Due colpi robusti di calcagno mi ricondussero alla superficie del mare. Il mio primo pensiero fu di cercare con gli occhi la fregata. L'equipaggio s'era accorto della mia scomparsa? L’ Abraham Lincoln aveva virato di bordo? Il comandante Farragut gettava una lancia in mare? Potevo sperare d'essere salvato?
Le tenebre erano profonde. Intravidi una massa nera che spariva verso l'est, e in breve i suoi fuochi si spensero in lontananza.
Era la fregata, e mi sentii perduto.
— Aiuto! aiuto! — gridavo nuotando verso l’ Abraham Lincoln con la forza della disperazione, ma le vesti mi imbarazzavano. L'acqua le incollava al mio corpo impedendomi i movimenti. Affondavo! soffocavo!
— Aiuto! — fu l'ultimo grido che mi usci dalle labbra. La mia bocca si empi d'acqua, e mi dibattei sprofondando nell'abisso...
A un tratto mi sentii afferrare per le vesti da una mano vigorosa, che mi riportava violentemente alla superficie, e sentii queste parole pronunziate al mio orecchio:
— Se il signore vuole avere l'estrema cortesia di appoggiarsi alla mia spalla, nuoterà più comodamente.
Afferrai con una mano il braccio del mio fedele Consiglio, ed esclamai:
— Tu! tu!
— In persona, e agli ordini del signore.
— E quest'urto ti ha sbalzato in mare, nello stesso momento in cui io...
— Niente affatto. Ma essendo al servizio del signore, l'ho seguito! Il bravo giovanotto trovava la cosa naturalissima.
— E la fregata?
— La fregata! — rispose Consiglio, voltandosi sul dorso. — Credo che il signore farà bene a non contare su di lei!
— Cosa dici?
— Dico che nel momento in cui precipitai, udii i timonieri gridare: l'elica e il timone sono spezzati...
— Spezzati!
— Sì, spezzati dal dente del mostro. Credo che sia la sola avaria che l’ Abraham Lincoln abbia sofferto, ma, disgraziatamente per noi, non governa più.
— Allora siamo perduti!
— Forse, — rispose tranquillamente Consiglio, — tuttavia ci rimangono davanti alcune ore, e in alcune ore si fanno molte cose.
L'imperturbabile serenità di Consiglio mi diede coraggio; nuotai vigorosamente, ma, imbarazzato dalle vesti, mi riusciva molto difficile tenermi a galla.
Consiglio se ne avvide e disse:
— Il signore mi consenta di fargli un taglio — e facendo passare un coltello aperto sotto i miei abiti, li squarciò dall'alto in basso con un colpo rapido, poi me li tolse di dosso lestamente, mentre io nuotavo per due. A mia volta gli resi lo stesso servizio, e così continuammo a navigare l'uno accanto all'altro.
Tuttavia la situazione era terribile. Forse non era stata notata la nostra scomparsa, e se anche se ne fossero accorti, la fregata, mancandole il timone, non poteva ritornare vicino a noi. Non bisognava dunque contare che sulle lance.
Consiglio ragionò freddamente intorno a questa ipotesi, e fece il suo piano. Che magnifico temperamento! Quel giovanotto flemmatico era sul mare come in casa sua.
Fu dunque deciso che dovevamo cercare di resistere il più a lungo possibile, in attesa delle lance dell’ Abraham Lincoln, nostra unica speranza di salvezza.
Stabilimmo allora di impiegare a vicenda le nostre forze, per non esaurirle contemporaneamente: e convenimmo che, mentre uno di noi, steso sul dorso, si sarebbe tenuto immobile con le braccia incrociate e le gambe allungate, l'altro dovesse nuotare e spingerlo avanti. Questa parte di rimorchiatore non doveva durare più di dieci minuti, ed alternandoci così, potevamo stare sull'acqua per alcune ore, e forse fino al levarsi del sole.
Era una debole speranza, ma la speranza è radicata così profondamente nel cuore dell'uomo! E poi eravamo in due; insomma, lo ripeto, sebbene la cosa sembrasse improbabile, e cercassi di scacciare ogni illusione e volessi disperarmi, non potevo.
L'urto della fregata e del cetaceo era avvenuto verso le undici di sera; calcolavo dunque che ci rimanessero otto ore di nuoto prima del levarsi del sole, e questo era possibile solo alternandoci ogni dieci minuti.
Il mare tranquillo non ci affaticava. A volte cercavo di frugare con lo sguardo le tenebre fitte, rotte solo dalla fosforescenza causata dai nostri movimenti. Guardavo le onde luminose che si frangevano sulla mia mano, scintillando come lastre livide. Pareva che fossimo tuffati in un bagno di mercurio.
Verso l'una del mattino, fui preso da una tremenda stanchezza; le membra mi si irrigidirono sotto la stretta di violenti crampi. Consiglio dovette sorreggermi, la nostra salvezza rimase affidata a lui solo, ma non trascorse molto tempo che intesi il povero giovanotto ansimare. La sua respirazione era divenuta breve ed affrettata e compresi che non poteva resistere più a lungo.
— Lasciami, lasciami — gli dissi.
— Abbandonare il signore! giammai! — rispose. — Conto di annegarmi prima di lui!
In quel momento la luna apparve attraverso gli interstizi d'una grossa nuvola portata verso l'est dal vento e sotto i raggi la superficie del mare scintillò. La luce benefica rianimò le nostre forze; raddrizzai la testa, scrutai l'orizzonte, e, a cinque miglia da noi, vidi la fregata che non formava più che una massa oscura appena visibile; nessuna traccia di lance. Volli gridare, ma a che scopo, essendo così distanti? Le mie labbra gonfie non lasciarono uscire alcun suono; Consiglio poté articolare qualche parola, e l'udii più volte ripetere ad intervalli: «Aiuto! aiuto!».
Tenendoci immobili per un istante ascoltammo, e non so se fosse effetto del ronzio del sangue oppresso, che riempiva l'orecchio, ma mi parve che un grido rispondesse al grido di Consiglio.
— Hai sentito? — mormorai.
— Sì, sì!
E Consiglio gettò un nuovo grido disperato.
Questa volta non era possibile l'errore! Una voce umana rispondeva alla nostra! Era la voce di qualche disgraziato, abbandonato in mezzo all'Oceano, di qualche altra vittima dell'urto sopportato dalla nave? o una lancia della fregata che ci chiamava nell'oscurità? Consiglio fece uno sforzo supremo, ed appoggiandosi sulla mia spalla, mentre io resistevo convulsamente, si drizzò per metà fuori dell'acqua e ricadde sfinito.
— Che cosa hai visto?
— Ho visto... — mormorò — ho visto, ma non parliamo... conserviamo tutte le nostre forze...
Che cosa aveva visto? Allora, non so perché, il pensiero del mostro mi tornò in mente per la prima volta!... Anche quella voce!?... Sono passati i tempi in cui Giona si rifugiava nel ventre delle balene!
Frattanto Consiglio mi rimorchiava ancora; a volte sollevava il capo, guardava davanti a sé, e gettava un richiamo, cui rispondeva una voce sempre più vicina, che io però udivo appena. Ero sfinito, e le mie dita si allargavano; la mano non mi offriva più alcun punto d'appoggio; la bocca mi si riempiva d'acqua salata e il freddo m'irrigidiva. Sollevai il capo un'ultima volta, poi sprofondai.
In quel momento fui urtato da un corpo duro e mi aggrappai. Poi sentii che mi tiravano, che mi riconducevano alla superficie, che il mio petto si allargava, e svenni.
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