Solo i signori della capitaneria e Schubal rimasero indifferenti.
«Ma», ripetè il signor Jakob e si avvicinò a Karl camminando un po' rigidamente, «allora io sono tuo zio Jakob, e tu sei il mio caro nipote. Me lo sentivo, per tutto il tempo!», disse al capitano, prima di abbracciare e baciare Karl, che lo lasciò fare in silenzio. «Come si chiama lei?», chiese Karl quando si sentì libero, con molta cortesia ma anche con totale indifferenza, sforzandosi di valutare le conseguenze che questo nuovo evento poteva avere per il fuochista. Per il momento nulla indicava che Schubal potesse ricavarne qualche vantaggio.
«Cerchi di capire la sua fortuna, giovanotto», disse il capitano, temendo che la domanda di Karl avesse leso la dignità del signor Jakob, il quale si era voltato verso la finestra, evidentemente per non dover mostrare agli altri il viso agitato, che per di più si asciugava con un fazzoletto. «È il senatore Edward Jakob che si è fatto riconoscere da lei come suo zio. Ormai lei ha davanti a sé una carriera brillante che certo non si aspettava. Cerchi di capirlo, per quanto è possibile così al primo momento, e dica qualcosa!»
«È vero che ho uno zio Jakob in America», disse Karl rivolto al capitano, «ma se ho capito bene, Jakob è il cognome del signor senatore.»
«Così è», disse solennemente il capitano.
«Ora, mio zio Jakob, che è fratello di mia madre, si chiama Jakob di nome, mentre il suo cognome dovrebbe naturalmente essere quello di mia madre, che da ragazza si chiamava Bendelmayer.»
«Signori!», gridò il senatore a questa spiegazione di Karl, abbandonando tutto allegro il suo rifugio accanto alla finestra. Tutti, ad eccezione dei due signori della capitaneria, scoppiarono a ridere, alcuni commossi, altri invece mantenendo un'espressione impenetrabile. «Quel che ho detto non era poi così ridicolo», pensò Karl.
«Signori», ripetè il senatore. «Stanno partecipando, contro la mia e la loro volontà, a una piccola scena di famiglia, e pertanto non posso fare a meno di dar loro qualche spiegazione perché, credo, soltanto il signor capitano» — a queste parole seguì uno scambio di inchini — «è pienamente informato.»
«Adesso però debbo star davvero attento a ogni parola», si disse Karl, e sbirciando dalla parte del fuochista vide con gioia che sul suo volto cominciava a tornare la vita.
«Io ho vissuto, per tutti i lunghi anni del mio soggiorno qui in America — la parola soggiorno però mal si addice a un cittadino americano, quale io mi sento con tutta l'anima —, per tutti questi lunghi anni dunque sono vissuto totalmente separato dai miei parenti d'Europa, per motivi che, innanzitutto, è superfluo menzionare in questa sede, e che, in secondo luogo, mi sarebbe davvero troppo doloroso raccontare. Temo persino il momento in cui sarò forse costretto a raccontarli al mio caro nipote, quando purtroppo sarà impossibile evitare qualche parola franca sui suoi genitori e sulla gente che hanno attorno.»
«È mio zio, non c'è dubbio», si disse Karl con le orecchie tese, «probabilmente si sarà fatto cambiare il cognome.»
«Dunque il mio caro nipote è stato — diciamola pure questa parola, che definisce la situazione così com'è — semplicemente cacciato via dai suoi genitori, come si scaraventa fuori dalla porta un gatto che dà fastidio. Non voglio assolutamente scusare quel che mio nipote ha fatto per meritare una simile punizione, ma la sua colpa è tale, che basta raccontarla per trovarvi giustificazioni a sufficienza.»
«Mi piace come parla», pensò Karl, «però non voglio che racconti tutto. Del resto non può saperlo. E come avrebbe potuto?»
«Egli fu infatti», continuò lo zio e con piccoli scatti si appoggiò al bastoncino piantato per terra davanti a sé, riuscendo così a spogliare la faccenda dell'inutile solennità che altrimenti avrebbe avuto, «egli fu infatti sedotto da una donna di servizio, Johanna Brummer, di circa trentacinque anni. Con il termine "sedotto" non voglio assolutamente offendere mio nipote, ma è difficile trovare parola più adatta.» Karl che si era alquanto avvicinato allo zio si girò per cogliere sul volto dei presenti l'impressione che aveva fatto quel racconto. Nessuno rideva, tutti ascoltavano seri e pazienti. Del resto non si ride del nipote di un senatore alla prima occasione che si presenti. Piuttosto si sarebbe potuto dire che il fuochista guardasse Karl con un lieve sorriso, cosa innanzitutto consolante in quanto denotava in lui ulteriori segni di vita, e anche scusabile, perché nella cabina Karl aveva voluto fare un così gran mistero di'una faccenda che adesso veniva resa di pubblico dominio in questo modo.
«Dunque questa Brummer», continuò lo zio, «ha avuto un figlio da mio nipote, un bimbo robusto che fu battezzato col nome di Jakob, senza dubbio per un riguardo alla mia umile persona che deve aver fatto grande impressione sulla ragazza, magari solo per qualche accenno accidentale di mio nipote. Fortunatamente, dico io. Perché i genitori, per evitare le spese del mantenimento del bambino o comunque lo scandalo che li avrebbe coinvolti — non conosco, debbo precisare, né le leggi di quel paese né le condizioni economiche dei genitori — perché essi, per evitare e le spese e lo scandalo hanno fatto trasportare in America il loro figlio, il mio caro nipote, con un corredo irresponsabilmente inadeguato, come si può toccar con mano; il ragazzo, senza i prodigi e i miracoli che ancora esistono in America, abbandonato a se stesso, si sarebbe sicuramente smarrito in qualche vicolo del porto di New York se quella cameriera, in una lettera a me indirizzata e giunta in mano mia soltanto l'altro ieri, dopo lunghi giri, non mi avesse raccontato tutta la storia e inviato la descrizione di mio nipote e in più, saggiamente, il nome della nave. Se volessi intrattenerli, signori, potrei leggerne qui qualche stralcio» — trasse di tasca e sciorinò due enormi fogli coperti di una fitta scrittura — . «La lettera farebbe sicuramente un certo effetto, perché è scritta con una certa furbizia ingenua, ma pur sempre a fin di bene, e con molto amore per il padre del bambino. Ma non voglio né trattenerli più di quanto è necessario a illuminarli, né forse ferire, proprio mentre gli do il benvenuto, i sentimenti probabilmente ancor vivi di mio nipote il quale, se vorrà, potrà leggere questa lettera nella quiete della sua camera che è già pronta ad accoglierlo.»
Ma Karl non provava alcun sentimento per quella ragazza. Nel confuso affollarsi di un passato che diventava sempre più lontano, essa sedeva in cucina accanto alla credenza, con un gomito appoggiato sul ripiano. Lo guardava, quando a volte lui entrava in cucina a prendere un bicchier d'acqua per il padre o a sbrigare qualche commissione della madre. Talvolta lei scriveva una lettera, in quella posizione contratta a fianco della credenza, e pareva che traesse ispirazione dal volto di Karl. Talvolta si teneva gli occhi nascosti dietro una mano, e allora non c'era verso di farsi dare ascolto. Talvolta stava inginocchiata nell'angusta cameretta accanto alla cucina e pregava davanti a un crocifisso di legno; Karl allora nel passare la osservava timorosamente dalla fessura della porta socchiusa. Talvolta correva come una forsennata per la cucina e faceva un balzo indietro, ridendo come una strega, se Karl le traversava la strada. Talvolta chiudeva la porta della cucina dopo che Karl era entrato, e teneva la mano sulla maniglia sinché lui non diceva che voleva andarsene.
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