Tutti i romanzi

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Questo ebook appartiene a EVA Catilla - 92055 Edito da Newton Compton Editori Acquistato il 9/22/2014 5:18:14 PM con numero d'ordine 936266
Prima edizione ebook: aprile 2012
© 2011 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-4036-3
www.newtoncompton.com
Edizione elettronica realizzata da Gag srl
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Luigi Pirandello
Tutti i romanzi
L’esclusa, Il turno, Il fu Mattia Pascal,
Suo marito, I vecchi e i giovani,
Quaderni di Serafino Gubbio operatore,
Uno, nessuno e centomila
A cura di Sergio Campailla
Edizioni integrali

Newton Compton editori
Questo ebook appartiene a EVA Catilla - 92055 Edito da Newton Compton Editori Acquistato il 9/22/2014 5:18:14 PM con numero d'ordine 936266
Il figlio del Caos
Nascita:
«... Io dunque son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Kaos...».
Così Pirandello costruisce la sua leggenda personale, il suo mito di scrittore che risponde a un destino. Doveva nascere a Girgenti, ma in quel periodo, anno 1867, mese di giugno, il colera mieteva vittime con una larga falce. La madre, per trovare ricovero agli assalti della malattia, si rifugiò in un casale di proprietà della famiglia, non remoto dalla città, collocato su un altopiano di argille, affacciato sul mare africano, di un aspro azzurro, in prossimità ormai di Porto Empedocle. Il nome: Càvusu, cioè, in dialetto locale, Caos. Anche il bosco appartiene a una geografia reale e insieme simbolica. Il bosco è sacro, luogo di iniziazione, labirinto originale. Luigi Pirandello, dunque, come figlio del Caos, una specie di Neverland metafisico, una carta anagrafica di indefinibile prestigio, che esercita una profonda suggestione nella ricerca di un’identità, impossibile. In altra occasione l’autore rammenta il tempo fatale della nascita: dice di essere caduto come una lucciola nella notte, sotto un gran pino solitario, nella campagna popolata da antichi ulivi saraceni. Racconta di esser nato prematuro, dato che la madre aveva sofferto di uno spavento, prodotto dalla grave epidemia. Prematuro e senza aiuto, perché lo zio, recatosi a cercare il soccorso di una contadina, era tornato troppo tardi. Quell’anno erano morti in tanti a causa del colera, e uno con immunità, a riparazione, invece nasceva. Implicito ma profondo il sentimento della morte in agguato, la precarietà di un risarcimento.
Il colera, in Italia e in particolare nel Meridione e in Sicilia, era di casa, come la peste. E il suo apparire costeggia la letteratura, e talvolta sembra che la generi. Si intende che i tempi sono malvagi e che quella nascita in controtendenza è, se non un oscuro peccato, almeno un pesante fardello.
Morte:
«Mie ultime volontà da rispettare.
I. Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiere, non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni.
II. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso.
III. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta.
IV. Bruciatemi. E il mio corpo, appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui».
Queste le disposizioni testamentarie per un evento che si verificò nel 1936, due anni dopo il conferimento del premio Nobel, che ne aveva consacrato ufficialmente la statura mondiale. Colpiscono in queste righe l’ascetismo, il rifiuto delle convenzioni, l’accettazione di un ciclo, che si è aperto e che si chiude. Si è aperto e si chiuderà nella campagna siciliana, a Girgenti: con la dispersione delle ceneri, contro la norma cristiana e cattolica dell’inumazione della salma, quindi con un tributo di restituzione integrale al Caos; oppure, se necessario, raccolte in un’urna murata dentro una rozza pietra, alla maniera greca.
Impressiona l’insistenza sulla nudità, il platonismo dell’anima ormai in versione nichilistica.
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