Vittoria
Joseph Conrad
VITTORIA
NOTA ALLA PRIMA EDIZIONE
L’ultima parola di questo romanzo fu scritta il 29 maggio del 1914. E quell’ultima parola fu la semplice parola del titolo.
Quelli erano tempi di pace. Ora che si avvicina il momento della pubblicazione, ho riflettuto se non fosse cosa più discreta modificare la testata del libro. La parola Vittoria, obiettivo risplendente e tragico di nobili fatiche, mi sembrava troppo grande, troppo augusta, per rimanere in fronte a un semplice romanzo. C’era anche il pericolo di venir sospettato di astuzia commerciale, di voler ingannare il pubblico inducendolo a credere che il libro avesse qualcosa a che fare con la guerra.
Questa, però, non era la cosa di cui avevo maggior paura. Ciò che più influì sulla mia decisione furono le oscure suggestioni di quel residuo pagano di timore e di meraviglia, che tuttavia occhieggia nel fondo della nostra vecchia umanità. Vittoria fu l’ultima parola che io scrissi in tempo di pace. Fu l’ultimo pensiero letterario che mi venne nella mente prima che le porte del Tempio di Giano venissero spalancate d’un colpo, scuotendo lo spirito, il cuore e la coscienza degli uomini in tutto il mondo. Non si poteva prendere alla leggera una coincidenza simile. Ed io mi decisi a lasciar la parola dov’era, nello stesso spirito ottimistico con cui un qualche ingenuo cittadino dell’antica Roma avrebbe
«accettato il presagio».
Il secondo punto che desidero qui commentare è l’esistenza (nel romanzo) di una persona di nome Schomberg.
Va da sé che lo ritengo un personaggio vero. Non sarò certo io ad offrire consapevolmente, al mio pubblico, delle mercanzie di princisbecco. Schomberg è un vecchio componente della mia compagnia. Personaggio di bassissimo rango in Lord Jim fino dall’anno 1899, egli divenne attivo, in modo assai notevole, in una certa mia novella pubblicata nel 1902. Qui, egli ricompare in una parte ancora più importante, fedele alla verità (almeno lo spero), ma anche fedele al proprio tipo. Solo che, in questo caso, entrano in giuoco le sue passioni più profonde. E così finalmente viene ad essere completata la sua grottesca psicologia.
Non pretendo dire che questa sia, nella sua integrità, la psicologia teutonica; ma è indubbiamente la psicologia di un teutone. Se lo nomino qui, è per mettere in chiaro il fatto che, lungi dall’essere incarnazione di recenti animosità, egli è la creatura di una mia convinzione antica, profonda, e, per così dire, imparziale.
J. C.
NOTA DELL’AUTORE
Mentre mi metto a scrivere questa Nota per Victory, la prima cosa di cui sono consapevole è il fatto che il libro mi è così vicino, personalmente vicino, a me, allo stato d’animo ormai svanito, nel quale fu scritto; e di come esso sia legato ai sentimenti di versi che provai quando vidi le recensioni ottenute dal libro dopo la sua prima edizione, quasi esattamente un anno dopo l’inizio della guerra mondiale. Ma la stesura del testo era già finita nel 1914, molto prima che l’assassinio di un Arciduca austriaco facesse risuonare la prima nota di allarme in un mondo già pieno di dubbi e di paure.
La breve Nota dell’Autore, scritta allora, che viene riprodotta anche in questa edizione, testimonia sufficientemente dei sentimenti coi quali acconsentii alla pubblicazione del libro. Il fatto che il libro era stato pubblicato negli Stati Uniti al principio di quell’anno, e praticamente impedì che se ne ritardasse più a lungo la pubblicazione anche in Inghilterra. Esso apparve tredici mesi dopo l’inizio della guerra, e la mia coscienza era turbata dalla incongruità orrenda che sembrava insita nel fatto di gettare questo pezzo di dramma immaginario in mezzo alla confusione della realtà di quei giorni, già di per sé abbastanza tragica, ma ancor più crudele che tragica, e più ispiratrice di quanto non fosse crudele. Sembrava cosa terribilmente presuntuosa pensare che in una società, la quale pur fra il tuono dei grandi cannoni e il tumulto di parole coraggiose che esprimevano la verità di una fede indomabile, non poteva non sentirsi alla gola la lama di un coltello affilato, qualche spirito avesse tempo e voglia di rivolgersi a quelle pagine.
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