Si nominavano gli oggetti ad alta voce: Ecco la tenda… la carne in scatola… la farmacia… le casse d’armi… E i cacciatori di berretti davano spiegazioni.
Improvvisamente, verso le dieci, ci fu un gran movimento tra la folla.
La porta del giardino girò violentemente sui cardini. E’ lui!… E’ lui!
gridarono tutti. Era lui… Quando Tartarino apparve sulla soglia, due gridi di stupore partirono dalla folla: E’ un Turco! Ha gli occhiali!
Andando in Algeria, infatti, era sembrato necessario a Tartarino indossare il costume algerino. Ampi pantaloni bianchi a sbuffo, giacchettina stretta con bottoni di metallo, mezzo metro di cintura rossa intorno allo stomaco, il collo nudo, la fronte rasa, e sulla testa un gigantesco fez rosso con una nappa azzurra che non finiva mai… Inoltre, due pesanti carabine, una per spalla, un coltellaccio da caccia alla cintura e un revolver con la sua fondina che gli dondolava su un fianco. Nient’altro… Ah, scusate, dimenticavo gli occhiali; un enorme paio di occhiali azzurri che, molto a proposito, mitigavano alquanto l’aspetto un po’ troppo feroce del nostro eroe.
Viva Tartarino!… Viva Tartarino! gridò la folla.
Il grand’uomo sorrise, ma impedito dai fucili, non potè ringraziare. Del resto, sapeva ormai per esperienza quanto valeva il favore del popolo; forse, in fondo all’anima, egli malediceva quei suoi terribili concittadini che lo costringevano a partire, a lasciare la sua cara villetta dai muri bianchi e dalle persiane verdi… ma questo suo sentimento rimaneva nascosto.
Calmo e fiero, sebbene un po’ pallido, Tartarino si avanzò sulla strada, osservò le sue carriole, e dopo essersi assicurato che tutto era in ordine, si avviò risolutamente verso la stazione, senza voltarsi nemmeno una volta a guardare la sua villetta del baobab. Lo seguivano il valoroso comandante Bravida, capitano di commissariato in pensione, il presidente Ladevèze, l’armaiolo Costecalde e tutti i cacciatori di berretti; più indietro, le carriole, più indietro ancora, il popolo.
Il capostazione lo attendeva davanti alla banchina; era un reduce d’Africa del 1830, e gli strinse più volte calorosamente la mano.
Il rapido Parigi-Marsiglia non era ancora arrivato. Tartarino e il suo stato maggiore entrarono nella sala d’aspetto. Per evitare l’eccessivo affollamento della sala, il capostazione fece chiudere i cancelli.
Per un quarto d’ora, Tartarino camminò in lungo e in largo tra i cacciatori di berretti. Parlava del suo viaggio, della caccia, e prometteva a tutti una pelle di leone. Tutti si prenotarono per una pelle sul suo carnet, come ci si prenota per una danza. Tranquillo e sereno come Socrate al momento di bere la cicuta, l’intrepido Tarasconese aveva una parola per ciascuno, un sorriso per tutti. In un angolo, degli operai piangevano. Fuori, il popolo guardava attraverso le sbarre dei cancelli, e urlava: Viva Tartarino!
Finalmente suonò la campana. Un fischio lacerante e un rotolìo sordo fecero tremare le arcate della stazione… In vettura! In vettura!
Addio, Tartarino!… addio, Tartarino!…
Addio, a tutti!… mormorò il grand’uomo, e sulle guance del valoroso comandante Bravida baciò la sua cara Tarascona. Poi si slanciò verso il treno, e salì su una vettura piena di signore di Parigi, che stettero lì lì per morire dallo spavento nel vedere entrare quello strano uomo armato fino ai denti.
14. Il porto di Marsiglia, A bordo.
Il primo giorno di dicembre del 186… verso mezzogiorno, con un sole da inverno provenzale, e un cielo chiaro, limpido, luminoso, i Marsigliesi stupefatti videro sbucare sulla Canebière un Turco; ma un Turco più Turco di tutti quelli che fino allora avevano visto; eppure, Dio sa se a Marsiglia mancano i Turchi!
Inutile dirvi che quel Turco era Tartarino di Tarascona, il grande Tartarino, che camminava lungo il molo, seguito dalle sue casse d’armi, dalla sua farmacia, dalle sue scatole di carne in conserva, diretto verso l’imbarcadero della compagnia Touache, dove l’attendeva il piroscafo Zuavo che doveva condurlo in Algeria.
Con ancora negli orecchi l’eco degli applausi tarasconesi, ubriacato dalla luminosità del cielo e dall’odore del mare, Tartarino procedeva raggiante, coi fucili in spalla, la testa alta, e gli occhi spalancati sulle affascinanti meraviglie del porto di Marsiglia, che vedeva per la prima volta… Il pover’uomo credeva di sognare. Gli sembrava d’essere Sindbad il Marinaio e di trovarsi in una città fantastica da Mille e una notte.
Alberi e pennoni s’incrociavano in tutti i sensi a perdita d’occhio.
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