È biondo».
«E allora?»
«Allora non dobbiamo fare altro che consultare la lista dei passeggeri e procedere per eliminazione».
Avevo la lista in tasca. La presi e le diedi una scorsa.
«Noto in primo luogo che ci sono soltanto tredici persone con l’iniziale che si pone alla nostra attenzione».
«Soltanto tredici?»
«In prima classe, sì. Su questi tredici signori R..., come lei se ne può assicurare, nove sono accompagnati da donne, bambini o domestici. Restano quattro persone da sole: il marchese de Raverdan...».
«Segretario d’ambasciata», interruppe miss Nelly, «io lo conosco».
«Il maggiore Rawson...».
«È mio zio», disse qualcuno.
«Il signor Rivolta...».
«Presente», gridò uno fra noi, un italiano la cui faccia spariva sotto la barba del più bel nero.
Miss Nelly scoppiò a ridere.
«Il signore non è precisamente biondo».
«Allora», continuai, «siamo costretti a concludere che il colpevole sia l’ultimo della lista».
«Cioè?»
«Cioè il signor Rozaine. Qualcuno conosce il signor Rozaine?».
Tacquero. Ma miss Nelly, interpellando il giovane taciturno la cui assiduità accanto a lei mi tormentava, gli chiese:
«Ebbene, signor Rozaine, non risponde?».
Si voltarono verso di lui. Era biondo.
Confesso di aver sentito come un piccolo shock dentro di me. E il silenzio imbarazzato che pesò su di noi mi indicò che anche gli altri presenti provavano questa specie di soffocamento. Era assurdo, d’altronde, poiché nulla nei comportamenti di questo signore induceva a sospettarlo.
«Perché non rispondo?», disse. «Ma perché, visti il mio nome, la mia qualità di viaggiatore isolato e il colore dei miei capelli, ho già iniziato un’inchiesta analoga e sono arrivato allo stesso risultato. Sono dunque del parere che mi arrestino».
Aveva un’aria buffa, pronunciando queste parole. Le labbra sottili come due righe inflessibili si assottigliarono ancora e impallidirono. Fili di sangue striarono i suoi occhi.
Di certo, scherzava. Eppure, la sua fisionomia, il suo atteggiamento ci impressionarono. Ingenuamente, miss Nelly chiese:
«Ma lei non presenta una ferita?»
«È vero», disse, «la ferita manca».
Con un gesto nervoso, si tirò su la manica e scoprì il braccio. Ma subito mi colpì un’idea. I miei occhi incrociarono quelli di miss Nelly: aveva mostrato il braccio sinistro.
E stavo per farlo certamente notare, quando un incidente sviò la nostra attenzione. Lady Jerland, l’amica di miss Nelly, giungeva di corsa.
Era sconvolta. Si prodigarono attorno a lei, e solo dopo molti sforzi riuscì a balbettare:
«I miei gioielli, le mie perle!... Hanno preso tutto!...».
No, non avevano preso tutto, come si seppe in seguito; cosa molto più curiosa: avevano scelto!
Dalla stella di diamanti, dai ciondoli di rubini a cabochon, dalle collane e dai braccialetti frantumati, avevano portato via non le pietre più grosse, ma le più fini, le più preziose, quelle, si sarebbe detto, che avevano maggiore valore ed erano meno appariscenti. Le montature stavano lì, sul tavolo. Le vidi, tutti le vedemmo, spogliate dei loro gioielli come fiori a cui avessero strappato i bei petali scintillanti e colorati.
E per eseguire tale lavoro durante l’ora in cui lady Jerland prendeva il tè, era stato necessario, in pieno giorno e in un corridoio frequentato, rompere la porta della cabina, trovare una borsetta celata di proposito in fondo a una cappelliera, aprirla e scegliere!
Non vi fu che un grido tra noi. Non vi fu che un’opinione tra tutti i passeggeri, quando si seppe del furto: è Arsène Lupin. E in realtà, era proprio la sua maniera complicata, misteriosa, inconcepibile, e logica tuttavia, poiché, se era difficile occultare la massa ingombrante che avrebbe formata l’insieme dei gioielli, quanto minore era l’impiccio con le piccole cose indipendenti le une dalle altre, perle, smeraldi e zaffiri!
E a cena, avvenne questo: a destra e a sinistra di Rozaine, i due posti restarono vuoti. E la sera si seppe che egli era stato convocato dal comandante.
Il suo arresto, che nessuno mise in dubbio, suscitò un vero sollievo. Si respirava, insomma. Quella sera si fecero dei giochi. Si ballò. Miss Nelly, soprattutto, mostrò una gaiezza sbalorditiva che mi fece comprendere che se gli omaggi di Rozaine avevano potuto esserle graditi all’inizio, lei non se ne ricordava affatto. La sua grazia riuscì a conquistarmi.
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