Due età, due educazioni, due mondi: lui ha quarantacinque anni, è scapolo; lei trentacinque, sposata con figli. Alla scrittrice interessa far intersecare queste presenze temporali senza che esse entrino poi davvero in contatto. In Un riepilogo, mentre lui parla, lei si perde nei suoi pensieri. Ciò che conta, nei casi elencati, non è l'incomunicabilità psicologica che molti artisti del Novecento hanno voluto porre in risalto con intenzionalità spesso meccanica. Nella mente di Virginia Woolf questi baratri intersoggettivi sono concrezioni del tempo, mulinelli d'anni, ristagni della corrente che infaticabile ci trascina verso l'abisso. Perfino l'esperienza amorosa venne da lei vissuta in modo tragicamente parassitario.
Non sempre tale consapevolezza è pienamente raggiunta. All'inizio, nei primi racconti, in molti ritratti di giovani donne della buona società londinese, l'indagine narrativa sembra voler evidenziare l'insofferenza per l'etichetta, la tradizione e i costumi dell'ambiente perbenista che l’autrice ben conosceva. Eppure già nel Diario di Joan Martyn emergono, assai più che il personaggio evocato, le stagioni e gli anni attraversati. In Oggetti solidi le cose possiedono una valenza fosforica -paiono informare l'ambiente in cui sono più delle persone - che basterebbe da sola a indicare la ferita profonda che si celava nella personalità dell'artista.
Tuttavia soltanto nella maturità Virginia Woolf raggiunse esiti di più compiuta efficacia. Lei stessa affermò di aver trovato l'originalità della propria voce, il timbro inconfondibile che oggi le riconosciamo, dopo i quarant’anni. Il tono aggraziato e morbido di alcune sue prove giovanili, la sensibilità visiva che sempre ne sostenne lo stile potentemente descrittivo si andò trasformando, attraverso un lavoro intenso e minuzioso che la progressione di questi racconti non potrebbe meglio illustrare, in una prosa scabra, priva di qualsiasi illusione vitale, in grado di trasmettere l'assurdo della condizione umana.
Leggiamo La signora nello specchio: un'immagine riflessa e non avremo più dubbi. Quella donna sola in casa che lo specchio vede muoversi, impegnata a compiere i gesti minimi, abituali dell'esistenza quotidiana, alla fine del racconto appare quasi fotografata da un flash atomico: «Si fermò di colpo. Indugiò accanto al tavolo. Era perfettamente immobile. Subito lo specchio la inondò di una luce che parve fissarla; era come se qualche acido mangiasse via l'inessenziale e il superficiale lasciando sopravvivere soltanto la verità».
Siamo giunti al punto cruciale. Qual è la verità? Virginia Woolf stacca per noi un ideale biglietto d'ingresso per la risposta: «Fu uno spettacolo affascinante. Tutto fluì via da lei - nuvole, abito, cesto, diamante -tutto ciò che si era chiamato il rampicante e il convolvolo. Rimase solo il compatto muro sottostante. Ecco la donna in sé. Era nuda in quella luce impietosa. Ma non conteneva nulla. Isabella era perfettamente vuota. Non aveva pensieri. Non aveva amici. Non si curava di nessuno. Quanto alle lettere, erano tutte fatture. E si badi: mentre era là, vecchia e spigolosa, venata e piena di rughe, con il naso alto e il collo grinzoso, non si dette nemmeno la pena di aprirle».
Con questa donna inerme davanti allo specchio, la scrittrice sembra volerci dire che nel punto in cui dovrebbero nascere i figli, comincia la scrittura. Come non ricordare gli hollow men, gli uomini vuoti, gli uomini impagliati resi celebri da Thomas Stearns Eliot, il quale peraltro incoraggiò e fu prodigo di consigli per la Woolf? Non solo: molti racconti della presente raccolta - specie quelli compresi nell'ultima sezione (1926-1941) - ci fanno tornare in mente i manichini di Beckett, i gessi, le statue, i mostri di molta letteratura novecentesca.
In quale altro modo interpretare, ad esempio, quella specie d'automa che è il protagonista di Scene della vita di un ufficiale di marina britannico? Un pezzo di bravura nel quale si coglie una crudele allusione agli eroi di Conrad, ad essi sottraendo l'umanità, quel dolcetto che Vladimir Nabokov trovava insopportabile. Allora dovremmo specificare la citazione: il Conrad della Woolf è lobotomizzato, operato al cervello, senza più l'aura avventurosa di Nostromo, né la possibilità di riscatto di un Lord Jim.
E cosa dire della terribile dissoluzione coniugale descritta in Lappin e Lapinova? Una giovane moglie, durante la luna di miele, paragona il marito a un coniglio per via del suo naso. Gli sposi costruiscono un mondo fittizio nel quale loro stessi prendono il nome di Re e Regina dei Conigli, il suocero è un bracconiere, la tavola delle feste una brughiera, il fracasso delle voci un trillo d'allodole.
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