circoscritte fra quelle strette pareti, debbano essere più intime, più complete; il cuore commosso e quasi sbalordito dal cotidiano spettacolo di codesto orizzonte ch'è grande, debba trovare un gaudio, un conforto nel ripiegarsi in sé stesso, nel rinchiudersi fra le sue affezioni, nel circoscriversi in un piccolo spazio, fra i pochi oggetti che formano la parte più intima di sé stesso, e che debba sentirsi più completo, trovandosi più vicino ad essi.

Che ti scrivo, che ti scrivo mai, Marianna?... Tu riderai di me, e di darai del Sant'Agostino in gonnella. Perdonami, mia cara, ho il cuore così pieno che senza accorgermene cedo al bisogno di comunicarti tutte le nuove emozioni che provo. Nei primi giorni che uscii dal convento e venni qui, ero sbalordita, astratta, trasognata, come trasportata in un mondo nuovo; tutto mi turbava, tutto mi confondeva. Immaginati un cieco nato che per miracolo riacquisti la vista! Ora mi sono assuefatta a tutte coteste nuove impressioni. Ora mi pare di trovarmi il cuore più leggero, l'anima più pura. Parlo con me stessa, mi rispondo, faccio l'esame di coscienza; non quell'esame timido, pauroso, pieno di pentimenti e di rimorsi, quale lo facevamo al convento; ma un esame di contentezze, di felicità, benedicendo il Signore che me le concede, sentendomi sollevare sino a Lui da una lagrima, o col solo fissare gli occhi nella luna e nel firmamento stellato.

Mio Dio! se queste gioie fossero un peccato! se il Signore si sdegnasse di vedermi preferire al convento, al silenzio, alla solitudine, al raccoglimento, la campagna, l'aria libera, la famiglia!... Se fosse qui quel buon vecchio del nostro professore, scioglierebbe il mio dubbio, dissiperebbe il mio turbamento, mi consiglierebbe, mi conforterebbe forse... Allorché mi assalgono questi scrupoli, allorché son tormentata da codeste incertezze, io prego il Signore che m'illumini, che mi consigli, che mi aiuti. Pregalo anche tu per me, Marianna.

Intanto io lo lodo, lo ringrazio, lo benedico, lo prego di farmi morir qui, o di darmi la forza, la vocazione, la rassegnazione, se dovrò profferire i voti solenni e rinunziare per sempre a tutte queste benedizioni, per chiudermi in convento e dedicarmi a Lui, a Lui solo, intieramente. Non sarò degna di tanta grazia; sarò una peccatrice... ma allorché, sul far della notte, veggo la moglie de castaldo, che recita il rosario col suo figliuoletto più grandicello fra le ginocchia, seduta accanto al fuoco che cuoce la minestra di suo marito, dimenando col piede la culla in cui dorme il suo bimbo, mi pare che la preghiera di quella donna, calma, serena, piena di riconoscenza per la felicità prodigatale dal buon Dio, debba salire a Lui assai più pura della mia, che è piena di turbamenti, di ansie, di desiderî che non convengono al mio stato e dai quali non posso difendermi intieramente.

Vedi la lunga lettera che ti ho scritto! Non mi tenere più il broncio adunque, e rispondimi con una letterona più lunga della mia. Parlami di te, dei tuoi genitori, dei tuoi divertimenti e dei tuoi piccoli dispiaceri, come facevamo tutti i giorni, laggiù al convento, nelle ore di ricreazione, tenendoci abbracciate. Vedi, mi pare che io abbia chiacchierato a lungo con te, stringendoti le mani, come allora, e che tu mi abbia ascoltato col tuo solito risolino allegro e maliziosetto sulle labbra. Parlami dunque, parla a quattro bei fogli di carta (bada! che non mi contenterò di meno), essi mi racconteranno tutto quello che tu avrai detto loro per me. Ciarlami un po' di tutto e a lungo. Dimmi quello che vedi, quello che pensi, che te ne fai del tuo tempo, se ti annoi, se ti diverti, se sei contenta, felice come me, se pensi alla tua Maria; dimmi il colore della tua veste, perché già so che hai una veste, tu, come una signorina! Dimmi se hai dei bei fiori nel tuo giardino, se a Mascalucia ci son castagneti come qui, se hai assistito alla vendemmia. Parla dunque, ti ascolto. Non mi fare aspettar tanto a bocca aperta.

Addio, addio, Marianna mia, sorella mia; ti mando cento baci col patto di averli ricambiati.

La tua Maria

 

 

19 Settembre

 

Marianna mia.

Qui non arrivano che cattive notizie, non si vedono che volti spaventati. Il coléra infierisce a Catania.