Sì, sì, voglio provarmi e subito”.

Detto fatto, il nostro Masino, si chiuse in camera: e presa la penna e un foglio di carta, cominciò il suo racconto con questo titolo:

 

UN RAGAZZINO MODELLO

 

ossia una buona lezione per i genitori

e per i maestri di scuola.

 

Poi seguitò così:

Masino era il più buon figliolo di questo mondo. Il suo babbo e la sua mamma lo sgridavano sempre, e lui li lasciava sgridare: il suo maestro, per cavarsi il gusto di punirlo, gli levava la colazione, e lui per prudenza faceva colazione prima di andare a scuola.

Ma venne finalmente un giorno, in cui i suoi genitori e il suo maestro si accorsero d'avere un gran torto a fargli sempre de' rimproveri, e allora le cose andarono di bene in meglio.

Quando Masino qualche volta si dimenticava di lavarsi le mani e il viso, la sua mamma, invece di sgridarlo, cominciò a dirgli:

“Bravo Masino! Vedo che non ti sei lavato né il viso né le mani, e hai fatto bene. Coll'acqua, bambino mio, non bisogna pigliarsi mai confidenza. È così facile beccar delle infreddature e dei mal di petto!... A quanto pare, ti sei alzato ora dal letto, non è vero?”

_“Sì, mamma.”

“Sai che ore sono? sono le nove: e tu alle otto avresti dovuto andare a scuola...”

“Che vuoi? Avevo sonno, e dormivo così bene!...”

“Capisco, poverino! Il proverbio dice che chi dorme non piglia pesci, ma tu, carino mio, non devi fare il pescatore: dunque, se ti fa piacere, puoi dormire fino a mezzogiorno. E la lezione l'hai fatta?...”

“La volevo fare, ma poi me ne sono scordato...”

“Tale e quale come me! Anch'io volevo andare dalla mia sorella, e poi me ne sono scordata. Si vede proprio che sei figliolo della tua mamma. E per colazione che cosa prenderesti?”

“Prenderò il solito Caffè e Latte...”

“Ma rammentati, carino mio, di metterci dentro dimolto ma dimolto zucchero. Lo zucchero si compra apposta per finirlo subito, se no, va a male.”

“E c'inzupperò due fettine di pane.”

“No, angiolo mio, ci devi inzuppare due semelli, e bene imburrati, perché il burro fa bene alla gola e aiuta la digestione. E a scuola ci vuoi andare oggi?”

“Senti, mamma, non ci anderei...”

“È appunto quello che volevo dirti io. Per andare a scuola c'è sempre tempo. Sai piuttosto che cosa farei, se fossi in te? Anderei a giocare a palla fino a mezzogiorno: poi tornerei a casa a fare uno spuntino con una bella fetta di rosbiffe, un piatto di maccheroni con sopra due dita di cacio parmigiano, e una bella torta ripiena di panna montata. E se dopo lo spuntino, vorrai studiare un po' la lezione...”

“Ecco, mamma, se invece di studiar la lezione, andassi a giocare a trottola nei viali delle Cascine?”

“Benissimo! Si vede proprio che sei un ragazzino pieno di giudizio. La trottola, alla tua età, è molto più utile della Geografia e della Storia. Che bisogno c'è di studiare la Storia quando tutto il mondo è pieno di storie? Dunque, addio carino: io scappo a fare una visita alla mia sorella, e tu cerca di divertirti più che puoi, e non studiar tanto!... (tornando indietro) Mi raccomando: non studiar tanto! (tornando indietro una seconda volta) Non studiar tanto, perché a studiare c'è sempre tempo!...”

 

 

Fra babbo e figliolo

 

Masino, pochi giorni dopo, andò in camera a cercare il suo babbo (il quale si era corretto del bruttissimo vizio di brontolare) e gli disse:

“Sai, babbo, che cosa mi ha fatto il maestro?”.

“Che ti ha fatto?”

“Con la scusa che ho sbagliato a rispondere nell'Aritmetica, mi ha messo in penitenza...”

“Ma queste son cose orribili!... Lo racconterò ai carabinieri!...”

“Senti, babbo; io non voglio più andare a scuola.”

“Io farei come te. A che serve la scuola? La scuola non è altro che un supplizio inventato apposta per tormentare voialtri poveri ragazzi.”

“Capisci? Mettermi in penitenza perché l'Aritmetica non vuole entrarmi nella testa! Sta' a vedere che un libero cittadino non è padrone di non saper l'abbaco? Perché anch'io sono un libero cittadino, ne convieni, babbo?”

“Sicuro che ne convengo.”

“Il mio maestro è un buon omo: ma è un omo piccoso. Figurati! pretenderebbe che i suoi scolari dovessero studiare!...”

“Pretensioni ridicole! Se viene a dirlo a me, non dubitare che lo servo io.”

“Dovresti andare a trovarlo!”

“Vi anderò sicuro: e gli dirò che i maestri possono pretendere che i loro scolari sappiano la lezione... ma obbligarli a studiare, no, no, mille volte no.”

“La volontà è libera, ne convieni, babbo?”

“Sicuro che ne convengo, e quando un ragazzo dice: "Io non voglio studiare" nessuno può costringerlo.”

“Figurati! Pretenderebbe che, durante la lezione, i suoi scolari stessero tutti zitti! Com'è possibile di stare zitti quando si sente la voglia di parlare?”

“Hai mille ragioni! Che forse la parola venne data all'uomo, perché a scuola stesse zitto? Lascia fare a me: domani vado a trovarlo, e gli dirò il fatto mio.”

 

 

A scuola

 

E il babbo andò davvero a trovare il maestro, e gli fece una bella lavata di capo, da ricordarsene per un pezzo: tant'è vero che quando Masino tornò a scuola, il maestro gli si fece incontro tutto mortificato, e tenendo il berretto in mano, gli disse:

“Scusa, sai, Masino, se l'altro giorno ti messi in penitenza. Fu uno sbaglio, perdonami: tutti si può sbagliare in questo mondo. Che cosa avevi fatto, povero figliuolo, da meritarti quel gastigo? Non avevi imparato la lezione... Ma è forse questa una mancanza? Che forse gli scolari hanno l'obbligo di saper la lezione? Non ci mancherebb'altro! Animo, via, perdonami e non se ne parli più! Fammi intanto vedere i tuoi quinterni! Benissimo! Sono tutti coperti di scarabocchi! Gli scarabocchi sui quinterni provano che lo scolaro è un ragazzino pulito e che studia bene. Ti darò sette meriti per gli scarabocchi. I ragazzi di buona volontà, come te, vanno sempre incoraggiati. Vediamo ora i tuoi libri. Arcibenissimo! Questi libri tutti strappati e sbrindellati, sono una bella prova che sai tenerne di conto. La prima cosa che deve fare uno scolaro perbene e veramente studioso, è quella di sciupare i libri di scuola. Ti darò cinque meriti per i libri sciupati. Se domani poi, venendo a scuola, ne perderai qualcuno per la strada, ti aggiungerò altri cinque meriti, perché la cosa possa servir d'esempio a' tuoi compagni.