1 Denominazione ancora in uso ai tempi di Verne. Le Antille, chiamate per qualche tempo Indie Occidentali, perché scambiate alla loro scoperta con le Indie vere e proprie, vennero successivamente chiamate Antilia, dal nome di un arcipelago leg-gendario che si credeva esistesse a occidente delle Azzorre. (N.d.T.) Nell’Antilian School non erano trascurati neppure gli allenamenti fi-sici e gli esercizi sportivi, tanto raccomandati e praticati nel Regno Unito: cricket, boxe, tornei, crocket, calcio, nuoto, danza, equitazio-ne, ciclismo, canottaggio; tutti i generi, insomma, di ginnastica mo-derna.
Il signor Ardagh cercava anche di controllare e di fondere insieme temperamenti e caratteri così diversi, quali emergevano dalla riunio-ne di giovani di differenti nazionalità, e faceva il possibile perché na-scesse tra i suoi pensionanti una durevole reciproca simpatia. Non sempre ciò gli riusciva come avrebbe voluto. A volte l’istinto razzia-le, più forte del buon esempio e dei buoni consigli, aveva la meglio.
Ma se, all’uscita dalla scuola fossero rimaste anche solo poche tracce di tale fusione con qualche buon risultato per l’avvenire, questo sistema di educazione collettiva faceva onore alla scuola di Oxford Street e meritava di essere approvato.
È superfluo dire che i pensionanti parlavano le molteplici lingue usate nelle Indie Occidentali. Il signor Ardagh aveva avuto anche l’idea ingegnosa di imporle, a turno, durante le lezioni e la ricreazione.
Una settimana si parlava inglese, un’altra francese, olandese, spagnolo, danese, svedese. I pensionanti di origine anglosassone, senza dubbio più numerosi nella scuola, tendevano forse a imporvi una specie di primato fisico e morale. Ma le altre isole di Antilia vi erano rappresentate in adeguata proporzione. Persino l’isola di Saint-Barthélemy, l’unica che dipendesse dagli stati scandinavi, possedeva vari alunni, tra i quali Magnus An-ders, risultato nel concorso al quinto posto.
Tutto sommato, il compito del signor Ardagh e dei suoi collaboratori non era esente da certe difficoltà pratiche. Non occorreva avere, forse, un vero spirito di giustizia, un metodo sicuro e continuo, una mano abile e ferma, per impedire che tra questi figli di famiglie be-nestanti sorgessero rivalità, nonostante la precisa volontà di soffocar-le?
Ora, proprio in occasione del concorso, si temeva che le ambizioni personali potessero condurre a qualche disordine, a reclami e a gelosie, non appena resi noti i nomi dei vincitori; In fin dei conti, il risultato era stato soddisfacente: un francese e un inglese occupavano il primo posto, con lo stesso punteggio. Se un suddito della regina Vittoria era al penultimo posto, era anche vero che un cittadino della repubblica francese appariva all’ultimo; e quest’ultimo era Tony Renault, del quale nessun pensionante si sarebbe mai mostrato geloso.
Nei posti intermedi si notavano vari nativi delle Antille inglesi, francesi, danesi, olandesi e svedesi. Nessun venezuelano e nessuno spagnolo apparivano tra di essi, anche se tra gli alunni della scuola se ne contavano una quindicina. Occorre notare, del resto, che quell’anno gli alunni originari di Cuba, San Domingo e Portorico, e cioè delle Grandi Antille, erano tra i dodici e i quindici anni, ed essendo quindi assai giovani non avevano potuto partecipare al concorso, il quale richiedeva l’età minima di diciassette anni.
Il concorso aveva avuto per oggetto non soltanto le materie scien-tifiche e letterarie, ma anche – non c’è da stupirsene – quelle etnolo-giche, geografiche e commerciali che avevano rapporto con l’arcipelago delle Antille, la sua storia, il suo passato, il presente, l’avvenire, le sue relazioni con gli stati europei che, dopo le prime casuali scoperte, ne avevano congiunto una parte al loro impero coloniale.
Ma qual era lo scopo del concorso? Quali i vantaggi per i vincitori? Si trattava di mettere a loro disposizione delle borse di viaggio e di permettere loro di soddisfare, durante alcuni mesi, la passione per le esplorazioni e per i viaggi, propria dei giovani che non hanno ancora superato il ventunesimo anno di età.
Erano nove, dunque, quelli che, anche per la loro condizione, ora avrebbero potuto girare non il mondo, come la maggior parte di essi avrebbe voluto, ma visitare qualche interessante paese del vecchio o del nuovo continente.
L’idea di istituire quelle borse di viaggio era stata di una ricca signora delle Antille di origine inglese, Kethlen Seymour, la quale abitava nell’isola di Barbados, colonia britannica dell’arcipelago, il cui nome, fu allora pronunciato per la prima volta dal signor Ardagh.
Quel nome ovviamente fu salutato dai numerosi ed entusiastici evviva dell’uditorio.
— Viva!… viva!… viva la signora Seymour!
Pur avendo il direttore della Antilian School rivelato il nome della benefattrice, non aveva detto, però, di quale viaggio si trattava. Né lui né altri ancora lo sapevano, anche se prima di ventiquattro ore lo avrebbero saputo. Il direttore, infatti, avrebbe ora telegrafato alla Barbados il risultato del concorso e la signora Seymour gli avrebbe risposto telegraficamente, indicandogli almeno in quale regione i vincitori avrebbero effettuato il loro viaggio.
È facile immaginare i vivacissimi discorsi scambiati tra i pensionanti, i quali già volavano con la fantasia verso i più caratteristici paesi di questo mondo, in particolare verso quelli più lontani e meno noti. A seconda del loro temperamento o del loro carattere, essi certamente o si esaltavano o mostravano un certo riserbo; è certo però che l’entusiasmo era generale.
— Voglio sperare — diceva Roger Hinsdale, inglese fino alla ra-dice dei capelli — che andremo a visitare qualche paese del dominio coloniale dell’Inghilterra: è vasto quanto basta perché si possa scegliere…
— Andremo nell’Africa centrale! — diceva Louis Clodion —
L’immensa, portentosa Africa, come direbbe il nostro bravo economo, dove potremo marciare sulle orme dei grandi esploratori!…
— No… sarà un’esplorazione nelle regioni polari, la nostra — diceva Magnus Anders, il quale avrebbe volentieri camminato sulle orme del suo glorioso compatriota Nansen.
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