Più nessun fuochista sarebbe andato a blaterare alla cassa principale, soltanto delle sue ultime chiacchiere si sarebbero ricordati con una certa simpatia perché, come aveva espressamente dichiarato il senatore, gli avevano indirettamente offerto l'occasione di riconoscere il nipote. Del resto questo nipote in precedenza aveva più d'una volta cercato di essergli utile, e perciò si era ampiamente sdebitato in anticipo del servizio resogli riguardo al riconoscimento; al fuochista non veniva neppure in mente di chiedergli ancora qualcosa. Del resto, fosse pure nipote di un senatore, ma un capitano non era di certo, e in fin dei conti dalle labbra del capitano sarebbe venuta la parola di condanna. Conformemente a questi suoi pensieri, il fuochista si sforzava di non guardare nemmeno verso Karl, ma in quella stanza piena di nemici non esisteva altro rifugio che lui per i suoi occhi.

«Non fraintendere la situazione», disse il senatore a Karl, «si tratta forse di uria questione di giustizia, ma allo stesso tempo è in ballo anche una questione di disciplina. Ambedue le cose, e l'ultima soprattutto, qui sono soggette al giudizio del signor capitano.»

«Così è», mormorò il fuochista. Chi sentì e comprese, sorrise stupito.

«Inoltre abbiamo già troppo distolto il signor capitano dalle sue funzioni, che di sicuro all'arrivo a New York debbono moltiplicarsi incredibilmente, e per noi è più che tempo di lasciare la nave, anche perché questa meschina rissa tra due macchinisti non diventi chissà quale affare se ce ne immischiamo a sproposito. Del resto, caro nipote, comprendo perfettamente il tuo modo di agire, ma proprio questo mi dà il diritto di portarti via di qua al più presto.»

«Farò subito calare una scialuppa per lei», disse il capitano, senza obiettar nulla, con gran meraviglia di Karl, alle parole dello zio, che pure potevano essere interpretate senz'ombra di dubbio come un atto di umiliazione. Il cassiere capo si precipitò alla scrivania e comunicò telefonicamente all'ufficiale di coperta l'ordine del capitano.

«Il tempo stringe», si disse Karl, «ma non posso far nulla senza offendere tutti. Non posso lasciar lo zio adesso che mi ha appena ritrovato. Il capitano è cortese, sì, ma questo è tutto. Di fronte alla disciplina la sua cortesia cessa, e lo zio ha di certo interpretato perfettamente il suo pensiero. Con Schubal non voglio parlare, mi dispiace persino di avergli dato la mano. E tutta l'altra gente che è qui non conta nulla.» E immerso in questi pensieri si avvicinò lentamente al fuochista, gli tolse la destra dalla cintura e la tenne giocherellando nella sua.

«Ma perché non dici nulla? Perché sopporti tutto?» Il fuochista corrugò la fronte, come se stesse cercando le parole per quel che aveva da dire. Intanto teneva gli occhi chini a guardare la mano di Karl e la sua.

«A te è stato fatto un torto come a nessun altro su questa nave, lo so bene.» E Karl fece passare più volte le dita tra quelle del fuochista, che si guardò attorno con occhi splendenti, come se gli stesse capitando una gioia che nessuno poteva rimproverargli.

«Ma tu devi difenderti, devi dire sì e no, altrimenti la gente non avrà la più pallida idea della verità. Promettimi che mi obbedirai, perché ho parecchi motivi di temere che non potrò più esserti d'aiuto.» E Karl si mise a piangere, mentre baciava la mano del fuochista, e prese quella mano screpolata, quasi inerte, e se la premette sulla guancia, come un tesoro al quale si deve dire addio. — Ma già lo zio senatore gli era accanto e lo trascinava via, anche se con violenza quasi impercettibile.

«Pare proprio che il fuochista ti abbia stregato», disse, lanciando un'occhiata d'intesa al capitano al di sopra della testa di Karl.

«Ti sentivi abbandonato, hai trovato il fuochista e adesso senti della riconoscenza per lui, questo è assai lodevole. Ma non spingere troppo oltre la cosa, anche solo per amor mio, e impara a comprendere la tua posizione.» Davanti alla porta ci fu un tramestio, si udirono delle grida e sembrò addirittura che qualcuno venisse spinto brutalmente contro la porta. Entrò un marinaio alquanto in disordine, con un grembiule da cameriera legato attorno ai fianchi. «Fuori c'è gente», gridò, e dava gomitate a destra e a sinistra come se si trovasse ancora nella mischia. Infine si ricompose e voleva fare il saluto al capitano, ma si accorse del grembiule, se lo strappò di dosso, lo gettò a terra e gridò: «Che schifo, mi hanno messo un grembiule da donna!». Ma poi batté i tacchi e salutò il capitano. Qualcuno accennò a una risata, ma il capitano disse severamente: «C'è molta allegria, a quanto vedo. Chi c'è lì fuori?».

«Sono i miei testimoni», disse Schubal facendo un passo avanti, «prego umilmente di scusare il loro contegno sconveniente. Quando questa gente ha finito una traversata, a volte è come matta.»

«Li chiami subito qua!», comandò il capitano, e volgendosi al senatore disse cortese ma breve: «Adesso abbia la bontà, egregio signor senatore, di seguire assieme a suo nipote questo marinaio che la condurrà al battello. Non ho bisogno di dire quale piacere e quale onore sia stato per me fare la sua conoscenza personale, signor senatore. Mi auguro solo di potere aver presto occasione di riprender con lei, signor senatore, il nostro discorso, che è rimasto interrotto, sulla situazione della flotta americana e di venir forse interrotto di nuovo altrettanto piacevolmente.»

«Per ora mi basta questo nipote», disse sorridendo lo zio. «E ora accetti i miei migliori ringraziamenti per la sua amabilità, e stia bene. Del resto non è forse impossibile che noi» — strinse affettuosamente Karl a sé — «nel nostro prossimo viaggio in Europa possiamo stare più a lungo in sua compagnia.»

«Ne sarei davvero lieto», disse il capitano. I due signori si strinsero la mano, Karl potè tendere la sua al capitano solo in silenzio e di sfuggita, perché questo era già impegnato con la quindicina di persone che, guidate da Schubal, entravano un po' intimidite, ma pur sempre rumorose. Il marinaio chiese al senatore il permesso di precederlo, e aprì un varco tra la folla per lui e per Karl, che passarono senza difficoltà, tra gli inchini di tutti.