Due anni dopo la suddetta dimensione fantastica svanisce nel nulla così com'era nata. Il marito torna marito. La moglie torna moglie. E il matrimonio si scioglie.
Il ghigno sinistro che pare formarsi sul volto di chi scrive queste storie in realtà non conosce sarcasmo, né grottesco: è un referto bruciante che recide alla base tutte le illusioni di felicità che uomini e donne non si stancano di costruire a beneficio di chi vorrebbe lasciarsi cullare nel dolce ritmo dell'esistenza. Virginia Woolf ha pagato un prezzo altissimo, facendosi da parte, senza ombra d'alterigia, nel tentativo di conquistare la distanza stilistica necessaria per poter soltanto vedere la frana dei tesori interiori, lo scacco perenne che attende ogni giovinezza disposta all'invenzione, l'inevitabile fine del sogno. Ha versato il suo dazio sia a livello letterario, rinunciando a utilizzare la confezione romanzesca tradizionale, sia a livello filosofico, deponendo sin dall'inizio le armi di una possibile nuova percezione della realtà, sia a livello umano.
Esiste, in quest'ultimo senso, un racconto, compreso nella raccolta che vi apprestate a leggere, che, per chi conosca la biografia woolfiana, risulta difficile sottrarre alla dimensione profetica. Il titolo è La vedova e il pappagallo: una storia vera. Vi si narra di una certa vecchia, Gage, povera e sola, la quale riceve dal fratello morto un'eredità per lei più che cospicua: la casa e tremila sterline. La beneficiata non ci pensa due volte a partire. Ma quale sorpresa l'attende! La casa, abitata da James, un gigantesco pappagallo grigio, è proprio malandata e dei soldi non v'è traccia. Cosa fare? La signora Gage torna indietro e nella notte s'appresta a guadare il fiume Ouse. Impresa abbastanza pericolosa per una donna della sua età, zoppa a una gamba. Quel fiume ha già inghiottito un mucchio di persone. Al colmo della sventura poi la casa prende fuoco: le luci sulVacqua inducono la vecchia a tornare indietro. Affranta, viene accolta in casa di una vecchia donna. La notte non riesce a prender sonno. Apre gli occhi e vede il grosso pappagallo James alla finestra che sembra volerla invitare a uscire. La signora Gage decide di seguirlo. L'uccello la conduce in mezzo alle rovine della casa distrutta: fra le macerie del camino le sterline saltano fuori. Nessuno toglierà mai dalla testa della signora Gage che sia stato il pappagallo James a provocare l'incendio: è lui che l'ha salvata dall'annegamento.
I toni allucinati di questo racconto, che sembra essere stato composto sul margine sfrangiato della favola metafisica, non dimostrano soltanto la misura fantastica di una vocazione - indicando ai nostri occhi perfino un nuovo incrocio ispirativo, fra Lewis Carrol e, se possibile, Marc Chagall stabiliscono altresì l'assolutezza del destino che abbiamo di fronte. Nello stesso fiume Ouse (contea del Sussex), dove rischiò di morire la signora Gage, il 28 marzo del 1941, in località Lewis, mentre sulla Manica si fronteggiavano i caccia tedeschi e quelli inglesi, Virginia Woolf, a 59 anni, si lasciò cadere con qualche specie di calcolata indifferenza.
Eraldo Affinati
Nota biobibliografica
CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE
1882. Virginia Adeline Stephen nasce a Londra, il 13 gennaio. Sia il padre – il celebre critico e saggista vittoriano Leslie Stephen – che la madre, Julia Jackson Duckworth, sono al secondo matrimonio. Maggiori di lei sono la sorella Vanessa e il fratello Thoby. L’altro fratello, Adrian, nasce un anno dopo. Resteranno profondamente impresse nella memoria evocativa le estati trascorse a St. Ives, in Cornovaglia.
1895. Muore la madre. Prime crisi nervose, in relazione anche con le ambigue attenzioni a lei rivolte dal fratellastro George.
1897. Intense letture. La casa è vivacemente frequentata dagli amici del padre, spesso personaggi della cultura del tempo.
1899.
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