Sembrava che quelle persone, brava gente del resto, prendessero la lite di Schubal col fuochista come uno spasso il cui ridicolo non scompariva neanche in presenza del capitano. Tra loro Karl notò anche la sguattera Line la quale, ammiccandogli allegramente, si metteva il grembiale gettato via dal marinaio, che infatti era suo.
Sempre seguendo il marinaio lasciarono l'ufficio e voltarono in un piccolo corridoio che due passi più in là li condusse a una porticina dalla quale una scaletta portava al battello preparato per loro. I marinai di questo battello, sul quale la loro guida saltò con un balzo solo, si alzarono e salutarono. Il senatore stava avvertendo Karl di scendere con prudenza quando questi, ancora sul primo gradino, scoppiò in un pianto dirotto. Il senatore gli mise la destra sotto il mento, e con la sinistra lo strinse a sé carezzandolo. Stretti l'uno all'altro scesero lentamente gradino dopo gradino e salirono sul battello, dove il senatore scelse per Karl un buon posto proprio di fronte al suo. A un suo cenno i marinai scostarono il battello dalla nave e subito si misero a lavorare a pieno ritmo. Si erano allontanati appena di qualche metro dal bastimento quando Karl d'un tratto si accorse che si trovavano proprio lungo la fiancata della nave su cui davano le finestre della cassa principale. Tutt'e tre le finestre erano occupate dai testimoni di Schubal, che salutavano e facevano cenni cordiali, lo zio rispose ai saluti e un marinaio, senza interrompere il ritmo cadenzato della voga, con gran destrezza mandò loro un bacio con la mano. Era proprio come se il fuochista non esistesse più. Karl considerò attentamente lo zio, le cui ginocchia quasi toccavano le sue, e fu assalito dal dubbio se quest'uomo avrebbe mai potuto sostituire il fuochista presso di lui. Lo zio sfuggì il suo sguardo e volse gli occhi alle onde che facevano oscillare il battello.
Questo ebook appartiene a luciana monghesci - 92138 Edito da Newton Compton Editori Acquistato il 9/23/2014 5:49:51 PM con numero d'ordine 937552
Lo zio
A casa dello zio Karl si abituò presto alla nuova situazione. Ma anche lo zio gli veniva incontro con bontà in ogni minima cosa, e mai Karl fu costretto a imparare dalle cattive esperienze, cosa che tanto spesso rende così amari i primi periodi di vita in un paese straniero.
La stanza di Karl era al sesto piano di un edificio i cui cinque piani inferiori, ai quali se ne aggiungevano altri tre sotterranei, erano occupati dall'azienda dello zio. La luce che penetrava nella stanza da due finestre e da una porta finestra che dava sul balcone, stupiva Karl ogni volta, quando la mattina entrava lì dalla sua piccola camera da letto. Dove gli sarebbe toccato abitare, se fosse approdato come un povero piccolo emigrante? Già, forse non lo avrebbero neppure fatto entrare negli Stati Uniti, cosa che lo zio, a quel che sapeva delle leggi sull'immigrazione, riteneva addirittura assai probabile, ma lo avrebbero rimandato a casa, senza preoccuparsi del fatto che lui non avesse più una patria. Infatti qui non c'era da aspettarsi nessuna compassione, ed era esattissimo quello che Karl aveva letto sull'America in proposito; pareva che qui soltanto i fortunati potessero veramente godere della loro fortuna, tra i volti indifferenti della gente attorno a loro.
Davanti alla camera, per tutta la sua lunghezza, si protendeva uno stretto balcone. Ma quel balcone che, nella città di Karl, sarebbe stato il punto panoramico più alto, qui non offriva molto più della vista di una strada che, dritta e come in fuga tra una fila di edifici letteralmente squadrati, si perdeva in lontananza, dove da una fitta caligine si ergeva enorme la sagoma di una cattedrale. E di mattina come di sera come nei sogni della notte, in questa strada si svolgeva un traffico incalzante, che visto dall'alto appariva come un ininterrotto disseminarsi e rimescolarsi di figure umane distorte e di tetti di veicoli d'ogni genere, da cui si levava un nuovo, molteplice, più turbolento miscuglio di rumori, polvere e odori, e tutto questo era racchiuso e pervaso da una luce potente che di continuo veniva dispersa, portata via e poi di nuovo instancabilmente catturata dalla moltitudine degli oggetti e appariva all'occhio smarrito così corporea, come se su quella strada venisse a ogni istante mandata in pezzi con tutte le forze una lastra di vetro che tutta la coprisse.
Prudente com'era in ogni cosa, lo zio consigliò a Karl di non impegnarsi seriamente in nulla, per il momento. Sperimentasse pure e guardasse tutto, ma senza lasciarsene catturare. I primi giorni di un europeo in America erano come una nascita, e anche se qui, perché Karl non si spaventasse inultilmente, ci si ambientava più rapidamente di quando dall'ai di là si fa il proprio ingresso nel mondo degli uomini, si doveva tuttavia tener presente che il primo giudizio che si formula non ha mai basi molto solide, e non bisogna lasciare che esso confonda gli eventuali giudizi futuri, col cui aiuto si vorrà continuare qui la propria vita. Aveva lui stesso conosciuto dei nuovi arrivati i quali per esempio, anziché attenersi a questi sani princìpi, erano rimasti per intere giornate sui loro balconi a guardare come pecore smarrite la strada sotto di sé. Questo non poteva non sconvolgerli! Quest'ozio solitario, che s'incanta a guardare un'operosa giornata newyorkese, poteva essere consentito e forse, anche se non senza qualche riserva, consigliato a uno che viaggiasse per diporto, ma per uno che sarebbe rimasto in America era una rovina, si poteva tranquillamente usare questa parola anche se forse era un po' esagerata. Ed effettivamente lo zio storceva irritato la bocca quando durante una delle sue visite, che avvenivano sempre una sola volta al giorno ma alle ore più diverse, trovava Karl sul balcone. Karl presto se ne accorse e perciò si negò per quanto potè il piacere di starsene sul balcone.
Del resto, quello non era l'unico piacere che avesse. Nella sua camera c'era una scrivania americana di ottima qualità, come quella che suo padre aveva desiderato per tanti anni e cercato di comprare, nelle aste più diverse, a un prezzo modico, adeguato alle sue possibilità, senza mai riuscirci data la modestia delle sue finanze. Naturalmente questo mobile non era nemmeno da paragonarsi alle cosiddette scrivanie americane che giravano per le aste europee. Per esempio, sull'alzata aveva cento scomparti delle misure più diverse, e persino il Presidente degli Stati Uniti avrebbe trovato il posto adatto per ciascuno dei suoi incartamenti, ma oltre a ciò sulla fiancata c'era un regolatore, e girando una manovella si potevano ottenere, secondo il capriccio e il bisogno, gli spostamenti e le ristrutturazioni più diverse degli scomparti. Sottili pareti divisorie si abbassavano a formare il fondo o il cielo di nuovi scomparti; un solo giro bastava a far prendere all'alzata un aspetto completamente diverso, e a seconda della velocità con cui si girava la manovella, tutto accadeva lentamente oppure a folle velocità. Era un'invenzione recentissima, ma ricordava vivamente a Karl le rappresentazioni della Natività che nella sua città venivano mostrate ai bambini ammirati al mercato di Natale, e anche Karl, imbacuccato nei suoi panni invernali, si era fermato spesso lì davanti, e aveva confrontato incessantemente il giro della manovella, azionata da un uomo anziano, con gli effetti che esso provocava nella rappresentazione, l'avanzare a scatti dei Re Magi, l'accendersi della stella e la vita sommessa nella sacra stalla. E sempre aveva avuto l'impressione che la madre, che stava dietro di lui, non seguisse gli avvenimenti con la dovuta attenzione; se la tirava vicina sinché non la sentiva contro la propria schiena, e le mostrava con chiassose esclamazioni qualche accadimento più nascosto, magari un leprotto sul davanti, che tra l'erba si rizzava sulle zampe posteriori e poi si preparava di nuovo alla corsa, finché la madre non gli chiudeva la bocca e probabilmente ricadeva nella sua distrazione di prima.
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