12. Di quel che fu detto nella villetta del baobab.

In mezzo alla defezione generale, solo l’esercito restava fedele a Tartarino.

Il valoroso comandante Bravida, capitano di commissariato in pensione, gli manteneva intatta la sua stima. E’ un prode! si ostinava a dire, e questa sua affermazione aveva, immagino, lo stesso valore di quella del farmacista Bèzuquet. Nemmeno una volta il valoroso comandante aveva fatto allusione al viaggio di Tartarino in Africa; ma quando il clamore popolare divenne troppo insistente, egli si decise a parlare.

Una sera, lo sventurato Tartarino era solo nel suo studio, immerso in tristi pensieri, quando vide entrare il comandante. Solenne, coi guanti neri e abbottonato fino agli orecchi, il capitano in pensione disse con autorità: Tartarino, bisogna partire! E restò impalato nel vano della porta rigido e impassibile come il dovere. Tartarino comprese subito il profondo significato di quella frase.

Si alzò, pallidissimo, guardò con occhio pieno di tenerezza quel suo delizioso studio, così intimo, pieno di calore e di luce, quella sua poltrona così comoda, i suoi libri, i suoi tappeti, le grandi tende bianche alle finestre, dietro le quali tremavano i rami gracili delle sue piante; poi, avanzandosi verso il valoroso comandante, gli afferrò la mano, la strinse con energia, e con una voce dove si sentivano le lacrime, ma anche una stoica rassegnazione, gli disse: Partirò, Bravida! E, come aveva detto, partì. Ma non subito… gli ci volle il tempo per fare i preparativi. Per prima cosa ordinò da Bompard due grandi bauli rinforzati, con sopra una lunga targa recante l’iscrizione: TARTARINO DI TARASCONA. Cassa d’armi. Per rinforzare i bauli e per incidere la targa, ci volle molto tempo.

Poi ordinò da Tastavin un magnifico album da viaggio per scrivere il suo giornale e le sue impressioni; perchè, anche quando si va a caccia di leoni, c’è sempre tempo di fare delle riflessioni, specialmente durante gli spostamenti. Poi si fece venire da Marsiglia un carico di conserve alimentari, del pemmican in tavolette per fare il brodo, quel cibo tipico degli Indiani dell’America del Nord, che consiste in sottili fette di carne e pesce, seccate e affumicate. Poi una tenda di nuovo modello che si montava e si smontava in un minuto, un paio di stivali da marinaio, due ombrelli, un impermeabile, e un paio di occhiali azzurri contro i riflessi del sole. Infine il farmacista Bèzuquet gli preparò una piccola farmacia da viaggio, piena zeppa di cerotti, d’acqua d’arnica, di canfora e di aceto dei sette ladri. Povero Tartarino!

Egli sperava, a forza di precauzioni e di attenzioni delicate, di calmare il furore di Tartarino-Sancio che, da quando la partenza era stata decisa, non faceva che protestare dalla mattina alla sera.

13. La partenza.

Finalmente scoccò l’ora fatidica e solenne. Dall’alba, tutta Tarascona era in piedi, e affollava la strada di Avignone e le vicinanze della villetta del baobab. Gente alle finestre, sui tetti, sugli alberi; marinai del Rodano, facchini, lustrascarpe, impiegati, operaie della filanda, membri del circolo, insomma tutta la città; persino gente di Beaucaire era venuta a Tarascona, attraversando il ponte; c’erano anche degli ortolani dei sobborghi con le loro carrette coperte, dei vignaioli in sella alle loro mule tutte infiocchettate e cariche di nastri, di nappe e di bubboli, e non mancava qualche bella ragazza di Arles coi capelli intrecciati di nastri azzurri, venuta insieme all’amoroso, in groppa a un bel cavallino grigio della Camargue.

Tutta questa folla si accalcava davanti alla porta di Tartarino, di quel bravo signor Tartarino, che andava ad ammazzare i leoni dai Turchi. Per i Tarasconesi, l’Algeria, l’Africa, la Grecia, la Persia, la Turchia, la Mesopotamia, formano tutte insieme un immenso e indefinito paese, quasi mitologico, chiamato semplicemente i Turchi.

Davanti alla villetta del baobab erano ferme due grosse carriole. Di tanto in tanto, quando si apriva la porta, si potevano scorgere nel giardinetto alcune persone che passeggiavano con aria solenne. Degli uomini portavano valige, casse, sacchi a pelo, che accatastavano sulle carriole. A ogni nuovo pacco, la folla fremeva.