Lo baciò in fretta sulla fronte, si alzò turbata, e si avviò con passo incerto verso l'orlo del precipizio. La notte scendeva e il puro oro del sole che tramontava si era mutato in un rosso di sangue; il suo splendore, come il riflesso di una fornace ardente, animava e coloriva il viso di Nouronihar. Goulchenrouz, turbato nel vedere in sua cugina tale agitazione, le disse con voce supplichevole: — Andiamocene dunque; il cielo minaccia, i tamarischi tremano forte al vento, il vento freddo mi agghiaccia il cuore. Vieni, andiamo; è una notte malinconica! — E prendendola per mano la trasse verso il sentiero dove desiderava che lei lo seguisse. Nouronihar si lasciava condurre trasognata: mille fantasie occupavano il suo spirito. Ella passò per la grande aiuola del caprifoglio, il luogo prediletto dei loro convegni, senza degnarlo di uno sguardo; e tuttavia Goulchenrouz non potè trattenersi dallo strappare passando qualche ramoscello, sebbene corresse come inseguito da una belva inferocita.
Le giovinette, nel vederli avvicinarsi con tanta fretta, preparandosi alla danza secondo il solito si riunirono rapidamente in cerchio
prendendosi per mano; ma Goulchenrouz, giunto senza fiato, si lasciò andare sull'erba. Questo incidente riempi di costernazione tutta la scherzosa comitiva, mentre Nouronihar, distratta e sopraffatta anch'essa dalla folle corsa e dal tumulto dei suoi pensieri, si accasciava debolmente al suo fianco. Portò amorosamente al seno le fredde mani di lui e gli sfregò le tempie con un balsamo profumato. Infine il fanciullo rinvenne, e posando il capo tra le vesti della cugina la supplicò di non tornare all'harem. Egli temeva di esser rimproverato da Shaban, il suo precettore, un vecchio e grinzoso eunuco di umore irascibile; poiché aveva interrotta la consueta passeggiata di Nouronihar, non voleva che quell'odioso uomo venisse a saperlo. Tutta la vivace compagnia, sedendosi su una muschiosa collinetta, cominciò allora a giocare e a divertirsi, mentre gli eunuchi loro sovrintendenti conversavano gravemente un po' discosti. La nutrice della figlia dell'emiro, osservando la pupilla sedere in disparte avvolta nei suoi pensieri con gli occhi fissi a terra, si adoprò per distrarla narrandole storie divertenti che anche Goulchenrouz, ormai dimentico della sua inquietudine, ascoltava intento trattenendo il fiato. Egli rideva, batteva le mani e non cessava di fare i suoi mille piccoli scherzi alla compagnia, senza risparmiare gli eunuchi, che incitava a rincorrerlo in barba alla loro decrepita età.
Intanto sorse la luna, il vento si placò, e la sera divenne cosi tranquilla e invitante che fu deciso di cenare all'aperto. Uno degli eunuchi corse a cogliere i meloni, mentre gli altri erano impegnati a scrollare i mandorli, le cui fronde si stendevano sull'amabile riunione. Sutlememe, che eccelleva nel preparare l'insalata, riempiti alcuni grandi vasi di porcellana di uova di piccoli uccelli, di latte cagliato con sugo di cedro, di fette di cetriolo, e delle foglie più tenere di delicate erbe, ne offriva a tutti, porgendo a ciascuno la sua parte con un grande cucchiaio fatto di un becco di cocknos. Goulchenrouz, stando come sempre stretto al petto di Nouronihar, rifiutò con un gesto dispettoso della bocca vermiglia l'offerta di Sutlememe; e l'avrebbe accettata soltanto dalle mani di sua cugina, dalle cui labbra egli pendeva come un'ape inebbriata dal nettare dei fiori.
Nel bel mezzo di questa festevole scena apparve, sulla cima della più alta montagna, una luce che attirò l'attenzione di tutti: la luce non era meno splendente della luna piena, e con la luna si sarebbe potuta scambiare se questa non fosse stata già alta. Il fenomeno causò una generale sorpresa e nessuno sapeva come spiegarselo. Non poteva essere un fuoco poiché la luce era di un azzurro chiaro, né mai erano state viste meteore di tale grandezza e splendore. Questo strano chiarore si appannò per un istante; ma immediatamente tornò a brillare. Dapprima apparve immobile al piede della roccia; di là si spiccò in un lampo, per splendere poi nel fitto di un palmizio; indi scivolò lungo il torrente per fermarsi finalmente in una valle stretta ed oscura. Dal momento che la luce aveva cominciato a muoversi, Goulchenrouz, il cui cuore sempre tremava ad ogni improvviso e nuovo avvenimento, trasse Nouronihar per un lembo della veste e ansiosamente la pregò di rientrare all'harem. Le giovani donne volevano assecondare la sua preghiera; ma la curiosità della figlia dell'emiro prevalse. Ella non solo ricusò di tornare, ma decise di seguire ad ogni costo l'apparizione.
Mentre discutevano sul da farsi, la luce irraggiò con tali bagliori che tutti fuggirono strillando. Nouronihar li segui di qualche passo; ma, giunta ad una curva nel piccolo sentiero, si fermò e tornò indietro sola. E poiché correva con l'agi ita che le era propria, in breve tempo giunse sul luogo dove avevano cenato. Il globo di fuoco ora appariva fermo nella valle e bruciava in immobilità maestosa. Nouronihar, premendosi le mani sul cuore, esitò un istante ad avanzare. Profonda era la solitudine che la attorniava, pauroso il silenzio della notte; ogni oggetto le ispirava sensazioni che fin allora essa non aveva mai provato. Le tornò alla mente il terrore di Goulchenrouz e più volte fu sul punto di fuggire; ma l'apparizione luminosa era sempre dinanzi a lei. Spinta da un irresistibile impulso ella continuò ad avvicinarsi vincendo ogni ostacolo che le impediva il cammino.
Giunse finalmente allo sbocco della valletta, ma invece di trovarvi la luce si vide anzi circondata dalla oscurità; soltanto, lontana, una debole scintilla appariva a tratti. Si fermò una seconda volta: il rumore delle cascate, lo stormire incerto delle palme, i funebri stridi degli uccelli dal cavo degli alberi, tutto contribuì ad accrescere nel suo animo l'orrore.
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