A questa nobiltà - egli dice ai suoi - che dopo aver audacemente corteggiato la gloria, se n’è allontanata, fate vedere che andate là non per fare come loro, ma per corteggiarla e sposarla, la gloria.
([25]) “The spark”: nell’antico inglese si dava questo appellativo (“favilla”, “scintilla”) in chiave spregiativa ad un giovane, uomo o donna, esibizionista di modi sussiegosi e affettati.
([26]) “In the regiment of the Spinii”: “Spinii” è nome inventato; forse Shakespeare ha nell’orecchio il nome di Malaspina.
([27]) “… they wear themselves in the cap of the time”: letteralm.: “… essi si vestono sotto la cappa del tempo”. La frase è variamente intesa: “Sono al culmine della buona società”; “Sono il pennacchio sull’elmo del tempo”, et aliter ad libitum.
([28]) Riferimento alla nota favola di Fedro de “La volpe e l’uva”. La volpe dice che l’uva non le piace solo perché la pergola è troppo alta per raggiungerla. È la metafora del re che dice non voler guarire, perché non ha un farmaco che lo guarisce; se lo avesse, direbbe di sì.
([29]) “I have seen a medecine”: per “medecine” nello stesso senso di “medico” (“physician”) in Shakespeare, cfr. “Macbeth”, V, 2, 27: “Meet we the med’cine of the sickly weal”.
“Andiamo incontro al medico
“di questa povera patria ammalata.”
E del resto tutto il discorso di Lafeu si riferisce ad una persona fisica (Elena, appunto), e non ad una medicina, come intendono molti.
([30]) “Canary”: “canaria” (o “canario”), danza vivace d’origine spagnola.
([31])“I am Cressid’s uncle”: riferimento a Pandaro, il compiacente zio di Cressida, che favoriva gli incontri amorosi della nipote col principe troiano Troilo, figlio di re Priamo. La vicenda è l’argomento della commedia “Troilo e Cressida” della stesso Shakespeare. Il nome Pandaro è poi divenuto sinonimo di “mezzano” in generale.
([32]) “… their fiery torcher”: “torcher” sta qui per “torch-bearer”, intendendo con questo appellativo il sole stesso, Elios, l’astro solare che, secondo l’iconografia classica, conduce durante il giorno un cocchio fiammeggiante tirato da quattro cavalli spiranti fuoco dalle froge.
([33]) “Moist Hesperus”: Espero era il nome dato dai Greci al pianeta Venere quando appariva la sera (Fosforo quando appariva al mattino).
([34]) “Ten groats”: il “groat” era al tempo di Shakespeare una monetina del valore di circa 4 pence, tenuta spregiativamente di poco valore, i nostri “quattro soldi” (come nel famoso testamento letterario di Robert Greene in cui si accenna per la prima volta a Shakespeare per la penna di un contemporaneo: “A groats-worth of wit bought with a million of repentance”, “Un soldo di spirito pagato con un milione di penitenza”).
([35]) “… as your French crown”: è l’abusato doppio senso tra “corona” (moneta) e “zucca pelata”, la calvizie prodotta dalla sifilide detta “mal francese”.
([36]) “… a Morris for a May-day”: la moresca era una danza vivace ballata nelle piazze da danzatori con maschere e ghirlande, all’inizio della primavera.
([37]) “Va’ a corte” non è nel testo, che ha un secco: ”Give Helen this”; lo spettatore e il lettore sanno che Elena è a Parigi alla corte del re, lo sa anche la contessa ma che lo sappia il Lava non ce l’ha detto nessuno prima.
([38]) “Lustig” è nel testo, che però è tedesco per “allegro”, “gaio”, “di buon umore”; in olandese è “lustik”, e in inglese “lustick”, antico per “lusty”.
([39]) “… a coranto”: è il nome inglese della “corrente”, danza assai vivace di origine italiana in voga nei sec. XVI e XVII.
([40]) Esclamazione francese da trivio (piuttosto “Mort au vinaigre!”, “Morte all’aceto!”).
([41]) “Now, Diana, from thy altar do I fly”: Diana era la divinità che presiedeva alla verginità delle fanciulle, sicché ogni fanciulla vergine era considerata sua sacerdotessa.
([42]) “All the rest is mute”: letteralm.: “Tutto il resto è muto”, cioè “Non ho altro da aggiungere”.
([43]) È tradotto a senso. Il testo inglese è più intricato e contorto: “I’d rather be in this choice than throw ames-ace for my life”: “Preferirei trovarmi a correr l’alea in questa scelta, che giocarmi la vita gettando ai dadi una coppia d’assi”. La coppia d’assi (“ames-ace”) è il punto più basso al gioco dei dadi.
([44]) “… and in your bed find fairer fortune if you ever wed”: cioè il cielo vi conceda una sposa più bella di me, se vi sposate.”
([45]) “Thou wrongest thyself if thou shouldst strive to choose”: la frase è variamente letta, da alcuni perfino in senso contrario, come se il re a Bertramo che ha detto “Farei torto a me stesso, ecc.”, dicesse, in tono condiscendente: “Certo, faresti ingiuria a te stesso se dovessi importi uno sforzo per amarla”. Ma il re dice il contrario: “Fai torto a te stesso se perdi questa occasione, perché perderai anche il mio favore”. Non che concessiva, la frase del re è impositiva. “Te la devi sposare, perché lo voglio io; è in gioco il mio onore” - dice subito dopo.
([46]) “… a counterpoise… a balance more replete”: è sempre la metafora della bilancia e dei due pesi introdotta prima dal re.
([47]) “Campassi anche cent’anni” non è nel testo, è preso in prestito dal Lodovici (cit.).
([48]) “… for two ordinaries”: “ordinary” è il pranzo a prezzo fisso consumato in una taverna; ma Shakespeare lo usa anche come “pranzo” in generale (così in “Antonio e Cleopatra”, II, 2, 229: “And for his ordinary pays his heart”).
([49]) “… my good window of lattice”: per “lattice” nel senso di “insegna di taverna”, v. anche in “Enrico IV - Seconda parte”, II, 2, 76: “Through a red lattice, and I could discern non part of his face from the window”:
“… mi son sentito chiamare da lui
“dietro l’insegna rossa d’una bettola,
“ed io, da fuori, attraverso la grata,
“non potevo veder nessuna parte
“della sua faccia…”
([50]) Il testo inglese, in verità, è più scurrile sboccato: “Thou wert best set thy lower part where thy nose stand”: “Tanto varrebbe che tu mettessi la tua parte più bassa al posto del naso”; e si capisce quale “parte più bassa” dell’uomo può sostituire la protuberanza del naso.
([51]) “Then my dial goes not true”, letteralm.: “Allora l’ago della mia meridiana (o il quadrante del mio orologio) non mi dice l’ora giusta”.
([52]) È uno di quei brevi monologhi che Shakespeare si compiace di far fare all’attore rivolto al pubblico.
([53]) V. la nota 52 sopra.
([54]) Il Lava in fatto di oscenità non scherza, è il più sboccato dei buffoni di Shakespeare. Si capisce che qui gioca lubricamente sul doppio senso dell’espressione “stand to”che vale “star fermi ed eretti”, per contrasto con lo scappare (“to fly”) precedente; ma è anche il verbo della copula maschile.
([55]) “… the fellow has a deal of that too much / Wich holds him much to have”: questa è una delle frasi di Shakespeare che ha fatto sfarfallare nei sensi più disparati le menti dei vari curatori. Tanto per dare un’idea al lettore della diversità delle interpretazioni, ne cito tre delle più prestigiose: Giorgio Melchiori (Mondadori, 1999) traduce: “… quel tale va troppo oltre e troppo spesso, approfittando del fatto che gli conviene”; Lodovici (cit.) traduce: “… è un tipo che ha molto di quel tanto che lo fa passare per un 'da più'”; altri: “… quell’individuo troppe ne possiede, che lo fan ritenere di gran merito”… et dispariter ad libitum. Il lettore scelga.
([56]) “To Saint Jacques le Grand”: si capisce che è un nome inventato: a Firenze non esiste un santuario o convento di questo nome. I soliti critici pedanti si son dati la pena di ricercare nei dintorni e hanno trovato un improbabilissimo San Giacomo d’Altopascio, località sicuramente ignota a Shakespeare.
([57]) “Beside the port”: per “port” nel senso di “gate”, “porta”, in Shakespeare v. anche in “Troilo e Cressida”, IV, 4, 110: “At the port, lord, I’ill give her to thy hand”:
“Alle porte della città, signore,
“io la rimetterò nelle tue mani”.
([58])“That Escalus”: “Escalus” per Shakespeare è il nome generico di un appartenente alla nobiltà scaligera, come il Duca di Verona in “Romeo e Giulietta”, ma anche un nome proprio sic et simpliciter come il gentiluomo viennese di “Misura per misura”. E poiché un duca Della Scala - come molti traducono questo nome - non si sa che ci starebbe a fare a Firenze, questo traduttore ritiene che “Escalus” sia “Escalo” e basta.
([59]) “I would he loved his wife”, letteralm.: “Vorrei che amasse sua moglie”.
([60]) “… if you give him not John Drumm’s requirements”, letteralm.: “Se non gli farete un trattamento da tamburo maggiore”; “to give John Drumm’s requirements” è frase idiomatica per “riservare a qualcuno un’accoglienza pessima, fino a ricacciarlo indietro appena arriva”.
([61]) “… or hic jacet”: cioè al rischio della vita, o il tamburo o morte. “Hic jacet” è la frase che inizia gli epitaffi funerarii.
([62]) “… but I shall lose the ground I work upon”: cioè svelando al conte Bertramo chi sono, che comprometterebbe tutto il mio piano.
([63]) “… and buy myself another from Bajazet’s mute”: si è seguita la lezione “mute”, “muto” dell’“Oxford Shakespeare” invece di quella dell’Alexander che legge “mule”, “mulo” dall’in-folio, perché più convincente e logica. I “muti” dei serragli dei sultani ottomani erano gli eunuchi, cui si mozzava la lingua perché non riferissero quel che vedevano nell’harem. Come loro vuol essere Parolles, che se la prende con la sua lingua che lo mette nei guai. Del resto anche “comprare la lingua da un mulo” non ha senso.
([64]) Questo dialogo, in cui sembra che Parolles risponda alle domande del Nobile francese, il quale per esigenze di scena deve star nascosto non visto né udito, è piuttosto grottesco ad un spettatore moderno; ma al tempo di Shakespeare, col il palcoscenico proteso in mezzo alla platea, non s’andava troppo per il sottile sulla materia.
([65]) Si tratta evidentemente, del tamburo dei soldati, che deve dare a questi il segnale dell’assalto al povero Parolles, e deve coprire l’incomprensibile linguaggio di questi.
([66]) “… the Muskos regiment”: qualcuno traduce: “… siete del reggimento dei moscoviti”, come se Parolles abbia inteso che quelli parlano russo; ma “Musko” per “moscovita” è pura congettura.
([67]) “If I should swear by Love’s great attributes”: la lezione “Love’s” in luogo di “Jove’s” dell’in-folio è un emendamento moderno che trovo adottato dal Melchiori (cit.) e ritengo più aderente al discorso di Diana.
([68]) “This has no holding, / To swear by him whom I protest to love/ That I will work against him” Senso: se io ti giurassi di amarti di un amore corrotto, farei il tuo male, e il mio giuramento non avrebbe senso. Ma il passo è diversamente inteso da coloro che leggono “him” per Dio e traducono: “Non ha senso un giuramento fatto nel nome di Colui ch’io sostengo di amare, di comportarmi contro il Suo volere”.
([69]) “… buried a wife, mourned for her”: “dato sepoltura e preso il lutto”, s’intende, nel pensiero e nell’animo, avendo appreso della sua morte. Da chi e come Bertramo abbia appreso dell’immaginata morte di Elena, non si sa.
([70]) “… this dialogue between the Fool and the Soldier”: “the Fool” è riferito a Parolles; ma la parola assume in Shakespeare parecchie accezioni: il “fool” di “Re Lear” non è lo stesso “fool” (Pompeo) di “Misura per misura”, questi non è lo stesso del “fool” (Feste) della “Dodicesima notte”. Parolles non è né sciocco né buffone, né matto: è un finto-tonto vittima delle sue millanterie; ma capace di sentirsi accusare da astuto cortigiano, di uomo “ricco della capacità di influenzare” (III, 2, 90-91).
([71]) “for getting the shriev’s fool with child”: “the shriev’s fool”, “la mentecatta dello sceriffo”, cioè una ragazza scema ricoverata nel ricovero/ospizio comunale. “Shriev” è forma arcaica di “sheriff”, il sindaco dei comuni inglesi.
([72]) Il gatto ha fama d’essere animale subdolo e traditore.
([73]) Nesso, il centauro che rapì Dejanira ad Ercole.
([74]) Le compagnie di attori girovaghi si facevano precedere da una specie di pagliaccio col tamburo (come “O’ pazzariello” a Napoli).
([75]) Mile-end era il nome di una specie di piazza d’armi alla periferia di Londra dove si addestravano le guardie.
([76]) È uno di quei soliloqui nei quali, frequentemente in Shakespeare, l’attore parla al pubblico che gli sta intorno, e dal quale non è diviso da una ribalta.
([77]) Il testo ha “sonetto”; in verità, come s’è visto, non è un sonetto, ma una composizione, piuttosto melensa, di distici a rima baciata, sul tipo delle ballate popolari.
([78]) È il titolo della commedia. Lo si ritroverà ripetuto più sotto.
([79]) “I am no great Nabuchadnezzar”: allusione al re di babilonia Nabuccodonosor II che, secondo la leggenda biblica, per aver distrutto Gerusalemme e deportato gli ebrei in Babilonia, fu da Dio fatto impazzire e ridotto a cibarsi di erba come un animale.
([80]) “… my bauble”: i buffoni di corte portavano una mazza più o meno ornata e variopinta.
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