Dafne
Sarà forza l’amar, se non fia voglia.
Tirsi
Ma non si può sforzar chi sta lontano.
Dafne
Ma chi lung’è d’Amor?
Tirsi
Chi teme e fugge.
Dafne
E che giova fuggir da lui, c’ha l’ali?
Tirsi
Amor nascente ha corte l’ali: a pena può su tenerle, e non le spiega a volo.
Dafne
Pur non s’accorge l’uom quand’egli nasce; 170
e, quando uom se n’accorge, è grande, e vola.
Tirsi
Non, s’altra volta nascer non l’ha visto.
Dafne
Vedrem, Tirsi, s’avrai la fuga e gli occhi come tu dici. Io ti protesto, poi che fai del corridore e del cerviero, 175
che, quando ti vedrò chieder aita, non moverei, per aiutarti, un passo, un dito, un detto, una palpebra sola.
Tirsi
Crudel, daratti il cor vedermi morto?
Se vuoi pur ch’ami, ama tu me: facciamo 180
l’amor d’accordo.
Dafne
Tu mi scherni, e forse
non merti amante così fatta: ahi quanti n’inganna il viso colorito e liscio!
Tirsi
Non burlo io, no; ma tu con tal protesto 185
non accetti il mio amor, pur come è l’uso di tutte quante; ma, se non mi vuoi, viverò senza amor.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 34
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta
Atto secondo Q
Dafne
Contento vivi
più che mai fossi, o Tirsi, in ozio vivi: 190
che ne l’ozio l’amor sempre germoglia.
Tirsi
O Dafne, a me quest’ozii ha fatto Dio: colui che Dio qui può stimarsi; a cui si pascon gli ampi armenti e l’ampie greggie da l’uno a l’altro mare, e per li lieti 195
colti di fecondissime campagne, e per gli alpestri dossi d’Apennino.
Egli mi disse, allor che suo mi fece:
- Tirsi, altri scacci i lupi e i ladri, e guardi i miei murati ovili; altri comparta 200
le pene e i premii a’ miei ministri; ed altri pasca e curi le greggi; altri conservi le lane e ‘l latte, ed altri le dispensi: tu canta, or che se’ ‘n ozio. – Ond’è ben giusto che non gli scherzi di terreno amore, 205
ma canti gli avi del mio vivo e vero non so s’io lui mi chiami Apollo o Giove, che ne l’opre e nel volto ambi somiglia, gli avi più degni di Saturno o Celo: agreste Musa a regal merto; e pure, 210
chiara o roca che suoni, ei non la sprezza.
Non canto lui, però che lui non posso degnamente onorar, se non tacendo e riverendo; ma non fian giamai gli altari suoi senza i miei fiori, e senza 215
soave fumo d’odorati incensi: ed allor questa semplice e devota religion mi si torrà dal core, che d’aria pasceransi in aria i cervi, e che, mutando i fiumi e letto e corso, 220
il Perso bea la Sona, il Gallo il Tigre.
Dafne
Oh, tu vai alto; or su, discendi un poco al proposito nostro.
Tirsi
Il punto è questo:
che tu, in andando al fonte con colei, 225
cerchi d’intenerirla: ed io fra tanto Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 35
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta
Atto secondo Q
procurerò ch’Aminta là ne venga.
Né la mia forse men difficil cura sarà di questa tua. Or vanne.
Dafne
Io vado,
230
ma il proposito nostro altro intendeva.
Tirsi
Se ben ravviso di lontan la faccia, Aminta è quel che di là spunta. E’ desso.
Scena terza
Aminta
Vorrò veder ciò che Tirsi avrà fatto: e, s’avrà fatto nulla,
prima ch’io vada in nulla, uccider vo’ me stesso inanzi a gli occhi 5
de la crudel fanciulla.
A lei, cui tanto piace
la piaga del mio core,
colpo de’ suoi begli occhi, altrettanto piacer devrà per certo 10
la piaga del mio petto,
colpo de la mia mano.
Tirsi
Nove, Aminta, t’annuncio di conforto: lascia omai questo tanto lamentarti.
Aminta
Ohimè, che di’? che porte?
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O la vita o la morte?
Tirsi
Porto salute e vita, s’ardirai di farti loro incontra; ma fa d’uopo d’esser un uom, Aminta, un uom ardito.
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