Ma se la riporto indietro stasera stessa, suo zio la prossima volta non potrà dire di no.» E già prendeva Karl per mano per mandare ad effetto il suo piano. Ma Karl non si mosse e Klara pregò il padre di farlo restare, perché almeno lei e Karl non sarebbero stati disturbati dal signor Green, e alla fine anche il signor Pollunder dovette ammettere che la sua decisione non era poi così salda. Inoltre — e forse fu questo a decidere — improvvisamente si udì la voce del signor Green che dall'alto della scala gridava giù in giardino: «Ma dove siete?».
«Venite», disse Pollunder e si avviò verso la scala. Karl e Klara lo seguirono e ora che c'era più luce si studiavano a vicenda.
«Che labbra rosse ha», si disse Karl, e pensava alle labbra del signor Pollunder e a che bella metamorfosi esse avevano subito nella figlia.
«Dopo cena», disse lei, «se è d'accordo andremo subito in camera mia, per levarci di torno almeno noi questo signor Green, dal momento che già papà è costretto a occuparsene. E lei sarà così gentile da suonare il pianoforte per me, perché papà mi ha raccontato quanto è bravo; invece io purtroppo sono assolutamente incapace di suonare e non tocco mai il pianoforte, sebbene in realtà ami molto la musica.» Karl approvò pienamente la proposta di Klara, anche se gli sarebbe piaciuto coinvolgere anche il signor Pollunder nella partita. Ma di fronte alla figura gigantesca di Green — all'altezza di Pollunder Karl si era già abituato — la quale, via via che salivano le scale, lentamente si dispiegava innanzi a loro, Karl perse ogni speranza di poter carpire in un modo o nell'altro, per quella sera, il signor Pollunder a quell'uomo.
Il signor Green li salutò in gran fretta, come se bisognasse recuperare il molto tempo perduto, prese a braccetto il signor Pollunder e spinse Karl e Klara davanti a sé nella sala da pranzo la quale, soprattutto per i fiori sul tavolo che facevano capolino da strisce di foglie verdi, aveva un aspetto davvero di festa, e faceva doppiamente deplorare la presenza dell'importuno signor Green.
Karl, che aspettava accanto al tavolo che gli altri si sedessero, stava appunto rallegrandosi tra sé che la grande finestra sul giardino fosse aperta, perché nella stanza entrava un intenso profumo che faceva pensare di trovarsi sotto un pergolato, quando il signor Green sbuffando forte si mise a chiudere quella finestra, chinandosi verso i paletti più bassi e allungandosi verso quelli più alti, e tutto con rapidità così giovanile che il servitore che era accorso non trovò più nulla da fare. A tavola le prime parole che il signor Green pronunciò furono di meraviglia per il fatto che Karl avesse ricevuto dallo zio il permesso di far quella visita. Portava alla bocca una cucchiaiata di minestra dopo l'altra e spiegava a destra a Klara, a sinistra al signor Pollunder il motivo per cui se ne stupiva tanto, e con quanta cura lo zio vegliava su Karl, e che il suo affetto per Karl era troppo grande per poterlo ancora definire un affetto di zio.
«Non gli basta di essersi intrufolato qui, vuole intrufolarsi anche tra me e mio zio», pensava Karl, e non poteva mandar giù nemmeno un sorso di quella minestra dorata. Però poi non volle che gli altri si accorgessero del fastidio che provava, e cominciò a inghiottire la minestra in silenzio. Il pranzo andava avanti con la lentezza di un supplizio. Soltanto il signor Green, e al massimo Klara, erano più animati e ogni tanto trovavano il modo di fare una breve risata. Il signor Pollunder prese parte alla conversazione solo qualche volta, quando il signor Green intavolava un discorso di affari. Ma ben presto lasciava cadere anche quegli argomenti, e il signor Green dopo un po' doveva coglierlo di sorpresa e riprendere il discorso interrotto. Del resto tenne a sottolineare — e fu qui che Karl, il quale tendeva l'orecchio come di fronte a un pericolo, dovette essere ammonito da Klara che davanti a lui c'era l'arrosto, e che insomma lui si trovava a una cena — che da principio non aveva avuto l'intenzione di fare quella visita inaspettata. Infatti, anche se l'affare di cui dovevano discutere era molto urgente, avrebbero potuto trattarne gli aspetti più importanti quel giorno in città, e rimandare quelli secondari al giorno seguente, o a più tardi ancora. Infatti si era recato dal signor Pollunder molto prima della chiusura degli uffici ma non lo aveva trovato, e così era stato costretto a telefonare a casa per avvertire che quella notte non sarebbe rientrato, e a recarsi fuori città.
«Allora debbo scusarmi», disse Karl ad alta voce, e prima che qualcuno avesse il tempo di rispondere, «perché è per colpa mia che il signor Pollunder oggi ha lasciato l'ufficio prima del solito, e me ne dispiace molto.» Il signor Pollunder nascose quasi tutta la faccia dietro il tovagliolo, mentre Klara rivolgeva a Karl un sorriso, però non di simpatia, ma come se volesse avvertirlo di qualcosa.
«Non c'è bisogno di scusarsi», disse il signor Green che stava squartando un piccione con un coltello tagliente, «al contrario, sono lieto di trascorrere la serata in sì piacevole compagnia anziché cenare solo soletto a casa, dove mi serve la mia vecchia governante, la quale è cosi vecchia che stenta a compiere il tratto che c'è tra la porta e il mio tavolo, e io posso starmene a lungo sdraiato sulla mia sedia a contemplarla mentre fa questo viaggio. Solo da poco tempo sono riuscito ad ottenere che il cameriere porti le vivande sino alla porta della sala da pranzo, ma il tratto dalla porta al mio tavolo spetta a lei, a quanto son riuscito a capire.»
«Mio Dio», gridò Klara, «questa sì che è fedeltà!»
«Sì, al mondo esiste ancora la fedeltà», disse il signor Green portandosi un pezzo di carne alla bocca dove, come a Karl venne fatto di notare, la lingua afferrò di slancio il boccone. Stava per sentirsi male, e si alzò in piedi. Quasi all'unisono il signor Pollunder e Klara gli afferrarono le mani.
«Deve restare ancora seduto», disse Klara. E quando egli ebbe obbedito gli sussurrò: «Presto ce la svigneremo insieme. Abbia pazienza».
Nel frattempo il signor Green si occupava tranquillamente della sua cena, come se fosse ovviamente compito del signor Pollunder e di Klara calmare Karl se lui lo aveva fatto sentir male.
La cena si protraeva a lungo soprattutto per la meticolosità con cui il signor Green si dedicava a ogni portata e, sempre pronto com'era ad accogliere ogni nuova vivanda senza dar segno di stanchezza, dava davvero l'impressione di volersi totalmente rifare della sua vecchia governante. Di tanto in tanto lodava l'abilità della signorina Klara come padrona di casa, e questo la lusingava visibilmente, mentre Karl sentiva una gran voglia di contraddirlo, quasi che lui la stesse oltraggiando. Ma al signor Green Klara non bastava, e più d'una volta deplorò senza alzar gli occhi dal piatto la palese mancanza d'appetito di Karl. Il signor Pollunder prese a difendere l'appetito di Karl, benché come padrone di casa avrebbe dovuto invece incoraggiare Karl a mangiare. E veramente, a causa della costrizione di cui aveva sofferto durante quella cena Karl si sentiva così suscettibile che prese le parole del signor Pollunder come una scortesia. E dipendeva soltanto da questo suo stato d'animo il fatto che a volte si metteva a mangiare molto e velocemente, in modo assai sconveniente, e poi a lungo deponeva stancamente coltello e forchetta ed era il più apatico di tutta la compagnia, tanto che il servitore che gli porgeva le vivande non sapeva più che fare.
«Domani stesso racconterò al signor senatore come lei abbia offeso la signorina Klara non mangiando nulla», disse il signor Green, e solo il modo in cui maneggiava le posate dimostrò che le sue parole avevano un'intenzione scherzosa.
«Guardi un po' com'è triste questa ragazza», proseguì e prese Klara per il mento. Lei si lasciò fare e chiuse gli occhi.
«Bambina», gridò lui, e appoggiandosi allo schienale della sedia si mise a ridere, con l'energia dell'uomo sazio. Invano Karl cercava di capire il contegno del signor Pollunder. Questi stava lì a fissare il piatto, come se la cosa davvero importante stesse accadendo lì dentro. Non si tirava vicina la sedia di Karl, e le rare volte che apriva bocca si rivolgeva a tutti, ma a Karl non aveva niente di speciale da dire.
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