Questo gioco di parole verrà spesso sfruttato nel racconto. FINE

NOTA.

E il capitano se ne doveva intendere di valorosi, dopo averne vestiti tanti.

Più di una volta, in pieno tribunale, il vecchio presidente Ladevèze aveva detto di lui: E’ un carattere!

Anche il popolo era per Tartarino. Le sue spalle quadrate, la sua camminatura, la sua aria imperturbabile, quella fama di eroe piovuta non si sa da dove, qualche, distribuzione di palanche ai piccoli lustrascarpe accampati sulla soglia di casa sua, ne avevano fatto il re delle piazze tarasconesi. La domenica sera, sul lungofiume, quando Tartarino tornava dalla caccia col berretto sulle canne del fucile, stretto nella sua giacca di fustagno, i facchini del Rodano s’inchinavano pieni di rispetto, e ammiccando verso i bicipiti giganteschi che si gonfiavano sulle sue braccia, bisbigliavano tra loro con ammirazione: Quello sì che è forte!… Ha i muscoli doppi! Muscoli doppi!

Soltanto a Tarascona si può sentire una cosa simile! E tuttavia, nonostante le sue grandi doti, i suoi muscoli doppi, il favore popolare e la preziosa stima del prode comandante Bravida, capitano di commissariato a riposo, Tartarino non era felice; quella vita di piccola cittadina di provincia gli pesava, lo soffocava. Il grand’uomo di Tarascona, s’annoiava a Tarascona. Per un’anima eroica come la sua, per un’anima avventurosa e folle che sognava solo battaglie, scorrerie nelle pampas, cacce grosse, sabbie del deserto, uragani e tifoni, non bastava la solita battuta di caccia ai berretti della domenica, per poi passare il resto del tempo ad amministrare la giustizia nella bottega dell’armaiolo Costecalde… Povero, caro grand’uomo! A lungo andare, c’era da farlo morire di malinconia.

Invano, per allargare i suoi orizzonti, per dimenticare, almeno per un po’, il circolo e la piazza del Mercato, egli si circondava di baobab e di altra vegetazione africana; invano accumulava armi su armi, kriss malesi su kriss malesi; invano si riempiva la testa di letture romanzesche, cercando, come l’immortale Don Chisciotte, di liberarsi, in virtù del suo sogno, dagli artigli della inesorabile realtà… Ahimè! Tutto quello che faceva per calmare la sua febbre di avventure, non faceva che aumentarla.

La vista di tutte le sue armi lo teneva in uno stato continuo di collera e di eccitazione. Le sue carabine, le sue frecce, i suoi lazos gli gridavano: Battaglia! Battaglia! Fra i rami del suo baobab soffiava il vento dei grandi viaggi e gli dava dei cattivi consigli.

Oh, quante volte, nei pesanti pomeriggi estivi, mentre era immerso nella lettura, circondato dalle sue armi, quante volte Tartarino è balzato in piedi ruggendo! Quante volte, ha gettato il libro e si è precipitato a staccare un’arma dal muro! Il pover’uomo si dimenticava di essere a Tarascona, in casa sua, in mutande e con un fazzoletto in testa; trascinato dagli esempi delle sue letture, ed esaltandosi al suono della sua voce, egli brandiva un’ascia o un tomahawk e urlava: Ed ora, che vengano, loro!

Loro? Chi, loro?

Non lo sapeva nemmeno lui, Tartarino… Loro! Ma era tutto quello che attacca, tutto quello che combatte. tutto quello che morde, che graffia, tutto quello che scotenna, che grida, che ruggisce… Loro! erano gli Indiani Sioux, che danzano intorno al palo di guerra dove il povero bianco è legato. Era l’orso grigio delle Montagne Rocciose che si dondola e si lecca con la lingua piena di sangue. Era il Tuareg del deserto, il pirata malese, il brigante degli Abruzzi… Loro, insomma, erano loro!… cioè la guerra, i viaggi, l’avventura, la gloria.

Ma ahimè! inutilmente l’intrepido Tarasconese li chiamava e li sfidava… Loro non venivano mai… Che sarebbero venuti a fare a Tarascona?

Tuttavia Tartarino li aspettava sempre; specialmente la sera quando andava al circolo.

5. Quando Tartarino andava al circolo.

Il Templare che si prepara a una sortita per rompere l’assedio degli infedeli, il guerriero cinese che si equipaggia per la battaglia, l’indiano Comanche che scende sul sentiero di guerra, avrebbero fatto una ben magra figura davanti a Tartarino di Tarascona che, alle nove di sera, un’ora dopo gli squilli della ritirata, si armava da capo a piedi per andare al circolo.

Nella sinistra Tartarino teneva un pugno di ferro, nella destra un bastone animato; nella tasca sinistra una corta mazza ferrata, nella tasca destra una rivoltella. Sul petto, tra la camicia e la maglia, un kriss malese. Mai, però, frecce avvelenate: armi troppo sleali!

Prima di uscire, Tartarino faceva qualche breve esercizio nella penombra e nel silenzio del suo studio: parava, tirava contro il muro, gonfiava e rilassava i muscoli; poi prendeva la chiave di casa, e attraversava il giardino dignitosamente e senza fretta.

All’inglese, signori miei, all’inglese! E’ il vero coraggio.

Arrivato in fondo al giardino, apriva la pesante porta di ferro. L’apriva bruscamente e con estrema violenza, in modo che sbatacchiasse contro il muro… figuriamoci che frittata, se dietro ci fossero stati loro!

Disgraziatamente, non c’erano mai. Aperta la porta, Tartarino usciva, gettava un rapido sguardo a destra e a sinistra, poi, dopo aver chiuso energicamente la porta a doppia mandata, si metteva in cammino. Per la strada nemmeno un cane. Buio pesto. Porte e finestre serrate. Solo di tanto in tanto un fanale ammiccava tra la nebbia del Rodano…

Superbo e tranquillo, Tartarino andava nella notte, facendo risuonare ritmicamente i tacchi, e sprigionando scintille dal selciato con la punta del bastone… Tanto nei viali, quanto nelle vie più ampie e nei vicoletti, Tartarino aveva sempre cura di camminare in mezzo alla strada; ottima precauzione che permette di vedere arrivare il pericolo, e soprattutto di evitare quello che la sera a Tarascona cade qualche volta dalle finestre.