La riporterò io, la rimetterò nell'armadio. Parlerò io con loro, metterò pace. Tu aspettami qui. Ma dammi la lettera.”

Giacinto lo guardò. La sua spalla tremava, ma gli occhi erano freddi, quasi crudeli. Allora Efix balzò, gli gravò le mani sulle spalle, gli sibilò all'orecchio una parola.

“Ladro!”

Giacinto ebbe l'impressione di essere assalito da un avvoltoio; aprì le mani e la lettera cadde per terra.

 

 

Capitolo settimo

 

All'alba Efix s'avviò al villaggio.

Gli usignoli cantavano, e tutta la valle era color d'oro - un oro azzurrognolo per il riflesso del cielo luminoso. Qualche figura di pescatore si disegnava immobile come dipinta in doppio sul verde della riva e sul verde dell'acqua stagnante fra i ciottoli bianchi.

Benché fosse presto, quando arrivò al villaggio, Efix vide l'usuraia filare nel suo cortile, fra i porcellini grassi e i colombi in amore, e la salutò accennandole che sarebbe passato più tardi; ma ella rispose agitando il fuso: ella poteva aspettare, non aveva fretta.

Più su, ecco zia Pottoi, con una ciotola di latte per la colazione dei ragazzi. Efix cercò di passare oltre, ma la

vecchia cominciò a parlar alto ed egli dovette fermarsi per ascoltarla.

“Ebbene, che ti ho fatto? Perché i ragazzi si voglion bene, dobbiamo odiarci noi, vecchi?”

“Ho fretta, comare Pottoi.”

“Lo so, c'è chiasso, in casa delle tue padrone. Ma la colpa non è mia. Io ci perdo, in questa occasione. Il tuo padroncino vuole che Grixenda stia a casa, che non vada più scalza, che non vada più a lavare. Io devo fare la serva; ma lo faccio con piacere poiché si tratta di render felici i ragazzi...”

“Signore, aiutaci!”, sospirò Efix. “Lasciatemi, comare Pottoi. Pregate Cristo, pregate Nostra Signora del Rimedio...”

“Il rimedio è in noi”, sentenziò la vecchia. “Cuore, bisogna avere, null'altro...”

“Cuore, bisogna avere”, ripeteva Efix fra se, entrando dalle sue padrone.

Tutto era silenzio e sole nel cortile: fiorivano i gelsomini sopra il pozzo e le ossa dei morti fra l'erba d'oro dell'antico cimitero. Il Monte circondava col suo cappuccio verde e bianco la casa; una colonnina istoriata era caduta dal balcone e giaceva in mezzo ai sassolini come l'avanzo di un razzo. Tutto era silenzio. Efix entrò e vide che il cestino mandato da lui con don Predu era quasi vuoto sopra il sedile, segno che gli ortaggi eran già stati venduti: rimanevano solo i pomini gialli di San Giovanni: gli parve quindi di aver sognato. Sedette e domandò:

“Dove son le altre? Che è accaduto?”.

“Ester è a messa, Noemi è su”, disse donna Ruth, curva a preparare il caffè.

E non disse altro, finché non arrivarono le sorelle, donna Ester col dito fuori dell'incrociatura dello scialle, Noemi pallida silenziosa con le palpebre violette abbassate.

Efix non osava guardarle; s'alzò rispettoso davanti a loro che prendevano posto sul sedile, e solo dopo che donna Ester ebbe domandato:

“Efix, sai che succede?”, egli sollevò gli occhi e vide che Noemi lo fissava come il giudice fissa l'accusato.

“Lo so. La colpa è mia. Ma l'ho fatto a scopo di bene.”

“Tu fai tutto, a scopo di bene! Sarebbe bella che lo facessi a scopo di male, anche! Ma intanto...”

“Ebbene, non era poi un nemico! È un parente, alla fine!”

“Gente tua, morte tua, Efix!”

“Ebbene, non accadrà più, vuol dire!”

“È partito?”, domandò allora donna Ester, turbandosi.

“Partito? Don Predu? Dove?”

“Chi parla di Predu? Io parlavo di quel disgraziato.”

Efix guardò il cestino.

“Io volevo dire per don Predu... per quello che ho fatto ieri.”

Noemi sorrise, ma un sorriso che le torse la bocca e l'occhio verso l'orecchio sinistro.

“Efix”, disse con voce aspra, “noi parliamo di Giacinto. Tu, quando si trattava di farlo venire, dicesti: "Se si comporta male penso io a mandarlo via". Hai sì o no detto questo?”

“Lo dissi.”

“E allora tieni la promessa. Giacinto è la nostra rovina.”

Efix abbassò un momento la testa: arrossiva e aveva vergogna di arrossire, ma subito si fece coraggio e domandò:

“Posso dire una parola? Se è mal detta è come non detta”.

“Parla pure.”

“Il ragazzo a me non sembra cattivo. È stato finora mal guidato: ha perduto i genitori nel peggior tempo per lui, ed è rimasto come un bambino solo nella strada e s'è perduto. Bisogna ricondurlo nella buona via. Adesso, qui, in paese, non sa che fare; ha la febbre, s'annoia, va perciò a giocare e a fare all'amore. Ma ha idee buone, è beneducato. Vi ha mancato mai di rispetto?...”

“Questo no...”, proruppe donna Ester, e anche donna Ruth fece cenno di no.