Andrò a Nuoro, comprerò formaggio, bestiame, lana, vino, persino legna, sì: perché adesso, con la guerra, tutto ha valore. Andrò a Roma e offrirò la merce al Ministero della Guerra. Sai quanto c'è da guadagnare?”
“Ma! E i capitali?”
“Non ci pensare, li ho. Basta mi lascino in pace, loro. Io non sono venuto per sfruttarle né per vivere alle loro spalle. Ah, ma zia Noemi è terribile!”, egli gemette a un tratto, nascondendosi il viso fra le mani. “Ah, Efix, sono così amareggiato! Eppoi mi fa tanta vergogna vederle così misere; vederle vender di nascosto le patate, le pere e i pomi ai bambini che entrano piano piano nel cortile, col soldo nel pugno, e domandando la roba sottovoce quasi si tratti di cosa rubata! Mi vergogno, sì! Questo deve cessare. Esse torneranno quelle che erano, se mi lasceranno fare. Se zia Noemi sapesse il bene che le voglio non farebbe così...”
“Giacinto! Dammi la mano: sei bravo!”, disse Efix commosso.
Tacquero, poi Giacinto riprese a parlare con una voce tenue, dolce, che vibrava nel silenzio lunare come una voce infantile.
“Efix, tu sei buono. Ti voglio raccontare una cosa accaduta ad un mio amico. Era impiegato con me alla Dogana. Un giorno un ricco capitano di porto in ritiro, un buon signore grosso ma ingenuo come un bambino, venne per fare un pagamento. Il mio amico disse: Lasci i denari e torni più tardi per la ricevuta che dev'essere firmata dal superiore. Il capitano lasciò i denari; il mio amico li prese, andò fuori, li giocò e li perdette. E quando il capitano tornò, il mio amico disse che non aveva ricevuto nulla! Quello protestò, andò dai superiori; ma non aveva la ricevuta e tutti gli risero in faccia. Eppure il mio amico fu cacciato via dal posto... sì, saranno quattro mesi... sì, ricordo, in carnevale. Egli andò a ballare. Si stordiva, beveva: non aveva più un soldo. Uscendo dal ballo prese una polmonite e cadde su una panchina di un viale. Lo portarono all'ospedale. Quando uscì, debole e sfinito, non aveva casa, non aveva pane. Dormiva sotto gli archi del porto, tossiva e faceva brutti sogni: sognava sempre il capitano che lo inseguiva, lo inseguiva... come nelle scene del cinematografo. Ed ecco una sera, ecco proprio il capitano che va a cercarlo sotto gli archi del porto. L'amico credeva di sognare ancora; ma l'altro gli disse: sa, è da un pezzetto che la cerco. So che è fuori di posto per via del versamento, ma a me preme che i suoi superiori e tutti sappiano la verità. È meglio anche per lei: dica in sua coscienza: li ho versati o no, i denari? - L'amico rispose: sì. - Allora il capitano disse: - Cerchiamo di aggiustare le cose.
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