Oh, non possono cuori, lingue, cifre, scribi, bardi, poeti, immaginare, cantare, enumerare, celebrare, dire in versi l'amor suo per Antonio! Per Cesare, però, tutti in ginocchio, tutti proni, in ginocchio, ad ammirarlo.

AGRIPPA - Insomma, via, vuol bene a tutti e due.

ENOBARBO - Essi sono le elìtre, lui la blatta.(84)

(Trombe da dentro)

Ohilà, il segnale di montare in sella!

AGRIPPA - Degno soldato, addio, buona fortuna!

Entrano CESARE OTTAVIO, ANTONIO, LEPIDO e OTTAVIA

OTTAVIO - Ti porti via gran parte di me stesso: fanne buon uso, Antonio. E tu, sorella, mostrati tal moglie quale ti sanno bene i miei pensieri, e sia la mia migliore aspettativa superata dal tuo comportamento. Antonio nobilissimo, procura che questo raro esempio di virtù che è venuto a frapporsi fra noi due, a cementare la nostra amicizia, non abbia a trasformarsi nell'ariete che ne sconquassi la salda fortezza; giacché allora sarebbe stato meglio amarci senza questo intermediario, s'esso non sarà stato a entrambi caro.

ANTONIO - Non offendermi con codesti dubbi.

OTTAVIO - L'ho detto.

ANTONIO - Puoi cercar quanto ti pare, non troverai la minima cagione per ciò di cui mi sembri aver timore. E così, ti proteggano gli dèi, e facciano che il cuore dei Romani volga ai tuoi fini. Qui ci separiamo.

OTTAVIO - Addio, carissima sorella, addio! Che propizi ti siano gli elementi, e diano ogni conforto al tuo morale.

OTTAVIA - Mio nobile fratello!...

ANTONIO - (Vedendo Ottavia che piange) Nei suoi occhi è l'aprile. Questa è la primavera dell'amore, e queste lacrime sono le piogge che ne danno l'annuncio. Sii serena.

OTTAVIA - Fratello, bada a far buona custodia alla casa di mio marito; e poi...

OTTAVIO - "... e poi" che cosa, Ottavia?

OTTAVIA - Te lo dico all'orecchio.

ANTONIO - La sua lingua non se la sente di obbedire al cuore, né il cuore sa consigliare la lingua: è una piuma di cigno che galleggia sull'onda, sempre incerta se propender dall'una o l'altra parte.

ENOBARBO - (A parte, ad Agrippa) Che fa Cesare, piange?

AGRIPPA - Ha una nube sul volto, come vedo.

ENOBARBO - Un brutto segno, se fosse un cavallo.

AGRIPPA - (A parte, a Enobarbo) Allora non hai visto Marcantonio nel momento che vide morto Cesare: piangeva che sembrava che nitrisse; e pianse anche a Filippi, nel momento che vide Bruto ucciso.

ENOBARBO - (A parte, ad Agrippa) Ti dirò che quell'anno era soggetto a un male che gli dava il pianto facile: piangeva, credimi, per ogni cosa ch'egli avesse distrutto di proposito, tanto che fece piangere anche me.

OTTAVIO - Non ti farò mancare mie notizie, dolce Ottavia: non sarà certo il tempo a far ch'io ti dimentichi, mia cara.

ANTONIO - Ebbene, Ottavio, m'avrai tuo rivale in questo forte affetto tuo per lei. Lascia ora ch'io ti abbracci e ti lasci, affidandoti agli dèi.

OTTAVIO - Addio!... Felicità!

LEPIDO - Tutte le innumeri stelle del cielo rischiarino il tuo prospero cammino!

(Bacia Ottavia)

OTTAVIO - Addio, dunque, sorella.

ANTONIO - Addio! Addio!

(Escono - Squilli di tromba)

SCENA III - Alessandria. La reggia di Cleopatra

Entrano CLEOPATRA, CARMIANA, IRAS e ALESSA

CLEOPATRA - Dov'è quell'uomo?

ALESSA - Non osa più entrare.

CLEOPATRA - Buon uomo, avanti, avanti, vieni qui.

Entra il MESSO, lo stesso di prima

ALESSA - Erode di Giudea, buona maestà, non alzerebbe gli occhi su di te, quando non sei di vena conciliante.

CLEOPATRA - Di quell'Erode voglio aver la testa! Già, ma come, se Antonio se n'è andato, e lui solo poteva procurarmela?...

(Al Messo) Vieni avanti.

MESSO - Graziosa maestà...

CLEOPATRA - Insomma, Ottavia tu l'hai vista o no?

MESSO - Certamente, temuta mia regina.

CLEOPATRA - Dove?

MESSO - A Roma, regina, e bene in volto, in mezzo a suo fratello e Marcantonio.

CLEOPATRA - È alta come me?

MESSO - No, no, signora.

CLEOPATRA - L'hai sentita parlare? Ha la voce squillante oppure bassa?

MESSO - L'ho sentita parlare: ha voce bassa.

CLEOPATRA - Peggio per lei: non può piacergli a lungo.

CARMIANA - Piacergli?... O sacra Iside! È impossibile!

CLEOPATRA - Lo credo anch'io, Carmiana... Voce cupa, statura nanerottola... Che c'è di maestoso nel suo incedere? Cerca di ricordartelo: hai notato forse in esso una qualche maestà?

MESSO - Si strascica. Si muova o resti immobile, è tutt'uno. Più un corpo che una vita. Non una che respira, ma una statua.

CLEOPATRA - Ne sei sicuro?

MESSO - O io non so osservare.

CARMIANA - Meglio di lui capaci di osservare non ce n'è altri tre in tutto Egitto.

CLEOPATRA - Lo vedo, infatti: è un buon intenditore. Insomma, in quella donna non c'è niente. Costui è uno che sa giudicare.

CARMIANA - E bene, anche.

CLEOPATRA - E l'età, sapresti dirmela?

MESSO - Signora, era una vedova...

CLEOPATRA - Una vedova? Senti, Carmiana?

MESSO - Avrà forse trent'anni.

CLEOPATRA - E ricordi il suo viso? È lungo o tondo?

MESSO - Tondo, spropositatamente tondo.

CLEOPATRA - Quelli così di solito son sciocchi. E i capelli, di che colore sono?

MESSO - Son castani, signora; e non potrebbe aver fronte più bassa, anche se lo volesse.

CLEOPATRA - (Dandogli del denaro) Ecco dell'oro. Se poc'anzi t'ho accolto in modo brusco non devi averla a male; ti riprendo di nuovo al mio servizio. Trovo che sai far bene il tuo lavoro. Intanto, va', preparati a partire; le nostre lettere sono già pronte.

(Esce il Messo)

CARMIANA - Un ometto dabbene.

CLEOPATRA - Sì, davvero. Mi pento assai d'averlo maltrattato. Beh, a sentir lui, mi pare che costei non sia poi tutta questa grande cosa.

CARMIANA - Anzi niente, signora.

CLEOPATRA - Eh, quell'uomo l'ha ben veduta qui una qualche maestà, e deve ben sapere com'è fatta.

CARMIANA - Se l'ha veduta, una maestà?... Per Iside! È stato tanto tempo al tuo servizio!

CLEOPATRA - Ho una cosa da domandargli ancora, buona Carmiana... Ma lasciamo andare: accompagnalo tu nel mio scrittoio. Tutto potrà andar bene.

CARMIANA - Ma certo, senza dubbio, mia signora!

(Escono)

SCENA IV - Atene. Stanza in casa di Antonio

Entrano ANTONIO e OTTAVIA

ANTONIO - No, cara Ottavia, non è solo quello... Sarebbe ben scusabile, quello con tutte l'altre mille cose della stessa importanza...