Delamarche e Robinson si erano sdraiati e si stiravano con tutte le loro forze. Karl sedeva dritto e guardava la strada qualche metro più in basso, sulla quale le automobili, com'era stato nel corso di tutta quella giornata, s'incrociavano rapide e leggere, come se qualcuno da un punto lontano ne facesse partire un numero preciso e qualcun altro le aspettasse all'altro capo, sempre nello stesso numero. Per tutto il giorno, sin dal primo mattino, Karl non aveva visto un'automobile fermarsi, un passeggero scendere.
Robinson propose di passar la notte lì, dal momento che erano tutti abbastanza stanchi, così l'indomani avrebbero potuto mettersi in cammino per tempo, e infine non avrebbero potuto trovare giaciglio migliore e più a buon mercato, prima che si facesse buio del tutto. Delamarche fu d'accordo, ma Karl si credette in dovere di dire che aveva denaro sufficiente per pagare un letto per tutti, anche in un albergo. Delamarche disse che di denaro avrebbero avuto ancora bisogno, Karl aveva soltanto da tenerlo bene in serbo. Delamarche non faceva mistero che contavano sul denaro di Karl. Accettata che fu la sua proposta, Robinson dichiarò che però prima di dormire avrebbero avuto bisogno di una cena sostanziosa, per raccoglier le forze per l'indomani, e che qualcuno doveva andare a prender da mangiare per tutti all'albergo, di cui si vedeva splendere molto vicina, sulla strada provinciale, l'insegna «Hotel Occidental». Essendo il più giovane dei tre, e dal momento che nessun altro si faceva avanti, Karl non esitò a offrirsi di fare questa commissione, e ricevuta un'ordinazione di pancetta affumicata, pane e birra, si diresse all'albergo.
Nei pressi doveva esserci una grande città, perché già la prima sala dell'albergo in cui Karl entrò era piena di una folla chiassosa, e al bancone che correva sulla parete lunga e sulle due laterali si affaccendavano senza un minuto di sosta molti camerieri con grembiali alti fino al petto, eppure non riuscivano a contentare i clienti impazienti, perché da tutte le parti si udivano di continuo imprecazioni e pugni battuti sui tavoli. A Karl nessuno badò; nella sala non esisteva servizio, gli ospiti, seduti a tavolini così minuscoli che già con tre persone attorno scomparivano alla vista, prelevavano al banco tutto quel che desideravano. Su ogni tavolinetto c'era una grande bottiglia con olio, aceto o qualcosa del genere, e tutte le vivande prese al bancone venivano innaffiate col liquido contenuto in quelle bottiglie. Per arrivare al banco, dove con un'ordinazione grossa come la sua sarebbero cominciate le vere difficoltà, Karl doveva farsi strada attraverso i tanti tavolini, e nonostante ci stesse molto attento non potè farlo senza disturbare i clienti, che tuttavia pareva che non si accorgesserò di niente, persino quando Karl, spinto del resto a sua volta da un cliente, fu gettato contro un tavolino e quasi lo rovesciò. Chiese scusa, ma evidentemente non lo capivano, e del resto neppure lui capiva nulla di quanto gli veniva gridato.
Al bancone trovò a fatica un posticino libero, dal quale a lungo non riuscì a veder nulla a causa dei gomiti che i suoi vicini appoggiavano sul ripiano. Sembrava che lì fosse un uso comune tenere i gomiti appoggiati e le tempie sul pugno; Karl non potè non pensare a quanto il suo insegnante di latino, il dottor Krumpal, aveva odiato quella posizione, e a come arrivava sempre silenzioso e di sorpresa, e con un righello che saltava fuori d'improvviso faceva scivolar giù i gomiti dal tavolo con un colpetto scherzoso.
Karl era pigiato contro il bancone, perché appena aveva trovato posto dietro di lui avevano sistemato un tavolino, e uno dei clienti che vi stavano seduti, ogni volta che nel parlare si piegava un po' alPindietro strisciava pesantemente col grande cappello sulla schiena di Karl. E per di più, la speranza di ottener qualcosa dal cameriere era poca, anche quando i suoi due grossolani vicini se ne furono andati via soddisfatti. Qualche volta Karl di sopra il bancone aveva afferrato un cameriere per il grembiule, ma questo si era liberato con uno strattone, storcendo il viso. Non se ne riusciva a fermare nessuno, non facevano che correre e correre. Se almeno vicino a Karl ci fosse stato qualcosa di adatto da mangiare e da bere, lui l'avrebbe preso, avrebbe chiesto il prezzo, lasciato il denaro e se ne sarebbe andato contento. Ma lì davanti c'erano solo dei piatti con pesci simili ad aringhe, le cui nere squame avevano sugli orli dei riflessi dorati. Dovevano esser molto cari, e probabilmente non avrebbero saziato nessuno. Inoltre a portata di mano c'erano dei boccaletti di rum, ma non voleva portare del rum ai suoi compagni, che già sembravano propendere anche troppo verso le bevande più alcoliche, e in questo non voleva incoraggiarli.
A Karl dunque non restava che cercare un altro posto e ricominciar da capo coi suoi tentativi. Però era anche già passato molto tempo. L'orologio all'altro capo della sala, di cui aguzzando gli occhi si riusciva appena a distinguer le lancette attraverso il fumo, segnava già le nove passate. Negli altri punti del bancone la ressa però era ancora più grande che nel posto dov'era stato prima, un po' appartato. Inoltre via via che il tempo passava, la sala si riempiva sempre più. Dalla porta principale entravano in continuazione nuovi clienti, lanciando alte grida di saluto.
In alcuni punti i clienti sgombravano essi stessi il bancone e ci si sedevano sopra bevendo alla salute l'uno dell'altro, erano i posti migliori, di lì si dominava tutta la sala.
Karl si spinse ancora avanti, ma senza più speranza di ottener qualcosa. Si rimproverava di essersi offerto di fare quella commissione, lui che non conosceva le usanze del posto. I suoi compagni avrebbero avuto tutto il diritto di rimproverarlo e di pensare che non aveva portato niente per risparmiare i soldi. Adesso si trovava in una parte del locale dove ai tavoli mangiavano piatti caldi di carne con belle patate gialle; non riusciva a capire come avessero fatto a procurarseli.
Allora vide a qualche passo di distanza una donna anziana, che evidentemente apparteneva al personale dell'albergo, la quale parlava ridendo con un cliente. Intanto con una forcina non la smetteva di trafficare tra i suoi capelli. Subito Karl decise di fare la sua ordinazione a quella donna, intanto perché, come unica donna della sala, voleva dire per lui un'eccezione al chiasso e al marasma generali, e poi anche per il semplice motivo che era l'unica dipendente dell'albergo a portata di mano, sempre che non scappasse via in faccende alla prima parola che le avesse rivolto.
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