Buck Mulligan nettò di nuovo la lama del rasoio.

Ah, povero corpo d’un cane, disse con voce gentile. Ti devo dare una camicia e

qualche moccichino. E che ne è delle brache di seconda mano?

Mi vanno abbastanza bene, rispose Stephen.

Buck Mulligan attaccò lincavo sotto il labbro inferiore.

Che canzonatura, disse soddisfatto, si dovrebbero chiamare di seconda gamba.

Dio sa quale sifiletilico le ha smesse. Io ne ho un bel paio con un righino,

grige. Con quelle farai faville. Non sto scherzando Kinch. Fai un figurone

quando ti vesti bene.

Grazie, disse Stephen. Non le posso portare se sono grige.

Non le può portare, Buck Mulligan disse alL sua faccia nello specchio.

Letichetta è letichetta. Ammazza la madre ma non può portare pantaloni grigi.

Chiuse diligentemente il rasoio e con carezzosi polpastrelli si palpeggiò la

pelle liscia.

Stephen girò lo sguardo dal mare alla faccia paffuta dai mobili occhi azzurrofumo.

Quel tale che era con me al Ship ieri sera, disse Buck, dice che tu hai la

p.g.a. Lui è a Cretinopoli con Conolly Norman. Paralisi generale degli alienati.

Sventagliò a semicerchio lo specchio nellaria per lampeggiare allintorno le

notizie nella luce del sole adesso raggiante sul mare. Le labbra sbarbate e

increspate risero, e così pure i bordi dei denti bianchi, scintillanti.

Il

riso simpadronì di tutto il suo torso forte, ben piantato.

Guardati, disse, o tremendo bardo.

Stephen si chinò in avanti e scrutò lo specchio lui offerto, rigato da unobliqua incrinatura, ritti i capelli. Come mi vedono lui e gli altri.

Chi mi

ha scelto questa faccia? Questo corpo dun cane da spidocchiare. Lo domanda

anche a me.

Lho pizzicato nella stanza della sguattera, disse Buck Mulligan.